Porto Marghera, svastiche e minacce contro Bettin
17/06/2020Il Manifesto«Se i nazi avessero bruciato La strage degli innocenti (Feltrinelli 2019), che ho scritto con Maurizio Dianese e documenta il ruolo di Ordine Nuovo di Venezia e Mestre in piazza Fontana, l’avrei capito meglio» confida Gianfranco Bettin, storico collaboratore de il manifesto, saggista e scrittore. Invece, in due tempi, il 25 maggio e poi pochi giorni fa, l’11 giugno, sono state ritrovate due copie bruciate del suo romanzo Cracking (Mondadori), la prima delle quali, nelle pagine superstiti, piena di svastiche e scritte di minaccia (della seconda, sequestrata dalla Polizia scientifica, si sa solo che è stata bruciata), fatte ritrovare nel municipio di Marghera, di cui Bettin è presidente dal 2015. Le indagini sono in corso e certo esplorano gli ambienti neofascisti, non nuovi in questi tempi a tracciare svastiche in giro (contro sedi di sinistra e di cooperative sociali) o ad aggressioni, come quella dell’ultimo dell’anno in piazza San Marco ai danni dell’ex deputato Arturo Scotto (Art1) reo di contestare un gruppo inneggiante al Duce.
Vi sono, però, altre piste, alle quali si riferisce lo stesso Bettin. Cracking, spiega, è un romanzo, una storia d’amore e d’amicizia, ma anche di lotta, che si svolge sullo sfondo della crisi industriale e ambientale di questi anni a Porto Marghera e a Venezia, ma che descrive per filo e per segno le grandi truffe che hanno lucrato sulle bonifiche, gli affari sporchi legati al ciclo dei rifiuti industriali e al loro traffico, infiltrazioni mafiose e forza criminale delle organizzazioni locali (dal traffico di droga al business turistico). Su tutto ciò da anni Bettin interviene duramente anche come amministratore e attivista politico. Il libro ha avuto un forte impatto in città al momento dell’uscita, qualche mese fa, sia nel dibattito sulla vicenda industriale e ambientale e sul destino dei lavoratori che la crisi aggredisce sia sul tema delle presenze criminali.
«Per quanto abbia avuto presenti alcuni importanti modelli letterari (Volponi, Sereni, Ottieri, Pagliarani, Balestrini in primis) Cracking è un libro poco letterario spiega l’autore -, scritto in modo diretto, che dice le sue cose senza troppe mediazioni: forse, senza escludere il mitomane di turno, questo ha colpito qualcuno, anche se l’oltraggio al libro potrebbe forse essere solo un oltraggio contro di me. Dico solo perché un oltraggio a un libro è qualcosa di più complesso di quello che potrebbe essere stato rivolto a me come attivista o amministratore. Resta inquietante, certo, disgustoso».
Nella vasta solidarietà manifestata finora a Bettin, brilla ora la bella notizia dell’apertura di una nuova libreria proprio a Marghera e proprio in piazza del Municipio, che nella vetrina in allestimento ha piazzato una copia di Cracking in bella vista insieme a un cartello di resistenza contro ogni intimidazione, contro ogni gesto fascista perché, comunque, questo gesto, bruciare (e due volte) un libro, lo è.
«Basta inchini», l’altra Venezia si riprende la Laguna
14/06/2020Il ManifestoUna lunga catena umana contro il ritorno delle Grandi navi e il turismo di massa
Eccola qua, la vera ripartenza. Srotolata sui lunghi striscioni che ieri pomeriggio hanno sventolato lungo la fondamenta delle Zattere, davanti al canale della Giudecca. Il canale dove, prima dello scoppio delle pandemia, transitavano le Grandi Navi prima di fare «l’inchino» a piazza San Marco per regalare qualche brivido ai turisti che salutavano dai ponti di bordo. «Venezia si salva solo se tutte e tutti combattiamo contro la speculazione per costruire un nuovo modello di città» si leggeva a grandi lettere nel primo striscione, lungo più di trecento metri, che partiva dalla stazione marittima per arrivare sino al ponte Longo.
Ma la catena umana di quasi due chilometri alla quale hanno dato vita oltre tremila partecipanti, continuava anche dopo, sino alla Punta della Dogana con altri striscioni che ricordavano tutte le lotte per l’ambiente e per i diritti che si stanno combattendo a Venezia e nella sua terraferma. Sotto la chiesa barocca dei Gesuati, in mezzo alla catena, campeggiava lo striscione a lettere rosse «Venezia Fu Turistica» che ha dato il nome alla mobilitazione. Un gioco di parole per lanciare l’utopia di una Venezia Futura che è riuscita a superare la monocoltura turistica.
L’INSOSTENIBILE turistificazione della città lagunare infatti è stato il primo filo conduttore della manifestazione. Un tema sentito soprattutto dalle giovani coppie veneziane e dagli studenti di Ca’ Foscari costretti a fare i conti con un mercato immobiliare drogato dalla massiccia presenza di B&B e di alberghi. Un tema sottolineato da Marco Baravalle, portavoce del comitato Noi Grandi Navi che col sui intervento ha aperto la manifestazione. «Con questi grandi striscioni vogliamo riprenderci quella visibilità che nei giorni della pandemia è rimasta concentrata attorno a personaggi come il sindaco Luigi Brugraro. Uno che all’inizio nemmeno ci credeva al Covid e che ha fatto partire il Carnevale nonostante fossero evidenti i rischi. In questi giorni, il nostro sindaco ha avuto tutti i microfoni mediatici a sua disposizione per spiegare come intende la ripartenza: grandi feste per richiamare i turisti, ancora più alberghi, ancora più B&B, navi sempre più grandi e sempre meno residenti. Mestre e Marghera trasformati in dormitorio per i turisti più poveri che non si possono permettere di pernottare a Venezia. Ma non è questo il futuro che vogliamo per la città e per noi».
UNA NOTA POSITIVA, per una città in cui il problema dell’invecchiamento della popolazione è ogni anno più pesante, è stata la grande partecipazione di studenti medi e universitari alla manifestazione. Tra gli organizzatori infatti FfF compare a fianco dei Non Navi e degli spazi sociali della città. Ragazze e ragazze che studiano a Ca’ Foscari o allo Iuav e che vorrebbero fermarsi a Venezia se solo si creassero le condizioni per abitare e lavorare. «Crediamo che l’università, come spazio del sapere, sia fondamentale per una ripartenza che vada nella direzione giusta mi spiega la giovane Elia Lacchin del collettivo universitario Lisc -. Studenti, ricercatori, i precari e le precarie della cultura possono e devono essere centrali nella spinta verso un cambiamento radicale». Il tema della cultura si interseca, tra uno striscione e l’altro, con quello delle lotte ambientali che stanno attraversando la città e l’intera Regione.
L’avvelenamento da Pfas che ha infettato pesantemente le falde di mezzo Veneto, l’inquinamento industriale di Porto Marghera con le bonifiche sempre promesse e mai partite, e ora anche lo spettro del nuovo inceneritore che la Regione con l’avallo del Comune ha intenzione di realizzare a Fusina, proprio a ridosso della gronda lagunare. «Un’area già a forte rischio, come abbiamo visto qualche settimana fa con l’incendio alla 3V Sigma ha spiegato Roberto Trevisan, portavoce dell’assemblea contro il pericolo chimico di Marghera -. Un progetto inquinante che trasformerà Marghera nella pattumiera del Veneto ma soprattutto un progetto che va in direzione contrastante a quella di un ciclo virtuoso dei rifiuti. Un progetto sbagliato come principio. La pandemia, le ricerche mediche che spiegano come l’inquinamento atmosferico sia un veicolo privilegiato di trasmissione del virus, gli stessi cambiamenti climatici non hanno insegnato niente ai nostri amministratori».
LA CATENA UMANA SI È SNODATA lentamente e pacificamente per tutta la serata, accompagnata dall’acqua dal corteo di una ventina di imbarcazioni a remi e dalla musica degli altoparlanti che trasmettevano canzoni. «Oggi le Grandi navi non transitano ha concluso Baravalle ma questa non è una vittoria. Regione e Comune stanno valutando di realizzare un terminal a Marghera. Il che significa che le navi continuerebbero a devastare e inquinare la laguna. Un esempio perfetto di una ripartenza volta a far tornare tutto come prima e peggio di prima».
Venezia «Fu-Turistica» in piazza contro i «grandi hotel del mare»
13/06/2020Il ManifestoManifestazione oggi in Laguna. Il comitato No Navi rivendica un futuro diverso per la Città dei Dogi
Uno striscione lungo due chilometri. Il più grande mai sollevato sotto il cielo della laguna di Venezia. A sorreggerlo sarà una catena umana che partirà dal terminal crociere di San Basilio per arrivare alla Punta della Dogana, snodandosi lungo l’intera fondamenta delle Zattere, la più grande della città. Non a caso, si tratta della riva che costeggia il canale della Giudecca. Il canale che sbocca davanti piazza San Marco dove solo la Pandemia è riuscita, per ora, a fermare l’inquinante via vai delle Grandi Navi. Una battaglia, questa contro i «Grand Hotel del Mare», che per gli ambientalisti veneziani del comitato No Navi, tra gli organizzatori della manifestazione, è emblematica per ridare futuro e dignità a questa che un tempo era la Città dei Dogi.
Il nome dell’iniziativa che si svolgerà questo pomeriggio, a partire dalle ore 17 alle Zattere, è già un programma: «Venezia Fu-Turistica». E’ una speranza di Venezia futura infatti, quella che prenderà voce dallo striscione che sventolerà sul canale della Giudecca. «Venezia può rinascere solo se si libererà da questo corto circuito di speculazione che l’ha trasformata in una città museo, se non addirittura in un parco divertimenti per ricchi turisti» spiega Marta Sottoriva, studentessa di Ca’ Foscari e una delle organizzatrici della mobilitazione. «La pandemia ci ha riconsegnato una città deserta, in piena crisi perché l’unica economia che conosceva era quella del turismo. Ma Venezia è molto di più: ci sono giovani che qui sono nati o che qui hanno studiato e che qui vogliono rimanere per costruire il loro futuro che è il futuro stesso della città. Ma questo futuro sarà possibile solo uscendo dalla monocoltura turistica, con interventi a favore della residenziali capaci di fermare gli speculatori che hanno trasformato le nostre case in alberghi e B&B».
Una novità della mobilitazione di questo pomeriggio è la sua forte componente giovanile e studentesca. Molte delle ragazze e dei ragazzi che hanno realizzato l’impegnativo striscione provengono dalle file di Fridays For Future che, per l’appunto, figura tra gli organizzatori dell’iniziativa. «Venezia sopravvive solo se sopravvive la laguna in cui è immersa aggiunge Marta Sottoriva -. La tutela dell’ambiente è fondamentale per una città come la nostra che vive dell’equilibrio tra terra e acqua. I cambiamenti climatici rischiano di farci affondare. Il Mose, lo abbiamo visto anche con l’acqua alta di una settima fa, eccezionale e assolutamente fuori stagione, non è la soluzione ma il problema. La strada da percorrere è un’altra, quella della difesa del territorio da mercificazioni e inquinamenti. Venezia deve diventare la capitale della Giustizia Climatica».
«La pandemia dovrebbe averci insegnato qualcosa spiega Mattia Donadel, portavoce del comitato Opzione Zero ed invece, proprio in piena emergenza la Regione e il Comune hanno approfittato per accelerare l’iter di approvazione di un nuovo mega impianto di incenerimento da realizzare a Fusina, proprio a ridosso della gronda lagunare. Alle Zattere diremo No anche a questo progetto. La ripartenza che vogliamo è ben diversa dal rifare gli stessi errori del passato che sono stati la causa e non la soluzione del problema».
No, il piano Colao di “verde” non ha proprio niente. E’ il solito regalo alle mafie e alle lobby del cemento
12/06/2020EcoMagazine
Una volta, si chiamava “riciclaggio”.
“Non brucerete il nostro futuro!” Marghera si mobilita contro l’inceneritore di Zaia & C.
6/06/2020EcoMagazineMarghera, bruciato il libro che denuncia le ecomafie
29/05/2020Il ManifestoFatti e misfatti . "Cracking" di Gianfranco Bettin è stato incendiato e lanciato dentro i locali del municipio di Marghera, di cui l'autore è presidente. Sulle pagine bruciate svastiche e scritte che invocano "ordine"
Non è ancora chiaro se lo scopo era quello di provocare danni o addirittura di appiccare il fuoco all’edificio, oppure se le fiamme altro non sono che una sorta di ulteriore affronto al libro che, ricordiamolo, racconta la storia romanzata di una protesta operaia sullo sfondo del petrolchimico veneziano, tra malavita organizzata, criminalità finanziaria e lotte per il lavoro e per l’ambiente.
A trovare il volume mezzo bruciato, martedì mattina, è stato il personale incaricato della pulizia che ha immediatamente informato il presidente della Municipalità e le forze dell’ordine che hanno avviato le rilevazioni e le indagini del caso. “Un gesto da non sottovalutare ha dichiarato il prefetto di Venezia, Vittorio Zappalorto nei confronti di uno studioso che che si è sempre battuto per difendere i cittadini e l’ambiente da ogni tipo di corruzione e di mafie”.
Un gesto vile che accumula nell’oltraggio Gianfranco Bettin all’intera comunità di Marghera. Le pagine risparmiate dalla fiamme, infatti, sono coperti di insulti non solo nei confronti dell’ambientalista, ma anche di tutta Marghera, descritta come luogo degradato e malavitoso, piena di drogati e assassini, oltre che fonte di inquinamento, invocando su tutta la zona il ripristino di “ordine e pulizia”.
Un programma politico, chiamiamolo così, piuttosto semplice ma che si sposa con le principali categorie di pensiero proprie dell’estrema destra. Quella delle “soluzioni finali”, per intendersi. Tra le pagine semi bruciate, infatti, campeggiano svastiche e altri simboli nazisti. Tutte le ipotesi sugli autori del gesto sono ancora aperte. Da quella fascista a quella di una semplice persona disturbata di mente, magari impaurita dal recente incendio alla 3V Sigma che ha sollevato sull’intera laguna una impressionante nube di fumo nero.
Senza dimenticare, come ha spiegato il prefetto, che tutto ciò potrebbe rivelarsi una vera e propria operazione di intimidazione, con tentativo di depistaggio verso una pista nera, da parte di quelle mafie ambientali che Gianfranco Bettin ha sempre coraggiosamente denunciato. Mafie che, proprio in questi tempi di fine lockdown,stanno cercando di cavalcare la crisi economica e la conseguente mancanza di liquidità di tante aziende per impossessarsi delle attività produttive venete.
“Non sappiamo ancora chi è stato - ha commentato lo scrittore -. Le indagini, come si dice, sono ancora in corso. Io stesso non so ancora bene come valutare questo gesto. Bruciare i libri è certamente un gesto nazista. Una azione violenta che accumula l’odio per me a quello per i libri ed a quello per l’intera comunità di Marghera, come fosse responsabile di una devastazione ambientale e, per certi versi anche sociale, che ha radici ben lontane da queste strade.
Esplode una fabbrica chimica, disastro annunciato a Marghera
16/05/2020Il ManifestoLa Sigma va in fiamme. Nube tossica sul cielo di Venezia. Diversi operai feriti, due gravi. Gli allarmi ignorati sulla sicurezza
Alle 10,15 di ieri mattina, Venezia è improvvisamente tornata alla normalità. Un forte botto causato dall’esplosione di un serbatoio ha scatenato un violento incendio a Porto Marghera che ha devastato gli stabilimenti dell’industria chimica 3V Sigma, azienda specializzata nella produzione di solventi e sbiancanti per cementifici. Un’alta colonna di fumo nero e maleodorante si è alzata dal luogo del sinistro ed è rimasta visibile per tutta la mattinata sull’orizzonte della città.
La violenza dell’esplosione ha danneggiato anche alcuni appartamenti vicini alla 3V Sigma, spaccando i vetri delle finestre e danneggiando gli interni. Il bilancio delle vittime conta numerosi feriti e due operai ricoverati in gravissime condizioni per ustioni.
Proprio due di quegli operai che il 10 luglio di un anno fa erano scesi in sciopero contro la mancata osservanza dei protocolli di sicurezza da parte dell’azienda, comprese le norme antincendio, e che qualche giorno fa, costretti a lavorare anche in pieno lockdown, avevano denunciato ancora una volta i rischi che correvano nella loro attività, ricevendo come risposta da parte dell’azienda solo la minaccia verbale di una denuncia per diffamazione.
Un disastro annunciato, quindi, quello accaduto ieri mattina a Venezia. Un disastro dal quale i comitati ambientalisti e la stessa Municipalità presieduta dall’ambientalista Gianfranco Bettin, avevano più volte messo in guardia il Comune e la Regione. Sotto accusa anche la gestione dell’emergenza da parte dello stesso Comune e dell’ArpaV.
L’allarme in terraferma è scattato con quasi un’ora di ritardo. Nella città lagunare, addirittura, dove la nube tossica si è diretta spinta dal vento, non sono neppure mai suonate le sirene. Irraggiungibili i siti della Protezione Civile e del Comune che solo alle 11,15 ha diffuso una nota in cui «in via prudenziale» invitava tutti i residenti a portarsi in un luogo chiuso, a chiudere le finestre sigillando i bordi con dei panni umidi, senza peraltro dare informazioni sulla natura dell’incendio e sulle sostanze che ammorbavano l’aria.
La paura è corsa sui social, dove i residenti postavano filmati e foto dell’impressionante colonna di fumo, chiedendosi quale fosse la portata del pericolo.
La situazione si è normalizzata solo dopo le 14, con la sirena del cessato allarme. Nel pomeriggio, gradualmente, anche il traffico automobilistico e quello ferroviario, interrotti in tutta l’area, sono tornati alla normalità. Anche il sindaco Luigi Brugnaro ha raggiunto l’area dove era scoppiato l’incendio per ribadire in una conferenza stampa che «la macchina comunale ha funzionato» e che contava di «riaprire quanto prima le strade che sono state chiuse, non appena avremo i dati dell’ArpaV sulla qualità dell’aria, così da poter far tornare le persone al lavoro».
La sua performance davanti alle telecamere è stata interrotta da alcuni attivisti del comitato contro il Rischio Chimico di Marghera che hanno chiesto un confronto col primo cittadino. Confronto negato perché Brugnaro si è semplicemente rifiutato di rispondere alle domande dei cittadini presenti. «Di fronte ad un disastro come questo che ha messo in pericolo tutta la città, il sindaco si preoccupa solo di far riprendere il prima possibile il lavoro agli operai – ha commentato Michele Valentini, portavoce del comitato Rischio chimico -. Gli obiettivi della sua amministrazione sono tutti qua: fare alberghi per i turisti, devastare la laguna per far spazio alle grandi navi e far lavorare gli operai.
La salute dei cittadini, l’avvio di una alternativa al turismo di massa, la tutela dell’ambiente e le famose bonifiche che Marghera attende da decenni sono temi che il suo programma elettorale non contempla nemmeno».
Le bonifiche, appunto. Dopo anni di progettazione e milioni di investimenti, la messa in sicurezza dell’area industriale di Venezia è ancora una utopia. Non solo. Comune e Regione stanno spingendo per la realizzazione di un nuovo, grande polo di incenerimento a Fusina. Sarà il più grande del Veneto e tratterà anche fanghi di depuratori e percolati di discariche contaminati da Pfas.
Un progetto contrastatissimo dagli ambientalisti. E viene da chiedersi se è questa la «normalità» alla quale Venezia vuole tornare dopo i mesi del coronavirus.
Il caso dell’hotel Monaco. Un motivo di più per chiedere una sanatoria. E subito!
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6/04/2020Verdi VenetoPonte Galeria sbarrato. "Ospiti" senza protezioni e abbandonati da tutti
23/03/2020LasciateCIEntrare“Tenerli in queste condizioni non ha nessun senso e rischia solo di far espandere ancora di più il contagio. O li liberano tutti o li sistemano in un posto sicuro”. Carla si riferisce ai migranti “ospiti” del centro Ponte Galeria a Roma: 40 donne e 75 uomini, compreso il suo fidanzato. “Lo hanno fermato il 3 marzo – racconta -. Appena l’ho saputo ho chiamato la polizia per chiedere spiegazioni. Lui è nato in Tunisia ma vive in Italia sin da quanto aveva 14 anni. Ora ne ha 26 ma non è ancora riuscito ad ottenere la cittadinanza italiana. La polizia mi ha detto di stare tranquilla, che era solo un controllo, ma intanto lo avevano già portato al centro”.