tabula rasa!

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Bisogna distruggere il latino

Caro Leonardo, hai sentito di quel quindicenne romano che avrebbe scritto all’economista di Financial Times chiedendo se è davvero così utile studiare il latino?

Sì, e ho anche trovato il link: toh.

Ma è scritto in inglese da economisti, non si capisce.

Già, è duro l’inglese, specie se lo studi nei ritagli di tempo tra una versione di latino e una di greco. Per fortuna la rubrica di Harford viene sempre tradotta in italiano da Internazionale: dovrebbe uscire in uno dei prossimi numeri.

Un quindicenne romano scrive all’economista del FT? Ce la beviamo?

Perché no? Dear economist è uno spasso. Harford risponde a qualsiasi domanda, ma con un’impostazione rigorosamente economista. Una volta ha risposto a un tale che chiedeva se in bagno fosse più conveniente abbassare o lasciare alzata la tavoletta. Perché non dovrebbe rispondere al 15enne romano?

L'economista risponde che il latino serve soltanto a discutere col Papa, e che il cinese sarebbe più utile. Tu naturalmente sei d’accordo con lui...


Al 90%. Specie quando sfata la leggenda che il latino ci aiuti a raffinare le nostre capacità logiche. È una sciocchezza. Quale sarebbe esattamente il contenuto ‘logico’ del latino? Le regole di morfologia e sintassi sono costruzioni a posteriori, piene di eccezioni e casi particolari. Al massimo si può dire che il latino sia molto complesso. Ma non più complesso della fisica quantistica o del cinese. Chi sostiene che l’apprendimento del latino renda più ‘elastici’ di una qualsiasi lingua straniera, di solito non ha studiato bene nessuna lingua straniera oltre al latino: insomma, è tutt’altro che un’intelligenza ‘elastica’.

Ma è una tesi sostenuta da molti…

…da molti insegnanti di latino, sì

Eppure chi si diploma al classico con buoni voti se la cava bene in qualsiasi facoltà.


Magari è anche vero. Ma non perché abbia studiato latino; semplicemente perché è una persona intelligente. In una buona percentuale è anche un ragazzo benestante, che gode nella sua famiglia di un’offerta culturale molto superiore a quella che gli offre la scuola. Nelle sua casa ci sono mensole piene di libri, canali satellitari di approfondimento, Internet, quotidiani già sfogliati, parenti laureati con i quali può scambiarsi opinioni. Gente così di solito va a scuola più per intrecciare relazioni che per approfondire conoscenze: se si trattasse solo di questo, potrebbe studiare in casa con molto più profitto.

Da soli? In casa?

Hai colto il problema: non si può. Per questi studenti cosiddetti ‘brillanti’, il liceo è soprattutto un parcheggio. E per un parcheggio quinquennale il latino è la materia ideale: non serve a nulla, ma occupa un sacco di tempo, e impararlo (approssimativamente) dà una certa soddisfazione. Ma non è che il latino ci renda più intelligenti: semplicemente, abbiamo deciso che gli alunni più intelligenti debbano sorbirsi cinque anni di latino. Se un giorno decidessimo di farli giocare per cinque anni a Yu-Gi-Oh, probabilmente il loro rendimento all'università sarebbe simile. Invece storicamente abbiamo scelto il latino, e continuiamo a insegnarglielo. Se almeno lo imparassero davvero.

Non lo imparano?


Una volta lo imparavano, forse. Ma prova a dare in mano l’Eneide a un qualunque diplomato della mia età. Chiedi di leggerlo e tradurtelo all’impronta. Non ce la farà. Ha studiato latino per cinque anni, ma senza vocabolario è un analfabeta. L’ottanta per cento, all’indomani dalla maturità, non riuscirà a decifrarti una banalissima lapide di chiesa.

Perché è una lingua molto difficile.


Forse. Oppure perché gli insegnanti del liceo non sono bravi. Oppure sono bravissimi, ma il metodo è tutto sbagliato. In ogni caso c’è qualcosa che non va. Dedichiamo al latino come minimo cinque anni della nostra vita, eppure nessuno lo sa, nessuno lo parla. Com'è possibile? Se l'insegnamento del latino fosse così efficace, dovremmo sfornare torme di latinisti. Non solo. Com’è che noi italiani abbiamo delle scuole elementari fantastiche e una percentuale di laureati da terzo mondo? Tra l’istruzione elementare e quella accademica c’è un dislivello pauroso: qualcosa in mezzo evidentemente non funziona, e nessuno ci ha ancora spiegato cos’è.

Magari è la Scuola media inferiore.

Magari sì. Però potrebbe anche essere il modello del Liceo, dove si continua a dare tanta importanza a una materia come il latino che – ammesso serva a qualcosa – comunque nessuno riesce a imparare come si deve.

Ma non è un’ossessione, quella del latino? È davvero così importante? Sul Giornale Lorenzo Scandroglio sostiene che il classico ormai è una riserva indiana. "Anche qualora si sia scelto un liceo, dove resistono le ultime sacche di «lingue antiche» sottoposte ad attacchi sempre più pressanti, sono ormai sempre più diffuse le sezioni sperimentali, senza la minima traccia né di latino, né di greco".


Io non so di che territorio parli Scandroglio: posso parlare del mio. Ogni anno mi arriva il libretto con l’offerta formativa delle scuole della provincia. Posso affermare che non esiste un solo liceo scientifico o classico, nella mia città, con una sperimentazione de-latinizzata. Se vuoi studiare spagnolo e tedesco, puoi: però devi farti anche le tue tre-quattro ore settimanali di latino. Affidate al prof di italiano, che di fatto diventerà il Boss del Consiglio di classe. Risultato: l’adolescente sarà istintivamente più motivato a sprecare un pomeriggio sulla versione che a memorizzare le declinazioni del tedesco (che pure sarebbero altrettanto “complesse”).

(Continua, stavolta sul serio)
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