La macchina delle cazzate

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Adesso che è passato qualche giorno, vorrei chiedere a chi ha una coscienza: ma voi sul serio ci avete creduto, a Beppe Grillo che fa i complimenti alla mafia? A Grillo che durante una campagna elettorale in Sicilia dice un paio di buone parole sulla mafia? Solo a chi ha una coscienza, gli altri sono esentati. Ci avete creduto? O avete solamente fatto finta, perché si sa come vanno queste cose... Un personaggio pubblico dice una cazzata e noi ci buttiamo. Su facebook, su twitter, sui cupi blog, ma anche sui quotidiani. La cazzata funziona. La cazzata fa tendenza. D'altro canto, a chi non scappa una cazzata. Sentite per esempio questa.

"Mafia" è una parola un po' vaga. Parliamo di racket. Le organizzazioni che praticano il racket hanno un carattere parassitario: non essendo in grado di produrre ricchezza, intercettano quella prodotta dalle imprese di un territorio. Di conseguenza il racket non ha veramente interesse a strangolare le imprese che sfrutta, così come il parassita non ha interesse a uccidere l'organismo che lo ospita. Se qualche volta succede (per dare un esempio, per un conflitto di territorio con un'altra organizzazione parassitaria), la prima a rimetterci è l'organizzazione criminosa. Ecco. Avete letto le ultime sei righe? Vi risulta che abbia parlato bene delle organizzazioni che praticano il racket?

Perché quello che rimproverate a Grillo - che pure ha la cazzata facile - è esattamente questo. Di aver scritto, nel consueto stile apodittico, una cosa che in fin dei conti è una banalità: la mafia di solito non strangola le sue vittime. Le sfrutta, le impoverisce, ma non le strangola, perché non le conviene. Peraltro Grillo stava facendo un confronto paradossale con il nuovo Grande Moloch, la Finanza Internazionale, che invece le imprese le strangolerebbe così, per puro gusto di farlo. Ecco, questa sì sarebbe una cazzata, ma non ci ha fatto caso quasi nessuno. Peraltro quello delle banche-cattive-cattive è un feticcio che va comodo a molti, anche tra chi oggi Grillo lo tema e qualche mese o anno fa lo portava sugli scudi. Oggi che invece fa paura, ecco che si rimette in moto la sferragliante ma efficace macchina delle cazzate.

La macchina del fango sappiamo tutti come funziona: si prende un bigliettino, un rapportino, una spifferata vera o presunta, e si comincia a schizzare sull'obiettivo finché qualche schizzo più grosso degli altri non lo butta giù. La macchina delle cazzate è meno studiata, eppure in questi anni l'abbiamo usata un po' tutti. Abbiamo fatto pratica con Silvio Berlusconi, la migliore scuola guida che poteva capitarci. Ogni volta che diceva una cazzata, sui giornali, sui blog (cupi), ovunque, si ritagliava la cazzata, si esponeva la cazzata, si trasformava la cazzata in un tormentone. Gli elettori di sinistra sono coglioni. La proporrò per il ruolo di kapò. 'Orcodio. Erano cene eleganti. C'è da dire che con Berlusconi la macchina delle cazzate aveva un suo senso, perché almeno attirava l'attenzione su un problema vero, e sentito: quell'uomo ne diceva troppe, ci esponeva al ridicolo internazionale. Peraltro le cazzate di Berlusconi erano a tutto tondo; non diventavano cazzate una volta estrapolate dal contesto: nascevano già così, e se davi un occhio al contesto ti rendevi conto che era composto anch'esso di cazzate, l'una dentro l'altra, frattali di cazzate, la vertigine.

Poi a un certo punto Berlusconi se n'è andato, e forse questo nervosismo, questo cerchio alla testa, quest'insofferenza cronica, oltre alla primavera, potrebbe anche essere una crisi d'astinenza per le cazzate. Ne abbiamo bisogno, non sappiamo più come si discute senza. Come spiegare in altri modi la fase deprimente in cui ci siamo attaccati a qualsiasi minuscola cazzata uscisse dal più oscuro esponente del governo Monti: quando un sottosegretario, mai sentito prima e caduto nel dimenticatoio immediatamente dopo, chiamò "sfigati" gli studenti fuoricorso, giornalisti e cupi bloggerz si abbandonarono a manifestazioni di pura gioia: finalmente una cazzata pura e semplice! Ma quindi Berlusconi non aveva il monopolio! Meno male. E vai con la Cancellieri ("il posto fisso nella stessa città di fianco a mamma e papà"), e vai con Monti (il posto fisso "monotono"). Qualsiasi dichiarazione che si prestasse a essere estrapolata e a funzionare come una cazzata è stata ritagliata e ha fatto il giro dei social network. Il fatto che oggi si usi lo stesso metodo con Grillo la dice lunga su quanto spazio si sia preso Grillo nelle ultime settimane.

La cosa triste è che di cazzate autentiche Grillo ne dice in continuazione. Per lui in sostanza la crisi è un complotto di banchieri. L'Italia "non si può permettere l'euro". Invece si può permettere di fare un default controllato. Qualsiasi emergenza non sia l'emergenza che sta a cuore a Grillo in quel momento, ad esempio i diritti civili per i migranti, è una perdita di tempo. E così via. Queste sono vere cazzate. Ma smontarle è faticoso. Per esempio bisogna avere il coraggio di dire che il complotto dei banchieri cattivi è una specie di Protocollo dei Savi di Sion For Dummies. Che se vogliamo trovare un modo semplice per stritolare i risparmiatori italiani, ecco, il default è proprio quello che ci vuole. Bisogna avere il coraggio di difendere l'Euro: un giorno forse li conteremo quelli che dal '92 in poi quel coraggio lo hanno trovato, veramente pochi. Per criticare Grillo bisognerebbe saperne un po' più di lui. In teoria non dovrebbe essere difficile, è un comico populista. In pratica... in pratica no, si fa molto prima a inserire un altro gettone nella sferragliante macchina delle cazzate.

Quando capiterà anche a voi, di essere inchiodati con malizia a una mezza frase che avete scritto o detto, da gente che sa benissimo che intendevate altro, ma si sa come vanno le cose... ecco, quando capiterà a voi forse vi renderete conto che la macchina delle cazzate non è giornalismo, non è opinione, non è discussione. È un'abitudine a semplificare tutto, a trasformare il ragionamento in slogan, lo slogan in battuta, la battuta in tormentone, che ci sta rendendo tutti un po' più stupidi; e non è che ne avessimo veramente bisogno.
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