Inutile, devastante, costosissimo: ecco il Mose. La prova generale per il sistema di tangenti legato alle Grandi Opere. #CementoArricchito #Venezia
5/07/2015EcoMagazine, Global Project
Il progetto di una “linea Maginot” – come la definì il ministro Antonio Di Pietro (che evidentemente ignorava quele fine fece l’autentica linea Maginot) – di grandi dighe mobili per tenere a freno le ondate di marea in entrata e “risolvere definitivamente il problema dell’acqua alta”, nasce proprio dall’idea che la laguna sia un elemento da dominare e non più da tutelare, da artificializzare e non da riequilibrare.
L’impatto mediatico dell’acqua granda che il 4 novembre 1966 sommerse Venezia sotto quasi due metri di marea (194 cm) ebbe comunque un effetto positivo, perlomeno all’inizio. La salvaguardia della città fu dichiarata “di preminente interesse nazionale” e nacque la prima Legge Speciale per Venezia, n. 171 del 1973, che apri spazi per una gestione partecipata della tutela della laguna e riuscì a fermare il prosieguo degli interramenti industriali, che nel progetto iniziale, avrebbero dovuto arrivare quasi sino a Chioggia.
Ma proprio in questo spazio, pensato per la salvaguardia dell’ambiente lagunare, si fece largo il Mose. E lo fece con un iter che sarà poi ricalcato da tutte le Grandi Opere che successivamente assassineranno l’Italia sotto una coltre di cemento mafioso. Prima la dichiarazione di emergenza, poi la gestione affidata ad un unico soggetto, l’affidamento dei lavori senza gare d’appalto a ditte legate alla malavita organizzata, quindi la spaventosa lievitazione dei costi coperta da ricche tangenti elargite a 360 gradi.
Ma per intraprendere questa strada, la legge Speciale doveva essere riformata. A portare il Mose in laguna tocca alla seconda legge speciale, la 798 del 1984, col Bettino Craxi presidente del Consiglio, che affida la salvaguardia ad un committente unico: il Consorzio Venezia Nuova.

Il Mose divenne un grande laboratorio su come dirottare vagonate di denaro dal pubblico al privato (non di rado, mafioso), comprando politici e giornalisti, devastando l’ambiente che doveva tutelare e mercificando la democrazia. Così, nella laguna dei Dogi venne sperimentato quel modus operandi che poi fu seguito da tutte le Grandi Opere, dalla Tav alle mega autostrade. Perché se si riesce a realizzare un progetto distruttivo ed irreversibile come questo in una città fragile e sotto gli occhi del mondo come Venezia, allora puoi fare tutto dappertutto.
Nel 1989, Il Consorzio avviò la stesura del progetto preliminare orientandosi subito verso il sistema più costoso ed impattante (il Mose ha avuto una sola Via e negativa, inoltre sono state aperte varie procedure di infrazione nei confronti dell’Italia dal’Unione Europea), senza curarsi di rispondere alle critiche e alle osservazione che il mondo scientifico gli muoveva, forte di una disponibilità di denaro praticamente illimitata e slegata da ogni controllo democratico. Così, il Consorzio, padre e padrone del Mose e del suo sistema di tangenti, cominciò ad assorbire tutti i fondi destinato alla salvaguardia di Venezia, ed a trasformarsi in un bancomat per, quasi, tutti i partiti sia di Governo che di opposizione.

I lavori conclusivi delle barriere furono avviati nel 2003, grazie anche alla Legge Obiettivo fortemente voluta dall’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, con l’apertura dei cantieri alle tre bocche di porto.
Sin dall’inizio, le critiche degli ambientalisti si concentrarono su tre punti.
Il Mose non servirà a risolvere il problema dell’acqua alta, casomai lo peggiorerà aumentando la sezione dei canali di sbocco (e questo lo verificheremo solo vivendo)
il Mose devasterà la laguna (e puntualmente tutta la laguna sud si è trasformata in un braccio di mare aperto)
il Mose serve solo a chi lo fa. Ovvero: tutta la baracca altro non è che una gran macchina da tangenti e non ha altra ragione di esistere che questa.
A dimostrazione del terzo punto, su cui ci soffermeremo in questo articolo, sono stati sottolineati due fattori. 1) La continua proroga dei tempi: l’opera come presentata nel ’90 doveva essere terminata nel ’95. 2) L’esplosone dei costi: dai preventivati 3 mila e 200 miliardi di lire (avete letto bene, lire!) nell’89, il Consorzio ha “sforato” un tantinello, spendendo sino ad oggi 5 miliardi e 267 milioni di euro (sì, euro!). Ancora adesso non si sa bene quando le dighe saranno completate e quanto costeranno definitivamente (per non parlare dei successivi e altissimi costi di manutenzione e gestione che sono tutta un’altra storia).
Durante una delle ultime “inaugurazioni” l’ex ministro Maurizio Lupi, dimissionario in seguito allo scandalo delle Grandi Opere, ha pomposamente dichiarato che il Mose “sarà tassativamente ultimato nel 2016” e costerà attorno ai 6 miliardi di euro. Se voi volete crederci…
Chi proprio non gli ha voluto credere, tanto per dirne uno, è il presidente dell’’Anticorruzione, Raffaele Cantone, che ha dichiarato alla Nuova Venezia che i lavori certo non saranno finiti neppure per il giugno del 2017! In quanto ai costi finali, il magistrato ha preferito non esprimersi.
A dare sostanza – sia pur col senno del poi – alle tesi degli ambientalisti secondo i quali il Mose altro non è che una enorme tangente, ci ha pensato la magistratura quando ha cominciato a scoperchiare la Tangentopoli Veneta. Il 28 febbraio 2013, la procura di Venezia ha spiccato un mandato di arresto per frode fiscale nei confronti di Piergiorgio Baita e di altri amministratori della società Mantovani, la dita incaricata di realizzare le paratoie mobili. La frode si basava su un sistema di false fatturazioni e di finte compravendite tra finte aziende canadesi e croate. Quattro mesi dopo, altre 14 persone finiscono in manette per la scoperta di un giro di fondi neri austriaci. Tra loro c’è Giovanni Mazzacurati, già presidente e direttore generale del Consorzio.
Ma la botta grossa arriva il 4 giugno 2014. La guardia di finanza, nelle prime ore del mattino, arresta 35 persone accusate di vari reati tra i quali corruzione, concussione e finanziamento illecito. Sono tutti nomi di spicco nel panorama politico ed imprenditoriale. Ci sono amministratori regionali come Renato Chisso, assessore alle Infrastrutture, e Giancarlo Galan, già presidente della Regione (che evita le manette in quanto deputato), il tesoriere del Pd veneto Giampiero Marchese, l’europarlamentare del PdL Lia Sartori, già presidente del Consiglio regionale del Veneto, e tre deputati del Pd: l’ex Presidente della Provincia di Venezia Davide Zoggia, Michele Mognato e Sergio Reolon. Vengono fermati anche il vicecomandante nazionale della Guardia di Finanza, Emilio Spaziante, e due Magistrati alle Acque, Maria Giovanna Piva e Patrizio Cuccioletta.
Il nome che desta più scalpore è comunque quello di Giorgio Orsoni, sindaco di Venezia, accusato di avere accettato un finanziamento illecito di 250 mila euro da parte del Consorzio durante la campagna per le primarie del centrosinistra, utilizzato per battere l’ambientalista (e no Mose) Gianfranco Bettin.
Lo scandalo portò alle dimissioni del sindaco e alla caduta della Giunta comunale, pur se gli altri amministratori risultavano estranei alla vicenda. Uguale sorte non seguì la Regione amministrata dal centro destra.
Un mese dopo, finiscono nei guai anche Marco Milanese, ex deputato PdL e braccio destro dell’allora ministro Giulio Tremonti, accusato di aver incassato una tangente di 500 mila euro dal Consorzio per far sbloccare al Cipe i finanziamenti necessari per il Mose, e Altiero Matteoli, già ministro dell’Ambiente e delle Infrastrutture e dei Trasporti con l’accusa di aver condizionato l’assegnazione dei lavori con la creazione di fondi neri.
Intanto che le inchieste proseguono, il Mose continua ad avanzare, come quei tumori per i quali non c’è chemioterapia che tenga. Gli arresti hanno fatto gridare allo scandalo, alla necessità di liberare le amministrazioni dalle mele marce, alla desolante richiesta di un “nuovo” in politica che poi altro non è che la continuità gattopardesca del vecchio. Pochi sono coloro che hanno messo in dubbio la validità strutturale di un’opera che ha nel finanziamento illecito la sua sola ragione di esistenza. Una Grande Opera voluta solo dal partito trasversale degli affari sporchi e fatta avanzare con prepotenza, nonostante tutti i pareri negativi della comunità scientifica. Le barriere mobili, tra l’altro, non tengono conto dei nuovi parametri imposti dai cambiamenti climatici.
Nel migliore dei casi, il Mose sarà inutile.
Quella che, come il Vajont prima della catastrofe, è stata definita ‘l’orgoglio dell’ingegneria italiana” è un’opera nata sul binario sbagliato, partita male e proseguita peggio. Una soluzione rigida ed irreversibile in una laguna fluida e in continuo mutamento.
Le tangenti, a questo punto, sono solo la preoccupazione minore.
Dietro le Grandi Opere. Enzo Guidotto denuncia mafia e corruzione. #CementoArricchito
28/06/2015EcoMagazine
In questo intervento, Enzo Guidotto, fa nomi e cognomi di personaggi che ancora oggi sono ai vertici del governo regionale e dell’imprenditoria e denuncia gli intrecci tra ministri, casalesi, appalti e assessori regionali, da Bernini a Galan, dalla Valdastico Sud alla Pedemontana.
La mafia non esiste solo quando spara.
L’intervento di Enzo Guidotto è tratto dal convegno Veneti e Mafia, svoltosi a Resana di Treviso il 31 maggio 2013
La Goletta Verde lancia la campagna “Don’t waste Venice”
26/06/2015EcoMagazine
Più al largo, dopo le dighe delle bocche di porto, la situazione non migliora. In ogni chilometro quadrato di Adriatico galleggiano 27 rifiuti vari. Un buon 90 per cento dei quali composto da plastiche non biodegradabili. E sotto il mare? Ancora peggio! Qui le "scoasse" si accumulano formando delle sottospecie di "tegnue" di immondizia di cui solo chi si immerge conosce il segreto della loro esistenza.
Il tutto va a finire, prima o poi, nelle nostre pance, considerato che siamo una delle specie ai vertici della catena alimentare. "Pochi lo sanno ma le plastiche sono delle vere e proprie spugne che assorbono l'inquinamento del mare - spiega Giulio Pojana, chimico e responsabile per Ca’ Foscari del progetto Defishgea -. Tutta la plastica che buttiamo a mare, finisce con lo sgretolarsi sino a particelle grandi pochi micron, praticamente invisibili all'occhio umano ma che rimangono comunque nell'ambiente marino e vengono filtrate dai mitili o assorbite al pari del plancton da altre specie animali. In poche parole, tutta la sporcizia che gettiamo a mare, prima o poi, ce la ritroviamo a tavola".
A presentare il progetto internazionale di cooperazione Defishgea volto a raccogliere dati sul marine litter in tutta la regione Adriatico-Ionica, è stata la Goletta Verde di Legambiente che, dopo la tappa a Rovigno per denunciare l'affaraccio brutto delle trivellazioni, ha approdato in Riva Sette Martiri. Il progetto promosso dalla Comunità Europea è stato tradotto in veneziano come la campagna "Don’t Waste Venice" (non sporcate Venezia). Che la nostra non sia una città come tutte le altre, non lo scopriamo oggi. Anche le "scoasse" qua parlano il veneziano e, invece di sporcare le rive dei fiumi o gli angoli delle strade, finiscono tutte a ciondolare per i canali.
Gigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto, ha trascorso il fine settimana in barca, a gironzolare per le nostre vie d'acqua, con un retino in mano a raccogliere rifiuti in compagnia di un nutrito gruppo di volontari del Cigno Verde. "Don't waste Venice - spiega - è una campagna che si è prefissa il compito di monitorare scientificamente i rifiuti galleggianti nei canali di Venezia e portare all’attenzione della popolazione, dei turisti e dei media non solo il problema dei rifiuti abbandonati in città ma soprattutto la possibilità di contribuire alla loro riduzione tramite alcune semplici buone pratiche".
Perché i nostri canali sono depositi di immondizia, si chiede Gigi Lazzaro. Perché ci sono persone distratte e poco attente al problema, perché ci sono altre persone incivili, ma anche perché la città ha una sua conformazione tutta particolare (vedi ad esempio l'invasione turistica da fine Impero Romano cui è vittima) e, sono necessarie pratiche tutte particolari per risolvere il problema.
Diamoci da fare quindi. Don't waste Venice. Non devastiamo noi Venezia. Che, se tanto mi dà tanto, abbiamo eletto un sindaco che ci metterà del suo to waste Venice.
Il clima del cambiamento. #OltreEconomia Festival
31/05/2015EcoMagazine
Tutte cose che, se ieri erano solo giuste, oggi sono anche necessarie. Perché nella scena mondiale è intervenuto un grande attore che, non per caso, non ha trovato spazio dalla parte renziana del cordone di polizia: il clima. O, per essere più precisi e per dirla all'inglese, il Climate Change. Il primo attore dei cambiamenti che avverranno su questo nostro pianeta ma che il circo degli economisti di regime continua ad ignorare.
Proprio con i cambiamenti climatici, il festival OltrEconomia ha voluto aprire i suoi dibattiti, invitando un meteorologo di fama coma Luca Lombroso. Applauditissimo il suo intervento, ieri mattina al parco Santa Chiara all'incontro sul tema "Cambiamenti climatici, conflitti ambientali e grandi opere inutili. Verso il Cop 21 di Parigi".
"Questi incontri mondiali mi trovano pessimista - ha commentato -. Nonostante nessun scienziato ponga in discussione la realtà dei cambiamenti climatici e che a produrli l'inquinamento, trovare un accordo appare sempre più difficile".
Ancora, ha spiegato Lombroso, si continua a perseguire una economia fallimentare. Un esempio sono le trivellazioni in Adriatico. "Una scelta insostenibile non solo per i costi ambientali ma anche per quelli economici. Una scelta inoltre, fallimentare anche dal punto di vista energetico. Dovremmo spendere 50 barili di petrolio per estrarne cento. Inoltre, la produzione intera non basterebbe che per sei mesi, lasciandoci in eredità un'altra ferita alla terra per la produzione di gas. Oramai l'atmosfera è una discarica abusiva. Non so se le trivellazioni provocano terremoti, ma di sicuro a lungo andare causano inondazioni, fenomeni atmosferici estremi e maremoti".
Per Lombroso la parola d'ordine, più che sostenibilità, è resilienza. "Mi spiego. La raccolta differenziata va bene. Certo, meglio degli inceneritori. Ma a alla lunga si spende energia e si inquina anche con la differenziata, Il futuro è semplicemente quello di imparare a riciclare ed a non produrre più rifiuti".
Con Lombroso, sul palco del dibattito condotto da Stefano Bleggi, redattore del nostro giornale web, anche Gianfranco Poliandri, NoTav Brennero, che ha spiegato come funziona la scatola cinese delle grandi opere, e Tommaso Cacciari del comitato No Grandi Navi di Venezia, che ha raccontato fatti e misfatti di quei centri commerciali galleggianti che devastano e inquinano la laguna di Venezia. Chiusura per Renato de Nicola del forum abruzzese dei comitati per l'acqua. "Rischiamo di andare a Parigi per non ottenere una cippa! Dobbiamo capire, mantenendo e anzi rafforzando la specificità, che tutte le nostre lotte ambientali hanno a che fare con i cambianti climatici. Dobbiamo capire che lottare contro i cambiamenti climatici significa lottare contro lo Sbloccaitalia, le Grandi Opere e tutta un sistema economico folle che viene finanziato rubando dalle nostre tasche soltanto per mantenere alto il profitto bancario. La strada per cambiare l'economia e non il clima, è sempre quella: radicalità di scontro e lotta di massa".
Sirat Al Bunduqiyyah, ovvero di come Venezia non è e non può essere uguale alle altre città. Un dibattito a Ca’ Sagredo
23/05/2015In Comune
“E’ giusto parlare anche del plateatico, come dei tanti problemi che abbiamo in città, naturalmente - spiega Gianfranco Bettin - ma tutto dovrebbe essere inglobato in un progetto più grande, in una idea che abbiamo della nostra città e che parta dal passato per arrivare al futuro”. Venezia, ha spiegato l’ambientalista, ha saputo nel suo passato coniugare ambiente e vivibilità. trattando le sue acque come soggetto attivo e come parte integrante della sua specificità. Una civiltà mercantile e diplomatica, più che un impero militare, che dialogava col mondo intero. Così, come tutt’oggi la nostra città è sotto gli occhi del mondo. Per questo non esageravano quando, in apertura, abbiamo scritto che la visione strategica della Venezia del 2020 deve essere di dimensioni mondiali. Anche questa deve essere una nostra riconquista. Ed è questo il decoro che vogliamo. Altro che le cacche dei cani in piazza! “Ricostruire il futuro partendo dalla nostra antica vocazione di città Stato, aperta al mondo e in simbiosi con l’ecosistema lagunare. Questo deve essere il nostro obiettivo - ha concluso Bettin - e per questo è necessario restituire a Venezia tutti quei poteri decisionali sul suo territorio che oggi non ha”.
Una visione rimarcata anche dall’altro relatore delle serata, Franco Avicolli. Uno che ti racconta di Lev Trotsky, di Garcia Marquez o di architettura contemporanea con la stessa competenza. “Parlare di come riconquistare la civiltà di Venezia significa rimettere al centro del dibattito la questione fondamentale: quale deve essere il ruolo e la struttura di una città in un mondo malato che ha perso ogni rapporto col territorio. Per questo, salvare Venezia significa salvare l’idea stessa di città. E questo lo possiamo fare solo noi: perché a Venezia è possibile realizzare idee ed opere che altrove sono impossibili”. Conclusione questa, che sarebbe sottoscritta immediatamente anche da un certo Corto Maltese, marinaio e gentiluomo di fortuna.
I tanti livelli della corruzione. Intervista con Gianfranco Bettin
16/05/2015EcoMagazine
E’ anche vero comunque che, il “sacco di Venezia” ha avuto delle caratteristiche uniche, come unica è la nostra città. Ne parliamo con una persona che questo “sacco” lo ha seguito, denunciato e combattuto sulle barricate degli ambientalisti sin dal suo primo approccio con la politica: Gianfranco Bettin.
A Venezia non si può fare speculazione edilizia, come in terraferma. Tutta città storica è vincolata. La sua cementificazione è stata l'alterazione dell'equilibrio idrogeologico ed idrodinamico della laguna con le grandi manomissioni del 900: lo scavo dei canali come quello dei Petroli l’interramento di una larga percentuale della laguna per realizzare Porto Marghera, l’aeroporto e altri imbonimenti. Non potendo attaccare la città storica, la speculazione si è scaricata sulle sue acque, stravolgendone il delicato equilibrio ecologico. Pochi purtroppo avevano chiaro il concetto che la laguna è una parte imprescindibile di Venezia.
Poi arrivò, l’Acqua Granda…
L’alluvione del ’66 è stata campanello d’allarme. Tutti hanno capito che l'ecosistema lagunare, negli anni precedenti, era stato manomesso talmente tanto da farlo… impazzire. Questo comunque non ha impedito il prosieguo dello scavo del canale dei Petroli che era in fase di completamento. Ma di positivo c’è l’arrivo, nel ’73, della legge Speciale in cui, per la prima volta, viene colta la necessità di fermare lo stravolgimento dell’ecosistema e si pone la questione di interventi di salvaguardia e di interventi di natura eccezionale. Fu un inizio promettente perché questa legge ferma la realizzazione della terza zona industriale. Ricordo che la Porto Marghera storica ha due zone industriali realizzate coprendo le barene con quello che veniva estratto dallo scavo dei canali. La terza zona industriale, che doveva sorgere da Fusina a Chioggia, era progettata per essere più vasta delle due precedenti messe insieme. Oggi, di questa follia, è stata realizzata solo una piccola fase iniziale con le casse di colmata.
Un inizio promettente, quindi. Ma poi cosa è successo?
Che la legge speciale viene stravolta. I cosiddetti “interventi straordinari” vengono intesi non come opere di manutenzione e di riequilibrio per combattere le acque alte intervenendo sulle loro cause, ma come lavori di tipo ingegneristico per contrastarne gli effetti. Il primo progetto, che non a caso chiamato Progettone, parla di dighe fisse. Questa idea viene poi superata con quello che sarà il Mose ma contraddicendo, anzi tradendo, il mandato della legge speciale che parla di interventi graduali, reversibili, non impattanti. Tutte caratteristiche che il Mose certo non possiede.
Come è stato possibile che un progetto così devastante e contrario alla legge venisse approvato?
Quello che avete chiamato “sacco di Venezia” è stato attuato attraverso una vasta opera di concussione e di prosciugamento delle risorse destinate alla rigenerazione socioeconomica e alla manutenzione diffusa. I finanziamenti che dovevano essere destinati alla città e alla salvaguardia vengono addirittura spesi contro di essa. A spianargli la strada ci ha pensato il primo governo Berlusconi con la legge Obiettivo. In questo modo il Mose è stato divento una sorta di paradigma per tante oltre opere simili. Penso al ponte di Messina, a certi tratti di Tav, a tante autostrade inutili.
Ma la corruzione, ha avuto un peso determinate? Il Mose poteva essere realizzato da persone oneste?
La corruzione è stata un elemento in più. L’opera sarebbe stata ugualmente sbagliata ma nulla impediva che fosse realizzata in modo onesto. Il fatto è che la corruzione è un problema italiano diffuso e avviene sia con le procedure semplificate che con le procedure… complicate. Nel caso del Mose, la corruzione è stata indispensabile a superare una serie di scogli. Ricordo che il Mose ha avuto una sola Via e negativa, e negativo era anche il parere del consiglio superiore dei Lavori Pubblici. Ma tutte le volte che c'è stata qualche complicazione è intervenuta la corruzione a semplificare e a mandare avanti l'opera. Possiamo quindi dire che la corruzione è un elemento costitutivo del Mose, come di tante altre Grandi Opere. Ma non cadiamo nella trappola degli ultimi fautori del Mose che sostengono che l’opera è eccellente ma la realizzazione avvelenata da qualche mela marcia. L’opera rimane comunque sbagliata.
Come funzionava la corruzione? A leggere il libro “La Grande Retata”, scritto dai giornalisti del Gazzettino, pare che tutta la città fosse corrotta.
Non tutti erano corrotti. Ma va dato atto al Consorzio di essersi mosso in maniera molto molto spregiudicata. Operavano una corruzione a 360 gradi che non investiva solo la destra. Ci sono anche persone di sinistra e di estrema sinistra che sono finite nel libro paga del consorzio. Certo, magari non hanno fatto perizie false, come altri hanno fatto, ma comunque hanno lavorato sotto l'ombrello vasto del Consorzio Venezia Nuova che aveva messo in atto una strategia mirata ad ingraziarsi la città, coinvolgendo anche gente che non era d'accordo col Mose ma che, grazie a questa strategia, finiva per starsene tranquilla pur di mantenere buoni rapporti con loro
Un sistema corruttivo a più strati, quindi…
Sì, c’era la corruzione vera e propria per cui quel funzionario, quell'esperto, sanciva che l'opera andava bene, o addirittura si faceva scrivere i referti dal consorzio e lui poi li sottoscriveva, come stato documentato. Poi c'era il politico corrotto che prendeva i soldi e sapeva che in ogni caso doveva difendere il Consorzio. Poi c'era la “corruzione”, da scrivere tra virgolette, di scienziati, periti ed esperti che facevano consulenze magari su aspetti marginali o addirittura del tutto irrilevanti. Magari erano perizie sane ma che non toccavano il cuore della questione. In questo modo anche queste persone entravano nell'orbita del Consorzio.
Poi c'era un altro tipo di “corruzione”, questa da scrivere con quattro virgolette, con cui giornalisti, scrittori, intellettuali venivano coinvolti in attività pulite e prendevano qualche cachet dal Consorzio per qualche iniziativa, anche benemerita, come la scrittura di un libro. Penso a ottimi scrittori come Acheng, Brodskij e altri. Tutto faceva immagine e creava relazioni. Intendiamoci, io penso che un'impresa fa bene a sponsorizzare attività sportive, culturali o di beneficenza, perché è un modo per ricambiare la città del fatto che ha ricevuto dei lavori da realizzare. Ma nel caso del Consorzio Venezia Nuova tutto questo faceva parte di un sistema in cui tutto era teso ad assumere un controllo egemonico che andava dalla corruzione vera e propria al semplice accattivarsi le simpatie.
Un sistema che presuppone molto denaro a disposizione.
Certamente avevano bisogno di rubare molto. Se voglio oliare meccanismi, corrompere a largo raggio, avere nel mio libro paga politici potenti e funzionari di grado elevato ho bisogno di un sacco di soldi e quindi debbo fare creste enormi sulle spese. Ma tutto questo è un “di più” odioso rispetto un'opera che sarebbe comunque stata sbagliata
Di fronte a questo strapotere non solo economico ma anche mediatico, che spazio veniva lasciato ai pochi oppositori?
Questa è un altro punto dolente della questione. Una tale potenza di fuoco ha messo a tacere tutto il dibattito sulle possibili alternative. Non è potuta crescere una seria discussione sulla salvaguardia o maturare ipotesi su come realizzare una città sostenibile. Soprattutto non è stata fatta crescere l’idea che si possa salvare la laguna e progettare un futuro per Venezia anche senza Grandi Opere. Questi sono percorsi che avrebbero avuto bisogno di dibattiti e di discussioni che non ci sono stati. I guasti compiuti dal Mose sono molto profondi e non si fermano alla devastazione ambientale.
Aprire un dibattito sul futuro della laguna era anche lo scopo del Parco per il quale ti sei tanto speso?
Già. In quel mese e mezzo che mancava per concludere il percorso di istituzione del parco e avviare la discussione su quello che sarebbe diventato il piano socioeconomico, stava proprio per venir fuori questo discorso. Il punto è porsi finalmente la domanda “quale laguna vogliamo?” Il disastro provocato dal coinvolgimento del sindaco nello scandalo Mose - il sindaco solo, perché la procura ha escluso qualsiasi coinvolgimento del resto dell’amministrazione - ha fermato tutta la discussione. Adesso è un anno che non si parla del parco.
Un argomento fuori anche dalla campagna elettorale?
Sì, a parte qualche domanda che viene posta a me negli incontri a sostegno di Felice Casson. Ma l’unico a parlare ancora del parco è Brugnaro. Ma solo per assicurare che, se sarà eletto, la prima cosa che farà sarà di abrogare tutto.
C'era una volta la laguna
13/05/2015EcoMagazine
Alle tesi del Sabbadino, convinto che la laguna fosse un organismo vivo e, come tale, andava accudita, protetta e gestita giorno per giorno, assecondando il suo millenario respiro tra le maree periodiche e la entranti acque fluviali, si opponeva tale Alvise Cornaro, un "nobilhomo" padovano che aveva costruito le sue fortune economiche e politiche come proprietario terriero.
Detto Cornaro, leader del partito agrario, non aveva nessuna specifica competenza in idraulica ma ugualmente sosteneva che la laguna doveva essere dominata e arginata. Acqua e terra, diceva il Cornaro, andavano nettamente separate per impedire alle maree di invadere i campi. I canali inutili alla navigazione e al trasporto delle merci, dovevano essere interrati e le barene bonificate per recuperarle all'agricoltura.
Doppio futuro
Due concezioni inconciliabili. Due strade diverse che avrebbero portati a due futuri radicalmenti diversi. La spuntò, per nostra buona sorte, il proto che davanti al doge e al maggior consiglio mise a tacere l'agricoltore con questa inconfutabile argomentazione: "Cornaro sta a Padoa" e di conseguenza è "incompetente a ragionar d'idraulica". Quel giorno, la scienza trionfò sulla (cattiva) politica. Anche per merito di un po' di campanilismo.
L'idea della laguna come organismo vivente, bisognoso di cure continue e di infinite attenzioni, così che questa regali spazio vitale tanto all’uomo che alle terre e alle acque, visse finché visse la Serenissima. Non so dire se i nostri antenati fossero più saggi o se avessero un rapporto con la laguna che oggi noi abbiamo perduto. Diciamo semplicemente che erano altri tempi. Certamente avevano - cosa che noi oggi non abbiamo - la sovranità nel loro territorio e la difesa della laguna era la prima "ragion di Stato”.
Progresso o morte
Storia passata. Col secolo del carbone e dell'acciaio arrivò il modernismo e la laguna fu letta come un fastidio, un ostacolo di acqua e terra che si opponeva al progresso, alla realizzazione delle grandi periferie industriali, all'approdo delle petroliere. Cominciarono le opere distruttive d’inizio secolo come lo scavo del canale dei petroli e l'interramento di Porto Marghera. Il Doge non c’era oramai più e il Cornaro sarebbe stato felice.
Ma la storia non si ferma mai e c’è sempre una partita di ritorno. Con l’Acqua Granda di quel pauroso 4 novembre del 1966, come racconta la prima puntata di Cemento Arricchito, la laguna suonò il primo campanello d’allarme per ricordarci che le catastrofi, anche quelle naturali, non sono mai davvero naturali. Se costruisci dove il terreno è franoso, prima o poi la casa crolla. Se interri le barene che assorbivano l’acqua in entrata, prima o poi la marea ti travolge.
Il futuro di Venezia, evolutasi da Città dei Dogi a Patrimonio dell’Umanità, divenne una questione dibattuta a livello mondiale. La legge speciale che ne scaturì ripropose, per tanti versi, il dibattito "Sabbadino vs Cornaro". E anche questa volta a spuntarla fu il Sabbadino. La legge poneva dei solidi principi di rispetto delle paculiarità dell’ecosistema lagunare. Ricordiamo solo il divieto di realizzare in laguna opere per loro natura irreversibili.
La legge defraudata
Ma di buoni propositi, si sa, è lastricata la strada che porta all’infermo. Proprio la legge speciale - stravolta nei suoi principi dagli indirizzi applicativi e dall’istituzione di un organismo gestionale unico come il Consorzio Venezia Nuova, totalmente slegato dal controllo democratico dei veneziani - si trasformò in una potente bocca da fuoco per i nuovi pirati che avevano preso di mira la laguna. Il nemico stavolta era il “partito del fare”, i sostenitori delle Grandi Opere. In laguna arrivano devastazioni come il Mose, le opere complementari, le barene artificiali, le Grandi Navi… Ancora si parla di “opere necessarie”, si fa leva sul ricatto “lavoro contro ambiente”. Gli investimenti pubblici vengono deviati verso la criminalità organizzata e finiscono per drogare la stessa democrazia, finanziando politici corrotti a destra, in particolare, ma anche a sinistra.
Filibustieri di ieri e filibustieri di oggi
E qui corre tutta la differenza tra i devastatori di oggi e i cementificatori di un secolo fa. Il canale dei Petroli fu scavato perché si pensava, con un ragionamento poco lungimirante ma onesto, di costruire un futuro occupazionale per Porto Marghera. Il Mose invece non ha nessuna giustificazione onesta. L’opera è sbagliata di per sé. Lo dice la Via, lo dicono gli scienziati, lo dicono i pescatori che tutti i giorni vedono l’antica laguna trasformarsi in un braccio di mare aperto. E così, per gli stessi identici motivi, è sbagliato in sé lo scavo del Contorta. Come è sbagliato che tutta la città debba pagare i danni causati dal passaggio di quegli aborti di meganavi per far far cassa alle Compagnie di Crociera. E questi sono dati di fatto. Dati assodati da un milione di studi che non starò qui a ricordare.
Non ci sono motivazioni sbagliate, o poco lungimiranti, ma oneste per questi scempi. Il loro unico scopo è costruire una macchina da tangenti. Il loro unico obiettivo è trasformate la laguna in “carne di porco” per deviare finanziamenti pubblici in tasche private.
Il nostro, è un nemico che ha tanti volti e nessuna dignità.
Un nemico che si combatte solo a colpi di democrazia, costruendo spazi di partecipazione come la splendida manifestazione di sabato scorso, dando il giusto peso ai pareri tecnici degli scienziati, restituendo potere decisionale alle amministrazioni del territorio, più vicine ai cittadini.
Perché la battaglia per la laguna è la battaglia per la democrazia.
Il Ven[e]to Nuovo che cambia la politica
13/05/20152020VEIl primo nemico è la sfiducia. Sfiducia nella classe dirigente che ha governato, ma anche sfiducia nella stessa politica e nel principio della rappresentanza democratica.
Il secondo nemico è la destra. la destra con tutto il suo bagaglio di xenofobia, razzismo, populismo che serve a nascondere solo l’asservimento ad una economia dominante, insostenibile, predatoria, devastatrice.
Due nemici mica da ridere. E siccome una persona, e diciamo noi, pure una lista, si misura dai nemici che ha, possiamo dire che Ven[e]to Nuovo è una gran bella lista! Ma più che una lista elettorale, potremmo descriverla come un progetto aperto ed innovativo che nasce da esperienze politiche come Sel,Verdi Green Italia e Sinistra Veneta.
Questa mattina, la lista che correrà alle Regionali a sostegno della candidata Alessandra Moretti, e che è apparentata con la nostra comunale 2020Ve, è stata presentata alla stampa in un incontro che si è svolto a Mestre, nella sede regionale di Ven[e]to Nuovo, in calle del Sale.
I punti salienti del programma… beh, li potete comodamente leggere cliccando su questa pagina, e spaziano dalla tutela dell’ambiente a quella della salute, dalla cultura (capitolo su cui tutti gli altri programmi “battono” davvero poco) al lavoro. I candidati invece li potete vedere su quest’altro link. Tutte persone serie e preparate. Mafiosi, palazzinari e pluriinquisiti preferiscono le sponde elettorali dove ci sono più possibilità di carriera! I nostri candidati al massimo sono un po’ matti perché ci vuole il coraggio di Don Chisciotte per andare lancia in resta contro i nemici che abbiamo citato in apertura. Ma si sa che sono proprio questi matti quelli che fanno andare avanti il mondo.
Le candidate della lista 2020Ve. Silvia Zanini: legge, ambiente e pantegane
11/05/20152020VE
Presentati, orsù!
Ciao, mi chiamo Silvia ho 27 anni, sono veneziana di Cannaregio ed ho una laurea in giurisprudenza con un master in "diritto dell'ambiente". Adesso sta facendo la praticante avvocata ed a dicembre darò l'esame.
Com'è che hai scelto proprio "diritto dell'ambiente" per il master? Se sceglievi "come taroccare i redditi" avresti avuto più possibilità lavorative!
In effetti è proprio vero! Il fatto è che sono sempre stata sensibile alle tematiche dell'ambiente. Anche all'università ho scelto come tesi la tutela dell'ambiente nella Costituzione. Poi ho deciso di continuare su questa strada e sono andata a Roma a seguire il master che ho concluso con una tesi sul diritto agroalimentare.
Nella nostra Costituzione c'è qualche articolo dedicato all'ambiente? Io non me lo ricordo, ma ti confesso la mia ignoranza a proposito...
Era proprio questo l'argomento della mia tesi: il ruolo della tutela dell'ambiente nella nostra Carta, paragonandola a Costituzioni più recenti come, ad esempio, quella brasiliana, dove c'è un intero capitolo dedicato all'argomento. Nella nostra Carta si parla di ambiente solo come materia nell'articolo 117, quindi come riparto delle competenze. Come principio, si parla di ambiente quando si parla di paesaggio, di salute... Bisogna fare un combinato tra tanti articoli ma non compare espressamente.
I nostri padri costituenti erano più sensibili al tema del lavoro, evidentemente.
Erano altri anni con altri problemi. La nostra carta costituzionale e stata scritta in un momento storico in cui la tutela dell'ambiente non poteva essere una priorità. Ma adesso credo che i tempi sarebbero maturi per una tutela più espressa. In ogni caso, anche così, la sfera ambientale è un valore riconosciuto, se pur indirettamente, nella nostra Carta, e la stessa Corte Costituzionale si è espressa più volte a sostegno di questa tesi.
Silvia, rimembri ancor come mai ad un certo punto della tua vita hai deciso a metterti in politica? E con i verdi, per di più! Una delusione amorosa? Qualche colpa da espiare?
Sai, ho preso una botta in testa e poi mi è venuta una febbre alta... scherzo! La verità è che, con un percorso di studi come il mio, mi sono sempre sentita vicino ai gruppi che si occupano di ecologia. A Roma partecipavo alle riunioni di Green Italia e là ho conosciuto Luana Zanella, senza sapere nemmeno che fosse di Venezia come me. Terminato il master e lo stage al ministero dell'Agricoltura, ho deciso si tornare a casa, dove avrei potuto essere più utile, ed ho iniziato a fare la... cittadina attiva anche qua.
Scusa se insisto, ma perché proprio con i Verdi? Gli avvocati di solito prediligono Forza Italia...
Dici che avrei avuto più possibilità di carriera? E ci hai pure ragione. Ma ho preferito rimanere fedele ai miei principi senza mettere sul piatto della bilancia le percentuali elettorali e le opportunità lavorative.
Vuoi che ti faccia una domanda intelligente o una domanda scema?
Mmm... intelligente!
Perché hai una ciocca rosa tatuata sopra il gomito destro?
Allora non voglio sapere quale era la domanda scema. Comunque il tatuaggio l'ho fatto qualche anno fa. La "ciocca", che poi è un nodo, rappresenta l'importanza dei valori fondamentali della vita: dall'amicizia alla famiglia, sino alla coerenza con i propri ideali.
Eri ubriaca, insomma?
No, quella volta no!
Parliamo di cose serie. Ogni straccio di candidato ha i suoi temi. Quali sono i tuoi?
Ovviamente la tutela dell'ambiente e, in particolare, dell'ecosistema lagunare, inteso nel suo senso più ampio. Non solo l'allontanamento delle Grandi Navi o la difesa del Contorta. Mi interessano anche tematiche come il turismo che oggi è un peso insostenibile per la città. Credo sia necessario incentivare una presenza più consapevole e matura, allargando la proposta alle isole e all'ecoturismo, ma penalizzando allo stesso tempo il turismo "mordi e fuggi" che a Venezia porta solo problemi e spese.
Credo che, per chi si occupa di temi ambientali, una città come la nostra deve essere una festa continua!
Ah, di sicuro non mancano le cose da fare! Pensiamo solo alle bonifiche di Porto Marghera e alla sua conversione ad una economia "green". Oppure a temi come il riuso degli immobili esistenti per avviare una politica del territorio a consumo zero.
Ecco. Continuiamo a parlare di cose serie. Che sport ti piace?
Eh? Sport? Non hai una domanda di riserva?
Va bene. Cosa ti piace fare nella vita quando stai là a tutelare l'ambiente? Che hobby hai?
Beh... che dirti? Mi piacciono molto gli animali. Ho molto a cuore il loro benessere e credo che una amministrazione dovrebbe fare molto di più per tutelare questi nostri amici. Esistono delle normative ma non sempre vengono rispettate. Qualche giorno fa alla Giudecca sono stati avvelenati dei cani ed è una vergogna che nessuno faccia niente. Poi sono una allevatrice di ratti e di topi da compagnia e quando...
No, no... aspetta un momento. Questa me la devi spiegare bene. Tu allevi le pantegane? Io metto le trappole sotto casa e tu, che abiti ad un ponte e una calle di distanza, le allevi amorosamente?
Esatto. Povere bestie! E' una cosa che faccio fin da piccola. Allevo due specie di topi che sono un po' diversi dalla classica pantegana di rio: il piccolo Mus Musculus e il più grosso Rattus Norvegicus che avrai visto nel film Ratatouille. Non sono molto comuni nelle nostre case, è vero. E non si trovano neppure nei normali negozi di animali. Bisogna andare da quelli che vendono animali esotici o alle fiere. E' un mercato di nicchia!
(Non mi spiego il perché...)
Ma ti assicuro che sono animali simpaticissimi e pulitissimi, usano la cassetta, rispondono al nome e danno i bacini!
Bacini?
Bacini, bacini! Altre domande?
No, no, chiudiamola qua.
Campi e calli piene di gente. La Venezia ambientalista vince la sfida delle Grandi Navi
9/05/2015EcoMagazine, Global ProjectTutte cose che gli ambientalisti dicevano sin dai tempi in cui si cominciò a parlare di quella macchina da tangenti che sarebbe stato il Mose. Tutte cose che oggi sono sotto gli occhi di tutti.
Non stupisce quindi la grande partecipazione alla mobilitazione che questo pomeriggio ha colorato la città lagunare da campo Santa Margherita a campo Sant'Angelo.
Nei campi e nelle calli si sono radunate più di quattromila persone. La testa del Corteo era alle Zattere che la coda usciva da campo Santa Margherita. Tutti dietro alla grande bandiera del Leon Marciano che apriva la sfilata. Tantissime bandiere No Grandi Navi, tante bandiere No Mose, tante bandiere di comitati come Opzione Zero e, in fondo al corteo - siamo pur sempre in campagna elettorale! - qualche timida bandiera di partito.
Sul palco allestito a Santo Stefano, microfono anche ai candidati sindaci. Tutti presenti, tutti pronti a far barricate, perlomeno a parole, contro il passaggio di questi aborti di Titanic, e contro uno scavo del Contorta bocciato a 360 gradi da scienziati, ambientalisti, economisti ma sul quale Paolo Costa rimane avvinghiato con la rabbia di un cane che difende il suo osso.
Tutti i candidati sindaci, abbiamo scritto. Intendevamo: tutti i candidati sindaci con un minimo di credibilità. Il candidato miliardario Luigi Brugnaro si è fatto la sua manifestazione personale in marittima a favore delle Grandi Navi, in concomitanza con quella degli ambientalisti,
Li ho visti. Una trentina di persone, per lo più sul libro paga delle compagnie di crociera, con un paio di lussuosi striscioni fatti stampare da aziende specializzate (a parecchi là in mezzo non mancano i soldi) e montati sui rimorchiatori di proprietà del Porto. Una cialtronata a dir poco.
Venezia stava tutta dall'altra parte. Stava con i negozianti che applaudivano il corteo al suo passaggio (e che sanno bene che il turista mordi e fuggi che si imbarca sulle grandi navi non è quello che passa per la sua bottega), la gente alle finestre che sventolava, in mancanza d'altro, la bandiera della pace o quella di San Marco. E uno svalvolato anche quella della Juve.
Applausi a scena aperta anche dai visitatori internazionali della Biennale. Oggi infatti è il giorno dell'apertura dell'esposizione. Dai padiglioni in festa, ho visto gli artisti ed i loro ospiti che festeggiavano l'inaugurazione delle installazioni, uscire per chiedere cosa stesse succedendo e, subito, manifestare solidarietà. All'estero, più che in Italia, ha fatto scandalo il passaggio di queste specie di speculazioni edilizia galleggianti in un fragilissimo ecosistema come quello lagunare. Un artista poi, non può che stare dalla parte della bellezza.
E bella come quella Venezia che vuole difendere, è stata la manifestazione di questo pomeriggio. Neppure il violento scroscio di pioggia finale è riuscito a rovinarla.
Altro non voglio aggiungere se non invitarvi a guardare le gallerie di foto o di video che stanno girando sui social. Ne vale la pena.
Una solo considerazione finale. Questo pomeriggio la Venezia vera, la Venezia della cittadinanza attiva, la Venezia che non si è mai prostituita alle mafie ed alle tangenti ha ribadito chiaramente che le Grandi Navi debbono stare fuori dalla laguna e che il Contorta non si devasta. La partita a questo punto non è più "Contorta sì" o "Contorta no", ma "chi deve esercitare la sovranità su un territorio". I cittadini, tramite le amministrazioni locali regolarmente elette e tenendo in giusta considerazione i pareri scientifici finalizzati alla tutela dell'ecosistema, o le lobby delle Grandi Opere con il solo obiettivo di macinare ambiente, lavoro e diritti per far cassa da finanziamenti pubblici.
Tutto quello che accadrà d'ora in avanti sarà una battaglia per la democrazia.