Cattolaico

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Se io non fossi cattolico, di un pronunciamento dei vescovi sulle maialate di Berlusconi non saprei francamente che farmene. Non lo avrei atteso con impazienza per una settimana; non avrei nemmeno perso troppo tempo a leggerlo quando alla fine è uscito, con tante cose interessanti che ci sono in giro. Giusto un'occhiata, per curiosità antropologica. Si tratta del parere dei responsabili di una comunità religiosa nei confronti di un uomo politico che professa di appartenere a quella comunità ma non ne rispetta, platealmente, i costumi. Una questione di coerenza, insomma. Ma anche se non fossi cattolico, non avrei bisogno di ricorrere alla morale cristiana per accusare Berlusconi di incoerenza – ovvero di non fare, mai, quello che promette di fare: non aspetterei certo che fosse un cardinale a citarmi un articolo della Costituzione. Per cui, se non fossi cattolico, mi sentirei imbarazzato coi miei compagni laici che sventolano le critiche di Bagnasco a caratteri di scatola sui loro quotidiani, ennesima dimostrazione di quanto sia difficile essere veramente laici in Italia.

Se non fossi cattolico, probabilmente sarei portato a considerare la Chiesa cattolica italiana come una forza ostile, che pretende di condizionare la mia vita e di usare i miei soldi per cose che non m'interessano. Dunque la criticherei, che si schieri con Berlusconi o no: e mi concentrerei in particolare sui danni concreti che mi arrecano questi amministratori del “perdono religioso” che – se non fossi cattolico – non sarei sicuro di aver capito cos'è, ma da lontano mi sembrerebbe simile a un'estorsione: ogni volta che commette un peccato, Berlusconi deve rimediare: a novembre Ruby raccontò del bunga bunga, i fondi alle scuole cattoliche furono raddoppiate, il problema rientrò; oggi si è scoperto che il bunga bunga è una complessa struttura di lenocinio organizzato, e, coincidenza, Calderoli ha sgravato la Chiesa di un po' di ICI. Insomma, cos'è questo perdono? Una medicina che non guarisce, una pacchia per i farmacisti; o un'infamia che in qualsiasi momento posso rimettere in giro, e allora davvero non ci sono altre parole per definirlo: è un ricatto.

D'altro canto, se non fossi cattolico, non è che potrei mettermi a eccepire sul comportamento di un'associazione privata, chiamata Chiesa cattolica, che amministra ai suoi fedeli qualcosa che secondo me non esiste; finché la cosa resta all'interno della scatola, tra maggiorenni consenzienti, non mi riguarderebbe. Mi preoccuperei di criticare la Chiesa, il più aspramente possibile,  per quello che dalla scatola esce; per i danni concreti che la Chiesa mi fa (mi tocca pagare anche la parte di ICI dei preti perché Berlusconi non sa gestire il suo pisello?), non per il suo funzionamento interno, che da non cattolico, probabilmente non capirei, ma nemmeno m'interesserebbe. La comunione, ad esempio. Se non fossi cattolico, quella cialda di torrone non mi direbbe molto, e non perderei tempo a stabilire a chi tocca o a chi no: è una cerimonia religiosa, un fatto privato, o piuttosto comunitario, ma di una comunità di cui non farei parte. Probabilmente non conoscerei neanche bene le regole, a meno che nel mio tempo libero io non mi dilettassi coi tomi di diritto canonico (ok, Malvino può intervenire, gli altri però zitti). Se io non fossi cattolico mi sentirei a disagio nell'entrare in una discussione su chi ha diritto di mettersi in fila davanti a un uomo vestito con paramenti religiosi per mangiare un Dio in cui non crederei. Se non fossi cattolico.

Se fossi cattolico sarei molto imbarazzato per la tolleranza mostrata anche stavolta dai Vescovi nei confronti di un uomo politico che profana la mia, la nostra fede. Anche perché non ci metterei molto a capire che questa tolleranza ha un prezzo; qualche altro peccatore non se la potrebbe permettere, Berlusconi sì (ma sempre coi soldi miei). E allora farei mie ancora una volta le parole di un sacerdote marsicano: "che differenza c’è tra una prostituta che vende il corpo per danaro ed una chiesa che, sempre per danaro, svende l’anima?" Tanto vale ricominciare a vendere indulgenze, dovrebbe esserci mercato, e in fondo era più democratico fra' Teztel con la sua macchinetta mangiasoldi ("appena entra la monetina, la tua anima se ne va in purgatorio") di questi cardinali moderni che sono più cari dei diamanti (e durano molto meno).

Però se fossi cattolico, questo sarebbe il mio giudizio politico, non morale. Se fossi cattolico chiederei con tutta la voce che ho che i Vescovi, le mie guide, prendano una posizione più decisa nei confronti di Berlusconi in quanto governante, per gli oggettivi danni che esso mi arreca; ma non avrei comunque diritto di giudicare Berlusconi in quanto uomo – intendo in quanto anima – perché questo tipo di giudizio non spetta a me, e di sicuro non tocca a me scagliare la prima pietra. Io non posso sapere se il Silvio Berlusconi di questi giorni, che inveisce al telefono e si affida ai peggiori tra i suoi cicisbei, non sia nel suo intimo pentito delle sue azioni (e parole, pensieri, omissioni). Se fossi cattolico, quindi totalmente fiducioso nella misericordia di Dio e rispettoso del libero arbitrio, io non potrei escludere in linea di principio che Berlusconi abbia in questo momento la coscienza più pulita di quella di un bambino: tutti possono pentirsi, anche lui, e tutti possono confessarsi e riconciliarsi con Dio, purché abbiano un sacerdote a portata di mano, e lui ne ha di sicuro.

Se fossi cattolico troverei fastidiosi i non cattolici che pretendono di entrare nel merito e di spiegarmi perché a Berlusconi non dovrebbe essere impartita l'Eucarestia, ad esempio perché è divorziato ecc. Anche da cattolico non smetterei di essere me stesso, ovvero un maniaco delle discussioni bizantine, per cui m'impelagherei volentieri nel merito della discussione: tecnicamente Berlusconi è divorziato, sì, ma può essersene pentito e aver chiesto e ottenuto la riconciliazione; si è risposato, ma di quello si è pentito sicuramente, e un sacerdote può averlo assolto; in questo momento vive solo, e anche se ha una fidanzata, questo non significa che in seguito a un pentimento essi abbiano deciso di comportarsi in maniera retta e pia. È chiaro che al 99% le cose non stanno così, ma non sta a me dimostrarlo, non sta a me giudicare un fratello nella fede. Se Berlusconi è spergiuro mentre si confessa, commette un peccato mortale e ne pagherà le conseguenze in termini di vita eterna: conseguenze che io, se fossi cattolico, prenderei mortalmente sul serio. Però resterebbero fatti suoi, l'unica cosa che mi potrei permettere di fare sarebbe pregare per lui. Infine, se fossi cattolico le persone che meno sopporterei sarebbero proprio i giudici non autorizzati, i moralisti troppo lesti a levare le pagliuzze dagli occhi altrui, insomma i farisei.

Cattolico o no, a questo punto sarei più o meno la stessa persona: rispetterei l'individuo, le comunità e lo Stato, ma ci terrei molto a tenere separate le tre cose. Non vorrei pagare per gli errori di altri individui, né per quelli di comunità religiose cui non appartengo; gli errori dello Stato invece sarei rassegnato a pagarli, ma proprio per questo motivo pretenderei una classe dirigente che ne facesse il meno possibile.

Ne consegue che, se fossi cattolico, e incontrassi il me stesso non cattolico, ci discuterei serenamente e mi troverei abbastanza d'accordo con lui. Questo è interessante. Non credo si tratti di terzismo, anzi, mi pare che ne sia l'esatto contrario: non si tratta di trovare uno stupido mezzo tra due versioni dei fatti (Berlusconi non è né un vecchio porco né un grande statista, ma... uno statista mediocre un po' porcello?), quanto di riuscire a entrare nel problema da entrambe le estremità. Credo che essere laici potrebbe consistere in questo: avere un'idea (qualsiasi idea), e saperla impugnare anche a rovescio. Non fosse che per tenersi in esercizio. Insomma, questo metodo bipolare che mi sono ritrovato, mi piace, mi sembra che mi funzioni, ne sono moderatamente soddisfatto. Potrà sembrarvi un disagio schizoide, ecco, probabilmente è il minimo disagio necessario per far parte di una civiltà a caso, questa.
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