In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.

L’eco rivoluzione della luce

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A Venezia arriva la rivoluzione della luce. Anzi, l’eco rivoluzione della luce perché, come ha ricordato l’assessore all’Ambiente, Gianfranco Bettin, “queste innovazioni permetteranno al nostro Comune di rientrare con largo anticipo nei parametri imposti dal Protocollo di Kyoto”. Sarà davvero un cambiamento radicale per la Città dei Dogi e la sua laguna, paragonabile soltanto a quel lontano inverno del 1922 quando l’allora amministrazione decise di sostituire il gas con l’elettricità per illuminare la città. Le vecchie e inquinanti lampade ai vapori di mercurio dei lampioni che illuminano calli, canali e fondamente, oltre a strade e piazze della vasta città di terraferma tra Mestre e Marghera (e lo stesso sistema di illuminazione del grande parco di san Giuliano), infatti, stanno per avviarsi all’attesa pensione per essere sostituite dalle nuove e performanti lampadine a led. Ricordiamo che la tecnologia a led consente un risparmio energetico valutabile tra il 50 e l’80% rispetto al mercurio.


I costi di manutenzione di questi impianti inoltre, anche mettere in conto la maggior durate delle nuove lampadine, sono valutati nell’ordine di un decimo rispetto agli impianti attualmente in uso. Il tutto senza che ne risulti minimamente compromessa la qualità dell’illuminazione. Anzi, luce bianca e fredda tipica dei led ha la proprietà di garantire un’illuminazione efficace e sicura per gli utenti della strada e la sua capacità di emettere un fascio luminoso concentrato consente di limitare al minimo tutti i fenomeni di inquinamento luminoso. Torneremo in altre parole, a riveder le stelle senza rischio di precipitare in un buio canale.
E questa è solo una delle tante eco rivoluzioni che presto ci faranno vedere Venezia sotto una luce completamente nuove. Il panorama completo delle luminose innovazioni è stato presentato questa mattina nella cornice del municipio di Mestre dagli assessori Gianfranco Bettin per l’Ambiente e Alessandro Maggioni per i Lavori Pubblici. Presenti anche i vertici delle società che si sono aggiudicate il nuovo appalto dalle durata di 9 anni per la gestione e il rinnovo della pubblica amministrazione: Citelum sa, Gemmo spa e consorzio Cooperative Costruzioni. I termini della gara d’appalto, hanno spiegato i due amministratori, contenevano espressamente la richiesta di migliorare entro il primo anno di gestione (che sarà per l’appunto questo 2012) l’intero sistema di illuminazione pubblica nell’ottica di migliorare il servizio, risparmiare energia e mettere in sicurezza aree ai margini. Tutti criteri rispettati dalle ditte vincitrici. “Per Venezia, questa rivoluzione dell’illuminazione rappresenta un salto di sistema radicale - ha commentato l’assessore all’Ambiente (e ambientalista) Gianfranco Bettin -. L’amministrazione in questi ultimi anni ha già operato dei passi in avanti nel settore del risparmio energetico ma con questo appalto facciamo un vero e proprio salto nel futuro, passando da una situazione che per molti versi era di arretratezza ad una di eccellenza, allineandoci su questo tema alle più avanzate città europee”. I dati parlano da soli: i led consentiranno un risparmio di 6 milioni e mezzo di kilowatt ora l’anno, che si traducono in 4 milioni e mezzo di chili di Co2 in meno nell’atmosfera per un totale di risparmio di mille e 200 tonnellate equivalenti di petrolio. Il tutto, come abbiamo detto, senza cedere nulla sul fronte della qualità dell’illuminazione ma conquistando terreno su quello del contrasto all’inquinamento luminoso e del risparmio energetico. Va tenuto presente inoltre che una parte sempre maggiore dell’energia che sarà adoperata verrà da fonti non inquinanti e rinnovabili. Un esempio sono le tradizionali “bricole” che in laguna segnano il corso dei canali navigabili e che presto non solo saranno illuminate dai led ma che saranno alimentate ciascuna da un piccolo impianto fotovoltaico. Una speciale cellula inoltre, sempre alimentata dalla luce del sole, segnalerà gli eventuali “fuori asse” dei pali - il momento in cui la “bricola” sta per cadere consumata dell’eterno andare delle maree - permettendo la sua pronta sostituzione e prevenendo ogni rischio ai naviganti.
Insomma, una vera e propria rivoluzione verde quella che sta per illuminare Venezia e la sua Terraferma.
Ma questi nuovi lampioni con i led non saranno troppo tecnologici per una Venezia che viene tutt’ora indicata nelle guide come la città più romantica del mondo? In altre parole, gli innamorati potranno ancora godere dei chiari di luna lagunari? “Nessun dubbio al riguardo - conclude Bettin -. Anzi, l’illuminazione a led si presta ancora di più per sottolineare i chiaroscuri tipici dei nostri canali e per aiutarci a riconquistare quelle dimensioni, come quella del buio, che stiamo rischiando di dimenticare”.

Il parco della laguna sbarca a Burano

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Solo fino a qualche anno, azzardarsi a ventilare di un “parco della laguna”, in quest’isola dalle case colorate, significava scatenare una rissa in stile far west. I buranelli, si sa, è gente che va per le spicce e che non te le manda a dire per interposta persona. Un po’ come parlare di un certo gatto al quale, vai a capire il perché, hanno innalzato un monumento dall’altra parte della laguna di Venezia. Uno di quegli argomenti insomma, di cui puoi parlare a casa tua ma non a casa loro, se tieni ai denti e al quieto vivere. Altri assessori, altri parchi, in quest’isola dipinta come un arcobaleno non sono nemmeno riusciti a sbarcare. Gianfranco Bettin invece ce l’ha fatta. Non soltanto è riuscito a parlare del parco a due passi da piazza Galluppi, ma si è preso pure i suoi applausi finali, dopo aver sostenuto un lungo dibattito dentro una ex chiesa delle Cappuccine strapiena di gente. Un dibattito, e non poteva essere altrimenti, acceso e... colorato proprio come le case di Burano.


Un incontro, questo svoltosi nel pomeriggio di giovedì primo marzo, cui l’assessore all’Ambiente del Comune di Venezia arriva dopo un lungo e, immaginiamo, faticoso lavoro di cucitura con le tante realtà che, direttamente o indirettamente, avranno a che fare col futuro parco. “Il percorso per la costruzione del parco della laguna nord - dirà all’assemblea l’ambientalista - non può che essere un percorso partecipato. Non vogliamo lasciare ai margini nessuno se non coloro che vedono la laguna solo come un oggetto di speculazione”.
Un lavoro, dicevamo, lungo e paziente che alla fine è sbocciato come un fiore in questo anticipo di primavera. Infatti,, E’ stata la stessa cooperativa San Marco che riunisce i pescatori di Burano - e già questa sarebbe una notizia da prima pagina - ad invitare Bettin ad un dibattito in isola per avere chiarimenti sulle varie ipotesi che ruotano attorno al parco.
“Sino a ieri, l’idea di un parco non ci è mai piaciuta troppo - ha ammesso il presidente della cooperativa, Luigi Vidal -. Temevamo pesanti ripercussioni e ulteriori vincoli sulla nostra attività lavorativa. Adesso cominciamo a vedere le cose in maniera differente grazie alle ampie rassicurazioni che l’assessore Bettin ci ha dato. E’ sotto gli occhi di tutti che la nostra isola vive un periodo di crisi. Lo spopolamento, innanzitutto. Quando ero un ragazzino, qui vivevano 6 mila e 500 persone. Oggi siamo in meno di 3 mila. Anche la pesca è in crisi, pur se continuiamo a mantenere un fatturato di 5 milioni di euro all’anno. In questo contesto, se il parco potrà essere non un ostacolo ma un vantaggio... allora ben venga”.
“Il problema sta tutto su quale parco vogliamo costruire - ha argomentato Bettin -. Il 2 novembre 2010, con il Piano Regolatore Generale, La Regione Veneto ha approvato solo il perimetro del parco ma i contenuti dobbiamo deciderli assieme. Dentro il termine ‘parco’ oggi ci sono solo attese, speranze e anche paure. E’ evidente che il parco della laguna nord non può essere un parco tradizionale come, ad esempio, quello realizzato in un’area selvaggia e scarsamente abitata come le Dolomiti. Qui il parco deve essere uno strumento adatto a valorizzare quello che già c’è e che corre il rischio di scomparire. Non mi riferisco solo al paesaggio o all’ecosistema ma anche alla cultura, alle tradizioni della gente che da secoli ha vissuto la in questo ambiente e che qui vuole continuare a vivere. Ho sempre pensato al parco come un sistema capace di fornire opportunità e non nuovi problemi. Oggi la laguna vive una situazione paradossale: di vincoli e di strumenti di tutela ce ne sono a bizzeffe, vuoi di matrice comunitaria o vuoi regionale o statale. Strumenti di tutela che, alla fin fine, sono spesso raggirati e che, non soltanto finiscono per non tutelare nulla, ma che non offrono nessuna reale opportunità. Il parco serve proprio a sbloccare questa situazione. Non mi interessa costituire un nuovo marchio per portare lance colme di turisti e ricreare anche qui quel meccanismo perverso che ha snaturato tanti quartieri di Venezia. Il parco deve essere uno strumento di crescita e di difesa della gente che qui abita e che è parte integrante della sua laguna”.
Se i cacciatori o i pescatori, spiega l’assessore, temono per le loro attività, si mettano il cuore in pace. Nel futuro parco della laguna nord, caccia e pesca saranno regolati, domani come oggi, dagli appositi piani, faunistici e di gestione delle risorse alieutiche che, nel bene o nel male, la Regione Veneto vara ogni anno.
“La laguna nord è l’unica laguna ancora rimasta quasi intatta - continua Gianfranco Bettin -. Il canale dei petroli e altre grandi opere hanno oramai trasformato le barene a sud di Venezia in un braccio di mare aperto. Tutelare e sostenere quest’area nel suo complesso, intendo non solo preservarne la flora o la fauna, ma anche le antiche comunità che vivono al suo interno, è un’operazione che non può più essere rimandata”. “Il parco deve darci l’opportunità di consentirci interventi eccezionali in un contesto che è eccezionale ma che negli ultimi cinquant'anni, di eccezionale ha avuto solo una serie di leggi di tutela ambientale non sempre rispettate - sostiene l’assessore -. Dobbiamo utilizzare uno strumento di fortissimo impatto per spostare in questo territorio risorse che ci consentano di rigenerare la laguna e la civiltà lagunare. Ecco perché affermo che i primi custodi e i primi gestori del futuro parco dovrà essere la gente che dentro il parco ci vive e che, proprio grazie a questo nuovo strumento, potrà veicolare bisogni e ragioni, e farle valere anche nei confronti di una autorità regionale o statale non sempre disponibile ad ascoltare la loro voce”.
Il parco della laguna nord, concludendo, non sarà un museo ma uno strumento per difendere quello straordinario ed unico patrimonio di ambienti, di arte, di cultura, di conoscenze, di storie, di vita che è la laguna di Venezia. Quel che ne rimane.

Un Pat(to) con la città

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Parafrasando Leibnitz, potremmo scrivere che quello che si va a votare lunedì prossimo in consiglio comunale "è il migliore dei Pat possibili". Il che non significa che, in linea teorica perlomeno, non si poteva fare di meglio ma che tra tutti i Pat che poteva produrre l'attuale maggioranza che governa la città, questo, ripulito dal maxi emendamento che ha visto tra i suoi promotori i consiglieri della lista In Comune, Camilla Seibezzi e Beppe Caccia, è senza dubbio il migliore. Un Pat quindi che "andremo a votare convinti - ha commentato Caccia - pure se sappiamo bene che molti nodi rimangono irrisolti e che molte scelte fondamentali sono state demandate alla stesura dei piani di intervento. A questo proposito, invitiamo tutte le associazioni e gli ambientalisti che ci hanno sostenuto sino ad oggi con proposte, consigli e critiche, a non abbassare la guardia. Sull'assetto definitivo del Quadrante la battaglia è ancora aperta e dovremmo mobilitarci ancora per difendere il nostro territorio".


Ieri mattina, mercoledì 25 gennaio, nella sala consigliare di Ca' Farsetti, Camilla Seibezzi e Beppe Caccia hanno incontrato la stampa locale per fare il punto sul Piano di Assetto Territoriale la cui votazione è slittata a lunedì prossimo proprio per dare la possibilità alla maggioranza di varare il cosiddetto "maxi emendamento" (in allegato in fondo alla pagina) che recepisce molte delle osservazioni critiche avanzate dalla lista ambientalista. Proprio la lista e l'associazione In Comune hanno avuto una parte da protagonisti nella stesura di questo maxi emendamento finale, risultato di sei mesi di attento lavoro sia in fase istituzionale, con i due consiglieri eletti e l'assessore all'Ambiente Gianfranco Bettin, che in fase di incontri pubblici e di confronto, non di rado anche violentemente polemico, con cittadini e associazioni.
"Quello che ne è risultato alla fine - ha dichiarato Caccia - è uno strumento di transizione tra la città novecentesca che non c'è più e la città del duemila che non c'è ancora. Certo, nel documento non è ancora tratteggiata con chiarezza quella città che noi ambientalisti vorremmo, una città sostenibile ed orientata verso la green economy, ma il Pat rimane comunque uno strumento che ci aiuterà a governare questo passaggio riportando, e questo è il filo condutture delle scelte prese dal maxi emendamento di giunta, il governo del territorio all'interno del consiglio comunale democraticamente eletto, sottraendolo ai diktat di commissari esterni". Il riferimento, neanche tanto velato, è all'autorità aeroportuale.
"L'emendamento - continua Caccia - recepisce le nostre proposte sull'alta velocità dicendo che questa non deve essere intesa come una nuova e devastante infrastruttura fisica ma come una serie di scelte gestionali volte a migliorare il servizio partendo in primis dall'auspicato sistema ferroviario metropolitano regionale su cui la Regione è in ritardo da vent'anni anni. Sulla Tav l'emendamento ribatte che esiste una valutazione di impatto ambientale negativa e che questa rimane la posizione del Comune di Venezia. Siamo convinti che si possono spostare tante merci e tante persone tra Venezia e Trieste usando le linee esistenti. Senza bisogno di altre infrastrutture ma potenziando l'esistente. La tanto discussa quanto inutile stazione di Tessera è cancellata dalla mappa. E con la stazione, il maxi emendamento cancella anche il tracciato di gronda, ribadendo la necessità che l'aeroporto sia raggiungibile velocemente da Mestre grazie al sistema ferroviario metropolitano regionale. Sulla cosiddetta Terza Pista, il Pat afferma che il Marco Polo non ha un carico di viaggiatori tale da giustificare un investimento che comporterebbe per di più un surplus di inquinamento su un'area delicata che ha già raggiunto la soglia limite". Cosa dice il Pat a proposito di Tessera City?
"Il maxi emendamento è il funerale di Tessera City. Un pregio di questo Pat è la stretta definizione funzionale dello sviluppo del territorio e di aver superato la genericità di definizione del Quadrante che lasciava aperta la strada al rischio concreto di una colata di cemento. Oggi dall'emendamento esce una cosa ben diversa: una città dello sport legata a funzionalità sportive e al tempo libero con secondarie funzioni commerciali e ricettive ma solo se legate alle prime. Con questo emendamento, insomma, la giunta compie una scelta ben precisa affermando che quell'area non sarà edificata per 105 ettari per costruire una improbabile e speculativa Tessera City ma per una città dello sport la cui superficie occupabile è di 52,5 ettari. Non di più". Un altro punto focale, spiegano i due consiglieri, è il passaggio sulla proprietà delle aree. Affermare che la città dello sport deve essere fatta su aree prevalentemente comunali, significa riconsegnare il governo del territorio al Comune e sottrarlo ai ricatti e alle speculazioni. "Rimangono ancora delle perplessità - non si nasconde Caccia -. Se è vero che abbiamo messo una argine ad ipotesi di carattere speculativo, è anche vero che le quantità edificabili ci paiono ancora eccessive e, come dicevo all'inizio, la localizzazione delle aree è ancora tutta da decidere. La bretella, a nostro parere, dovrebbe essere il limite estremo dell'urbanizzazione. E su questo punto si prepariamo ad affrontare una dura battaglia. Ma l'importante è che Tessera City, il gemello mostruoso di veneto City, sia scomparsa dai nostri incubi così come il tracciato in gronda della Tav".
"Il Pat, come risulta dopo la ripulitura operata dal maxi emendamento - ha spiegato Camilla Seibezzi - presenta dei punti di forza che sono il frutto di un attento ascolto della città e delle associazioni. Non mi riferisco solo al problema delle Grandi Navi sulle quali il Comune, per quanto limitato nelle sue competenze, ha predisposto uno studio per valutarne l'impatto ambientale. Il Pat apre un discorso sullo sviluppo sostenibile e riporta il discorso sui flussi turistici definendo standard di servizi distinti tra i residenti e i turisti. Ritengo anche molto importante il capitolo che apre i bandi pubblici al terzo settore, mi riferisco alle cooperative edilizie no profit. Un modo per garantire trasparenza e aprire ad una residenzialità estesa. In poche parole, questo Pat sul quale avevamo nutrito tante preoccupazioni, alla fine, grazie al lavoro nostro, dei colleghi di maggioranza e, soprattutto, delle associazioni cittadine, si è trasformato in uno strumento capace di dare un governo alla città orientato anche verso la sostenibilità e la green economy. Un primo passo di una lunga strada che ora dobbiamo percorrere sino in fondo".

Giù le mani dalla città

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Ambientalisti, attivisti dei movimenti, sindacalisti. Tutti insieme per un Pat che sia uno strumento capace di difendere e di costruire la città che vogliamo. Un Pat che sia uno scudo e non una porta aperta per le devastanti speculazioni legate alla Tav, all’ampliamento dell’aeroporto e a Tessera City. Srotolando due enormi striscioni con al scritta “Marchi, giù e mani dalla città”, questa mattina, venerdì 13 gennaio, una trentina di giovani ha simbolicamente occupato per un paio di ore circa la sala partenze dell’aeroporto Marci Polo. L’iniziativa che si è svolta pacificamente e senza causare intoppi ai passeggeri in procinto di imbarcarsi, è stata organizzata non soltanto da varie associazioni dell’ambientalismo lagunare come Legambiente, Vas e assemblea contro il Rischio chimico, o da centri sociali come il Rivolta o il laboratorio Morion, ma anche dalla Filt Cgil.


Tra gli manifestanti, anche il segretario provinciale Umberto Tronchin.Significativo che un sindacato che si occupata di tutelare i lavoratori dei trasporti, si trovi a condividere in toto, sul tema del piano di Assetto territoriale che sta per andare in discussione in consiglio comunale, le posizioni degli ambientalisti e dei movimenti sociali. Un segno forte di come una certa politica di “sviluppo” indiscriminato a spese del territorio, dei beni comuni e della stessa democrazia sia oramai arrivata ad un punto di rottura e si sia rivelata socialmente e ambientalmente insostenibile. Tra i partecipanti all’iniziativa al Marco Polo anche il consigliere della lista In Comune Beppe Caccia. “Vorremmo che qualcuno ci spiegasse che senso ha portare una stazione della Tav a Tessera - ha dichiarato l’ambientalista -. Per degradare a stazioni periferiche Mestre e Venezia? E per quale motivo un passeggero che sbarca al Marco Polo, presumibilmente per visitare Venezia e la sua laguna considerando che è questo lo scopo della gran parte dei viaggiatori che transita per questa sala, dovrebbe poi prendere il treno e non il bus o il motoscafo? Per andare dove? La verità è che il signor Enrico Marchi, presidente della Save, sa bene che nei prossimi vent’anni non si farà proprio niente di tutto ciò che lui propone. Non si farà la famosa terza pista dell’aeroporto, non si farà la Tav, né altre grandi opere tanto inutili quanto assurde. Tutta questo fantasticare serve solo a giustificare una lunga serie di infrastrutture speculative, di centri commerciali, di grandi alberghi legati a Tessera City che sono il vero pericolo per il nostro territorio”. Un disegno che Caccia non esita a definire megalomane. Un disegno che non ha nulla a che cedere con i problemi di mobilità dello scalo veneziano e che non si rapporta con la crisi che stiamo attraversando. Crisi peraltro legata proprio a questo idea di “sviluppo” economico. Un disegno che risucchierebbe centinaia di milioni di euro di risorse pubbliche a solo vantaggio di interessi finanziari privati per lasciare al pubblico solo una colata di cemento sopra quel che rimane delle ultime aree verdi della gronda lagunare. Una cementificazione che, tra le altre cose, aumenterebbe il rischio di allagamenti nell’entroterra veneziano. “Non dimentichiamoci però - conclude il consigliere della lista In Comune che ha annunciato una serie di emendamenti al Pat di prossima discussione - che non di sola difesa del territorio stiamo parlando. Qui è in gioco la nostra democrazia. Marchi incarna i poteri forti degli industriali e della Regione Veneto. Poteri con i quali ha bypassato il Consiglio Comunale di Venezia. Le infrastrutture che ha pomposamente presentato nel suo studio di fattibilità per il nodo intermodale di Tessera non sono mai state discusse in nessuna sede istituzionale. Nessuno le ha mai votate e nessuno ha mai potuto discuterle. Nessuno tantomeno le ha mai approvate. Questa non è democrazia. La gestione del territorio deve essere riportata nelle mani di chi lo abita e dei suoi diretti rappresentanti. Soprattutto va strappato dagli artigli di commissari speciali o di presidenti di carrozzoni che nessuno ha mai eletto e che fanno solo gli interessi degli speculatori”.

Manganellate e 59 denunce

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Dopo le botte, le denunce. Il dirigente della Digos di Venezia Diego Parente, ha consegnato venerdì scorso alla procura una corposa documentazione sui tafferugli scoppiati in piazzale della Stazione a Venezia, sabato 17 settembre, quando uno massiccio spiegamento antisommossa di celerini e carabinieri ha sbarrato il passo al corteo promosso da associazioni, movimenti, forze politiche e sindacali che intendevano manifestare pacificamente per una Venezia Bene Comune e palcoscenico per i rituali pseudo celtici dei lumbard.Nelle indagini conseguenti ai fatti, la Questura la seguito la stessa linea dura ed intransigente tenuta in occasione della manifestazione: ben 59 le persone denunciate per, ha raccontato Parente, “violenze a pubblico ufficiale, lesioni personali, travisamento e altri reati minori”.

Aggiungendo: “Ci sono dati oggettivi di un’aggressione preordinata”. Quindici giorni di studio dei filmati – molti dei quali sono visibili su You Tube, casomai qualcuno dei lettori volesse farsi una idea personale su “chi ha picchiato chi” e di come anche i consiglieri regionali che avanzavano con le mani in alto siano stati brutalmente manganellati – non sono comunque stati sufficienti alla Digos per riuscire ad individuare gli agenti responsabili della brutale aggressione a Beppe Caccia. Durante la seconda carica, anche in questo caso i filmati sono reperibili su You Tube, il consigliere comunale della lista In Comune è stato deliberatamente e ripetutamente colpito al capo dai manganelli sino a provocare un trauma cranico commotivo e il ricovero d’urgenza.

Un pestaggio sul quale anche il consiglio comunale di Venezia è prontamente intervenuto, votando a maggioranza un documento di esplicita condanna delle scelte compiute dal ministro Maroni e del Prefetto di vietare un pacifico corteo programmato da oltre un mese. Un atteggiamento, si legge, “non coerente con i principi costituzionali e con il diritto a manifestare le proprie idee”.
“Sabato 17 settembre – ha commentato Beppe Caccia - la città è stata di fatto commissariata e le sue istituzioni democratiche scavalcate. Senza insistere sulla ricostruzione di quanto accaduto davanti al ponte degli Scalzi e che è verificabile da chiunque possa collegarsi ad internet, il punto è come si è arrivati a vietare una manifestazione, quella a difesa di Venezia Bene Comune contro l'annuale parata leghista, che non a caso era stata convocata per il giorno prima e non per il giorno stesso, proprio per evitare contrapposizioni fisiche con il raduno padano di domenica e il cui percorso era stato notificato in Questura addirittura il 3 agosto scorso”.
Ancora più esplicito il documento con il quale le associazioni promotrici della manifestazione hanno commentato il giro di vite della questura. “Si tratta, evidentemente, del tentativo di rispondere alle critiche, giunte da ogni parte, per la gestione dell’ordine pubblico” si legge. “Le accuse di violenza a carico di alcuni tra i manifestanti cercano di nascondere una verità che è sotto gli occhi di tutti: il 17 settembre fino all’ultimo, con un incontro in prefettura alle 11 del mattino, i promotori hanno proposto soluzioni e percorsi anche diversi pur di garantire il pacifico svolgimento del corteo comunicato alla questura ai primi di agosto, ma si sono scontrati con una decisione, evidentemente già presa a livello politico e gravissima, che aveva l’obiettivo di impedire il diritto di manifestare, svilire la democrazia, ferire e umiliare la città di Venezia. La Questura impedendo il diritto di manifestare si è prestata ad un attacco senza precedenti all’esercizio dei diritti costituzionali nel nostro territorio per ragioni esclusivamente politiche e direttive che provengono dal ministro dell’Interno Maroni, preoccupato solo di tamponare la crisi di consenso e di immagine del suo governo e del suo partito”.
Conclude Dolores Viero della rete Tuttiidirittiumanipertutti: “Semplicemente non si volevano cortei di protesta in città il giorno prima dell’adunata leghista. Ma le denunce, come i manganelli, non riusciranno a farci stare zitti e rivendichiamo oggi come ieri il nostro diritto a manifestare. Ci assumeremo collettivamente l’onere della difesa di tutte le persone denunciate, certi che saranno tutte prosciolte dalle accuse e ci impegniamo a denunciare con ancora maggior forza le gravi responsabilità politiche per quanto accaduto lo scorso 17 settembre”.

Generazione Italia? (Intervento su una polemica interna alla Rete Tuttiidirittiumani)

Di solito non intervengo in queste dispute perché so bene che le argomentazioni non hanno mai convinto nessuno. Vorrei solo metterti in guardia, Jerry, perché nella tua evidente ingenuità rischi seriamente di venire strumentalizzato dal primo figlio di puttana che passa per strada. E non te lo meriti. Scusami, ma che vuole dire a proposito dei finiani che "il gruppo è omonimo, ma non abbiamo niente a che fare con loro"? Se io vado in Luisiana con cappuccio bianco e la scritta KKK, posso dire che non sono razzista e che il nome una coincidenza? Quanto meno dovresti cambiare immediatamente il nome del tuo gruppo adesso che sai chi lo ha usato prima di te! E poi... "senza offese per Fini"??? Offendiamolo invece! E' un fascio rifatto e rappresenta tutto ciò che la Rete combatte.
Vado ancora avanti, sempre a proposito della tua ingenuità politica: "E' un gruppo apolitico". Proprio come il mio club di tiro con l'arco. La Rete politica la fa, invece. E la fai anche tu quando ti batti per un mondo diverso. "Apartitico": che significa? Che tutti i partiti sono sullo stesso piano? Lega, forza Italia, rifonda... io ho avuto per anni la tessera dei verdi e chi afferma che siamo tutti uguali mi offende profondamente. La Rete e gli antirazzisti sono invece apertamente schierati "contro" tutti i partiti che fanno della xenofobia il loro strumento populistico. Sulle motivazioni delle manifestazione e sulla violenza - che abbiamo visto tutti da che parte veniva - non mi dilungo perché le mie posizioni sono quelle della Ale.  Quelli che stavano davanti non cercavano certo la gazzarra (a che scopo poi? mani alzate contro scudi e manganelli?). Son stati là solo per prenderle ed evitare, col loro sacrificio, che la polizia picchiasse quelli dietro, bambini e anziani compresi. 
Su una cosa però ti invito a riflettere. Sulla "fierezza di essere italiani". Ma si può sapere cosa ti ha fatto la Francia? Non ti piace Proust? Guarda che è tanto ma tanto meglio del Carducci, eh? Io invece tutte le prime domeniche del mese faccio la paella e sono fierissimo di essere spagnolo. Non è un modo di dire. Mi "sento" spagnolo, sennò non mi riesce bene il piatto. E devo dire che mi capisco di più con la lingua a Madrid che nell'italianissimo e tricolore Friuli. Amo Venezia, la mia città profondamente. Così come amo Parigi dove ho vissuto giornate indimenticabili. Palermo poi con i cannoli dove la metti? A Città del Capo ho un sacco di amici e mi sento a casa mia nel quartiere vicino allo stadio. C'è pure un sacco di razzisti proprio come qua. Sono proprio fiero di essere sudafricano! Amo, come te, l'Italia e Garibaldi che, se fosse vivo, sarebbe in prima fila nella manifestazioni come quella anti lega. Amo il Messico e Zapata, l'Argentina e il Che, New Orleans e Armstrong (It's a wonderful world). E come si fa a non tifare per gli All Black neozelandesi al campionato di rugby? E mia nonna ebrea che non gliene fotteva niente dell'Italia ("pais de mierda" diceva sempre) ma per tutta la vita ha continuato a rimpiangere la sua pampa sconfinata? Posso essere fiero di essere argentino almeno tutti i martedì in sua memoria? Oppure sono un traditore della Patria? E hai mai visto quanto è bella la Namibia? Perché non fondi Generazione Namibiana? Oppure pensi davvero che l'Italia valga più della Namibia? E su che basi? Perché è più ricca? O perché è il tuo Paese? Una volta ho sentito un fascio, uno vicino a Fini, tra l'altro, che si dichiarava contro la guerra in Afghanistan ma subito precisava che stava comunque dalla parte dell'esercito perché "giusta o sbagliata che sia la guerra, è comunque il mio Paese". E vai di tricolore!!! E' questo che vogliamo? Ascolta il mio consiglio, Jerry: fai una prova. Un giorno al mese perlomeno, metti fuori della finestra la bandiera del Perù e sentiti fiero di essere peruviano. E' un bel paese che vale quanto l'Italia, eh? Fidati. Se leggi Manuel Scorza, ti innamorerai di questo angolo di mondo, scommetto. Io ci son stato, in Perù. Tanta gente che lotta per un mundo mejor, tanti servi figli di troia che li menano. Proprio come in Italia, in Marocco e in Messico (continuo?) E io naturalmente sono anche fierissimo di essere messicano, caramba!
E' un vasto, vasto mondo. Diverso e uguale dappertutto. Vogliamoci e vogliamogli bene senza indulgere alla debolezza di sentirci fieri di "appartenere" (ma che vuol dire poi?) ad una sua piccola parte geografica o etnica o - ancora peggio!!!- "culturale". 

din don dan
riccardo

ps - letture consigliate atte a far passare la malattia da "fierezza di bandiera": Marco Aime "Lo specchio di Gulliver" o "Eccessi di culture"

No Lega Day

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Non è una bella pagina per la democrazia del nostro Paese, quella che è stata scritta sabato scorso a Venezia. “Oggi Maroni dalla sua sedia di ministro ci impedisce di manifestare pacificamente, domani lo stesso Maroni sarà sul palco allestito in questa stessa città come uno dei leader di spicco del Carroccio. Questo uso politico e privatistico delle forze dell’ordine è inaccettabile in una democrazia”. Così denunciava al megafono il consigliere comunale della lista In Comune Beppe Caccia prima che una serie ben assestata di manganellate che non lo ha risparmiato neppure quando era svenuto a terra, lo spedisse di filato al pronto soccorso. Con lui, all’ospedale, è finita un’altra decina di persone che con le mani in alto si era avvicinata allo schieramento della Celere chiedendo di poter manifestare pacificamente, così come alla Lega è stato concesso di fare il giorno dopo.


“Abbiamo depositato la richiesta di fare un corteo sino a piazza San Marco con un mese d’anticipo – tuona Tommaso Cacciari, portavoce del laboratorio Morion – Abbiamo scelto sabato proprio per evitare problemi di ordine pubblico con la Lega che arriverà a Venezia solo domani. La sera prima della manifestazione ci telefona la questura per dirci che la manifestazione non si poteva fare. Al massimo potevamo restare in piazzale stazione o andare in campo santo Stefano (piazza non esattamente centralissima.ndr). Che libertà è questa? Sabato con le botte e le cariche ci hanno impedito di manifestare. Una violenza che ha colpito non solo noi ma tutta la città. Perché Venezia non è leghista. Non lo è né culturalmente né politicamente. La nostra città non appartiene a Bossi”.
Che le cose si stavano mettendo sulla lunghezza d’onda del manganello lo si era intuito sin da mercoledì con la denuncia da parte di alcuni consiglieri del Pdl, dei rischi di “dare la città in mano ai centri sociali”. Accuse cui lo stesso Beppe Caccia ha ribadito ricordando che alla manifestazione hanno aderito sindacati come la Fiom, associazioni come Emergency e la rete Tuttiidirittiumani, e anche partiti politici dell’arco costituzionale come Rifondazione e la stessa lista In Comune. Vien da chiedersi, considerato come si fosse esposto prima per promuovere la manifestazione e poi per difendere il diritto al corteo, se sia davvero un caso che proprio Beppe Caccia sia stato il più colpito dalla carica della Celere.
“E’ stata comunque una bella manifestazione – ha commentato Caccia, appena dimesso dall’ospedale dove è stato costretto a trascorrere una notte sotto osservazione per traumi cranici -. Oltre un migliaio di persone si è mobilitato per ricordare che Venezia è un bene comune e rifiuta la demagogia dell’odio razziale e della xenofobia”.
Parole che invece sono risuonate il giorno dopo dai palchi della Lega dopo il trito rito celtico (che i celti non hanno mai fatto) dello sversamento dell’acqua del Po in una laguna già inquinata di suo. Inni alla secessione e alla razza padana “che esiste e paga per tutto questo schifo di Paese”. E poi il consueto richiamo ai “milioni di persone disposte a combattere per la libertà”. Persone che ieri sono rimaste tutte a casa, considerato che siamo oramai ben lontani dalle radunate oceaniche di 4 o 5 anni fa. Tanto per fare un esempio, i pullman arrivati ieri a piazzale Roma erano solo 30. Un migliaio di lumbard precettato contro i trentamila di “un governo” fa. Bossi e Calderoli sul palco hanno fatto finta di non accorgersene. Il mitico Trota non se ne sarà accorto sul serio, impegnato come era a far uscire l’acqua dall’ampolla sacra senza travasarsela sui pantaloni verdi. Lega nord, la commedia è finita. "Oramai è tornato il Fascismo con altri nomi" ha detto Bossi. E se lo dice lui…

Un Veneto No Lega

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C'è un Veneto che non ne può più di far da palcoscenico ai teatrini dei "lumbard". C'è un Veneto che non crede più a chi, seduto sulle poltrone di Roma, continua ad urlare "Roma ladrona". C'è un Veneto messo in ginocchio dalla crisi che ha capito che non è col populismo, con la xenofobia, con la svendita di diritti e con la mercificazione dei beni comuni che ne uscirà. Un Veneto che ha deciso di dire basta. E sarà questo Veneto a scendere in piazza a Montecchio, sabato 10 settembre, per manifestare contro il cosiddetto "Giro della padania" perché la padania non esiste, e a replicare sabato 17, a Venezia, per ricordare a tutti che la città lagunare è un bene comune e non va mortificata con supposti rituali celtici e secessionistici. A lanciare la manifestazione di Montecchio, nel vicentino, è il presidio No Dal Molin.


"Siamo di fronte all'ennesimo colpo di teatro di Bossi & C. teso a riaffermare una fantomatica Padania per distrarre l'attenzione dalla dura realtà di tutti i giorni e soprattutto dai pesanti sacrifici che, con la manovra economica, il Governo Pdl e Lega sta per scaricare sui lavoratori, sui pensionati e sulle famiglie" spiega Olol Jackson portavoce del presidio. Montecchio Maggiore, si legge nel comunicato del Presidio e sottoscritto da anche dalla Fiom, dovrebbe diventare il palcoscenico di un supposto Giro della Padania, presentato come una gara ciclistica importante, ma altro non è che l'ennesimo tentativo di far passare in modo subdolo nell'immaginario collettivo il concetto che la padania sia qualcosa di più che una farneticazione storica e politica. Per far questo non si fanno scrupoli di usare uno sport nobile e popolare come il ciclismo il cui momento più significativo è invece proprio il Giro d'Italia che unisce, nel suo passaggio tutto il Paese.
"Non basta più agitare la bandiera della padania per lavarsi la coscienza e la reputazione – conclude Jackson -. Le responsabilità della Lega, i suoi insuccessi al governo, le sue, la sua fame di potere e denaro stanno ormai diventando evidenti anche per sostenitori storici del carroccio e non serve distogliere l'attenzione attraverso l'idea di questa inesistente nazione padana, o individuando di volta in volta nuovi nemici su cui scaricare le colpe siano essi i meridionali o i migranti". "Lega Nord, la commedia è finita" è finita sarà lo slogan della manifestazione che si svolgerà, il sabato seguente a Venezia, proprio il giorno prima della consueta sceneggiata del travaso dell'acqua del Po in canal Grande. "Venezia, una città dove non a caso la Lega non ha mai piantato radici, non ne può più di assistere passivamente ogni settembre a questo teatrino scemo – spiega Michele Valentini del Rivolta – Soprattutto in tempi come questi. Cosa avranno da vantarsi i suoi dirigenti sul palco della riva Sette Martiri? da tre anni ormai, determinanti per il sostegno parlamentare al decotto Berlusconi, al governo di "Roma ladrona" ci sono proprio loro. Occupano prestigiose poltrone ministeriali e fanno parte, a pieno titolo, della Casta mentre nel Paese crescono di giorno in giorno le difficoltà a mettere insieme un reddito dignitoso. Al posto del promesso federalismo arrivano i tagli alla sanità e al welfare. Al posto dell'autonomia impositiva, ticket e nuove tasse". Sabato a Venezia soffierà il vento dell'alternativa. "La commedia è finita - conclude Valentini -. Basta con gli slogan e la retorica xenofoba. E' ora di alzare forte la voce per i diritti, la dignità, la democrazia".

L’accoglienza indegna

E questa la Caritas e la Regione Veneto la chiamano accoglienza! Nascosti e isolati da tutto e da tutti: lontani dalla città, senza mezzi per muoversi e senza nessun referente o operatore che fornisca loro delle informazioni. Assistenza medica quasi inesistente. Corsi di italiano e supporto legale? Nemmeno a parlarne.
Molti di loro vorrebbero fare richiesta d’asilo ma non trovano uno straccio di referente disposto ad ascoltarli. A parte il vitto e l’alloggio non hanno niente. E i luoghi in cui dormono, nella periferia veneziana, consistono in un capannone e in un piccolo edificio assolutamente inadeguati. E poi si viene a sapere di malattie, problemi respiratori, traumi psico-fisici in seguito alla traversata coi barconi verso Lampedusa. Gli attivisti delle varie associazioni per la tutela dei diritti umani che sono riusciti ad entrare in contatto con loro, raccontano di persone abbandonate a se stesse.
E’ toccato proprio a questi ragazzi - a loro che dalla Prefettura si sono visti sdegnosamente rifiutare qualsiasi proposta di collaborazione sull’accoglienza dei migranti - raccogliere le richieste di assistenza dei profughi, ascoltare i loro comprensibili sfoghi, offrire informazioni legali, corsi di italiano e accompagnarli dai medici messi a disposizione da Emergency. I pochi operatori preposti, spiegano gli attivisti, passano velocemente per lo stanzone, senza mai soffermarsi, con la scusa che debbono occuparsi di troppe strutture in tutta la Regione. Intanto, ci sono stati anche casi di molestia sessuale, come quello compiuto al porto da un italiano nei confronti di un ragazzo ghanese, per non parlare di altri “approcci” insistenti da parte di gruppi di individui appostati nell’area portuale.
Il calvario, per queste persone che hanno vissuto la guerra, la fuga, la traversata e la detenzione a Manduria o in altri centri, continua anche qui, al porto di Venezia. D’altronde, la vicenda era già partita col piede sbagliato sin dall’inizio. Dal governatore Luca Zaia che prima parla di “civile accoglienza” ma immediatamente, di fronte alla levata di scudi della sua stessa base leghista, delega tutto alla Prefettura di Venezia, assolutamente impreparata a gestire politicamente e operativamente la faccenda. Il quadro nazionale non è migliore. Rinominati, su richiesta europea, “profughi” invece di “clandestini”, i migranti in arrivo dalla Libia, perlomeno teoricamente, sono promossi “degni di essere accolti” nel nostro paese, sfuggendo al triste destino dei tanti respinti che pure non erano diversi da loro. Accoglienza, quindi. Ma di quale accoglienza stiamo parlando? Da un lato, il governo ha volutamente creato uno “stato d’emergenza” che ha condotto a pratiche di accoglimento (spesso tradotte in pratiche di detenzione) in deroga all’ordinamento giuridico portando avanti al tempo stesso – attraverso i mass media – una retorica della paura e una “teoria dell’invasione” che continua a permeare il dibattito pubblico. Dall’altro lato, a livello di gestione locale, nella Regione Veneto hanno regnato confusione, incompetenza e propaganda politica con derive xenofobe su cui la Lega l’ha fatta da padrona a casa nostra. La Prefettura, presa tra l’incudine e il martello, si è limitata a redarre convenzioni ad hoc con associazioni e vari enti locali. Nella Provincia di Venezia la gestione dell’accoglienza dei profughi è in gran parte in mano alla Caritas. Ma si può parlare di “accoglienza” stipare delle persone in un capannone e portargli da mangiare due volte al giorno? Il tutto in un clima assurdamente “top secret” considerando che Regione e Prefettura hanno sempre risposto picche alle richieste di sapere dove e come è gestita questa famosa accoglienza. La presenza dei migranti al porto di Venezia è stata segnalata solo grazie ad alcuni lavoratori dei cantieri navali che avevano notato dei ragazzi africani vicino alla dogana portuale di Marghera. E’ bastata una breve (e non autorizzata) ispezione degli attivisti dei diritti umani per far esplodere il caso sui giornali locali. Il referente Caritas, don Dino Pistolato, ha immediatamente negato la veridicità delle affermazioni e respinto le proteste di tutti i migranti intervistati. Ma poi ha ammesso che “siamo ad agosto” e che “gli operatori hanno il diritto alle ferie”. Con loro, evidentemente, se ne sono andati in ferie anche i diritti umani.

Montecchio vieta le lingue straniere

L’aveva già fatta grossa, la sindaca di Montecchio, popoloso comune a ridosso di Vicenza, quando nel marzo scorso aveva messo a pane e acqua – letteralmente – alcuni bambini che avevano la sola colpa di avere dei genitori che non riuscivano a pagare le rette della refezione scolastica.
Un comportamento degno della più classica matrigna cattiva delle fiabe che l’aveva catapultata alla ribalta delle cronache nazionali. Senza voler ritornare sulla vagonata di polemiche che ne era scaturita, osserviamo solo che vale, sempre e comunque, la pena di tenere d’occhio le ordinanze firmate dalla nostra Milena Cecchetto perché le sorprese non mancano quasi mai. Ed infatti eccone un’altra che si appresta a brillare come una cometa nel firmamento delle notizie curiose (e magari pure un po’ xenofobe) di questa torrida estate italiana. Come dite? Volete sapere a che partito appartenga la sindachessa di Montecchio? Continuate a leggere e provate ad indovinare. Magari ve lo scrivo alla fine! Dovete sapere che in quel di Montecchio, d’oggi in avanti, è vietato, vietatissimo, pena una sanzione di 500 euro, attaccare, distribuire, scrivere, stampare e quant’altro vi viene in mente, volantini in una lingua che non sia l’italiano. Poniamo che siate senegalesi e volete avvisare i vostri amici senegalesi che il torneo di calcio si farà il giorno tal dei tali in dato luogo. Beh, dovete scrivere in italiano e non in wolof. Venite dall’india e avete appiccicato un post it in corretto konkani (lingua ufficiale del Goa) davanti alla porta di casa vostra per avvisare vostra moglie che farete tardi e che non vi aspetti per cena? E’ comunque un avviso pubblico perché la porta sta sulla strada. 500 euro di multa a meno che prima non siate passato dalla sindachessa a chiedere il permesso e a depositare copia ufficiale della traduzione (che deve comunque apparire nel vostro post it). E siccome a Napoli dicono “ca nisciuno è fesso”, il Comune effettuerà a campione traduzione dei testi depositati per evitare che qualche furbacchione scriva in hindi la sua opinione sull’amministrazione comunale sostenendo che si tratta di una innocua lista per babbo natale.
Unica eccezione a questa Babele al contrario sarà il dialetto veneto. Che in questo caso sta a significare la parlata vicentina. “Parcossa no i va a catar raiccio invense da far poitica” (perché non si dedicano al radicchio invece che alla politica) lo si può ancora scrivere. Per ora.
Capitolo a parte i militari statunitensi della vicina caserma Dal Molin che potranno continuare come prima ad usare la lingua dello Zio Sam. Con loro non c’è ordinanza che tenga. Ci si chiede se la franchigia per l’american english valga anche per i film. Il cinema locale potrà appendere le locandine di “Iron Man” senza un cartellino che specifichi “Uomo di Ferro”? Crediamo di sì. In fondo, quello che conta è lo spirito dell’ordinanza. "L'obiettivo – ha detto la sindaca - è monitorare incontri o altri momenti pubblici delle comunità straniere per evitare scontri violenti". Sicurezza innanzitutto. E con questa gente dalla pelle colorata che si ostina a parlare tra loro linguaggi extrapadani non si sa mai. Ma davvero serve che vi scriva che partito comanda in quel di Montecchio?
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