- youTube killed the blogger stars

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È da un po’ che non sento nessuno dire “il blog è morto”...

...così pensavo stavolta di provarci io. Mi contraddico, lo so (e me ne vanto).

L’occasione è l’acquisto di YouTube da parte di Google. Riassumo: YouTube è una piattaforma che permette di pubblicare e condividere video on line. Per molti anni ancora avrà un sacco di debiti; eppure Google ha sborsato un miliardo e 650 milioni di $ (in stock options) per accaparrarsela. Cosa c’è sotto?

Probabilmente i Signori delle ricerche hanno fiutato un’opportunità. Ma attenzione. In quella che una volta si chiamava new economy, le opportunità si presentano come attraversamenti del Mar Rosso. C’è qualcuno che, per grazia divina o puro culo, le scopre. Poi c’è un folto gruppetto di signor Nessuno uniti dalla fortuna di trovarsi lì proprio in quel momento, che seguendo il Mosè di turno in un tempo relativamente breve arrivano asciutti sull’altra sponda. E infine c’è la folla dei meno fortunati, che arrivano tardi e annegano. Internet è fatta così. Forse anche la vita reale è fatta così, ma che ne so io? Restiamo su Internet. In dieci anni – più o meno – abbiamo avuto tutti almeno un’opportunità. Io, per esempio, il mio mar Rosso l’ho attraversato, e ne sono discretamente soddisfatto.

È successo nel 2001. I portali erano in crisi – dietro le grafiche colorate, c’erano solo contenuti miserrimi spremuti da stagisti ingenui. L'Internet italiana era una palla. Ma era una palla molto interessante, per me, perché – a parte qualche .gif o .jpeg ancora molto lente da visualizzare – era al 100% testuale. Una palla da leggere. Ergo, serviva qualcuno che la scrivesse.

Ora, si dà il caso che scrivere sia quello che io so fare. Non ho una bella voce né una bellissima presenza. Sono timido e ho i riflessi scarsi. Ma in quel momento non servivano volti né voci. Serviva scrittura. Ci avete mai pensato? Per un attimo breve, una fortuita circostanza, una rete telematica ancora in via di consolidamento ha rimesso indietro le lancette della Storia. Niente immagini in movimento, niente audio: scrittura, come ai vecchi tempi di Gutenberg. Improvvisamente, verso la fine del Novecento, la scrittura è tornata di moda. Sono nati i blog.

Ma non potevano durare. Gli scricchiolii si sentivano già mentre mettevamo on line i nostri primi teneri diari on line. Nel maggio del 2001 presi un appunto abbastanza antipatico sui file multimediali caricati sulle pagine web: a quei tempi mi sembravano assurdi. Perché avrei dovuto perder tempo a caricare un file audio, quando potevo utilizzare lo stesso lasso di tempo per leggere il testo? Oppure: a cosa mi serve una finestra video sgranata dove una speaker legge le notizie? Non faccio prima a leggerle da solo? La scrittura è più agile, pensavo. La scrittura vincerà. Povero illuso.

Qualche mese dopo si cominciò a parlare molto delle telestreet – vi ricordate? Le tv abusive di quartiere. Giornalisti quotati ne parlavano come dell’idea libertaria del futuro. A uno come me, che campava di pane (poco) e internet, sembrava una follia. La televisione pirata? Ma non è come la radio nel ’77: una cosa è improvvisare a un microfono, un’altra saper tenere la videocamera sulla spalla; specie dopo trent’anni di tv commerciale, che ci ha assuefatti a un livello di professionismo per noi irraggiungibile. Insomma, avremmo invaso l’etere del vicinato con documentari ridicoli e talk show formato riunione di condominio. Questa, l’informazione del futuro? Ma perché invece non ci mettiamo tutti a fare della buona controinformazione su internet? È così facile. Non serve nessun corso di ripresa o montaggio: basta scrivere o leggere, scambiarsi informazioni. Lo sanno fare tutti. Lo sanno fare tutti?

Le telestreet si sono rivelate un bidone, ma mi hanno fatto capire una cosa. Chi si mette davanti a uno schermo illuminato, nel 2000, vuole vedere la televisione. Immagini in movimento. Anche se non c’è niente da muovere, non importa. Hai un reportage? In cinque minuti puoi metterlo su un blog. Puoi segnalarlo, puoi indicizzarlo, puoi inserirlo in un centinaio di conversazioni. Ma l’utente medio non vuole questo. L’utente medio vuole mettersi sul divano, spingere un pulsante e vedere una signorina possibilmente carina che legge il tuo reportage. Perché è un pirla, l’utente medio. È stato cresciuto così.

Internet non è ancora così. Ma non c’è nessuna ragione perché non lo diventi. Il destino di uno schermo è mostrare immagini in movimento: se finora si è abbassato ad essere un medium testuale, era unicamente per ragioni di banda. Ma la banda si allarga, si allarga. I video sono sempre meno sgranati – e, almeno da youTube in poi, sono condivisi e indicizzabili. In un certo senso, youTube è il Blogger del 2005. Lo soppianterà? Lo sta già soppiantando, nel modo più subdolo: blogger e piattaforme analoghe stanno diventando un supporto per i video di youTube.
Prendiamo un blog a caso – polaroid. È sempre stato un filo più avanti della media. Nel 2002 era un blog testuale: conteneva recensioni e varia letteratura. Nel 2004 era ormai un blog sonoro: i testi scritti rimandavano a contenuti audio, spesso reperibili mediante link diretti. Nel 2006 è ancora molto sonoro, ma sta diventando visivo: le finestre di youTube compaiono sempre più spesso. Probabilmente Ebi non andrà molto più avanti di così nella direzione visuale, visto che quallo che gli interessa è la musica; ma se la tecnologia continua a marciare, non c’è motivo perché altri non lo facciano. Le riprese via webcam diventeranno sempre meno sgranate; a un certo punto ci sarà la famosa scrematura, e quelli che si salveranno non saranno i migliori produttori di contenuti (ma quando mai?), bensì quelli che li sanno esibire con immagini più professionali. Per allora, le finestrelle di youTube si saranno allargate ai 21 pollici: i blog non saranno più blog. Saranno quella nuova televisione ‘popolare’ che i profeti spelacchiati delle telestreet sognavano.

Di fronte a questa prospettiva, io non ho molto da dire. Non sono particolarmente telegenico, non ho una voce sicura, sono impacciato e distratto. Il mio mar Rosso si è richiuso da un pezzo.
Per un attimo internet ha dato un’opportunità a chi sapeva scrivere; era compito nostro sfruttarla. Chi ne ha approfittato per buttar giù un libro e piazzarlo ha fatto benissimo: sono occasioni che si presentano una volta sola.
Il Blog testuale non è più l’avanguardia, ma nessuno ci impedisce di spassarcela nelle retroguardie, o no? I blog si possono scrivere e leggere ancora (la tv non ha ucciso la radio, dopotutto).
Del resto, di che dovrei lamentarmi? La priorità era trovare una ragazza: missione compiuta. Il resto è grasso che cola.

C’è stato un periodo in cui il mondo si chiedeva quale sarebbe stato il “nome di internet”, e con questa espressione si intendeva l’assetto finale dei nuovi media (che poi media cos’è se non uno dei pezzi più importanti della nostra vita)?. Erano troppo astrusi i primi nomi, morirono con la bolla speculativa. Ora il nome è vecchio e caro: televisione.
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