Perché il Ponte non c'è già?

Permalink

Che a questo punto si riparli di Ponte sullo Stretto non è affatto sorprendente. Così permettetemi di cominciare con una domanda molto semplice, che rivolgo soprattutto a chi crede che il ponte si possa fare subito, anzi vada fatto subito, anzi è un peccato che non esista già:

e perché non esiste già?


Il Çanakkale 1915, con la campata più lunga del mondo (2023 metri)
(lo Stretto di Messina supera i 3000)

Rifletteteci bene. Se siete convinti che un ponte con una campata unica di tre chilometri si possa fare, cosa ci ha impedito di farlo fin qui?

La volontà politica? Non è vero: un sacco di governi hanno vinto le elezioni promettendo il ponte sullo Stretto, e le hanno vinte bene, con ampie maggioranze. Quindi potevano farlo. E perché non lo hanno fatto?

Guardate che non siamo mica nati ieri. Di ponte sullo stretto parliamo da due millenni, la terra per costruire i piloni l'abbiamo confiscata vent'anni fa, e da più di dieci paghiamo una penale a una ditta che aveva vinto un appalto. Tanto valeva farle costruire il ponte. 

E perché non glielo abbiamo fatto costruire? 

Il progetto c'era. Aveva vinto una gara, e benché avesse destato più di una perplessità tra gli addetti ai lavori, qualche ingegnere e architetto deve pur averne firmato i progetti: quindi perché sono rimasti progetti? 

Chi esattamente si è messo in mezzo alla più grande realizzazione ingegneristica italiana di tutti i tempi? Perché ci dev'essere stato qualcuno che ha bloccato tutto, altrimenti non si spiega. Eppure per quanto cerchi non riesco a trovarlo. 

Ci tengo comunque a ricordare che non sono stato io – per quanto paradossale, una precisazione del genere a questo punto è necessaria. Eppure io alla fine chi sono? Nessuno. 

Sono solo un tizio che ogni tanto, quando scoppia una discussione sul Ponte, interviene portando alcune informazioni che a dire il vero sono alla portata di tutti:

a) Lo Stretto è largo 3 km.

b) La profondità non rende possibile piantare piloni nella zona centrale.

c) Non esiste (ancora) una tecnologia che ci consenta di costruire ponti con una campata molto superiore ai 2 km. 

Il ponte di Akashi, che per vent'anni ha mantenuto il record di campata più lunga.


Il punto a è autoevidente (controllate pure su Google Maps) e non è destinato a cambiare per qualche milione di anni. Il punto b forse un giorno lontano si potrà mettere in discussione (ogni tanto in effetti si riparla di soluzioni alternative, il famoso tunnel). Il punto c è il più controverso, e si basa soprattutto su un'osservazione empirica: la campata unica più lunga mai costruita dall'uomo è di 2 km. Il ponte sullo Stretto dovrebbe superare il record mondiale, e non di poco; di quasi il 50%: è possibile? Chi parla di costruirlo in tempi brevi sostiene (o finge di sostenere) che sì, è possibile. Del resto almeno un progetto per una campata di 3 km c'è, qualche ingegnere e architetto l'hanno firmato; c'è già il cantiere, anzi stiamo già pagando le penali all'impresa che ha vinto l'appalto. Penali milionarie che hanno fatto pensare a più di un governante: ma tanto vale che paghiamo un po' di più e lo facciamo davvero. 

Punto di vista perfino comprensibile... e tuttavia il ponte non si è fatto lo stesso, credo per i soliti tre motivi che sono più forti di qualsiasi obiezione: lo Stretto continua a essere lungo 3 km, la profondità non rende possibile piantare piloni in mezzo, e una campata più lunga di 2 km non s'è ancora vista. Tutto qui.

Di solito chi sostiene il Ponte parla della necessità di innovare, di fornire collegamenti più veloci e efficienti, e perché no, di stupire il mondo con un'opera unica al mondo. Tutte esigenze condivisibili, e tuttavia dopo averle espresse a me piace intervenire ricordando che lo Stretto rimane lungo 3 km; la profondità continua a non rendere possibile piantare piloni in mezzo, e la tecnologia non fa quel passo necessario a permetterci di costruire ponti con una campata centrale superiore ai 2 km. 

E la discussione dovrebbe finire qui. Invece di solito è qui che comincia. Perché il mio interlocutore – quello che difende la necessità di innovare, di collegamenti più veloci ed efficienti, ma anche, perché no, di una maxiopera che richiamerebbe l'attenzione del mondo intero – a quel punto l'interlocutore se la prende con me. Perché? 

Perché conosco la geografia.

Se gli faccio presente che lo Stretto è lungo 3 km, mi accusa di non credere alle innovazioni. Siccome gli spiego che non si possono piantare piloni nella zona centrale, mi risponde che non capisco la necessità di collegamenti più veloci ed efficienti tra la Sicilia e il continente. Siccome gli ricordo che non esistono al mondo campate più lunghe di 2 km, mi accusa di sabotare la maxiopera, di cospirare contro l'immagine internazionale dell'Italia. 

E dopo un po' che si discute così, di solito avviene questo fenomeno per cui sembra che il vero motivo per cui il ponte non si fa non siano i 3 km, né la profondità: no, il vero motivo sarebbe la mia ostilità al progetto. Mia e di chissà quanti altri milioni di persone che io con le mie opinioni rappresenterei: siamo noi, noi nemici delle innovazioni, dei collegamenti e del made in Italy, quelli che rendono impossibile ai siciliani arrivare in Calabria in treno. Pensa che roba: c'è il progetto, c'è il cantiere, ci sono già gli operai pronti con gli utensili in mano, e li stiamo già pagando; e però il ponte non si fa perché il signorino, che sarei io, conosce la geografia e quindi pesta i piedi: no, no no, mi dispiace sono tre chilometri, fermi tutti. 


Ma non è vero

– e anche se fosse, sai che c'è? Volete il ponte? 

Va bene, fatelo. 

Se è la mia ostilità a tenere lontana Scilla da Cariddi, ebbene la mia ostilità può cedere di schianto, con un atto performativo: ecco, smetto di oppormi al Ponte; fatelo pure.

Lo farete?

No, non subito. 

E si capisce: i km sono ancora tre; la profondità è ancora eccessiva, e nel mondo nessuno sta veramente cercando di costruire campate di tre chilometri. 

Invece molti sostenitori del progetto, in buona fede o meno, si comportano come se da qualche parte ci fosse un Movimento No Pont disposto a sabotare la gettata dei piloni: non fosse per questi No Pont, ormai Messina e Reggio sarebbero una città sola; ma siccome sono dappertutto, camuffati tra il popolo e le istituzioni... niente da fare, il Ponte ancora non si fa: il che almeno ci consente di ripromettere la stessa cosa a ogni tornata elettorale. 

È un meccanismo così rodato che ormai anch'io ho la sensazione di farne parte, ogni volta che il politico di turno tira fuori l'argomento e quelli come me recitano la parte degli oppositori. Come se fossimo noi il motivo per cui il ponte non si fa: non la geografia, non i 3 km, non la profondità, non i limiti dei materiali e delle tecnologie, no: sarei io, coi miei discorsetti on line, col mio scetticismo di maniera.

Come se a me alla fine poi dispiacesse il ponte in sé: e invece no, giuro, non ho mai bloccato un cantiere, non ho mai boicottato nessuna impresa, non solo: il giorno che si farà ne sarò contento. 

Ma non si fa.

E perché non si fa, secondo voi?


(PS: in una prima versione di questo pezzo si citava ancora il ponte di Akashi come la campata unica più lunga del mondo. Questo malgrado già da un anno sui Dardanelli sia stato inaugurato il ponte della battaglia di Gallipoli del 1915, che supera la campata di Akashi di... una ventina di metri. Ringrazio il commentatore che mi ha avvisato dell'errore. Chi insiste sul fatto che possiamo costruire il ponte sullo Stretto, sostiene di poter migliorare il record mondiale di quasi un km. E lo sostiene da trent'anni. E in trent'anni non abbiamo visto niente, forse non avevamo abbastanza fede). 

Comments (30)