Crepuscolo dei giornalisti
06-05-2009, 23:54Berlusconi, campagna elettorale (permanente), giornalisti, tvPermalink
A questo punto il caso Berlusconi potrebbe passare in secondo piano, oscurato dal caso De Bortoli. Spiego.
De Bortoli è già stato direttore del Corriere della Sera tra il 1997 e il 2003: fu lui a traghettare il quotidiano dal porto nebbioso e rassicurante del mielismo agli approdi drammatici e beceri del nuovo Millennio, lanciando per esempio l'anziana Fallaci in chiave jihadista anti-islamica. A Berlusconi la sua direzione, non troppo allineata al suo Secondo Governo, non garbava, e secondo i meglio informati fu lui a premere affinché fosse sostituito.
La Storia si ripete: pochi mesi fa Berlusconi III aveva mostrato analoghi segnali d'insofferenza nei confronti del nuovo-vecchio direttore del Corriere (l'eterno Mieli); e anche stavolta il direttore è cambiato: fuori Mieli, dentro De Bortoli 2. Ma avrà capito la lezione? Saprà essere berlusconiano con garbo, o insisterà nel mostrare indipendenza di giudizio? Lo si aspetta un po' al varco, insomma.
Il 29 aprile Repubblica e Stampa escono con la feroce lettera di Veronica Lario.
L'occasione arriva martedì sera, quando Berlusconi scende a Porta a Porta per spiegare come stanno le cose. De Bortoli è in collegamento. È chiaro a tutti che qui si gioca la faccia: è il solo ad essere nella posizione di poter mettere Berlusconi alle corde, e se non lo fa rischia di non scrollarsi più di dosso l'etichetta di nuovo altoparlante di Arcore. A questo doveva pensare ieri dietro le quinte, mentre registravano la prima parte: quella con Vespa che presenta e Berlusconi che spiega tutto lui. Finché, dopo quasi mezz'ora, tà tan tà taaan! Ecco il collegamento. Col Giornalista. Quello che farà il Contraddittorio. E siamo tutti con lui: vai, Ferruccio, mostra agli italiani che chi scrive i giornali ha ancora indipendenza di giudizio.
(Dal 2':26''):
DE B: Buonasera presidente.
BERL: Buonasera direttore, scusi, volevo dirlo pubblicamente: ho telefonato al direttore del Corriere della Sera per ringraziarlo di come il suo giornale aveva trattato la vicenda: con grandissimo equilibrio, con grandissima eleganza, e mi sono sentito in dovere di chiamare il direttore per ringraziarlo di questo fatto: e lo dico pubblicamente molto volentieri.
VESPA: Ferruccio De Bortoli è un gentiluomo, lo sappiamo da tempo.
Come potete vedere, Berlusconi parte in attacco con la Mossa dell'Orso: ti abbraccio per schiacciarti. Lo dico pubblicamente, ti ho ringraziato per come mi hai trattato bene e voglio che tutti lo sappiano (e Vespa lo sa da tempo). De Bortoli non ha ancora finito di salutare e si trova già alle corde. Se non dice subito qualcosa di profondamente indipendente, è finito. E lo sa.
DE B: Guardi, io la ringrazio, presidente, però le devo dire che se sua moglie avesse mandato la lettera al Corriere della Sera anziché a Repubblica, io l'avrei pubblicata con tutta evidenza.
BERL: E forse non era lei che l'aveva provocata, direttore.
DE B: No, beh, devo dire...
BERL: Il destinatario non era casuale.
DE B: Beh, insomma...
BERL: Quindi non ci sarebbe stata nessuna lettera.

BERL: Io voglio restare sul fatto: si sono costruite artatamente due verità (bla bla bla, tanto chi mi ferma più, De Bortoli? L'ho messo al tappeto subito De Bortoli, guardatelo: adesso Vespa gli ridà la parola e io lo rizittisco immediatamente, quanto ci scommettete?)
VESPA: Prego, Ferruccio.
DE B: Guardi, io la ringrazio Presidente ma... mi dispiace contraddirla, nel senso che... io non credo che ci sia stato un complotto mediatico, perché quello che è stato...
BERL: Io non ho mai parlato di un complotto, Direttore. Mai.
DE B: ...allora non c'è stata nessuna trappola mediatica... perché comunque insomma... poi ci sono state delle interpretazioni... degli eccessi... e lei fa bene, Presidente, a difendersi e a dare tutti i chiaramenti opportuni...
Da qui in poi lo faranno parlare senza interromperlo, ma è dimesso, stanco: guarda in basso come il predatore sconfitto nel duello contro il maschio-alfa, si lamenta querulo che la vita privata non andrebbe mescolata con la pubblica... tanta fuffa ragionevole, nessuna domanda diretta, di quelle che un umilissimo cronista saprebbe porre: ad esempio; cosa significa che la tal candidata è una “superlaureata”? E se è vero quello che Berl. ha detto pochi minuti prima, e cioè che la sua presenza alla festa fu una semplice improvvisata durante una missione di lavoro al termovalizzatore, come la mettiamo col regalino? Perché, come fa notare Malvino, i casi sono due: o si porta sempre anellini con sé, anche quando visita i termovalizzatori, o l'improvvisata non era così improvvisata... oppure chi lo sa, magari c'è un terzo caso, e Berlusconi potrebbe spiegarlo: le domande servono anche a questo, no? No, le domande non servono a niente, le domande non si fanno proprio.
Poco dopo scopriamo che De Bortoli non è venuto a intervistare il Presidente, ma a dargli consigli di stile: Berlusconi, dice, non avrebbe dovuto andare a quel compleanno. Perché? Perché era una festa burina, lascia capire, con i cuochi che indossavano magliette cheap. Sul serio.
De B: Posso dire una cosa di sensazione mia personale? Io credo che lei Presidente sia al massimo... anzi, mi auguro, insomma... lei ha una grandissima popolarità, tutti le riconoscono le grandi realizzazioni del suo Governo [tutti?], lei ha avuto modo, lo ha tutti i giorni di valutare qual è anche l'affetto che la gente ha per lei, insomma.
Io però credo che un Presidente del Consiglio... lei è una persona generosa, non sa dire di no, insomma la invitano, lei ci va, si spende sempre con grandissima generosità: gliene dobbiamo dare atto. Però io credo che alle feste e ai compleanni non si debba andare.
Queste fotografie certamente dimostrano che, per carità quella era una manifestazione pubblica come tante altre... Però insomma io credo che ci sia anche una forma delle istituzioni che lei rappresenta. Forse qui potrebbe cogliere l'occasione che l'aver detto di sì a quella persona che l'ha invitata quella sera sia stata poi un errore se poi ha scatenato questa tempesta mediatica. Insomma mi crea un certo disagio vedere un Presidente del Consiglio che è fotografato insieme a quei signori, per carità, tutti rispettabilissimi, insomma, uno c'ha la maglietta Song'e' Napuli, io personalmente qualche forma di disagio la sentirei. Mi piacerebbe insomma che questa occasione fosse un'occasione per dire beh, forse è meglio che in queste occasioni il Presidente del Consiglio non compaia.
Dietro al muro d'imbarazzo c'è un problema vero. Berlusconi è una carica istituzionale, che però pretende di infilare in agenda delle comparsate elettorali. Lo aveva affermato lui stesso poco prima, nella foga della sua autodifesa: alla festa di Noemi c'è andato perché voleva discutere con suo padre a proposito di un paio di candidature nel collegio Centro-sud Campania. Ma c'è arrivato in pompa magna, con scorta ufficiale e tutto quanto:
Sono arrivato con otto auto della polizia e della scorta: sembrava un funerale. Sono arrivato lì al ristorante, sono entrato... mi si sono fatti lì contro, e quando c'è tanta gente... non mi si può chiedere di non fare campagna elettorale: anche perché andremo presto alle elezioni.
Non gli si può chiedere di non fare campagna elettorale, a B.: anche se le sue elezioni le ha vinte l'anno scorso, e ora dovrebbe concentrarsi su un altro mestiere, che è quello del governo; come Obama, che per un anno ha comiziato, ma adesso sta lavorando. Questo fanno di solito i politici nelle democrazie moderne: un anno di campagna e quattro di governo. Con B. è diverso, l'Italia è diversa: siamo in Campagna Elettorale Permanente. Lo sappiamo: le Amministrative, le Europee, i Referendum sono tutte consultazioni provvisorie che possono decidere la sorte di un governo, e che costringono i governanti a perder tempo nelle cucine dei ristoranti e nelle tendopoli, e a rinnovare continuamente le promesse elettorali. Berlusconi è in campagna per Bruxelles anche se non potrà mai andarci, un'assurdità che qui nessuno gli rimprovera: un malcostume che non nasce con lui, anzi lo crea: l'odierno Berlusconi populista, quello che ha un sorriso e una stretta di mano per tutti, è un prodotto della Campagna Permanente. E non gli si può chiedere di non farla, perché in verità e l'unica cosa che sa fare: se gli togli le elezioni, si attaccherà ai sondaggi di popolarità, come l'eroinomane al metadone.
Tutto questo vagamente De Bortoli l'ha capito, ma non lo dice. Quel che dice è che Berlusconi non dovrebbe farsi fotografare accanto a una maglietta Song'e'Napule. La questione politica (non possiamo mescolare campagna elettorale e lavoro istituzionale) si trasforma in questione di stile: a quel punto tanto valeva mandare Lina Sotis, che ha una parlantina più sciolta; tanto più che buttarla in stile quando giochi contro il re dei populisti significa praticamente servirgli la palla: schiacciata, set, game, match:
Non sono d'accordo con lei sul fatto che io, come Presidente del Consiglio, debba arrivare a non andare a una festa di matrimonio, a una festa di compleanno, a riunioni... perché rinuncerei ad essere me stesso, rinuncerei a mantenere tutte le promesse che ho fatto anche in sede amicale, a stare con la gente. Quella persona che lei dice Io song'e'Napule era una persona che lavorava nella cucina di un ristorante... io quando vado in un ristorante normalmente faccio sempre gli incontri e le fotografie con tutti quelli che lavorano in cucina, a tutti chiedo cose della vita vera. Parlo con i taxisti, parlo con i commessi... sono un uomo come tutti gli altri, e ho un grandissimo rispetto soprattutto per le persone più umili. Se cessassi di fare questo non sarei più me stesso (applausi).
Berlusconi ha buone ragioni di complimentarsi con un direttore di giornale che invece di fargli una sola domanda si presta a recitare la parte (tipica delle fiction mediaset, fateci caso) del borghese altezzoso con la mania per le “forme”, rispetto alla quale si staglia luminosa la figura di Silvio C'è, quello che S'Interessa Alla Vita Vera Della Gente Umile.
Mi sbaglio se suggerisco che in un Paese democratico, con una stampa indipendente, un direttore che si prestasse a un servizietto del genere nei confronti di un uomo di potere verrebbe licenziato immediatamente? Sì, mi sbaglio, perché non posso dimostrarlo. In un Paese democratico nessun direttore si è mai abbassato così. Che io sappia. Magari non ho cercato bene: se avete esempi segnalatemeli.
De Bortoli invece resterà lì dov'è, e c'è già chi si complimenta con lui per le “stoccate” inferte al premier: lui, che s'è fatto ridurre al silenzio da un settantenne arzillo ma retoricamente non irresistibile. Questa è la stampa italiana, oggi, rappresentata dai suoi professionisti più prestigiosi. Delle interviste scomode ai potenti si è semplicemente persa la memoria storica: della Fallaci ci si ricorda soltanto la rabbia, non l'orgoglio con cui
dava del tu all'ospite potente.
In mezzo a tutto questo io scrivo, come tanti, senza nessuna pretesa di fare lezioni di giornalismo. Non sono un giornalista: ma non è necessario essere calciatori professionisti per accorgersi che a centrocampo fanno melina. Non scrivo per farmi passare la rabbia (che non passa, anzi); piuttosto con una presunzione di testimonianza: chi verrà dopo di noi non dovrà pensare che eravamo tutti prostrati come Vespa, arresi come De Bortoli. C'era gente normale, con una famiglia e un lavoro più o meno normale, che in casa propria si faceva le domande che i giornalisti non volevano o non sapevano più fare. Non eravamo la maggioranza, non pretendevamo di esserla: ma esistevamo. Devono saperlo i posteri: non si sono bevuti il cervello in quindici anni, gli italiani. Non tutti.
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