02-09-2003, 00:591968Permalink
"Prima di venire qui a Venezia - racconta Bertolucci con autoironia - mi sono fermato un po' nel mio studio a Roma. C'erano un paio di pavé, uno vero e l'altro di piuma. Vi confesso: ho pensato di portarlo qui e lanciarvelo addosso. Ma sarebbe stato un gesto troppo osè, troppo sessantottino". E sorride con dolcezza, applaudito dalla platea.
E a me di lei
Non me n’è fregato niente mai
Mi rendo conto che è inverosimile, ma per un attimo ho pensato che Marco Lodoli stesse facendo dell’ironia.
Era il 5 luglio e stavo leggendo la sua recensione de La Meglio Gioventù:
Come mai quasi nessuno ha tentato di raccontare la generazione che si è formata negli anni Sessanta e Settanta, sotto i baobab delle ideologie e delle grandi illusioni, quella generazione che si è nutrita di tutti i sogni possibili e poi si è risvegliata in un deserto? Qualche romanzo c’è stato, qualche regista e qualche cantante ci hanno provato, ma senza molta convinzione.
Un attimo. Avevo letto bene?
Come mai quasi nessuno ha tentato di raccontare la generazione che si è formata negli anni Sessanta e Settanta
Eh?
la generazione che si è formata negli anni Sessanta e Settanta
Ora, non so se capiti anche a voi, ma io a volte ho la strana sensazione di avere 20 anni in più di quelli che ho. Perché? Perché conosco a memoria quello che è successo in anni in cui non ero nato. Per esempio, conosco più o meno tutti i 33 giri più venduti del ’72, benché io sia venuto al mondo l’anno seguente. (Se mi chiedete quali sono i cd più venduti oggi, buio assoluto). O la moda. Io non capisco nulla di moda, eppure so come ci si vestiva nel ’69. Come ci si pettinava. I discorsi. I tormentoni del carosello. Le sigle dei partiti, parlamentari ed extra. So un sacco di cose, davvero.
E guardate che non sono un appassionato, anzi. Sono tutte informazioni che non sono andato a cercare. Per di più, al novanta per cento sono informazioni che non mi servono. Ma le ho. E le avete anche voi, ci scommetto. Come mai?
Forse si tratta di una memoria collettiva, qualcosa di ancestrale, atavico?
O non sarà forse che la cosiddetta “generazione che si è formata negli anni Sessanta e Settanta” è da trent’anni che ci straccia le palle con la sua tragica autobiografia?
In tv, sui romanzi, ma soprattutto al cinema, da Moretti su fino ai Vanzina, il pistolotto sugli anni sessanta-settanta ce l’hanno fatto tutti, tutti. Tant’è che l’idea di occupare un pomeriggio della nostra vita con “La meglio gioventù” più di tanto non ci spaventa: sappiamo già più o meno cosa ci troveremo, quali canzoni, quali acconciature; alluvione a Firenze, Valle Giulia, antipsichiatria… tutte cose che conosciamo già. Per sentito dire, d’accordo, ma un sentito dire incessante, alluvionale, inesauribile. Una volta ho calcolato per quanto tempo ancora avrei dovuto sorbirmi gli amarcord dei sessantottini. Grosso modo, se la medicina non fa passi di gigante, devo rassegnarmi a convivere con le loro nostalgie più o meno fino al 2050. Dopodiché ne sarò libero, ma sarò anche ottantenne e frastornato, e probabilmente andrò in giro in fiat seicento cantando c’era un ragazzo che come me amava i beatles e i rolling stones.
Ora, ci sono motivi storici per tutto questo. La generazione del baby-boom ha avuto davvero delle opportunità eccezionali. Ed è portata a sopravvalutarsi, a sopravvalutare la propria giovinezza, a sopravvalutare il riflusso che ne è seguito, (come se crescere e metter su casa e pancia non fosse il decorso tipico di qualunque generazione).
Ma Marco Lodoli? Possibile che non si renda conto di appartenere a una delle generazioni più autorappresentate della storia dell’umanità? Possibile che chieda ancora, in buona fede, altri romanzi, altri film, altra autocoscienza? Non è che per una volta ha cercato di prenderci in giro?
***
E veniamo a oggi, a Venezia. C’era Bernardo Bertolucci, col suo nuovo film, ambientato, pensate un po’, a Parigi nel maggio ’68. Perché, chiederete voi, è successo qualcosa di particolare, a Parigi, nel maggio 1968? Pare proprio di sì. C’è stata una specie di rivoluzione, pensate, con le barricate. Slogan che poi non si sono mai più sentiti, come l’Immaginazione al Potere, Siamo Realisti Chiediamo l’Impossibile, Vietato Vietare. Tutte cose dimenticate, scivolate via come lacrime nella pioggia.
Ma Bertolucci non ci sta. È ora di rompere l’omertà! Nel 1968 lui c’era e si è divertito un sacco! Perché ora nessuno ha più voglia di parlarne?
I genitori dei ragazzi di oggi hanno cancellato con pudore quel periodo ritenendolo un fallimento. Sbagliato, grave errore storico, perché lì nasce quello che siamo oggi
Prego?
I genitori dei ragazzi di oggi hanno cancellato con pudore quel periodo
Figli dei sessantottini, lo chiedo a voi: vi risulta che i vostri genitori abbiano cancellato quel periodo con qualche specie di pudore? Sul serio, mi interessa. La mia impressione è che stiano continuando a parlare di loro, più o meno da trentacinque anni. Proprio come Bertolucci, che ammette di aver scelto il maggio francese..
...per parlare di me, certo, ma anche per fare un film per i ragazzi in cui si dice una cosa molto semplice: quando noi andavamo a dormire nel '68 lo facevamo con l'idea che il giorno dopo ci saremmo svegliati nel futuro, non l'indomani, ma nel futuro.
E bravo Bertolucci, che si faceva i suoi miscugli di “sesso, rock, filosofia, e naturalmente cinema” e andava a letto sperando di svegliarsi nel futuro. Quanto a noi, capirai. Sesso poco, e protetto. Rock un po’ di più, ma indipendente, minimale, lo-fi. Filosofia no, per carità. Cinema, sì, qualche volte si va al cinema, ma quasi sempre il regista è un sessantottino, è deluso da come è andata a finire e vuole farla pagare agli spettatori.
Viste le premesse, c’è poco da svegliarsi nel futuro: io vivo nell’incubo di svegliarmi nel passato, in un passato d’accatto, mai vissuto eppure ricostruito a memoria; svegliarmi a Parigi, in una stanza registrata a mio nome, su una moquette piena di topi, con De Gregori nel mangiadischi e una foto di Angela Davis che muore lentamente sul muro.
Ed è per questo che, pur con tutto il rispetto dovuto a Marco Lodoli, a Marco Tullio Giordana, a Bernardo Bertolucci e a tutti i sessantottini e i settantasettini che conosco e che non conosco, che mi trovo costretto a ribadire una verità che credevo banale, ed evidentemente non lo è:
Ragazzi, guardate che il ’68 ci ha strasfracellato i coglioni.
Scusate il lessico, ma le cose stanno cosi, convincetevene.
E a me di lei
Non me n’è fregato niente mai
Mi rendo conto che è inverosimile, ma per un attimo ho pensato che Marco Lodoli stesse facendo dell’ironia.
Era il 5 luglio e stavo leggendo la sua recensione de La Meglio Gioventù:
Come mai quasi nessuno ha tentato di raccontare la generazione che si è formata negli anni Sessanta e Settanta, sotto i baobab delle ideologie e delle grandi illusioni, quella generazione che si è nutrita di tutti i sogni possibili e poi si è risvegliata in un deserto? Qualche romanzo c’è stato, qualche regista e qualche cantante ci hanno provato, ma senza molta convinzione.
Un attimo. Avevo letto bene?
Come mai quasi nessuno ha tentato di raccontare la generazione che si è formata negli anni Sessanta e Settanta
Eh?
la generazione che si è formata negli anni Sessanta e Settanta
Ora, non so se capiti anche a voi, ma io a volte ho la strana sensazione di avere 20 anni in più di quelli che ho. Perché? Perché conosco a memoria quello che è successo in anni in cui non ero nato. Per esempio, conosco più o meno tutti i 33 giri più venduti del ’72, benché io sia venuto al mondo l’anno seguente. (Se mi chiedete quali sono i cd più venduti oggi, buio assoluto). O la moda. Io non capisco nulla di moda, eppure so come ci si vestiva nel ’69. Come ci si pettinava. I discorsi. I tormentoni del carosello. Le sigle dei partiti, parlamentari ed extra. So un sacco di cose, davvero.
E guardate che non sono un appassionato, anzi. Sono tutte informazioni che non sono andato a cercare. Per di più, al novanta per cento sono informazioni che non mi servono. Ma le ho. E le avete anche voi, ci scommetto. Come mai?
Forse si tratta di una memoria collettiva, qualcosa di ancestrale, atavico?
O non sarà forse che la cosiddetta “generazione che si è formata negli anni Sessanta e Settanta” è da trent’anni che ci straccia le palle con la sua tragica autobiografia?
In tv, sui romanzi, ma soprattutto al cinema, da Moretti su fino ai Vanzina, il pistolotto sugli anni sessanta-settanta ce l’hanno fatto tutti, tutti. Tant’è che l’idea di occupare un pomeriggio della nostra vita con “La meglio gioventù” più di tanto non ci spaventa: sappiamo già più o meno cosa ci troveremo, quali canzoni, quali acconciature; alluvione a Firenze, Valle Giulia, antipsichiatria… tutte cose che conosciamo già. Per sentito dire, d’accordo, ma un sentito dire incessante, alluvionale, inesauribile. Una volta ho calcolato per quanto tempo ancora avrei dovuto sorbirmi gli amarcord dei sessantottini. Grosso modo, se la medicina non fa passi di gigante, devo rassegnarmi a convivere con le loro nostalgie più o meno fino al 2050. Dopodiché ne sarò libero, ma sarò anche ottantenne e frastornato, e probabilmente andrò in giro in fiat seicento cantando c’era un ragazzo che come me amava i beatles e i rolling stones.
Ora, ci sono motivi storici per tutto questo. La generazione del baby-boom ha avuto davvero delle opportunità eccezionali. Ed è portata a sopravvalutarsi, a sopravvalutare la propria giovinezza, a sopravvalutare il riflusso che ne è seguito, (come se crescere e metter su casa e pancia non fosse il decorso tipico di qualunque generazione).
Ma Marco Lodoli? Possibile che non si renda conto di appartenere a una delle generazioni più autorappresentate della storia dell’umanità? Possibile che chieda ancora, in buona fede, altri romanzi, altri film, altra autocoscienza? Non è che per una volta ha cercato di prenderci in giro?
***
E veniamo a oggi, a Venezia. C’era Bernardo Bertolucci, col suo nuovo film, ambientato, pensate un po’, a Parigi nel maggio ’68. Perché, chiederete voi, è successo qualcosa di particolare, a Parigi, nel maggio 1968? Pare proprio di sì. C’è stata una specie di rivoluzione, pensate, con le barricate. Slogan che poi non si sono mai più sentiti, come l’Immaginazione al Potere, Siamo Realisti Chiediamo l’Impossibile, Vietato Vietare. Tutte cose dimenticate, scivolate via come lacrime nella pioggia.
Ma Bertolucci non ci sta. È ora di rompere l’omertà! Nel 1968 lui c’era e si è divertito un sacco! Perché ora nessuno ha più voglia di parlarne?
I genitori dei ragazzi di oggi hanno cancellato con pudore quel periodo ritenendolo un fallimento. Sbagliato, grave errore storico, perché lì nasce quello che siamo oggi
Prego?
I genitori dei ragazzi di oggi hanno cancellato con pudore quel periodo
Figli dei sessantottini, lo chiedo a voi: vi risulta che i vostri genitori abbiano cancellato quel periodo con qualche specie di pudore? Sul serio, mi interessa. La mia impressione è che stiano continuando a parlare di loro, più o meno da trentacinque anni. Proprio come Bertolucci, che ammette di aver scelto il maggio francese..
...per parlare di me, certo, ma anche per fare un film per i ragazzi in cui si dice una cosa molto semplice: quando noi andavamo a dormire nel '68 lo facevamo con l'idea che il giorno dopo ci saremmo svegliati nel futuro, non l'indomani, ma nel futuro.
E bravo Bertolucci, che si faceva i suoi miscugli di “sesso, rock, filosofia, e naturalmente cinema” e andava a letto sperando di svegliarsi nel futuro. Quanto a noi, capirai. Sesso poco, e protetto. Rock un po’ di più, ma indipendente, minimale, lo-fi. Filosofia no, per carità. Cinema, sì, qualche volte si va al cinema, ma quasi sempre il regista è un sessantottino, è deluso da come è andata a finire e vuole farla pagare agli spettatori.
Viste le premesse, c’è poco da svegliarsi nel futuro: io vivo nell’incubo di svegliarmi nel passato, in un passato d’accatto, mai vissuto eppure ricostruito a memoria; svegliarmi a Parigi, in una stanza registrata a mio nome, su una moquette piena di topi, con De Gregori nel mangiadischi e una foto di Angela Davis che muore lentamente sul muro.
Ed è per questo che, pur con tutto il rispetto dovuto a Marco Lodoli, a Marco Tullio Giordana, a Bernardo Bertolucci e a tutti i sessantottini e i settantasettini che conosco e che non conosco, che mi trovo costretto a ribadire una verità che credevo banale, ed evidentemente non lo è:
Ragazzi, guardate che il ’68 ci ha strasfracellato i coglioni.
Scusate il lessico, ma le cose stanno cosi, convincetevene.
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