E allora ho detto sì, sì, sì, sì, sì

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Tra l'8 e il 9 giugno sarà possibile votare per abrogare/modificare cinque leggi ingiuste, e io voterò Sì. Tutto qui. In altri momenti, quando scrivere qui sopra significava discutere davanti a un pubblico, forse mi sarei dato un po' più da fare per attirare l'attenzione su una campagna che tra l'altro è promossa dalla Cgil, una delle poche organizzazioni a cui sono iscritto.

Oggi come oggi non credo sia utile, non credo sposti un voto, e se lo spostasse sarebbe comunque un voto buttato via. Non mi faccio molte illusioni sul raggiungimento del quorum: credo in generale che questa campagna referendaria sia stata azzoppata dalla Corte costituzionale che (legittimamente) ha bocciato il quesito sull'autonomia differenziata. Quest'ultimo avrebbe portato molti voti e contribuito più di altri a creare una saldatura tra l'elettorato del Pd e quello più meridionalista del Movimento di Giuseppe Conte. Così alla fine questa è una di quelle situazioni in cui un esercito si mette in marcia anche se il comandante sa che gli alleati non manderanno i rinforzi promessi; la vittoria è molto improbabile, ma la guerra è stata dichiarata e quindi comunque combattere bisogna, sperando di limitare i danni.

Ho un problema coi referendum. In molti casi sono scorciatoie populiste; non ci hanno dato il divorzio o l'aborto (c'erano già), in compenso non possiamo più chiamare un ufficio "Ministero dell'agricoltura" e abbiamo dimezzato i parlamentari, forse il momento più basso nella Storia delle istituzioni di questa repubblica, capolavoro che trovo difficile perdonare a chi l'ha promosso e poi votato. Poche persone ritengo politicamente incompetenti come quelli che, di fronte alla dura evidenza del quorum (al crudo fatto che la tua sacrosanta battaglia abrogativa non interessa alla maggior parte degli aventi diritto), periodicamente propongono di abbassarne l'asticella sotto al 50%: ovvero di abolire il parlamento e sostituirlo con iniziative basate sulla raccolta di firme. La trovo una sciocchezza, ma non sarebbe la prima sciocchezza a cui prima o poi si riesce ad arrivare. D'altro canto. 

D'altro canto posso capire come il referendum resti l'unica arma alla portata di sindacati, e in generale di parti sociali che altri strumenti per farsi sentire non ne hanno. I lavoratori non hanno più un partito di riferimento, non hanno un giornale, un canale televisivo, nulla; e anche se l'avessero, mi domando seriamente se farebbe qualche differenza. Dalla pandemia in poi l'opinione pubblica si è sfarinata completamente: i principali social network, dopo essere diventati i principali organi di smistamento delle notizie, hanno completamente sminchiato i loro algoritmi, e ora se anche cercassi una discussione interessante sui referendum dovrei aggirare balletti di cani, cuochi e batman. I giovani semplicemente non passano più, ma nemmeno riescono a leggere i giornali on line (non ci riesco nemmeno io), e nel caso di questi referendum non faranno nemmeno caso all'interruzione scolastica perché, tu guarda la coincidenza, sono stati indetti nel primo weekend dalla fine delle lezioni. 

In questa situazione è molto difficile che una notizia riesca ad attirare un'attenzione collettiva. È successo alla crisi di Gaza, forse semplicemente per le dimensioni della tragedia. Gaza è qualcosa che mi ha tolto la voglia di scrivere e ha reso ogni altro problema (anche personale) troppo piccolo perché ne valesse la pena. Detto questo, tra l'8 e il 9 giugno sarà possibile votare per abrogare/modificare cinque leggi ingiuste, e io voterò Sì. 
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