Je Maintiendrai

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La lealtà degli altri

Ora io non è che voglia sempre dare addosso alla nazionale per partito preso, ma questa manfrina della lealtà, questa storia per cui l'Olanda adesso contro la Romania dovrebbe giocare “lealmente” (cioè vincere o pareggiare una partita che non ha nessun bisogno di vincere o pareggiare) la trovo insostenibile: degradante per chi ne parla e per chi ascolta.

Il calcio non è così. È uno dei pochi sport dove si può pareggiare a oltanza (anzi il pareggio sembra quasi il destino del match). Per questo esistono classifiche avulse e differenze reti; e se non vi piacciono, datevi al volley. Per questo esistono (dalla notte dei tempi) gironi a quattro invece che eliminatorie frattali come a Wimbledon. Per questo esistono strategie per qualificarsi al turno successivo senza bruciare tutte le energie. Niente a che vedere con la lealtà.

La lealtà è un'altra cosa. Si misura dai falli dati, e dal fair play. Ma quando in un girone di quattro squadre tu, Olanda, sei già matematicamente prima con una giornata di anticipo, non c'è nessun motivo razionale perché non ti rilassi: quella partitella di allenamento con dentro tutte le riserve te la sei conquistata sul campo (strapazzando campioni del mondo e vice, scusate se è poco). Ora starai già pensando a prepararti per passare ai quarti, e magari in semifinale: perché dovresti affaticarti con la Romania? Non te lo chiede il regolamento, non te lo chiede un malinteso concetto di “lealtà”, non te lo chiede nessuno a parte i dirigenti di una squadra avversaria che hai già sonoramente battuto sul campo. E che a star zitti farebbero una figura migliore.

Sta tranquilla che l'Italia, al tuo posto, farebbbe esattamente la stessa cosa: la “lealtà” è un concetto strano che tira fuori soltanto quando non riesce a infilare la palla in rete. Come quattro anni fa, ai tempi di Svezia e Danimarca: due squadre da cui ci aspettavamo la stessa malintesa “lealtà” semplicemente perché non eravamo riusciti a batterle . Il bello di avere un lungo archivio:

Noi siamo cialtroni e cattolici, e fieri d'esserlo, ma abbiamo bisogno che da qualche parte in Europa o nel mondo ci siano dei protestanti che abbiano lealtà e giudizio anche per noi. In loro abbiamo più fiducia nei che in noi stessi. Loro non fingono (noi fingiamo). Loro non rubano (noi rubiamo). Loro, se sono nostri alleati, è solo per il nostro bene. Loro, se vengono a liberarci, è per un calcolo disinteressato, per pura bontà. Insomma, loro sono migliori di noi, ma quel tipo di migliore di cui non si nutre invidia, perché ti lascia libero di goderti i tuoi difetti. Quel primo della classe generoso che ti fa copiare i compiti. È sempre alto e biondo, ma ogni tanto cambia lingua. Da sessant'anni in qua parla soprattutto inglese: prima parlava tedesco: è sempre un amicone che ci onora della sua amicizia, ci fa copiare tutto e non ci chiede nulla in cambio.

È una bella invenzione, questo amico biondo. Eppure, basterebbe ragionarci un po'. Tornare ai fondamentali. Cos'è l'etica protestante? Non è, prima di tutto, un'etica del lavoro? Noi li volevamo leali, loro sono stati professionali. C'è una bella differenza.

E cos'è la professionalità? È la capacità di far fronte ai propri impegni con costanza, massimizzando profitti ed eliminando gli sprechi.
…mentre nello stesso tempo, da un'altra parte del mondo, c'è un popolo di sognatori che ancora ragiona in termini di lealtà, e attende la sua Vittoria, che le porga la chioma. Aspetta, aspetta e spera.
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