le parole sono importanti

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Io soprascritto Leonardo, in qualità di blog-più-vecchio-d’Italia -a-parte-Valido-e-Ludik, dichiaro formalmente guerra ai modi di dire più abusati, alle frasi fatte e strafatte, ai luoghi comuni troppo affollati.

Cosa c’è di male in un modo di dire?
Niente. Ma trovo giusto rinnovarli ogni tanto. Altrimenti continuiamo a citare film che nessuno vede più, o libri che non abbiamo neanche letto, o saggi che probabilmente intendevano il contrario di quel che gli mettiamo in bocca, eccetera eccetera.
Così invece del solito pippone oggi redarrò, con la vostra collaborazione, una lista di modi di dire che da oggi in poi sono definitivamente out, perché? Perché l’ho deciso io, e io sono maledettamente vecchio e saggio, va bene?

Quando il saggio indica la luna…
Lo stolto mostra il dito.
Medio. Saggio, rispettosamente hai sfracellato i coglioni. 14.000 risultati su Google! Prova a indicare qualcos’altro. Ci sono più cose in cielo e in terra che... ops.

Un silenzio assordante
Confesso, non ricordo chi l’ha inventata. Ma a chi la racconto? Non lo so proprio. Senz’altro un poeta: è un’espressione meravigliosa, il più bell’ossimoro che io conosca. Però è da 5-6 anni che tutti i silenzi che sento in giro sono “assordanti” (74.400 pagine su google!) Ormai questi due termini fanno coppia fissa: la sera si trovano sul divano e litigano perché “silenzio” vorrebbe vedere il dottor House e “assordante” l’isola dei famosi.
ASSORDANTE: Ma si può sapere perché stiamo insieme, noi due? Non abbiamo niente ma niente in comune! Chi è che ci ha presentati? Eh? Si può sapere chi è stato?
SILENZIO:

È la democrazia, bellezza (versione originale: è la stampa, bellezza)
Sarei curioso sapere quanti tra quelli che la usano hanno visto il film con Bogart giornalista (Deadline USA, in italiano L'ultima minaccia, 1952) che dice (al suo avversario) “that’s the power of the press, baby, the power of the press”. Io, per esempio, no. La frase “è la stampa bellezza” nasce da lì, l’autore è uno di quegli anonimi traduttori che leggevano “shut up” e traducevano “chiudi il becco”. Avete mai sentito qualcuno in carne e ossa dire “chiudi il becco”? E tra colleghi e antagonisti, vi dite mai “bellezza”? No, direi di no. Tutte le volte che la sento in tv o (infinitamente più spesso) su internet, mi sembra che il monitor viri in bianco e nero.
Oltre che antica, è pure un po’ provinciale. Da qualche parte (non trovo più dove) Eco faceva notare che la frase era diventata famosa più in Italia che all’estero, proprio perché da noi a quei tempi il “potere della stampa” era ancora un frutto proibito. Insomma, non usatela all’estero, perché non capiranno il riferimento. È quel tipo di tormentone che ereditiamo inconsapevolmente da qualche vecchio giornalista che passava i pomeriggi a guardare vecchi MGM in bianco e nero. In teoria noi dovremmo essere quelli giovani...

...Infatti continuiamo a dire

Ho visto cose che voi umani
Come no. Scommetto che hai visto i cancelli di Tannhauser al largo dei bastioni di Orione. Beh, li abbiamo visti anche noi. E poi? Visto qualche altro bel film di recente?
Ho sempre sentito dire che il monologo se lo fosse improvvisato Hauer lì per lì. In realtà sembra che abbia solo tagliato di sua sponte una battuta ancora più lunga, aggiungendo “le lacrime nella pioggia”, che sono poetiche, seppure un tantino banali, eh. Io sono sempre stato felice che una frase lontanamente riconducibile a Dick abbondasse sulla bocca di tutti. Ma dopo 83.100 pagine su Google comincio ad avvertire una certa stanchezza. Siamo tutti replicanti, abbiamo tutti visto cose che gli umani non si immaginano, probabilmente nel frattempo gli umani si sono stancati di starci a sentire e sono fuggiti su Orione a far cose che noi replicanti ci sogniamo.

E compagnia bella
Questo in realtà non mi sembra così abusato: continuate pure a scrivere “e compagnia bella”. Si parlava di modi di dire e mi è venuto in mente.
L’origine non la conosco, ma di solito in Italia tutti la considerano un marchio di fabbrica di Salinger. Quando tra giovani andava di moda imitare Salinger, a tutti scappava almeno un “e compagnia bella”. (Perché adesso non va più di moda, vero?)
In realtà Salinger, non ha mai scritto “e compagnia bella”, essendo americano. Il suo famoso giovane Holden finiva quasi tutte le frasi con l’intercalare “and all”. Ora, siccome la traduttrice italiana era una signorina perbene e di mondo, non riteneva giusto tradurre sempre nello stesso modo “and all”, perché l’italiano, che è già tanto ridondante di suo, soffre le ripetizioni più dell’inglese. Così doveva cercare i modi più disparati di tradurre quel maledetto “and all”. Perciò a sua discrezione variava con "...e tutto quanto", "...e tutto il resto", "...eccetera eccetera", "...e quel che segue", "...e via discorrendo"… e quello che è rimasto più in mente ai lettori, “compagnia bella”. Questo per dire che molti italiani convinti di essere appassionati di Salinger, in realtà erano appassionati della prosa di questa signorina perbene, Adriana Motti.
Qui c’è una bella intervista di Luca Sofri, dove dice di avere appreso "e compagnia bella" dai suoi nipoti. In quei tempi all’Einaudi comandava Calvino e i traduttori avevano il tempo di uscire all’aria aperta e interagire coi bambini che giocavano nei cortili: in effetti poi le traduzioni uscivano migliori.
Oggi al suo posto subappalterebbero tutto a un anemico dottorando di scienze della traduzione che recluso nel suo soppalco più servizi per un pezzo di pane tradurrebbe sempre con “e tutto”. “E tutto”. “E tutto”.
“Scusa, ma è una noia tremenda così”.
“Lo so bene, ma non posso a nessun costo derogare alla manifesta volontà autoriale di incidere subliminalmente il preconscio del lettore con l’iterazione martellante della funzione fatica, e…”
“…e compagnia bella”.
“Eh?”
“Scusa, era un modo di dire della lingua italiana”.
“Mai sentito”.

Una frase a caso di Nanni Moretti
In realtà non saprei quale, ma in generale sono troppe. Metà della mia valigetta di frasi pronte è piena di roba che ha detto lui in un film: è quasi imbarazzante, non siamo mica parenti. Datemi una mano a decidere:
- di’ una cosa di sinistra
- faccio cose, vedo gente
- mi si nota di più se non vengo
- il dibattito no!
- continuiamo così, facciamoci del male
- (ne ho senz’altro scordata qualcuna memorabile)

Che faccio, vado avanti?
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