In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.
Manganellate e 59 denunce
4/10/2011Terra
Aggiungendo: “Ci sono dati oggettivi di un’aggressione preordinata”. Quindici giorni di studio dei filmati – molti dei quali sono visibili su You Tube, casomai qualcuno dei lettori volesse farsi una idea personale su “chi ha picchiato chi” e di come anche i consiglieri regionali che avanzavano con le mani in alto siano stati brutalmente manganellati – non sono comunque stati sufficienti alla Digos per riuscire ad individuare gli agenti responsabili della brutale aggressione a Beppe Caccia. Durante la seconda carica, anche in questo caso i filmati sono reperibili su You Tube, il consigliere comunale della lista In Comune è stato deliberatamente e ripetutamente colpito al capo dai manganelli sino a provocare un trauma cranico commotivo e il ricovero d’urgenza.
Un pestaggio sul quale anche il consiglio comunale di Venezia è prontamente intervenuto, votando a maggioranza un documento di esplicita condanna delle scelte compiute dal ministro Maroni e del Prefetto di vietare un pacifico corteo programmato da oltre un mese. Un atteggiamento, si legge, “non coerente con i principi costituzionali e con il diritto a manifestare le proprie idee”.
“Sabato 17 settembre – ha commentato Beppe Caccia - la città è stata di fatto commissariata e le sue istituzioni democratiche scavalcate. Senza insistere sulla ricostruzione di quanto accaduto davanti al ponte degli Scalzi e che è verificabile da chiunque possa collegarsi ad internet, il punto è come si è arrivati a vietare una manifestazione, quella a difesa di Venezia Bene Comune contro l'annuale parata leghista, che non a caso era stata convocata per il giorno prima e non per il giorno stesso, proprio per evitare contrapposizioni fisiche con il raduno padano di domenica e il cui percorso era stato notificato in Questura addirittura il 3 agosto scorso”.
Ancora più esplicito il documento con il quale le associazioni promotrici della manifestazione hanno commentato il giro di vite della questura. “Si tratta, evidentemente, del tentativo di rispondere alle critiche, giunte da ogni parte, per la gestione dell’ordine pubblico” si legge. “Le accuse di violenza a carico di alcuni tra i manifestanti cercano di nascondere una verità che è sotto gli occhi di tutti: il 17 settembre fino all’ultimo, con un incontro in prefettura alle 11 del mattino, i promotori hanno proposto soluzioni e percorsi anche diversi pur di garantire il pacifico svolgimento del corteo comunicato alla questura ai primi di agosto, ma si sono scontrati con una decisione, evidentemente già presa a livello politico e gravissima, che aveva l’obiettivo di impedire il diritto di manifestare, svilire la democrazia, ferire e umiliare la città di Venezia. La Questura impedendo il diritto di manifestare si è prestata ad un attacco senza precedenti all’esercizio dei diritti costituzionali nel nostro territorio per ragioni esclusivamente politiche e direttive che provengono dal ministro dell’Interno Maroni, preoccupato solo di tamponare la crisi di consenso e di immagine del suo governo e del suo partito”.
Conclude Dolores Viero della rete Tuttiidirittiumanipertutti: “Semplicemente non si volevano cortei di protesta in città il giorno prima dell’adunata leghista. Ma le denunce, come i manganelli, non riusciranno a farci stare zitti e rivendichiamo oggi come ieri il nostro diritto a manifestare. Ci assumeremo collettivamente l’onere della difesa di tutte le persone denunciate, certi che saranno tutte prosciolte dalle accuse e ci impegniamo a denunciare con ancora maggior forza le gravi responsabilità politiche per quanto accaduto lo scorso 17 settembre”.
Generazione Italia? (Intervento su una polemica interna alla Rete Tuttiidirittiumani)
29/09/2011EcoMagazineDi solito non intervengo in queste dispute perché so bene che le argomentazioni non hanno mai convinto nessuno. Vorrei solo metterti in guardia, Jerry, perché nella tua evidente ingenuità rischi seriamente di venire strumentalizzato dal primo figlio di puttana che passa per strada. E non te lo meriti. Scusami, ma che vuole dire a proposito dei finiani che "il gruppo è omonimo, ma non abbiamo niente a che fare con loro"? Se io vado in Luisiana con cappuccio bianco e la scritta KKK, posso dire che non sono razzista e che il nome una coincidenza? Quanto meno dovresti cambiare immediatamente il nome del tuo gruppo adesso che sai chi lo ha usato prima di te! E poi... "senza offese per Fini"??? Offendiamolo invece! E' un fascio rifatto e rappresenta tutto ciò che la Rete combatte.
Vado ancora avanti, sempre a proposito della tua ingenuità politica: "E' un gruppo apolitico". Proprio come il mio club di tiro con l'arco. La Rete politica la fa, invece. E la fai anche tu quando ti batti per un mondo diverso. "Apartitico": che significa? Che tutti i partiti sono sullo stesso piano? Lega, forza Italia, rifonda... io ho avuto per anni la tessera dei verdi e chi afferma che siamo tutti uguali mi offende profondamente. La Rete e gli antirazzisti sono invece apertamente schierati "contro" tutti i partiti che fanno della xenofobia il loro strumento populistico. Sulle motivazioni delle manifestazione e sulla violenza - che abbiamo visto tutti da che parte veniva - non mi dilungo perché le mie posizioni sono quelle della Ale. Quelli che stavano davanti non cercavano certo la gazzarra (a che scopo poi? mani alzate contro scudi e manganelli?). Son stati là solo per prenderle ed evitare, col loro sacrificio, che la polizia picchiasse quelli dietro, bambini e anziani compresi.
Su una cosa però ti invito a riflettere. Sulla "fierezza di essere italiani". Ma si può sapere cosa ti ha fatto la Francia? Non ti piace Proust? Guarda che è tanto ma tanto meglio del Carducci, eh? Io invece tutte le prime domeniche del mese faccio la paella e sono fierissimo di essere spagnolo. Non è un modo di dire. Mi "sento" spagnolo, sennò non mi riesce bene il piatto. E devo dire che mi capisco di più con la lingua a Madrid che nell'italianissimo e tricolore Friuli. Amo Venezia, la mia città profondamente. Così come amo Parigi dove ho vissuto giornate indimenticabili. Palermo poi con i cannoli dove la metti? A Città del Capo ho un sacco di amici e mi sento a casa mia nel quartiere vicino allo stadio. C'è pure un sacco di razzisti proprio come qua. Sono proprio fiero di essere sudafricano! Amo, come te, l'Italia e Garibaldi che, se fosse vivo, sarebbe in prima fila nella manifestazioni come quella anti lega. Amo il Messico e Zapata, l'Argentina e il Che, New Orleans e Armstrong (It's a wonderful world). E come si fa a non tifare per gli All Black neozelandesi al campionato di rugby? E mia nonna ebrea che non gliene fotteva niente dell'Italia ("pais de mierda" diceva sempre) ma per tutta la vita ha continuato a rimpiangere la sua pampa sconfinata? Posso essere fiero di essere argentino almeno tutti i martedì in sua memoria? Oppure sono un traditore della Patria? E hai mai visto quanto è bella la Namibia? Perché non fondi Generazione Namibiana? Oppure pensi davvero che l'Italia valga più della Namibia? E su che basi? Perché è più ricca? O perché è il tuo Paese? Una volta ho sentito un fascio, uno vicino a Fini, tra l'altro, che si dichiarava contro la guerra in Afghanistan ma subito precisava che stava comunque dalla parte dell'esercito perché "giusta o sbagliata che sia la guerra, è comunque il mio Paese". E vai di tricolore!!! E' questo che vogliamo? Ascolta il mio consiglio, Jerry: fai una prova. Un giorno al mese perlomeno, metti fuori della finestra la bandiera del Perù e sentiti fiero di essere peruviano. E' un bel paese che vale quanto l'Italia, eh? Fidati. Se leggi Manuel Scorza, ti innamorerai di questo angolo di mondo, scommetto. Io ci son stato, in Perù. Tanta gente che lotta per un mundo mejor, tanti servi figli di troia che li menano. Proprio come in Italia, in Marocco e in Messico (continuo?) E io naturalmente sono anche fierissimo di essere messicano, caramba!
E' un vasto, vasto mondo. Diverso e uguale dappertutto. Vogliamoci e vogliamogli bene senza indulgere alla debolezza di sentirci fieri di "appartenere" (ma che vuol dire poi?) ad una sua piccola parte geografica o etnica o - ancora peggio!!!- "culturale".
din don dan
riccardo
ps - letture consigliate atte a far passare la malattia da "fierezza di bandiera": Marco Aime "Lo specchio di Gulliver" o "Eccessi di culture"
Vado ancora avanti, sempre a proposito della tua ingenuità politica: "E' un gruppo apolitico". Proprio come il mio club di tiro con l'arco. La Rete politica la fa, invece. E la fai anche tu quando ti batti per un mondo diverso. "Apartitico": che significa? Che tutti i partiti sono sullo stesso piano? Lega, forza Italia, rifonda... io ho avuto per anni la tessera dei verdi e chi afferma che siamo tutti uguali mi offende profondamente. La Rete e gli antirazzisti sono invece apertamente schierati "contro" tutti i partiti che fanno della xenofobia il loro strumento populistico. Sulle motivazioni delle manifestazione e sulla violenza - che abbiamo visto tutti da che parte veniva - non mi dilungo perché le mie posizioni sono quelle della Ale. Quelli che stavano davanti non cercavano certo la gazzarra (a che scopo poi? mani alzate contro scudi e manganelli?). Son stati là solo per prenderle ed evitare, col loro sacrificio, che la polizia picchiasse quelli dietro, bambini e anziani compresi.
Su una cosa però ti invito a riflettere. Sulla "fierezza di essere italiani". Ma si può sapere cosa ti ha fatto la Francia? Non ti piace Proust? Guarda che è tanto ma tanto meglio del Carducci, eh? Io invece tutte le prime domeniche del mese faccio la paella e sono fierissimo di essere spagnolo. Non è un modo di dire. Mi "sento" spagnolo, sennò non mi riesce bene il piatto. E devo dire che mi capisco di più con la lingua a Madrid che nell'italianissimo e tricolore Friuli. Amo Venezia, la mia città profondamente. Così come amo Parigi dove ho vissuto giornate indimenticabili. Palermo poi con i cannoli dove la metti? A Città del Capo ho un sacco di amici e mi sento a casa mia nel quartiere vicino allo stadio. C'è pure un sacco di razzisti proprio come qua. Sono proprio fiero di essere sudafricano! Amo, come te, l'Italia e Garibaldi che, se fosse vivo, sarebbe in prima fila nella manifestazioni come quella anti lega. Amo il Messico e Zapata, l'Argentina e il Che, New Orleans e Armstrong (It's a wonderful world). E come si fa a non tifare per gli All Black neozelandesi al campionato di rugby? E mia nonna ebrea che non gliene fotteva niente dell'Italia ("pais de mierda" diceva sempre) ma per tutta la vita ha continuato a rimpiangere la sua pampa sconfinata? Posso essere fiero di essere argentino almeno tutti i martedì in sua memoria? Oppure sono un traditore della Patria? E hai mai visto quanto è bella la Namibia? Perché non fondi Generazione Namibiana? Oppure pensi davvero che l'Italia valga più della Namibia? E su che basi? Perché è più ricca? O perché è il tuo Paese? Una volta ho sentito un fascio, uno vicino a Fini, tra l'altro, che si dichiarava contro la guerra in Afghanistan ma subito precisava che stava comunque dalla parte dell'esercito perché "giusta o sbagliata che sia la guerra, è comunque il mio Paese". E vai di tricolore!!! E' questo che vogliamo? Ascolta il mio consiglio, Jerry: fai una prova. Un giorno al mese perlomeno, metti fuori della finestra la bandiera del Perù e sentiti fiero di essere peruviano. E' un bel paese che vale quanto l'Italia, eh? Fidati. Se leggi Manuel Scorza, ti innamorerai di questo angolo di mondo, scommetto. Io ci son stato, in Perù. Tanta gente che lotta per un mundo mejor, tanti servi figli di troia che li menano. Proprio come in Italia, in Marocco e in Messico (continuo?) E io naturalmente sono anche fierissimo di essere messicano, caramba!
E' un vasto, vasto mondo. Diverso e uguale dappertutto. Vogliamoci e vogliamogli bene senza indulgere alla debolezza di sentirci fieri di "appartenere" (ma che vuol dire poi?) ad una sua piccola parte geografica o etnica o - ancora peggio!!!- "culturale".
din don dan
riccardo
ps - letture consigliate atte a far passare la malattia da "fierezza di bandiera": Marco Aime "Lo specchio di Gulliver" o "Eccessi di culture"
No Lega Day
20/09/2011Terra
“Abbiamo depositato la richiesta di fare un corteo sino a piazza San Marco con un mese d’anticipo – tuona Tommaso Cacciari, portavoce del laboratorio Morion – Abbiamo scelto sabato proprio per evitare problemi di ordine pubblico con la Lega che arriverà a Venezia solo domani. La sera prima della manifestazione ci telefona la questura per dirci che la manifestazione non si poteva fare. Al massimo potevamo restare in piazzale stazione o andare in campo santo Stefano (piazza non esattamente centralissima.ndr). Che libertà è questa? Sabato con le botte e le cariche ci hanno impedito di manifestare. Una violenza che ha colpito non solo noi ma tutta la città. Perché Venezia non è leghista. Non lo è né culturalmente né politicamente. La nostra città non appartiene a Bossi”.
Che le cose si stavano mettendo sulla lunghezza d’onda del manganello lo si era intuito sin da mercoledì con la denuncia da parte di alcuni consiglieri del Pdl, dei rischi di “dare la città in mano ai centri sociali”. Accuse cui lo stesso Beppe Caccia ha ribadito ricordando che alla manifestazione hanno aderito sindacati come la Fiom, associazioni come Emergency e la rete Tuttiidirittiumani, e anche partiti politici dell’arco costituzionale come Rifondazione e la stessa lista In Comune. Vien da chiedersi, considerato come si fosse esposto prima per promuovere la manifestazione e poi per difendere il diritto al corteo, se sia davvero un caso che proprio Beppe Caccia sia stato il più colpito dalla carica della Celere.
“E’ stata comunque una bella manifestazione – ha commentato Caccia, appena dimesso dall’ospedale dove è stato costretto a trascorrere una notte sotto osservazione per traumi cranici -. Oltre un migliaio di persone si è mobilitato per ricordare che Venezia è un bene comune e rifiuta la demagogia dell’odio razziale e della xenofobia”.
Parole che invece sono risuonate il giorno dopo dai palchi della Lega dopo il trito rito celtico (che i celti non hanno mai fatto) dello sversamento dell’acqua del Po in una laguna già inquinata di suo. Inni alla secessione e alla razza padana “che esiste e paga per tutto questo schifo di Paese”. E poi il consueto richiamo ai “milioni di persone disposte a combattere per la libertà”. Persone che ieri sono rimaste tutte a casa, considerato che siamo oramai ben lontani dalle radunate oceaniche di 4 o 5 anni fa. Tanto per fare un esempio, i pullman arrivati ieri a piazzale Roma erano solo 30. Un migliaio di lumbard precettato contro i trentamila di “un governo” fa. Bossi e Calderoli sul palco hanno fatto finta di non accorgersene. Il mitico Trota non se ne sarà accorto sul serio, impegnato come era a far uscire l’acqua dall’ampolla sacra senza travasarsela sui pantaloni verdi. Lega nord, la commedia è finita. "Oramai è tornato il Fascismo con altri nomi" ha detto Bossi. E se lo dice lui…
Un Veneto No Lega
23/08/2011Terra
"Siamo di fronte all'ennesimo colpo di teatro di Bossi & C. teso a riaffermare una fantomatica Padania per distrarre l'attenzione dalla dura realtà di tutti i giorni e soprattutto dai pesanti sacrifici che, con la manovra economica, il Governo Pdl e Lega sta per scaricare sui lavoratori, sui pensionati e sulle famiglie" spiega Olol Jackson portavoce del presidio. Montecchio Maggiore, si legge nel comunicato del Presidio e sottoscritto da anche dalla Fiom, dovrebbe diventare il palcoscenico di un supposto Giro della Padania, presentato come una gara ciclistica importante, ma altro non è che l'ennesimo tentativo di far passare in modo subdolo nell'immaginario collettivo il concetto che la padania sia qualcosa di più che una farneticazione storica e politica. Per far questo non si fanno scrupoli di usare uno sport nobile e popolare come il ciclismo il cui momento più significativo è invece proprio il Giro d'Italia che unisce, nel suo passaggio tutto il Paese.
"Non basta più agitare la bandiera della padania per lavarsi la coscienza e la reputazione – conclude Jackson -. Le responsabilità della Lega, i suoi insuccessi al governo, le sue, la sua fame di potere e denaro stanno ormai diventando evidenti anche per sostenitori storici del carroccio e non serve distogliere l'attenzione attraverso l'idea di questa inesistente nazione padana, o individuando di volta in volta nuovi nemici su cui scaricare le colpe siano essi i meridionali o i migranti". "Lega Nord, la commedia è finita" è finita sarà lo slogan della manifestazione che si svolgerà, il sabato seguente a Venezia, proprio il giorno prima della consueta sceneggiata del travaso dell'acqua del Po in canal Grande. "Venezia, una città dove non a caso la Lega non ha mai piantato radici, non ne può più di assistere passivamente ogni settembre a questo teatrino scemo – spiega Michele Valentini del Rivolta – Soprattutto in tempi come questi. Cosa avranno da vantarsi i suoi dirigenti sul palco della riva Sette Martiri? da tre anni ormai, determinanti per il sostegno parlamentare al decotto Berlusconi, al governo di "Roma ladrona" ci sono proprio loro. Occupano prestigiose poltrone ministeriali e fanno parte, a pieno titolo, della Casta mentre nel Paese crescono di giorno in giorno le difficoltà a mettere insieme un reddito dignitoso. Al posto del promesso federalismo arrivano i tagli alla sanità e al welfare. Al posto dell'autonomia impositiva, ticket e nuove tasse". Sabato a Venezia soffierà il vento dell'alternativa. "La commedia è finita - conclude Valentini -. Basta con gli slogan e la retorica xenofoba. E' ora di alzare forte la voce per i diritti, la dignità, la democrazia".
L’accoglienza indegna
23/08/2011TerraE questa la Caritas e la Regione Veneto la chiamano accoglienza! Nascosti e isolati da tutto e da tutti: lontani dalla città, senza mezzi per muoversi e senza nessun referente o operatore che fornisca loro delle informazioni. Assistenza medica quasi inesistente. Corsi di italiano e supporto legale? Nemmeno a parlarne.
Molti di loro vorrebbero fare richiesta d’asilo ma non trovano uno straccio di referente disposto ad ascoltarli. A parte il vitto e l’alloggio non hanno niente. E i luoghi in cui dormono, nella periferia veneziana, consistono in un capannone e in un piccolo edificio assolutamente inadeguati. E poi si viene a sapere di malattie, problemi respiratori, traumi psico-fisici in seguito alla traversata coi barconi verso Lampedusa. Gli attivisti delle varie associazioni per la tutela dei diritti umani che sono riusciti ad entrare in contatto con loro, raccontano di persone abbandonate a se stesse.
E’ toccato proprio a questi ragazzi - a loro che dalla Prefettura si sono visti sdegnosamente rifiutare qualsiasi proposta di collaborazione sull’accoglienza dei migranti - raccogliere le richieste di assistenza dei profughi, ascoltare i loro comprensibili sfoghi, offrire informazioni legali, corsi di italiano e accompagnarli dai medici messi a disposizione da Emergency. I pochi operatori preposti, spiegano gli attivisti, passano velocemente per lo stanzone, senza mai soffermarsi, con la scusa che debbono occuparsi di troppe strutture in tutta la Regione. Intanto, ci sono stati anche casi di molestia sessuale, come quello compiuto al porto da un italiano nei confronti di un ragazzo ghanese, per non parlare di altri “approcci” insistenti da parte di gruppi di individui appostati nell’area portuale.
Il calvario, per queste persone che hanno vissuto la guerra, la fuga, la traversata e la detenzione a Manduria o in altri centri, continua anche qui, al porto di Venezia. D’altronde, la vicenda era già partita col piede sbagliato sin dall’inizio. Dal governatore Luca Zaia che prima parla di “civile accoglienza” ma immediatamente, di fronte alla levata di scudi della sua stessa base leghista, delega tutto alla Prefettura di Venezia, assolutamente impreparata a gestire politicamente e operativamente la faccenda. Il quadro nazionale non è migliore. Rinominati, su richiesta europea, “profughi” invece di “clandestini”, i migranti in arrivo dalla Libia, perlomeno teoricamente, sono promossi “degni di essere accolti” nel nostro paese, sfuggendo al triste destino dei tanti respinti che pure non erano diversi da loro. Accoglienza, quindi. Ma di quale accoglienza stiamo parlando? Da un lato, il governo ha volutamente creato uno “stato d’emergenza” che ha condotto a pratiche di accoglimento (spesso tradotte in pratiche di detenzione) in deroga all’ordinamento giuridico portando avanti al tempo stesso – attraverso i mass media – una retorica della paura e una “teoria dell’invasione” che continua a permeare il dibattito pubblico. Dall’altro lato, a livello di gestione locale, nella Regione Veneto hanno regnato confusione, incompetenza e propaganda politica con derive xenofobe su cui la Lega l’ha fatta da padrona a casa nostra. La Prefettura, presa tra l’incudine e il martello, si è limitata a redarre convenzioni ad hoc con associazioni e vari enti locali. Nella Provincia di Venezia la gestione dell’accoglienza dei profughi è in gran parte in mano alla Caritas. Ma si può parlare di “accoglienza” stipare delle persone in un capannone e portargli da mangiare due volte al giorno? Il tutto in un clima assurdamente “top secret” considerando che Regione e Prefettura hanno sempre risposto picche alle richieste di sapere dove e come è gestita questa famosa accoglienza. La presenza dei migranti al porto di Venezia è stata segnalata solo grazie ad alcuni lavoratori dei cantieri navali che avevano notato dei ragazzi africani vicino alla dogana portuale di Marghera. E’ bastata una breve (e non autorizzata) ispezione degli attivisti dei diritti umani per far esplodere il caso sui giornali locali. Il referente Caritas, don Dino Pistolato, ha immediatamente negato la veridicità delle affermazioni e respinto le proteste di tutti i migranti intervistati. Ma poi ha ammesso che “siamo ad agosto” e che “gli operatori hanno il diritto alle ferie”. Con loro, evidentemente, se ne sono andati in ferie anche i diritti umani.
Molti di loro vorrebbero fare richiesta d’asilo ma non trovano uno straccio di referente disposto ad ascoltarli. A parte il vitto e l’alloggio non hanno niente. E i luoghi in cui dormono, nella periferia veneziana, consistono in un capannone e in un piccolo edificio assolutamente inadeguati. E poi si viene a sapere di malattie, problemi respiratori, traumi psico-fisici in seguito alla traversata coi barconi verso Lampedusa. Gli attivisti delle varie associazioni per la tutela dei diritti umani che sono riusciti ad entrare in contatto con loro, raccontano di persone abbandonate a se stesse.
E’ toccato proprio a questi ragazzi - a loro che dalla Prefettura si sono visti sdegnosamente rifiutare qualsiasi proposta di collaborazione sull’accoglienza dei migranti - raccogliere le richieste di assistenza dei profughi, ascoltare i loro comprensibili sfoghi, offrire informazioni legali, corsi di italiano e accompagnarli dai medici messi a disposizione da Emergency. I pochi operatori preposti, spiegano gli attivisti, passano velocemente per lo stanzone, senza mai soffermarsi, con la scusa che debbono occuparsi di troppe strutture in tutta la Regione. Intanto, ci sono stati anche casi di molestia sessuale, come quello compiuto al porto da un italiano nei confronti di un ragazzo ghanese, per non parlare di altri “approcci” insistenti da parte di gruppi di individui appostati nell’area portuale.
Il calvario, per queste persone che hanno vissuto la guerra, la fuga, la traversata e la detenzione a Manduria o in altri centri, continua anche qui, al porto di Venezia. D’altronde, la vicenda era già partita col piede sbagliato sin dall’inizio. Dal governatore Luca Zaia che prima parla di “civile accoglienza” ma immediatamente, di fronte alla levata di scudi della sua stessa base leghista, delega tutto alla Prefettura di Venezia, assolutamente impreparata a gestire politicamente e operativamente la faccenda. Il quadro nazionale non è migliore. Rinominati, su richiesta europea, “profughi” invece di “clandestini”, i migranti in arrivo dalla Libia, perlomeno teoricamente, sono promossi “degni di essere accolti” nel nostro paese, sfuggendo al triste destino dei tanti respinti che pure non erano diversi da loro. Accoglienza, quindi. Ma di quale accoglienza stiamo parlando? Da un lato, il governo ha volutamente creato uno “stato d’emergenza” che ha condotto a pratiche di accoglimento (spesso tradotte in pratiche di detenzione) in deroga all’ordinamento giuridico portando avanti al tempo stesso – attraverso i mass media – una retorica della paura e una “teoria dell’invasione” che continua a permeare il dibattito pubblico. Dall’altro lato, a livello di gestione locale, nella Regione Veneto hanno regnato confusione, incompetenza e propaganda politica con derive xenofobe su cui la Lega l’ha fatta da padrona a casa nostra. La Prefettura, presa tra l’incudine e il martello, si è limitata a redarre convenzioni ad hoc con associazioni e vari enti locali. Nella Provincia di Venezia la gestione dell’accoglienza dei profughi è in gran parte in mano alla Caritas. Ma si può parlare di “accoglienza” stipare delle persone in un capannone e portargli da mangiare due volte al giorno? Il tutto in un clima assurdamente “top secret” considerando che Regione e Prefettura hanno sempre risposto picche alle richieste di sapere dove e come è gestita questa famosa accoglienza. La presenza dei migranti al porto di Venezia è stata segnalata solo grazie ad alcuni lavoratori dei cantieri navali che avevano notato dei ragazzi africani vicino alla dogana portuale di Marghera. E’ bastata una breve (e non autorizzata) ispezione degli attivisti dei diritti umani per far esplodere il caso sui giornali locali. Il referente Caritas, don Dino Pistolato, ha immediatamente negato la veridicità delle affermazioni e respinto le proteste di tutti i migranti intervistati. Ma poi ha ammesso che “siamo ad agosto” e che “gli operatori hanno il diritto alle ferie”. Con loro, evidentemente, se ne sono andati in ferie anche i diritti umani.
Montecchio vieta le lingue straniere
26/07/2011TerraL’aveva già fatta grossa, la sindaca di Montecchio, popoloso comune a ridosso di Vicenza, quando nel marzo scorso aveva messo a pane e acqua – letteralmente – alcuni bambini che avevano la sola colpa di avere dei genitori che non riuscivano a pagare le rette della refezione scolastica.
Un comportamento degno della più classica matrigna cattiva delle fiabe che l’aveva catapultata alla ribalta delle cronache nazionali. Senza voler ritornare sulla vagonata di polemiche che ne era scaturita, osserviamo solo che vale, sempre e comunque, la pena di tenere d’occhio le ordinanze firmate dalla nostra Milena Cecchetto perché le sorprese non mancano quasi mai. Ed infatti eccone un’altra che si appresta a brillare come una cometa nel firmamento delle notizie curiose (e magari pure un po’ xenofobe) di questa torrida estate italiana. Come dite? Volete sapere a che partito appartenga la sindachessa di Montecchio? Continuate a leggere e provate ad indovinare. Magari ve lo scrivo alla fine! Dovete sapere che in quel di Montecchio, d’oggi in avanti, è vietato, vietatissimo, pena una sanzione di 500 euro, attaccare, distribuire, scrivere, stampare e quant’altro vi viene in mente, volantini in una lingua che non sia l’italiano. Poniamo che siate senegalesi e volete avvisare i vostri amici senegalesi che il torneo di calcio si farà il giorno tal dei tali in dato luogo. Beh, dovete scrivere in italiano e non in wolof. Venite dall’india e avete appiccicato un post it in corretto konkani (lingua ufficiale del Goa) davanti alla porta di casa vostra per avvisare vostra moglie che farete tardi e che non vi aspetti per cena? E’ comunque un avviso pubblico perché la porta sta sulla strada. 500 euro di multa a meno che prima non siate passato dalla sindachessa a chiedere il permesso e a depositare copia ufficiale della traduzione (che deve comunque apparire nel vostro post it). E siccome a Napoli dicono “ca nisciuno è fesso”, il Comune effettuerà a campione traduzione dei testi depositati per evitare che qualche furbacchione scriva in hindi la sua opinione sull’amministrazione comunale sostenendo che si tratta di una innocua lista per babbo natale.
Unica eccezione a questa Babele al contrario sarà il dialetto veneto. Che in questo caso sta a significare la parlata vicentina. “Parcossa no i va a catar raiccio invense da far poitica” (perché non si dedicano al radicchio invece che alla politica) lo si può ancora scrivere. Per ora.
Capitolo a parte i militari statunitensi della vicina caserma Dal Molin che potranno continuare come prima ad usare la lingua dello Zio Sam. Con loro non c’è ordinanza che tenga. Ci si chiede se la franchigia per l’american english valga anche per i film. Il cinema locale potrà appendere le locandine di “Iron Man” senza un cartellino che specifichi “Uomo di Ferro”? Crediamo di sì. In fondo, quello che conta è lo spirito dell’ordinanza. "L'obiettivo – ha detto la sindaca - è monitorare incontri o altri momenti pubblici delle comunità straniere per evitare scontri violenti". Sicurezza innanzitutto. E con questa gente dalla pelle colorata che si ostina a parlare tra loro linguaggi extrapadani non si sa mai. Ma davvero serve che vi scriva che partito comanda in quel di Montecchio?
Un comportamento degno della più classica matrigna cattiva delle fiabe che l’aveva catapultata alla ribalta delle cronache nazionali. Senza voler ritornare sulla vagonata di polemiche che ne era scaturita, osserviamo solo che vale, sempre e comunque, la pena di tenere d’occhio le ordinanze firmate dalla nostra Milena Cecchetto perché le sorprese non mancano quasi mai. Ed infatti eccone un’altra che si appresta a brillare come una cometa nel firmamento delle notizie curiose (e magari pure un po’ xenofobe) di questa torrida estate italiana. Come dite? Volete sapere a che partito appartenga la sindachessa di Montecchio? Continuate a leggere e provate ad indovinare. Magari ve lo scrivo alla fine! Dovete sapere che in quel di Montecchio, d’oggi in avanti, è vietato, vietatissimo, pena una sanzione di 500 euro, attaccare, distribuire, scrivere, stampare e quant’altro vi viene in mente, volantini in una lingua che non sia l’italiano. Poniamo che siate senegalesi e volete avvisare i vostri amici senegalesi che il torneo di calcio si farà il giorno tal dei tali in dato luogo. Beh, dovete scrivere in italiano e non in wolof. Venite dall’india e avete appiccicato un post it in corretto konkani (lingua ufficiale del Goa) davanti alla porta di casa vostra per avvisare vostra moglie che farete tardi e che non vi aspetti per cena? E’ comunque un avviso pubblico perché la porta sta sulla strada. 500 euro di multa a meno che prima non siate passato dalla sindachessa a chiedere il permesso e a depositare copia ufficiale della traduzione (che deve comunque apparire nel vostro post it). E siccome a Napoli dicono “ca nisciuno è fesso”, il Comune effettuerà a campione traduzione dei testi depositati per evitare che qualche furbacchione scriva in hindi la sua opinione sull’amministrazione comunale sostenendo che si tratta di una innocua lista per babbo natale.
Unica eccezione a questa Babele al contrario sarà il dialetto veneto. Che in questo caso sta a significare la parlata vicentina. “Parcossa no i va a catar raiccio invense da far poitica” (perché non si dedicano al radicchio invece che alla politica) lo si può ancora scrivere. Per ora.
Capitolo a parte i militari statunitensi della vicina caserma Dal Molin che potranno continuare come prima ad usare la lingua dello Zio Sam. Con loro non c’è ordinanza che tenga. Ci si chiede se la franchigia per l’american english valga anche per i film. Il cinema locale potrà appendere le locandine di “Iron Man” senza un cartellino che specifichi “Uomo di Ferro”? Crediamo di sì. In fondo, quello che conta è lo spirito dell’ordinanza. "L'obiettivo – ha detto la sindaca - è monitorare incontri o altri momenti pubblici delle comunità straniere per evitare scontri violenti". Sicurezza innanzitutto. E con questa gente dalla pelle colorata che si ostina a parlare tra loro linguaggi extrapadani non si sa mai. Ma davvero serve che vi scriva che partito comanda in quel di Montecchio?
Ponte nelle Alpi è il Comune più Riciclone d’Italia
19/07/2011TerraE brava Ponte delle Alpi! Piccolo grande Comune (8500 abitanti circa) che sorge sulle sponde dell’alto Piave all’interno di quello spettacolare scenario naturale che sono le montagne bellunesi. Per la seconda volta consecutivamente, Ponte delle Alpi si è laureato il Comune più “riciclone” d’Italia. Da quando, nel ’94, Legambiente ha promosso questa speciale classifica che premia le amministrazioni che maggiormente si distinguo
no nella raccolta differenziata dei rifiuti, non era mai successo che un Comune si aggiudicasse per due volte consecutive il primo premio. E’ capitato a Ponte delle Alpi che nel 2011 ha bissato il successo ottenuto nel 2010 riconfermandosi - e con percentuali di differenziato ancora maggiori – il “Comune più Riciclone d’Italia”. Un successo che va senz’altro attribuito al sindaco Roger de Menech ma che ha come indiscutibile protagonista l’assessore all’ambiente Ezio Orzes. Di lui, Maurizio Pallante ebbe a dirmi in occasione di un convegno sulla decrescita organizzato, tra l’altro, proprio a Ponte delle Alpi: “Ezio non è un assessore. Lui è l’assessore. L’assessore per definizione. Perché è così che dovrebbero essere tutti gli assessori d’Italia. Ezio ci dimostra nei fatti e nelle pratiche amministrative di tutti i giorni che un altro mondo, o un altro Comune se preferisci, non solo è possibile ma fa funzionare le cose molto meglio per tutti!”
Un parere condiviso anche dalla giuria di Legambiente che tra i 1290 Comuni italiani in gara, tutti con una percentuale di differenziato superiore al 60%, ha premiato l’87,8% di Ponte delle Alpi, valutando complessivamente l’effettivo recupero dei materiali raccolti, l’efficacia e la qualità del servizio. Da sottolineare che il calcolo di Legambiente non ha potuto tener conto del riciclo effettuato dopo la raccolta delle immondizie nello speciale ecocentro voluto dall’assessore Orzes e che alza il totale complessivo di riciclato, per l’anno 2010, alla ragguardevole percentuale del 90,3%. Un risultato davvero sorprendente e che mette a tacere quanti considerano l’incenerimento la sola soluzione praticabile. “Si parlava di realizzarne anche uno qui da noi, tempo fa – ricorda Orzes -. La Regione ha cercato di convincerci che un inceneritore ci era indispensabile. Le abbiamo dimostrato con i fatti che si sbagliava”. Quale è il segreto di Ponte delle Alpi? “Un segreto solo non c’è. Se vogliamo, ce ne sono tanti: un servizio impeccabile e puntuale, un ecocentro gestito con grande accuratezza, costi di gestione contenuti e tariffe che premiano i comportamenti dei cittadini più virtuosi, educazione ambientale nelle scuole e poi tanta determinazione e la voglia condivisa di fare la cosa migliore per la propria comunità. Tutto qua. Da parte mia voglio solo ringraziare i cittadini di Ponte nelle Alpi che sono stati i veri protagonisti di questa rivoluzione culturale guardata con ammirazione da tutta l’Italia”. Siccome riciclare significa anche contribuire a ridurre le emissioni in atmosfera, secondo i calcoli di Legambiente nel 2010 ogni abitante di Ponte nelle Alpi, grazie alla raccolta differenziata e al recupero, ha contribuito a liberare la nostra atmosfera da ben 105.1 chili di emissioni di Co2. Si può ben dire che a Ponte nelle Alpi, piccolo grande Comune virtuoso di quell’Italia delle buone pratiche che non fa mai notizia nei giornali, ogni cittadino, grazie alla pratica quotidiana indirizzata da una amministrazione efficiente, ha fatto la sua parte per rispettare gli obiettivi di Kyoto. Ha fatto la sua parte per salvare il mondo.
no nella raccolta differenziata dei rifiuti, non era mai successo che un Comune si aggiudicasse per due volte consecutive il primo premio. E’ capitato a Ponte delle Alpi che nel 2011 ha bissato il successo ottenuto nel 2010 riconfermandosi - e con percentuali di differenziato ancora maggiori – il “Comune più Riciclone d’Italia”. Un successo che va senz’altro attribuito al sindaco Roger de Menech ma che ha come indiscutibile protagonista l’assessore all’ambiente Ezio Orzes. Di lui, Maurizio Pallante ebbe a dirmi in occasione di un convegno sulla decrescita organizzato, tra l’altro, proprio a Ponte delle Alpi: “Ezio non è un assessore. Lui è l’assessore. L’assessore per definizione. Perché è così che dovrebbero essere tutti gli assessori d’Italia. Ezio ci dimostra nei fatti e nelle pratiche amministrative di tutti i giorni che un altro mondo, o un altro Comune se preferisci, non solo è possibile ma fa funzionare le cose molto meglio per tutti!”
Un parere condiviso anche dalla giuria di Legambiente che tra i 1290 Comuni italiani in gara, tutti con una percentuale di differenziato superiore al 60%, ha premiato l’87,8% di Ponte delle Alpi, valutando complessivamente l’effettivo recupero dei materiali raccolti, l’efficacia e la qualità del servizio. Da sottolineare che il calcolo di Legambiente non ha potuto tener conto del riciclo effettuato dopo la raccolta delle immondizie nello speciale ecocentro voluto dall’assessore Orzes e che alza il totale complessivo di riciclato, per l’anno 2010, alla ragguardevole percentuale del 90,3%. Un risultato davvero sorprendente e che mette a tacere quanti considerano l’incenerimento la sola soluzione praticabile. “Si parlava di realizzarne anche uno qui da noi, tempo fa – ricorda Orzes -. La Regione ha cercato di convincerci che un inceneritore ci era indispensabile. Le abbiamo dimostrato con i fatti che si sbagliava”. Quale è il segreto di Ponte delle Alpi? “Un segreto solo non c’è. Se vogliamo, ce ne sono tanti: un servizio impeccabile e puntuale, un ecocentro gestito con grande accuratezza, costi di gestione contenuti e tariffe che premiano i comportamenti dei cittadini più virtuosi, educazione ambientale nelle scuole e poi tanta determinazione e la voglia condivisa di fare la cosa migliore per la propria comunità. Tutto qua. Da parte mia voglio solo ringraziare i cittadini di Ponte nelle Alpi che sono stati i veri protagonisti di questa rivoluzione culturale guardata con ammirazione da tutta l’Italia”. Siccome riciclare significa anche contribuire a ridurre le emissioni in atmosfera, secondo i calcoli di Legambiente nel 2010 ogni abitante di Ponte nelle Alpi, grazie alla raccolta differenziata e al recupero, ha contribuito a liberare la nostra atmosfera da ben 105.1 chili di emissioni di Co2. Si può ben dire che a Ponte nelle Alpi, piccolo grande Comune virtuoso di quell’Italia delle buone pratiche che non fa mai notizia nei giornali, ogni cittadino, grazie alla pratica quotidiana indirizzata da una amministrazione efficiente, ha fatto la sua parte per rispettare gli obiettivi di Kyoto. Ha fatto la sua parte per salvare il mondo.
3nd International conference on degrowth a Venezia
12/07/2011TerraNiente sprint. Si parte lenti, lentissimi. Non a caso, il logo sarà quello di una lumaca sorridente. In fondo, stiamo parlando di decrescita (felice) e non di olimpiadi. Niente “citius, altius, fortius” ma piuttosto, come scriveva Alex Langer, “lentius, profundius, soavius”. Il che non significa prendersela comoda o dedicarsi al beato ozio. Al contrario.
C’è tanto, tantissimo da fare per portare Venezia – e la sua laguna – all’appuntamento con la terza international conference of Degrowth for ecological sustainability, la terza conferenza internazionale sulla decrescita per la sostenibilità ecologica che, dopo Parigi nel 2008 e Barcellona nel 2010, si svolgerà proprio nella Città dei Dogi tra il 12 e il 23 settembre del 2012. Dodici giorni di convegni e dibattiti che vedranno salire sul palco delle aule messe a disposizione dallo Iuav o nelle sale preparate dal Comune, i più importanti studiosi mondiali promotori di una economia alternativa a quella che oggi macina e mercifica diritti e ambiente. Dodici giorni che, per Venezia, saranno soltanto un punto di arrivo di un lungo percorso che comincia domani stesso. Lo ha efficacemente spiegato l’assessore all’ambiente, Gianfranco Bettin, in occasione di un incontro con la stampa, svoltosi allo Iuav, giovedì scorso. “La terza conferenza internazionale sulla decrescita sarà un appuntamento importante per la nostra città – ha dichiarato l’ambientalista – ma sarà soprattutto una grande opportunità per noi che cominciamo oggi un lungo, e difficile per molti aspetti, percorso di avvicinamento che non sarà solo teorico. Venezia, la vecchia Venezia, è una città che nel suo complesso ha saputo resistere a pesanti attacchi portati dalle cosiddette ‘politiche di sviluppo’ come un livello insostenibile di turismo, l’industrializzazione incontrollata di porto Marghera, le devastazioni ambientali perpetrate nella sua laguna e altro ancora. Adesso è venuto il momento di ripensare al nostro modo di essere comunità, entrare in una fase successiva e avviarsi verso un nuovo livello di civiltà”. L’appuntamento non è quindi per il settembre del 2012 ma per domani stesso quando comincerà questo graduale cammino di azioni e di iniziative che, grazie anche alla collaborazione dell’università e delle vaste reti cittadine che operano per una economia sostenibile e solidale, l’assessorato metterà in cantiere con l’obiettivo di far recitare, tra un anno, gli apostoli della decrescita nel palcoscenico di una laguna già avviata in un processo di transizione verso l’economia del futuro. Una economia che non sarà quella del nucleare e neppure quella del petrolio. Questo percorso di transizione, denominato “Verso Venezia 2012”, ha come promotori, oltre al Comune, anche l’istituto di ricerche Research & Degrowth, l’associazione per la Decrescita, le università di Venezia e Udine, l’Arci, L’associazione Kuminda, Spiazzi Verdi e la cooperativa Sesterzio. Tante altre associazioni e istituzioni, contribuiranno in qualità di partner.
“Qualcuno ha detto che i maya avrebbero previsto la fine del mondo nel 2012 – ha scherzato, in conclusione, l’assessore Bettin -. Noi ci accontentiamo che questa data segni la fine del mondo impostato sulla crescita insostenibile”.
C’è tanto, tantissimo da fare per portare Venezia – e la sua laguna – all’appuntamento con la terza international conference of Degrowth for ecological sustainability, la terza conferenza internazionale sulla decrescita per la sostenibilità ecologica che, dopo Parigi nel 2008 e Barcellona nel 2010, si svolgerà proprio nella Città dei Dogi tra il 12 e il 23 settembre del 2012. Dodici giorni di convegni e dibattiti che vedranno salire sul palco delle aule messe a disposizione dallo Iuav o nelle sale preparate dal Comune, i più importanti studiosi mondiali promotori di una economia alternativa a quella che oggi macina e mercifica diritti e ambiente. Dodici giorni che, per Venezia, saranno soltanto un punto di arrivo di un lungo percorso che comincia domani stesso. Lo ha efficacemente spiegato l’assessore all’ambiente, Gianfranco Bettin, in occasione di un incontro con la stampa, svoltosi allo Iuav, giovedì scorso. “La terza conferenza internazionale sulla decrescita sarà un appuntamento importante per la nostra città – ha dichiarato l’ambientalista – ma sarà soprattutto una grande opportunità per noi che cominciamo oggi un lungo, e difficile per molti aspetti, percorso di avvicinamento che non sarà solo teorico. Venezia, la vecchia Venezia, è una città che nel suo complesso ha saputo resistere a pesanti attacchi portati dalle cosiddette ‘politiche di sviluppo’ come un livello insostenibile di turismo, l’industrializzazione incontrollata di porto Marghera, le devastazioni ambientali perpetrate nella sua laguna e altro ancora. Adesso è venuto il momento di ripensare al nostro modo di essere comunità, entrare in una fase successiva e avviarsi verso un nuovo livello di civiltà”. L’appuntamento non è quindi per il settembre del 2012 ma per domani stesso quando comincerà questo graduale cammino di azioni e di iniziative che, grazie anche alla collaborazione dell’università e delle vaste reti cittadine che operano per una economia sostenibile e solidale, l’assessorato metterà in cantiere con l’obiettivo di far recitare, tra un anno, gli apostoli della decrescita nel palcoscenico di una laguna già avviata in un processo di transizione verso l’economia del futuro. Una economia che non sarà quella del nucleare e neppure quella del petrolio. Questo percorso di transizione, denominato “Verso Venezia 2012”, ha come promotori, oltre al Comune, anche l’istituto di ricerche Research & Degrowth, l’associazione per la Decrescita, le università di Venezia e Udine, l’Arci, L’associazione Kuminda, Spiazzi Verdi e la cooperativa Sesterzio. Tante altre associazioni e istituzioni, contribuiranno in qualità di partner.
“Qualcuno ha detto che i maya avrebbero previsto la fine del mondo nel 2012 – ha scherzato, in conclusione, l’assessore Bettin -. Noi ci accontentiamo che questa data segni la fine del mondo impostato sulla crescita insostenibile”.
Quel pasticciaccio brutto del Lido di Venezia
12/07/2011Terra
Il pasticciaccio brutto del Lido di Venezia nasce, tanto per cambiare, sotto le urgenti stelle di una politica di “sviluppo economico” nel firmamento del Commissario di turno. A spalancare le porte dello “sviluppo” dell’isola è la Biennale che promuove un concorso per progettare un nuovo palazzo del Cinema. Cento milioni di euro il budget previsto. In cassa non c’è neppure uno di questi euro, ma il Governo ci mette la faccia e si impegna a realizzare l’opera per i 150 anni dell’Italia unita. E buonanotte. Tutt’oggi non ci sono neppure le fondamenta, del nuovo palazzo. Ma intanto si nomina un commissario col compito di ramazzare la cifra. Un commissario i cui poteri si estendono, vai a capire il perché, a tutta l’isola d’oro. Già da qui si capisce il binario che prenderà la questione. Un binario tutto sbagliato. Un appalto senza copertura, un commissario senza emergenze ma che può far di tutto, un palazzetto che non si farà ma per il quale serve una vagonata di soldi. Il tutto fuori dal controllo del Comune di Venezia e soprattutto, al di là dai più elementari controlli democratici e di impatto ambientale. Il resto è solo un elenco di devastazioni. La vendita a fini puramente speculativi dell’ospedale al Mare che era il fiore all’occhiello delle terapie di riabilitazione dell’Asl veneziana e che d’ora in poi verranno dirottata alle strutture private, l’avviata costruzione di una mega darsena per mega yacht di cui ben pochi lidensi sentono la necessità di ormeggiarci la barca, l’asfaltatura dello storico giardino chiamato Parco delle Rose che aveva la sola colpa di trovarsi sul Gran Viale dove il commissario ha deciso di realizzare due mastodontici edifici di cinque piani con tanto di altri due piani interrati e una torretta centrale dall’elegante tetto spiovente. Supermercato e garage annessi. E l’elenco potrebbe continuare ancora con la “scalinata monumentale” (tra l’altro, impraticabile per i disabili) da realizzare davanti al Casinò che adesso non pare abbastanza faraonico, e tutta la ristrutturazione dell’area davanti al palazzo del Cinema che ancora non si sa se si farà o no. Tutto qua? No. Macellare il lido pareva poco. I poteri del commissario, per grazia ministeriale, sono stati recentemente estesi a due malcapitate isole vicine: la certosa e il forte di Malamocco. Non basteranno i vincoli della soprintendenza a salvare i resti archeologici di quella che un tempo era l’antica Metamauco descritta da Plinio.
“Il nuovo palazzo del Cinema è stato il tumore che ha scatenato una serie impressionante di metastasi che stanno incancrenendo tutta la laguna” hanno scritto in un comunicato le associazioni ambientaliste del lido (www.unaltrolido.com) riunitesi in una rete per difendere quello che rimane da difendere dell’isola dell’oro sempre più svalutato. La scorsa settimana, una loro delegazione si è presentata in Comune dove ha incontrato i capogruppi di maggioranza e, in seguito, l’assessore all’ambiente Gianfranco Bettin e il consigliere della lista In Comune Beppe Caccia. Proprio Caccia aveva appena depositato una interpellanza urgente in cui chiede al Comune di rinviare la vicina convocazione della conferenza servizi che rischia di trasformarsi in una ennesima “licenza di uccidere” nella mani del commissario. “Bisogna superare la politica del commissariamento che in questo stato delle cose non ha nessun senso se non altro perché non c’è nessuna emergenza – ha spiegato il consigliere ambientalista – e si ottiene solo che le decisioni sul lido vengano prese senza trasparenza e fuori da ogni percorso democratico. Non è neppure accettabile che, come è successo sino ad ora, con la scusa del commissariamento nessuno dei tanti progetti, preliminari e definitivi, operati nel nostro territorio e citati dalla conferenza dei servizi sia mai stato esaminato dal Comune di Venezia. Dove sta la democrazia i questo processo?”
Sulla gru per un permesso negato
21/06/2011TerraSono saliti sopra una gru. Su, in alto. Proprio sopra il tetto della prefettura di Padova. Eugene, John e Khalid. L’ultimo, disperato, tentativo di farsi riconoscere i loro diritti. Prima di arrampicarsi sopra la gru, Eugene, John e Khalid, hanno tentato tutte le altre strade. Quelle per così dire “istituzionali”. Hanno bussato alle porte del prefetto, del sindaco e persino del vescovo.
Tanta solidarietà, qualche mozione di sostegno in consiglio comunale ma nessun fatto concreto. Assieme ad altri migranti truffati dalla sanatoria, allora hanno organizzato un presidio ad oltranza, accampandosi mercoledì davanti a palazzo santo Stefano, sede della prefetture e della Provincia di Padova. “Nonostante la vittoria al Consiglio di Stato e le centinaia di denunce nei confronti dei truffatori – ha spiegato un portavoce dei migranti - il nostro permesso di soggiorno è ancora lontano. Nessuno ci sa dire neppure se e quando arriverà. Il ministro Roberto Maroni, come se non bastasse, ha diramato una circolare che sospende il rilascio dei documenti. In questo modo le stesse procure faticano a rilasciare i permessi di soggiorno che permetterebbero la protezione delle vittime e darebbero credito alle nostre testimonianze sulle truffe. Truffe che nella nostra regione sono state organizzate da una vera e propria associazione a delinquere legata alla camorra di cui ancora nessuno conosce i veri contorni e su cui forse qualcuno che sta in alto non vuole andare fino in fondo”. In alto allora hanno deciso di andarci i tre migranti che alle 15 di giovedì si sono arrampicati sopra una gru, replicando l’impresa di Brescia. Una iniziativa piuttosto pericolosa in quanto la gru in questione non era dotata di cabina di comando. I migranti quindi sono stati costretti a rimanere appesi alla struttura. Lassù, hanno resistito tutta la notte, grazie anche al sostegno dei tanti ragazzi che in quel momento erano impegnati a montare lo Sherwood Festival ma che hanno immediatamente smesso il lavoro per accorrere sotto la gru. Sostegno concreto quello delle Sherwood festival: coperte, cibi pronti, termos di bevande calde e un presidio di sostegno lungo tutta la nottata. La situazione si è sbloccata verso la mattina, quando prefettura e questura hanno deciso di accogliere le loro richiesto sbloccando circa 40 permessi di soggiorno per coloro che erano stati colpiti dalla doppia espulsione (così Maroni potrà dire un’altra volta che la “colpa è tutta dei giudici e non del ministero”) e aprendo un tavolo di trattativa con le vittime della truffa. “Nel Veneto ha operato una associazione di stampo camorristico e noi invece di aiutare le vittime e di valorizzare le loro testimonianze per ottenere giustizia, le perseguitiamo! – commenta amaramente Luca Bertolino dell’associazione Razzismo Stop. – Ma la cosa ancora più incredibile è che in Italia oramai tocca salire sopra una gru, mettendo a repentaglio la propria vita, non per sostenere una piattaforma sindacale o per ottenere più garanzie lavorative, ma per far rispettare una legge dello Stato e per chiedere che la polizia indaghi su un raggiro e smetta di perseguire il raggirato”.
Tanta solidarietà, qualche mozione di sostegno in consiglio comunale ma nessun fatto concreto. Assieme ad altri migranti truffati dalla sanatoria, allora hanno organizzato un presidio ad oltranza, accampandosi mercoledì davanti a palazzo santo Stefano, sede della prefetture e della Provincia di Padova. “Nonostante la vittoria al Consiglio di Stato e le centinaia di denunce nei confronti dei truffatori – ha spiegato un portavoce dei migranti - il nostro permesso di soggiorno è ancora lontano. Nessuno ci sa dire neppure se e quando arriverà. Il ministro Roberto Maroni, come se non bastasse, ha diramato una circolare che sospende il rilascio dei documenti. In questo modo le stesse procure faticano a rilasciare i permessi di soggiorno che permetterebbero la protezione delle vittime e darebbero credito alle nostre testimonianze sulle truffe. Truffe che nella nostra regione sono state organizzate da una vera e propria associazione a delinquere legata alla camorra di cui ancora nessuno conosce i veri contorni e su cui forse qualcuno che sta in alto non vuole andare fino in fondo”. In alto allora hanno deciso di andarci i tre migranti che alle 15 di giovedì si sono arrampicati sopra una gru, replicando l’impresa di Brescia. Una iniziativa piuttosto pericolosa in quanto la gru in questione non era dotata di cabina di comando. I migranti quindi sono stati costretti a rimanere appesi alla struttura. Lassù, hanno resistito tutta la notte, grazie anche al sostegno dei tanti ragazzi che in quel momento erano impegnati a montare lo Sherwood Festival ma che hanno immediatamente smesso il lavoro per accorrere sotto la gru. Sostegno concreto quello delle Sherwood festival: coperte, cibi pronti, termos di bevande calde e un presidio di sostegno lungo tutta la nottata. La situazione si è sbloccata verso la mattina, quando prefettura e questura hanno deciso di accogliere le loro richiesto sbloccando circa 40 permessi di soggiorno per coloro che erano stati colpiti dalla doppia espulsione (così Maroni potrà dire un’altra volta che la “colpa è tutta dei giudici e non del ministero”) e aprendo un tavolo di trattativa con le vittime della truffa. “Nel Veneto ha operato una associazione di stampo camorristico e noi invece di aiutare le vittime e di valorizzare le loro testimonianze per ottenere giustizia, le perseguitiamo! – commenta amaramente Luca Bertolino dell’associazione Razzismo Stop. – Ma la cosa ancora più incredibile è che in Italia oramai tocca salire sopra una gru, mettendo a repentaglio la propria vita, non per sostenere una piattaforma sindacale o per ottenere più garanzie lavorative, ma per far rispettare una legge dello Stato e per chiedere che la polizia indaghi su un raggiro e smetta di perseguire il raggirato”.