In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.
Attivisti di Greenpeace arrestati in Russia
5/10/2013EcoMagazine
Si fa quindi sempre più dura la situazione dei trenta ambientalisti arrestati dopo il blitz alla piattaforma petrolifera della Gazprom, il 18 settembre. Poco importa alla giustizia russa che, a parte i due attivisti che vennero fermati durante la scalata all’impianto, gli altri 28 - tra cui l’italiano Cristian d'Alessandro di Napoli, furono fermati a bordo della loro nave, l’Arctic Sunrise, in acque internazionali. L’accusa rivolta a Greenpeace è quella di “pirateria” che prevede sino a 15 anni di prigione, fatti salvi gli eventuali inasprimenti confezionati ad hoc annunciati da Medvedev.
Greenpeace ha anche diffuso informazioni preoccupanti sulle condizioni degli attivisti detenuti in attesa di un giudizio che, per accusa gravi come la pirateria, potrebbe venire anche a distanza di dodici mesi più le proroghe. I farmaci che l’associazione ambientalista ha inviato alla finlandese Sini Saarela, malata di tiroide, sono stati respinti dalle autorità russe e da quanto riporta l’agenzia di stampa Ria, un altro attivista di nazionalità inglese avrebbe accusato un attacco cardiaco.
Oggi, sabato 5 ottobre, Greenpeace ha proclamato una veglia mondiale a sostegno dei suoi attivisti imprigionati in Russia. “L'accusa di pirateria è rivolta a uomini e donne il cui unico crimine è quello di avere una coscienza - ha dichiarato Kumi Naidoo, direttore di Greenpeace International. - Questo è assolutamente scandaloso e mina alla base i principi della protesta pacifica. Assurdo qualificare gli attivisti come pirati, vogliono solo intimidirci e farci tacere, ma non desisteremo”. L’associazione ha anche messo on line una petizione, già sottoscritta da oltre 700 mila persone, in cui si chiede l’immediato rilascio dei 30 attivisti e l’interruzione delle trivellazioni petrolifere nell'Artico. Potete aderire a questo link
http://www.greenpeace.org/italy/it/libera-i-nostri-attivisti/
Grandi Navi: la crisi di Governo affonda anche le soluzioni
30/09/2013EcoMagazine, Global Project
La crisi ha preso in contropiede anche i Pro Grandi Navi. Più che un comitato o una associazione si tratta di un gruppo di lavoratori del settore, impegnati a difendere lo status quo dietro motivazione del tipo: “Non è vero che le grandi navi inquinano”, “Le crociere portano benessere a tutta la città” e “Senza le grandi navi a Venezia non verrebbero più turisti”.
Durante la manifestazione, in orario di lavoro e regolarmente retribuita, organizzatagli da Cruise Venice, venerdì 27 davanti al municipio, i loro portavoce hanno incontrato il sindaco Orsoni che ha ribadito che l’amministrazione non ha competenza sulle acque e che comunque intende sostenere le possibili alternative atte a salvaguardare il lavoro ma anche la laguna. Una posizione inaccettabile per chi ha come obiettivo solo il mantenimento dell’attuale situazione. E così Orsoni è stato apostrofato "un sindaco dei no-global che ci prende in giro". Tanti cartelli, tanti slogan per dire che sarebbero rimasti a tenere il presidio sino a che non sarebbero state accolte le loro rivendicazioni, per poi smobilitare tutti insieme e puntualmente alle ore 13,30, alla fine dell’orario di servizio.
Ma crisi o non crisi, un attimo di riflessione e di abbassamento dei toni, non può che giovare a chi in merito alla questione delle Grandi navi cerca una soluzione praticabile e, per quanto possibile condivisa, volta a tutelare prima di tutto l’ecosistema lagunare. A questo proposito, riportiamo il comunicato firmato dall’assessore all’ambiente Gianfranco Bettin.
“Chi, a Venezia e sotto gli occhi del mondo intero, subordini la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema lagunare, agli interessi dei giganti della crocieristica, anche se animato dalle migliori intenzioni finirà per creare gravi danni alla città e alla stessa attività che vorrebbe difendere.
Proporre soluzioni che rinviino di anni i primi provvedimenti concreti, significa infatti esasperare un clima che, giustamente, vede l’opinione pubblica più vasta sempre più preoccupata per quanto succede, di fronte alla scena dei transatlantici a San Marco, ai guasti certificati che provocano e ai rischi potenziali che si corrono.
Altresì, proporre soluzioni che implichino pesanti manomissioni della laguna, del suo equilibrio idrogeologico, significa continuare ad alterare un quadro già gravemente compromesso, in particolare proprio nella laguna centrale.
Non c’è ricatto politico o economico, non c’è manifestazione di categoria, di interesse particolare, non ci sono pubblicità a pagamento né infami campagne intimidatorie e personalizzate, compresi gli investigatori privati assoldati allo scopo, che possano far passare simili proposte né in città né in Italia, né di fronte all’Europa e al mondo.
Per questo, oltre che sbagliate sono proposte perdenti che screditeranno, in prospettiva, un’impresa che ha invece bisogno di essere ricondotta a un profilo sostenibile.
Porto Marghera può invece rappresentare un passo importante in questa evoluzione, dando una prima risposta anche se ancora parziale e consentendo di avere il tempo necessario sia per misurarne fino in fondo le implicazioni specifiche (a partire dalla compatibilità con la vocazione industriale e portuale commerciale dell’area, che va ribadita) sia per valutare ogni altra possibile alternativa senza, tuttavia, lasciare intanto insopportabilmente tutto come sta.
Se ognuno farà razionalmente e limpidamente la propria parte, faremo tutti un passo avanti, gradualmente ma in tempi certi, senza perdere tempo, senza perdere la storica opportunità di tornare a legare insieme virtuosamente i destini dell’ecosistema e di un’attività da secoli presente che necessita oggi di un positivo ripensamento”.
Rebelión contra los cruceros en Venecia
30/09/2013desinformemonos
Carabineros, policía común, policía financiera y naval movilizaron a todos sus medios -de las grandes ocasiones- en el canal de la Giudecca: lanchas, barcos, helicópteros y motos de agua. Todo resultó inútil contra los cincuenta activistas que se zambulleron en el agua, no muy limpia, para impedir con su propio cuerpo el paso de los grandes barcos, y ganaron la batalla.
En la lejanía, hacia la Estación Marítima, se vio a los barcos cuya dimensión lo permitió dar una vuelta hacia el canal de los Petroli y resignarse a no ofrecer a sus pasajeros la prometida emoción de rozar la Plaza San Marcos [la plaza central de la ciudad] y admirar a la más bella – y la más frágil – ciudad del mundo desde una altura equiparable a la de su célebre campanario. Otros barcos, los verdaderos rascacielos del mar cuya dimensión no permite desviaciones, tuvieron que quedarse tristemente en el muelle.
“Es una victoria de Venecia y de sus ciudadanos”, explicó en una nota el comité. “La arrogancia de las empresas de cruceros que, en el mismo momento en que se discuten posibles soluciones al problema de su presencia insostenible, tratan de llegar con 12 grandes barcos en un sólo día, tuvo la respuesta que se merecía. En este día de lucha dejamos claro, tanto al gobierno como a las autoridades marítimas y a las compañías de navegación, que para nosotros hay una única solución: fuera los grandes barcos de los canales. No queremos más canales, no queremos nuevos puertos en otras zonas de un ecosistema tan delicado”.
El día de lucha comenzó en la mañana temprano, con la ocupación de la terminal de acogida de los pasajeros del aeropuerto Marco Polo. Una centena de activistas “desalojó” las oficinas de las compañías de cruceros, desarmándolas pedazo por pedazo para luego llevarlos afuera.
En la tarde vino la batalla naval: las grandes lanchas y los grandes medios de las fuerzas policiales no pudieron hacer nada contra el grupo de nadadores en trajes de baño.
La contaminación atmosférica, a la par de la destrucción de los fondos de la laguna, es una de las causas que hicieron brotar la protesta de los venecianos, a lo cuales, hay que recordar, no llega el provecho económico de la insostenible presencia naval, en la que los turistas compran paquetes de “todo comprendido a bordo”. De una Venecia que no conocerán, se contentan con una mirada fugaz en su paso frente a la plaza San Marcos. Uno solo de estos barcos contamina lo mismo que 14 mil autos. Si multiplicamos por 12 y dividimos entre el número, cada vez menor, de venecianos, se calcula que circulan por la ciudad tres autos por cada habitante, niños y recién nacidos incluidos. Un verdadero récord para la ciudad “sin coches” por antonomasia.
A pesar de todo, para la Venecia que supo reaccionar a la provocación de las trasnacionales turísticas fue un día de fiesta. El bloqueo del canal de la Giudecca es la respuesta que merecía el descaro de querer hacer llegar a la laguna 12 grandes barcos en el mismo día, bajo el silencio de la policía naval y la complicidad de las autoridades del puerto y el ayuntamiento – si se excluye la firme postura del regidor de Medio Ambiente, Gianfranco Betti. Las posibles soluciones que se discuten en un comité ministerial, hay que decirlo, en algunos casos prevén la excavación de nuevos canales y la realización de nuevas megaobras, que serán un remedio peor que el mismo mal.
Hasta el momento, por el lado institucional, sólo el regidor Betti ha tomado una clara postura contra este insostenible va y viene de chimeneas marinas. Puesto que el secretario del Medio Ambiente, Andrea Orlando, no tomó en cuenta su petición de aplicar una limitación al número, el regidor pidió la colaboración de Arpav [ente regional para la prevención y el cuidado del medio ambiente] para monitorear con precisión la situación excepcional que se creó con el tráfico de los 12 grandes barcos. “Buscaremos medir sobre todo el ruido, los polvos sutiles y los óxidos de nitrógeno y de observar los movimientos de masas de agua y la variación de la marea que provocarán estos barcos”, declaró anteriormente el regidor veneciano. “Se tratará, en un cierto sentido, de un experimento enorme sobre la piel de los venecianos, del cual, ciertamente, nos habríamos escapado con mucho gusto”.
Quando è il padrone ad ordinare la serrata. Pro Grandi Navi in piazza col Tutto Pagato
26/09/2013EcoMagazine, Global Project
“I dipendenti di imprese e società, impegnate nel settore e vincolate a rapporti con Venezia Terminal Passeggeri Spa - ha scritto il consigliere Beppe Caccia in una interrogazione formalizzata ieri al sindaco di Venezia - stanno ricevendo in queste ore da parte dei datori di lavoro email e sms indirizzate alle proprie caselle di posta e alle proprie utenze telefoniche personali che ‘invitano’ a partecipare alla manifestazione, diffondendo notizie del tutto false e infondate (se le navi saranno spostate a Marghera ‘le Compagnie rinunceranno e non ci sarà più lavoro’), ricattando implicitamente ed esplicitamente i lavoratori (‘vogliamo vedervi tutti presenti con parenti e amici, è in gioco il nostro e di conseguenza il lavoro’) e pretendendo conferme per iscritto a tale imposizione a partecipare (‘mail con richiesta di conferma’)”. Una manifestazione “spontanea” indetta dalle aziende e nel silenzio totale dei sindacati. Eppure, ai bei tempi che furono, erano questi ultimi a dichiarare le mobilitazioni per tutelare il lavoro. O ricordiamo male che è passato troppo tempo?
Ma il lavoro, domani davanti a Ca’ Farsetti, non c’entra niente. Come nota Caccia, “La propaganda delle multinazionali delle crociere è falsa. Se il terminal venisse spostato, casomai, ci sarebbe un aumento delle possibilità occupazionale e non una diminuzione”.
Eppure è così, nel nome del lavoro, che i padroni del vapore hanno deciso di rispondere alla grande manifestazione popolare di sabato 21: obbligando i propri dipendenti a “manifestare spontaneamente” e portando pure le famiglie, altrimenti...
Già. Altrimenti cosa? Ce lo spiega un lavoratore, sul cui nome manteniamo un ovvio riserbo, che ci ha spedito questa mail: “Gentile, ho ricevuto questa mail da ** Non so se loro hanno il diritto di obbligarci a manifestare ma non ritengo che questo tipo di approccio sia di loro competenza (non sono di certo un sindacato o qualcosa del genere). Purtroppo loro hanno il coltello dalla parte del manico e non vorrei che tutti quelli presenti alla manifestazione rischiassero il lavoro. Non so se lei possa fare qualcosa ma siete gli unici ai quali possiamo rivolgerci e di cui ci fidiamo”.
Nella mail inviata da “loro” cui accenna il nostro anonimo, spedita in allegato, si legge (in maiuscolo): “Mail con richiesta di conferma. Attenzione importantissimo. Venerdì 27 settembre è stata finalmente organizzata (da chi?ndr) una manifestazione pro navi in marittima. La presenza di tutti è (sottolineato.ndr) assolutamente necessaria”. Quindi si elenca le ragioni. In caso di spostamento a Marghera: “Molte compagnie rinunceranno a Venezia e (in maiuscolo.ndr) non ci sarà più lavoro)”. Conclusione: “E’ ora che chi lavora e quindi beneficiato dal lavoro (bontà loro.ndr) offerto dalle navi si faccia sentire. Quindi vogliamo vedervi tutti presenti con amici e familiari. Attendiamo vostro riscontro”.
Eccola qua la manifestazione “spontanea”. A casa mia si chiama crumiraggio.
Quando lo sciopero lo proclama il padrone, andare a scioperare è come andare lavorare. Solo che va lasciata a casa la dignità. Ci sono dei vantaggi però. Più urli e più hai possibilità di fare carriera in azienda. Se porti la famiglia, ti aspetta pure l’encomio del caporeparto. E poi la giornata ti viene pagata interamente. Di questi tempi...
Sì. Avete letto bene. Manifestazione “pagata!” e con tanto di punto esclamativo. Lo si legge negli sms, vedi immagine, che sono stati girati a Caccia (non tutti i dipendenti delle Crociere sono convinti che lavorare vuol dire vendere l’anima) e che il consigliere ha allegato alla sua interrogazione. “Ciao il 27 manifestazione in comune ore 11 calcolata come giornata lavorativa! Pagata! Spargere la voce, e darmi gentilmente conferma”.
Onde per cui, domani mattina, quando dalla linea 1 vedrete quel capannello di persone davanti al municipio con cartelloni del tipo “Grandi Navi = benessere per tutti”, “Le sigarette provocano più decessi delle Crociere”, “Senza di noi non ci sarebbe più turismo”, sappiate che stanno semplicemente lavorando. C’è crisi e tocca fare un po’ di tutto per campare.
Dieci anni per salvare il pianeta. L’allarme dell’Ipcc
25/09/2013EcoMagazine
L’Ipcc ha individuato quattro scenari principali per la fine del secolo in corso. Nel migliore dei casi, il livello del mare si alzerà di 24 centimetri (e non posso fare a meno di osservare che a Venezia avremo da risolvere il problema del Mose, non soltanto assolutamente inutile con questa marea ma anche “a rischio Vajont”) mentre la temperatura aumenterà di “solo” un grado rispetto al periodo 1986 - 2005. Il che significa, 1,7 gradi in più rispetto all'epoca preindustriale. Andasse tutto bene, faremmo così la barba alla soglia che i governi mondiali hanno indicato come limite di sicurezza per non fare la fine dei dinosauri, che è di 2 gradi.
Nel peggiore dei casi invece, il livello dei mari a fine secolo aumenterà di 62 centimetri e la temperatura di 3,7 gradi rispetto alle medie del ventennio appena trascorso. Il limite di sicurezza in questo caso, verrebbe sfondato alla grande: 4,2 gradi in più per il nostro pianeta rispetto all’epoca preindustrale. Come dire: ciao uomo! “Sopra i 4 gradi - ha commentato Riccardo Valentini, coordinatore europeo dell’Ipcc - l'impatto sulla vita del pianeta sarebbe pesantissimo: i biologi ormai parlano di sesta estinzione di massa".
Ma senza fare dell’inutile allarmismo, e ricordando che è necessario attendere la lettura del rapporto per farsi qualche idea più precisa, viene da domandarsi quale scenario tra questi due estremi sia effettivamente quello più probabile. La risposta è che non ce n’è uno più probabile degli altri perché dipende tutto da noi.
La causa principale dei Cambiamenti Climatici è l’accumulo di anidride carbonica nell’atmosfera del nostro pianeta. Nell’epoca preindustriale, usata dall’Ipcc per fare un raffronto, la Co2 era presente in 280 parti per milione. Oggi abbiamo già oltrepassato la soglia di 400 parti per milione. Se riuscissimo a stabilizzarci, nei prossimi dieci anni, dentro le 421 parti, l’umanità avrebbe imboccato la strada per lo scenario migliore sopra descritto. E già, “migliore” è il caso di scriverlo tra virgolette perché prevede, tanto per fare un esempio, un aumento del numero e della potenza di uragani e di altri fenomeni meteorologici estremi, scomparsa di tantissime specie animali, scioglimento dei ghiacciai, desertificazione, epidemie, carestie e tutto quello che ne consegue.
Tutto questo se ci andasse bene. Tutto questo se sin da subito rinunciassimo all’uso di combustibili fossili, responsabili assieme alla produzione di cemento dell'89 per cento delle emissioni di Co2. Tutto questo se fermassimo sin da ora la deforestazione che contribuisce per il rimanente 11 per cento. Tutto questo insomma se l’umanità e chi la governa si rendesse conto che siamo seduti su un pianeta fragile che non possiamo più continuare a sfruttare come abbiamo fatto sin d’ora se non vogliamo trasformarlo in un forno per la pizza. Mai come con i Cambianti Climatici la forbice “scienza - politica” si è divaricata. E, purtroppo, quella che detta legge è ancora la politica che quasi mai riesce a “vedere” oltre la prossima scadenza elettorale.
Eppure nessuno oramai - fatto salvo qualche opinionista di Libero - nega che qualcosa sta pericolosamente cambiando attorno a noi. In questo suo quinto rapporto, l’Ipcc si prende la soddisfazione di togliersi qualche sassolino dalla scarpa e risponde ai negazionisti di ieri - grazie anche alle prove accumulate negli ultimi anni di ricerche - che “il cambiamento climatico è oggi virtualmente certo”, così come certo e irreversibile è l’aumento della temperatura del pianeta.
Nei prossimi dieci anni quindi, ci giochiamo la sopravvivenza non solo dell’umanità ma di tutto il pianeta così come lo conosciamo ora. Il conto alla rovescia è già partito e non sarà un bel traguardo quello che ci aspetta. Agendo sul risparmio energetico, la decrescita, l’uso di fonti rinnovabili e il cambiamento dei nostri stili di vita possiamo ancora contenere i danni. Ma bisogna fare presto. Tra qualche anno sarà già troppo tardi.
Venezia si ribella alle Grandi Navi
24/09/2013Frontiere News
Carabinieri, polizia, guardi di finanza e capitaneria di porto avevano mobilitato nel canale della Giudecca tutti i mezzi delle grandi occasioni: lance, motoscafi d’altura, elicotteri e scooter d’acqua. Tutto inutile contro la cinquantina di attivisti che si è tuffata in un’acqua non propriamente limpidissima per impedire col proprio corpo il passaggio delle Grandi Navi. E hanno avuto battaglia vinta.
In lontananza, verso la Stazione Marittima, abbiamo visto le navi il cui pescaggio lo consentiva deviare verso il canale dei Petroli e rassegnarsi a non offrire ai loro passeggeri il promesso brivido di sfiorare piazza San Marco e di ammirare la più bella - e la più fragile - città del mondo da una altezza paragonabile a quella del suo celebre campanile. Altre navi, i veri grattacieli del mare il cui pescaggio non consente deviazioni, sono dovute rimanere tristemente ancorate alla banchina.
“Una vittoria di Venezia e dei suoi cittadini - hanno spiegato in una nota i portavoce del comitato -. L’arroganza delle compagnie crocieristiche che, proprio in un momento in cui si sta discutendo delle possibili soluzioni al problema di questa loro presenza insostenibile per la laguna, hanno cercato di far arrivare ben 12 Grandi Navi in un solo giorno, ha avuta la risposta che si meritava. In questa giornata di lotta abbiamo chiarito tanto al Governo quanto alla capitaneria di porto, all’autorità portuale e alle Compagnie di navigazione che l’unica soluzione per noi è una sola: fuori le Grandi Navi dalla laguna. Non vogliamo altri canali, non vogliamo porti alternativi in un’altra zona di un ecosistema così delicato che vorrebbero dire altre Grandi Opere costose e devastanti”.
La giornata di lotta era cominciata la mattina presto con l’occupazione del terminal di ricevimento dei passeggeri all’aeroporto Marco Polo. Un centinaio di attivisti ha “sfrattato” l’ufficio delle Compagnie, smontandolo pezzo per pezzo per spostarlo all’esterno.
Nel pomeriggio la battaglia navale: le grosse lance e i grandi mezzi delle forze dell’ordine non hanno potuto far nulla contro il gruppo di nuotatori in mutande da bagno.
Ma l’arrivo dell’imponente flotta crocieristica che neanche ai tempi della guerra con Genova se ne ricordava l’uguale (30 mila persone a bordo. Una ogni due veneziani), aveva scatenato polemiche e prese di posizione a vari livelli. Ricordiamo solo la pagina del Corriere acquistata da Adriano Celentano per denunciare, parole sue, “l’eterno funerale della bellezza” causato dal moto ondoso e dall’inquinamento di queste torri galleggianti i cui camini nemmeno all’ancora smettono di fumare.
Proprio l’inquinamento atmosferico, al pari della distruzione dei fondali lagunari, è tra le cause che hanno scatenato la protesta dei veneziani, ai quali, ricordiamolo, non viene in tasca nessun introito da questa insostenibile presenza navale, in quanto sono turisti da “tutto compreso a bordo”. Di una Venezia che non conosceranno, si accontentano di portare a casa solo la visione fugace di un passaggio davanti a piazza San Marco.
Una Grande Nave inquina come 14 mila automobili. Se moltiplichiamo per 12 e dividiamo per il numero, ahimè sempre più esiguo di isolani, si calcola che oggi hanno circolato per Venezia tre auto per residente, bambini e neonati compresi. Davvero un bel record per la città per antonomasia “senza auto”!
Ma per la Venezia che ha saputo reagire alla provocazione delle multinazionali turistiche oggi è stata comunque una giornata di festa. Il blocco del canale della Giudecca è stata la risposta che meritava la sfrontatezza di voler far arrivare il laguna 12 Grandi Navi in un giorno, nel silenzio della Capitaneria di Porto, la complicità dell’autorità portuale e dall’inerzia del governo e dei ministeri competenti. Anche il Comune, se si esclude la ferma presa di posizione dell’assessore all’Ambiente, Gianfranco Bettin, e qualche altra svogliata presa di posizione, più vicina alla preoccupazione che alla denuncia vera e propria, preferisce adagiarsi sulle possibili soluzioni in discussione alla commissione ministeriale. Soluzioni che, va detto, in alcuni casi prevedono lo scavo di altri canali e la realizzazione di altre Grandi Opere che sarebbero un rimedio peggiore del male.
Ma per adesso, sul fronte istituzionale, solo l’assessorato all’Ambiente ha preso una netta posizione contro questo insostenibile via vai di ciminiere marine. Vista inascoltata la sua richiesta al ministro per l’ambiente, Andrea Orlando, di applicare sin da subito un numero chiuso, Bettin ha chiesto la collaborazione di Arpav per monitorare accuratamente l’eccezionale situazione che si creerà con il traffico autostradale delle 12 Grandi Navi. “Cercheremo di misurare in particolare il rumore, le polveri sottili e gli ossidi di azoto e di osservare gli spostamenti di masse d’acqua e le variazioni di marea che provocheranno queste navi - ha dichiarato l’assessore veneziano -. Si tratterà, in un certo senso, di un esperimento enorme sulla pelle viva dei veneziani, al quale, certamente, ci saremmo sottratti volentieri”.
Venezia il giorno dopo. Tutti contro le Grandi navi
22/09/2013EcoMagazine, Global Project
La provocazione delle multinazionali crocieristiche che hanno voluto dare una dimostrazione di forza schierando in un solo giorno una “flotta di guerra” di ben dodici Grandi Navi, ha avuto sabato la risposta che si meritava. Una sfrontatezza insostenibile nel piano politico, la loro, come le Grandi Navi sono insostenibili in quello ambientale.
E così la prova di forza alla fine si è rivoltata contro di loro, e si è trasformata in una straordinaria giornata di lotta grazie a un centinaio di attivist* dei centri sociali che in mattinata hanno “fatto visita” al terminal delle crociere all’interno dell’aeroporto internazionale di Tessera, a oltre un migliaio di veneziani inferociti che hanno affollato la riva delle Zattere e a una cinquantina di indomit* ragazz*, con il loro tuffo in acque non calmissime né limpidissime.
E grazie a tutti loro, oggi nessuno si azzarda più ad affermare che le Grandi Navi siano “normalità” e non un autentico problema per Venezia. Unica eccezione è il bilioso comunicato del Venezia Terminal passeggeri che si ostina a contestare i dati degli arrivi e delle partenze. Comunicato cui ha risposto l’assessore all’Ambiente. “E’ inutile che i portavoce di Vtp contestino i numeri sui transiti di navi a Venezia in questo fine settimana - ha risposto Gianfranco Bettin -. Sono numeri tratti dalle fonti ufficiali. Tra sabato e domenica a Venezia sono attese dodici navi di stazza superiore alla 40mila tonnellate e 6 di stazza inferiore. Totale: 36 transiti come avevamo scritto. Vtp continua a considerare normale tutto questo, senza voler capire che, in una città come Venezia, è proprio questa 'normalità' a essere abnorme agli occhi del mondo”.
Anche il sindaco Giorgio Orsoni è intervenuto sulla questione rilasciando questa dichiarazione all’Ansa: "Adesso è l'ora delle decisioni, ma delle decisioni immediate”. E riferendosi alla manifestazione: “Ci si renda conto che questo è lo stato d’animo dei veneziani, che io condivido.” E ancora: “Questa è la punta dell'iceberg di un malumore diffuso nella città di Venezia del quale chi è deputato a decidere le soluzioni deve ormai considerare”.
Soluzioni sì, ma quali? Il ministro dell'Ambiente, Andrea Orlando, che prima di sabato, parlava ancora di “numero chiuso”, ha sposato la tesi dell’opzione zero. "E' mia intenzione proporre nella prossima riunione di ottobre un percorso che porti all'opzione zero del passaggio delle Grandi Navi su Venezia - ha dichiarato all’Ansa - partendo da uno spostamento di quote crescenti su Marghera in attesa di soluzioni strutturali definitive".
Quali saranno queste “soluzioni strutturali definitive” è ancora tutto da scoprire. Il comitato Grandi Navi ha già fatto sapere che non accetterà soluzioni peggiori del male come lo scavo di altri canali o la realizzazione di mega porti all’interno di una laguna fin troppo cementificata.
Contro le Grandi Navi si è scoperto all’improvviso anche il governatore veneto, Luca Zaia. «È un'immonda schifezza nel senso che è un problema che va risolto. Siamo assolutamente favorevoli all'uscita delle navi dal canale della Giudecca e dal bacino di San Marco ma è fondamentale che si decida e si decida velocemente. Ci sono diverse ipotesi, noi sosteniamo che il punto di arrivo dev'essere quello di mantenere l'occupazione, che interessa quasi 5 mila lavoratori, ma anche e soprattutto di non inquinare. Per esempio, le navi quando arrivano in banchina devono spegnere i motori». Bisognerebbe spiegare a Zaia che le Grandi Navi non possono spegnere i motori neppure quando sono all’ancora perché se l’impianto di areazione non funziona in fondo alle stive o nelle cabine interne la gente morirebbe soffocata. Inoltre, riaccenderli prima della partenza inquinerebbe in pochi minuti più che mantenerli al minimo per tutta la durata della sosta. Ma, soprattutto, il governatore leghista del Veneto chiacchiera bene davanti alle telecamere, ma razzola molto male nelle occasioni e negli atti ufficiali: Zaia sostiene infatti lo scavo del canale Contorta e il mantenimento delle navi in Marittima.
Come era prevedibile, a favore dell’allontanamento delle Grandi navi dalla laguna si è schierato l’intero arcipelago ambientalista. Riportiamo solo una nota del Fondo Ambiente che recita “E’ necessario mettere fine a questo cinico abuso della città. Un consumo che dà meno di quanto riceve e distrugge il nostro futuro” e ha lanciato un appello ai ministri dell’Ambiente e dei Beni Culturali e pure al Capo Dipartimento della Protezione civile. Prevenire i disastri, riteniamo, è meglio che farci la diretta televisiva dopo.
E nella mattinata di domenica, il presidente del consiglio Letta ha annunciato per il prossimo 1° ottobre un vertice del governo “per definire le modalità dello stop alle grandi navi davanti a Venezia”. “Sarebbe ora – ha commentato il consigliere comunale veneziano Beppe Caccia - visto che il decreto Clini Passera, con il divieto al transito in bacino di San Marco e canale della Giudecca, è datato 1° marzo 2012, cioè oltre un anno e mezzo fa. Ma l’annuncio del governo è già un primo significativo risultato ottenuto dalla giornata di lotta di sabato.”
Con pentole, mestoli e coperchi: tutti alle Zattere per difendere la nostra laguna
21/09/2013EcoMagazine, Global Project
Sabato sarà come se 12 elefanti entrassero in una cristalleria. Per le compagnie crocieristiche sarà una dimostrazione di forza, di arroganza e di sfrontatezza coadiuvata dal silenzio della Capitaneria di Porto, dalla complicità dell’autorità portuale e dall’inerzia del governo e dei ministeri competenti. Anche il Comune, se si esclude la ferma presa di posizione dell’assessore all’Ambiente, Gianfranco Bettin, sembra adagiarsi sulle proposte - alcune delle quali, come abbiamo già scritto, peggiori del male - in discussione nelle sedi romane e ha lanciato il programma della Settimana Europea per la Mobilità sostenibile senza spendere una riga sul transito delle grandi navi in laguna.
A tenere la trincea della difesa della laguna, il solo assessorato all’Ambiente che, in collaborazione con l’Arpav, ha installato centraline per monitorare, prima, dopo e durante il passaggio delle Grandi Navi, il rumore e la qualità dell’aria tramite i parametri correlati alla combustione (polveri sottili, idrocarburi policiclici aromatici, anidride solforosa, ossidi di azoto e monossido di carbonio, e altro).
In attesa dei risultati della analisi, c’è poco da stare allegri. Come ha sentenziato il professor Axel Friedrich, già direttore dell'Ente nazionale tedesco di protezione ambientale: “L'inquinamento di fondo a Venezia è peggio di quello di Pechino”.
Friedrich, come abbiamo letto in un articolo su Global Project, è venuto in laguna proprio per girare un documentario per la televisione pubblica tedesca, evidentemente più sensibile a certe tematiche che la nostra Rai, proprio per monitorare la criticità del passaggio della Grandi Navi in un ambiente delicato come la nostra laguna.
Non è una novità che il futuro della nostra città desti più preoccupazione all’estero che in patria. Così come non è una novità che a difenderla si levino le voci di personaggi pubblici - non ultimo Celentano che oggi ha addirittura acquistato una pagina sul Corriere per denunciare “l'Eterno Funerale delle bellezze del mondo" - piuttosto che di ministri e politici.
Spetta a noi tutti, domani alle Zattere, a partire dalle 14,30, dimostrare che anche i veneziani sanno alzare la voce per difendere la loro città. Quella Venezia che è sì patrimonio dell’Unesco e dell’umanità intera, ma anche e soprattutto un nostro patrimonio, la nostra casa, il nostro primo bene comune.
Come se non bastasse la flotta! Attenti alle navi ma anche alle “soluzioni”
19/09/2013EcoMagazine, Global Project
La questione invece non sta nel numero. Dodici grandi navi sono insostenibili per il delicato ecosistema lagunare, esattamente quando una sola grande nave. Non si tratta di quantificare il danno ambientale ma di evitare il danno ambientale. “L’unica opzione accettabile - afferma in una nota il comitato - è l’opzione zero: fuori tutte le grandi navi da crociera dalle bocche di porto”
Quelle grandi navi che a Venezia portano solo inquinamento e devastazione. Nessuno sostiene ancora che un tale incontrollato flusso turistico - sabato sbarcheranno ben 30 mila persone, una ogni due veneziani - porti ricchezza alla città, considerando che sono tutti turisti da “pacchetto offerta” tutto compreso a bordo. A Venezia altro non rimane che pagare le spese senza guadagno alcuno.
Sono cose queste, che le stesse compagnie crocieristiche non possono non sapere. E proprio per questo sabato, rilanceranno la posta in gioco facendo arrivare questa specie di flotta di guerra in uno stesso giorno. Al tavolo delle trattative potranno così, bontà loro, abbassare le pretese fingendo di accettare “per amore della città” un numero chiuso che si accorda con i loro reali interessi.
Così come sarebbero disposti ad accettare lo spostamento del terminal in un’altra zona della laguna o lo scavo di un ulteriore canale dall’altra parte della Giudecca. “Pezo el tacon che el sbrego”, per l’appunto. A troppe persone, la crisi di un intero sistema non ha insegnato niente. Si persegue con la logica delle Grandi Opere, inquinanti e costose, che divorano ambiente e creano nuovi disagi, pur di non approdare a soluzioni più economiche e concrete, rispettose dell’ecosistema, ma che danneggerebbero i santi introiti delle grandi finanziarie.
Ve lo figurate lo scavo di un mega canale di 2 chilometri a fianco della Giudecca? Qualche milionata di spesa per trovarci con un’isola in mezzo alle correnti di una laguna che oramai è diventata un braccio di mare aperto. E in caso di incidente, cosa cambia se la nave si incaglia 100 metri più in là di piazza San Marco? Vogliamo davvero vedere altro “spettacolo televisivo” come il raddrizzamento della Costa Concordia in mezzo alla laguna? Farà anche audience ma preferiamo di no!
Per quanto riguarda il rilascio di polveri e ossidi di azoto, poi, che il terminal sia di qua o di là nella laguna, non cambia niente. Casomai, più è lontano dalle bocche di porto, maggiore è la strada da percorrere per la nave e più inquina.
Ed è anche per valutare la portata dell’inquinamento regalatoci da questi mostri del mare assai più pericolosi di un kraken, che sabato sarà una giornata memorabile.
L’assessorato all’Ambiente ha già chiesto la collaborazione di Arpav per monitorare accuratamente l’eccezionale situazione che si creerà con il via vai autostradale delle 12 grandi navi. “Cercheremo di misurare in particolare il rumore, le polveri sottili e gli ossidi di azoto e di osservare gli spostamenti di masse d’acqua e le variazioni di marea che provocheranno queste navi - ha dichiarato l’assessore all’Ambiente, Gianfranco Bettin -. Si tratterà, in un certo senso, di un esperimento enorme sulla pelle viva dei veneziani, al quale, certamente, ci saremmo sottratti volentieri”.
“A questo proposito, nel ribadire che ogni verifica possibile sarà da noi compiuta quel giorno, chiediamo invece fin da ora a ogni autorità competente e in particolare alla Capitaneria di Porto e all’Autorità portuale se ritengono di poter accettare che tale situazioni si verifichi - ha concluso un preoccupato Bettin -. Se, in altre parole, certificano fin da oggi che quel giorno l’eccezionale addensamento di transatlantici a Venezia e il cumulo dei loro effetti ambientali non produrrà nessuna situazione di pericolo e di danno o se, invece, non ritengano di dover applicare fin da subito, fin da quel giorno, quel numero chiuso di cui si sta già discutendo”.
Il giorno dell’assalto
16/09/2013EcoMagazine, Global Project
Non è neppure un caso che tutto ciò avvenga proprio mentre la Tv - quando ci dà un attimo di tregua dalle tormentose vicende di Silvio - ci assilla con i filmati del recupero della Costa Concordia. Il tutto presentato con la massima spettacolarità, senza ricordare che con catafalchi del genere in giro per i mari gli incidenti sono sempre in agguato. Una vera e propria pubblicità gratuita per le crociere su queste specie di villaggi turistici galleggianti.
Ma l’assalto delle 12 Grandi Navi va letto anche come un rilancio della posta in gioco proprio nel momento in cui si discute di alternative e di laguna a “numero chiuso”. E’ in questa ottica che le multinazionali delle crociere stanno mettendo le mani avanti. Domani potranno dire: “Dodici son troppe? Bontà nostra, siamo disposti a scendere a sei”. Un po’ come si contratta nei mercati orientali, partendo dal doppio per arrivare a metà.
Ed è proprio per questo che sabato prossimo, alle 14,30 alle Zattere dobbiamo esserci tutti. Per far capire alle multinazionali che hanno passato il segno e per ricordare agli amministratori della città ad al Governo che l’unico “numero chiuso” che ci piace è lo zero. E che l’unica alternativa che accettiamo è che questi mostri marini, col loro carico di inquinamento e di brutture, girino al largo dalla nostra laguna.