Sporco maschio guardami

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Io queste attiviste ucraine che si spogliano per protesta è da un po' che le vedo in giro – su internet e riviste, intendo, non pensiate che io abbia una vita altrove ormai – e devo dire che non mi convincono.

Non è che mi scandalizzi, però sono diffidente. È la mia educazione: diffido di chiunque mi si spogli davanti, sono convinto che abbia qualcosa da nascondermi (vedi com'è tortuosa l'educazione). Da una parte, posso capire, manifestare significa attirare l'attenzione, e da questo punto di vista spogliarsi funziona – basta andare su Repubblica.it in questo momento, ma quest'estate tennero l'homepage anche sull'Unità, insomma, l'attivista nuda tira. Non è soltanto una pratica funzionale, è anche una delle meno violente che si possano immaginare: invece di tirare estintori o bruciare SUV, mostrarci per quello che siamo. Salvo che non siamo quasi mai così belli come le attiviste ucraine che si vedono spesso in foto sulle riviste o su internet (le foto di oggi non rendono loro giustizia).

Non so esattamente quanto il loro attivismo abbia a che fare col movimento internazionale degli SlutWalk, i cortei in cui le femministe si vestono da “sluts” (traduciamo “sgualdrine”, via) per protestare contro la violenza maschile. Gli SlutWalk sono cominciati a Toronto la scorsa primavera e stanno andando piuttosto bene, tanto che anche in Italia c'è chi comincia a pensarci. Visti in foto sembrano un po' la versione femminista dei gay pride (un'affermazione che immagino mi farà amare tantissimo da femministe, gay e femministe gay), una gara a conciarsi peggio non indenne da una certa dose di esibizionismo che però, diciamolo, quando vai in piazza c'è sempre. In piazza ci vai per attirare l'attenzione, e il tuo ego di solito non lo lasci a casa. Io perlomeno non lo facevo, e se non mostravo il corpo era semplicemente perché non avevo tutto questo gran corpo da mostrare (altrimenti chissà).

Comunque: dietro agli SlutWalk c'è una filosofia controversa. Quando un ufficiale della polizia di Toronto dichiarò che ci sarebbero state meno molestie se le donne avessero evitato “di vestire come sluts”, le femministe canadesi sfilarono mostrando il loro diritto costituzionale a vestirsi come volevano, e quindi anche come sluts. Non fa una grinza. Salvo che poi sui giornali non ci va la foto dell'impiegata cinquantenne con la panzetta, alla quale conciarsi da slut costa magari qualche sacrificio. Ci vanno sempre tipe in forma come le attiviste ucraine, per la gioia di noi guardoni di internet (mi ci metto anch'io ma devo dire che ormai guardo pochissimo). Il messaggio che ne ricaviamo è un po' diverso da quello che forse prevedevano le femministe: non è più “sono una donna e non mi devo vergognare di avere un corpo”, ma più qualcosa del tipo “guardami, te lo sogni di spogliare un corpo così”. Insomma, un corpo nudo brandito contro di me, maschio guardone. Non è contundente come un estintore, ma si suppone comunque che debba ferirmi, frustrarmi nei miei desideri, nelle mie pulsioni. E ammettiamo pure per un istante che in quanto maschio io debba vergognarmi per i crimini di tutti i maschilisti del mondo – ma quello che finisco per provare è un po' la sensazione che qualcuno mi voglia farmi vergognare del fatto che guardo una donna nuda. Come ai bei tempi dell'oratorio, insomma. Ma almeno all'oratorio non me le squadernavano in faccia, le donne nude. Invece qui ci sono donne nude che mi gridano: vergognati maschilista delle tue pulsioni. Tutto quello che mi viene da rispondere è: no, non mi vergogno. E a quel punto mi sale pure in punta di lingua una parola che in generale non amo usare, la traduzione letterale di slut, diciamo. Qualcosa di becero, di maschilista davvero, ecco: l'effetto pratico dell'attivista-nudista è farmi sentire un po' più maschilista di prima. Dura solo pochi istanti, ma non credo che sia l'effetto voluto. O no?

La prima volta che sentii parlare di questo gruppo di attiviste ucraine che si spogliavano era su una rivista, non mi ricordo più se D o Vanity Fair, però le foto erano notevoli. Donne nude aggredite da poliziotti. Protestavano contro lo stupro mettendolo in scena, praticamente. Ho cercato di guardare quelle foto da una prospettiva non guardona, ma temo di non averla trovata. Va da sé che non succede niente, non credo che nessuno scenderà a stuprare una ragazza perché ha visto una scena di stupro attizzante su D o Vanity Fair.

Ma la cosa che mi lasciò più interdetto è che nello stesso servizio spiegavano che queste donne bionde e molto belle (magari non sono tutte belle, ma in foto ci vanno quelle più belle) in quell'occasione stavano protestando contro il turismo sessuale degli italiani in Ucraina. E così, grazie al loro attivismo, il risultato è che io lettore italiano stavo guardando bellissime ucraine nude su una rivista. Va da sé che non succede niente, non credo che nessuno correrà a prenotare un fine settimana a Kiev perché ha visto delle attizzanti ucraine nude su D o Vanity Fair o... o no?
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