In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.
Campi e calli piene di gente. La Venezia ambientalista vince la sfida delle Grandi Navi
9/05/2015EcoMagazine, Global Project
Tutti dietro alla bandiera del Leon Marciano. Questa è la Venezia dei veneziani. La Venezia che non la trovi in vendita in nessun negozio di souvenir. La Venezia che si è mobilitata per dire no alle Grandi Navi, no alle soluzioni peggiori del male, come lo scavo del Contorta, no ad altri stupri della laguna finalizzati solo a far fare cassa alle multinazionali delle Grandi Opere e alle mafie che ci mungono giù.
Tutte cose che gli ambientalisti dicevano sin dai tempi in cui si cominciò a parlare di quella macchina da tangenti che sarebbe stato il Mose. Tutte cose che oggi sono sotto gli occhi di tutti.
Non stupisce quindi la grande partecipazione alla mobilitazione che questo pomeriggio ha colorato la città lagunare da campo Santa Margherita a campo Sant'Angelo.
Nei campi e nelle calli si sono radunate più di quattromila persone. La testa del Corteo era alle Zattere che la coda usciva da campo Santa Margherita. Tutti dietro alla grande bandiera del Leon Marciano che apriva la sfilata. Tantissime bandiere No Grandi Navi, tante bandiere No Mose, tante bandiere di comitati come Opzione Zero e, in fondo al corteo - siamo pur sempre in campagna elettorale! - qualche timida bandiera di partito.
Sul palco allestito a Santo Stefano, microfono anche ai candidati sindaci. Tutti presenti, tutti pronti a far barricate, perlomeno a parole, contro il passaggio di questi aborti di Titanic, e contro uno scavo del Contorta bocciato a 360 gradi da scienziati, ambientalisti, economisti ma sul quale Paolo Costa rimane avvinghiato con la rabbia di un cane che difende il suo osso.
Tutti i candidati sindaci, abbiamo scritto. Intendevamo: tutti i candidati sindaci con un minimo di credibilità. Il candidato miliardario Luigi Brugnaro si è fatto la sua manifestazione personale in marittima a favore delle Grandi Navi, in concomitanza con quella degli ambientalisti,
Li ho visti. Una trentina di persone, per lo più sul libro paga delle compagnie di crociera, con un paio di lussuosi striscioni fatti stampare da aziende specializzate (a parecchi là in mezzo non mancano i soldi) e montati sui rimorchiatori di proprietà del Porto. Una cialtronata a dir poco.
Venezia stava tutta dall'altra parte. Stava con i negozianti che applaudivano il corteo al suo passaggio (e che sanno bene che il turista mordi e fuggi che si imbarca sulle grandi navi non è quello che passa per la sua bottega), la gente alle finestre che sventolava, in mancanza d'altro, la bandiera della pace o quella di San Marco. E uno svalvolato anche quella della Juve.
Applausi a scena aperta anche dai visitatori internazionali della Biennale. Oggi infatti è il giorno dell'apertura dell'esposizione. Dai padiglioni in festa, ho visto gli artisti ed i loro ospiti che festeggiavano l'inaugurazione delle installazioni, uscire per chiedere cosa stesse succedendo e, subito, manifestare solidarietà. All'estero, più che in Italia, ha fatto scandalo il passaggio di queste specie di speculazioni edilizia galleggianti in un fragilissimo ecosistema come quello lagunare. Un artista poi, non può che stare dalla parte della bellezza.
E bella come quella Venezia che vuole difendere, è stata la manifestazione di questo pomeriggio. Neppure il violento scroscio di pioggia finale è riuscito a rovinarla.
Altro non voglio aggiungere se non invitarvi a guardare le gallerie di foto o di video che stanno girando sui social. Ne vale la pena.
Una solo considerazione finale. Questo pomeriggio la Venezia vera, la Venezia della cittadinanza attiva, la Venezia che non si è mai prostituita alle mafie ed alle tangenti ha ribadito chiaramente che le Grandi Navi debbono stare fuori dalla laguna e che il Contorta non si devasta. La partita a questo punto non è più "Contorta sì" o "Contorta no", ma "chi deve esercitare la sovranità su un territorio". I cittadini, tramite le amministrazioni locali regolarmente elette e tenendo in giusta considerazione i pareri scientifici finalizzati alla tutela dell'ecosistema, o le lobby delle Grandi Opere con il solo obiettivo di macinare ambiente, lavoro e diritti per far cassa da finanziamenti pubblici.
Tutto quello che accadrà d'ora in avanti sarà una battaglia per la democrazia.
Tutte cose che gli ambientalisti dicevano sin dai tempi in cui si cominciò a parlare di quella macchina da tangenti che sarebbe stato il Mose. Tutte cose che oggi sono sotto gli occhi di tutti.
Non stupisce quindi la grande partecipazione alla mobilitazione che questo pomeriggio ha colorato la città lagunare da campo Santa Margherita a campo Sant'Angelo.
Nei campi e nelle calli si sono radunate più di quattromila persone. La testa del Corteo era alle Zattere che la coda usciva da campo Santa Margherita. Tutti dietro alla grande bandiera del Leon Marciano che apriva la sfilata. Tantissime bandiere No Grandi Navi, tante bandiere No Mose, tante bandiere di comitati come Opzione Zero e, in fondo al corteo - siamo pur sempre in campagna elettorale! - qualche timida bandiera di partito.
Sul palco allestito a Santo Stefano, microfono anche ai candidati sindaci. Tutti presenti, tutti pronti a far barricate, perlomeno a parole, contro il passaggio di questi aborti di Titanic, e contro uno scavo del Contorta bocciato a 360 gradi da scienziati, ambientalisti, economisti ma sul quale Paolo Costa rimane avvinghiato con la rabbia di un cane che difende il suo osso.
Tutti i candidati sindaci, abbiamo scritto. Intendevamo: tutti i candidati sindaci con un minimo di credibilità. Il candidato miliardario Luigi Brugnaro si è fatto la sua manifestazione personale in marittima a favore delle Grandi Navi, in concomitanza con quella degli ambientalisti,
Li ho visti. Una trentina di persone, per lo più sul libro paga delle compagnie di crociera, con un paio di lussuosi striscioni fatti stampare da aziende specializzate (a parecchi là in mezzo non mancano i soldi) e montati sui rimorchiatori di proprietà del Porto. Una cialtronata a dir poco.
Venezia stava tutta dall'altra parte. Stava con i negozianti che applaudivano il corteo al suo passaggio (e che sanno bene che il turista mordi e fuggi che si imbarca sulle grandi navi non è quello che passa per la sua bottega), la gente alle finestre che sventolava, in mancanza d'altro, la bandiera della pace o quella di San Marco. E uno svalvolato anche quella della Juve.
Applausi a scena aperta anche dai visitatori internazionali della Biennale. Oggi infatti è il giorno dell'apertura dell'esposizione. Dai padiglioni in festa, ho visto gli artisti ed i loro ospiti che festeggiavano l'inaugurazione delle installazioni, uscire per chiedere cosa stesse succedendo e, subito, manifestare solidarietà. All'estero, più che in Italia, ha fatto scandalo il passaggio di queste specie di speculazioni edilizia galleggianti in un fragilissimo ecosistema come quello lagunare. Un artista poi, non può che stare dalla parte della bellezza.
E bella come quella Venezia che vuole difendere, è stata la manifestazione di questo pomeriggio. Neppure il violento scroscio di pioggia finale è riuscito a rovinarla.
Altro non voglio aggiungere se non invitarvi a guardare le gallerie di foto o di video che stanno girando sui social. Ne vale la pena.
Una solo considerazione finale. Questo pomeriggio la Venezia vera, la Venezia della cittadinanza attiva, la Venezia che non si è mai prostituita alle mafie ed alle tangenti ha ribadito chiaramente che le Grandi Navi debbono stare fuori dalla laguna e che il Contorta non si devasta. La partita a questo punto non è più "Contorta sì" o "Contorta no", ma "chi deve esercitare la sovranità su un territorio". I cittadini, tramite le amministrazioni locali regolarmente elette e tenendo in giusta considerazione i pareri scientifici finalizzati alla tutela dell'ecosistema, o le lobby delle Grandi Opere con il solo obiettivo di macinare ambiente, lavoro e diritti per far cassa da finanziamenti pubblici.
Tutto quello che accadrà d'ora in avanti sarà una battaglia per la democrazia.
La lista 2020Ve si candida a costruire la Venezia del duemila e venti
8/05/20152020VE, In Comune
Nel cuore di Mestre, ai piedi del Toniolo, parte l'avventura elettorale della lista 2020Ve con la presentazione dei candidati al Comune e alle municipalità.
L'incontro, nella tarda mattinata di oggi, è stato introdotto da Gianfranco Bettin, candidato alla presidenza della municipalità di Marghera, oltre che al consiglio regionale. Hanno partecipato Felice Casson, i candidati della lista che raggruppa Verdi Green Italia, Sel e associazione In Comune, e tanti sostenitori.
"La nostra lista sostiene Felice Casson sin dall'inizio, ancora prima delle primarie del centrosinistra - spiega Gianfranco Bettin -. Lo riteniamo il candidato giusto per aiutare Venezia a scrollarsi da un pesantissimo novecento e aprirsi al futuro. Per questo la nostra lista si chiama Venezia Duemila e Venti".
La lista 2020Ve raggruppa persone con origini diverse, sia per professione che per età, e provenienti da esperienze diverse ma che hanno intrapreso un percorso convergente. Persone che da sempre si sono scontrare con la corruzione e il malaffare proprio per portare avanti, tramite le loro idee innovative, un ideale di città sostenibile e solidale.
"Il primo ostacolo da superare per la nuova amministrazione - continua l'ambientalista - sarà quello di riuscire a rimpossessarsi della propria città. Scandali come il Mose, problemi come le Grandi Navi ma anche i tagli al bilancio che stanno mettendo in ginocchio il nostro welfare sono imputabili ad una mancanza di sovranità cittadina. Sulla nostre acque, sulle nostre calli e sulle nostre strade, devono essere i cittadini a decidere tramite gli amministratori democraticamente eletti e non commissari mandati da Roma, consorzi privati o norme che bypassano qualsiasi controllo democratico come la legge Obiettivo".
Sul tavolo dei relatori, oltre ai due già citati, i quattro capolista: Renata Mannise, Flavio dal Corso, Federico Camporese e Silvia Zanini, che hanno elencato i temi sui quali costruiranno la loro campagna elettorale: dall'ambiente al turismo sostenibile, dalle bonifiche di Porto Marghera alla cultura. Che poi è la sola cosa che distingue Venezia da una Disneyland qualunque.
Chiusura per Felice Casson, candidato... anzi no, prossimo sindaco di Venezia. "Bene Venezia Duemila e Venti - scherza - ma io la lista l'avrei chiamata Venezia Duemila e Quaranta e anche di più. La città che vogliamo disegnare insieme avrà un respiro molto più profondo di cinque anni. Ma il nostro obiettivo non è soltanto quello di porre le basi per la città del futuro ma anche di ridare speranza alla gente e di restituire dignità ad una politica impoverita e svilita dalla corruzione".
L'incontro, nella tarda mattinata di oggi, è stato introdotto da Gianfranco Bettin, candidato alla presidenza della municipalità di Marghera, oltre che al consiglio regionale. Hanno partecipato Felice Casson, i candidati della lista che raggruppa Verdi Green Italia, Sel e associazione In Comune, e tanti sostenitori.
"La nostra lista sostiene Felice Casson sin dall'inizio, ancora prima delle primarie del centrosinistra - spiega Gianfranco Bettin -. Lo riteniamo il candidato giusto per aiutare Venezia a scrollarsi da un pesantissimo novecento e aprirsi al futuro. Per questo la nostra lista si chiama Venezia Duemila e Venti".
La lista 2020Ve raggruppa persone con origini diverse, sia per professione che per età, e provenienti da esperienze diverse ma che hanno intrapreso un percorso convergente. Persone che da sempre si sono scontrare con la corruzione e il malaffare proprio per portare avanti, tramite le loro idee innovative, un ideale di città sostenibile e solidale.
"Il primo ostacolo da superare per la nuova amministrazione - continua l'ambientalista - sarà quello di riuscire a rimpossessarsi della propria città. Scandali come il Mose, problemi come le Grandi Navi ma anche i tagli al bilancio che stanno mettendo in ginocchio il nostro welfare sono imputabili ad una mancanza di sovranità cittadina. Sulla nostre acque, sulle nostre calli e sulle nostre strade, devono essere i cittadini a decidere tramite gli amministratori democraticamente eletti e non commissari mandati da Roma, consorzi privati o norme che bypassano qualsiasi controllo democratico come la legge Obiettivo".
Sul tavolo dei relatori, oltre ai due già citati, i quattro capolista: Renata Mannise, Flavio dal Corso, Federico Camporese e Silvia Zanini, che hanno elencato i temi sui quali costruiranno la loro campagna elettorale: dall'ambiente al turismo sostenibile, dalle bonifiche di Porto Marghera alla cultura. Che poi è la sola cosa che distingue Venezia da una Disneyland qualunque.
Chiusura per Felice Casson, candidato... anzi no, prossimo sindaco di Venezia. "Bene Venezia Duemila e Venti - scherza - ma io la lista l'avrei chiamata Venezia Duemila e Quaranta e anche di più. La città che vogliamo disegnare insieme avrà un respiro molto più profondo di cinque anni. Ma il nostro obiettivo non è soltanto quello di porre le basi per la città del futuro ma anche di ridare speranza alla gente e di restituire dignità ad una politica impoverita e svilita dalla corruzione".
Cemento Arricchito, un viaggio dall’altra parte del Veneto
5/05/2015EcoMagazine
Questo viaggio è Cemento Arricchito. Un progetto nato dalla giornalista vicentina Chiara Spadaro che si è meritato il premio istituito dall’Ordine dei giornalisti del Veneto in memoria di Massimiliano Goattin. Non senza soddisfazione, possiamo annunciare che Cemento Arricchito uscirà in anteprima su EcoMagazine in una serie di puntate a cadenza bisettimanale.
Il progetto coordinato da Chiara, si avvarrà della collaborazioni di altri giornalisti come Ernesto Milanesi e Sebastiano Canetta. L’obiettivo è di tracciare una mappa dei conflitti ambientali in atto nella nostra Regione, con un occhio nel passato e lo sguardo nel futuro. Reportage, inchieste, articoli a tutto tondo per esplorare assieme a noi quel Veneto che i media tradizionali tendono volentieri ad ignorare.
Come è caratteristica del giornalismo on line, Chiara e il suo gruppo utilizzeranno per questo nostro viaggio/inchiesta tutte le tecniche multimediali, dai filmati in esclusiva alle gallerie fotografiche, dalle geolocalizzazioni alle mappature, dai documenti in pdf per approfondimenti ai link ad altri siti, sino agli ebook scaricabili ed agli oramai inevitabili social network. E senza neppure trascurare la buona, vecchia, tradizionale… scrittura!
Che altro dirvi se non “seguiteci nel nostro viaggio!” Partiremo come si conviene da Venezia, in prossimità della manifestazione di sabato 9 maggio, col primo reportage dedicato alle Grandi Navi (a proposito di devastazioni… che altro non sono questi aborti di nave se non speculazioni edilizie galleggianti?) Altre tappe seguiranno a cadenza bisettimanale.
Dimentico qualcosa? Ah sì, l’hashtag!
Sarà #CementoArricchito naturalmente!
Festa d’Aprile a Venezia! Occupata la paratia del Mose
25/04/2015EcoMagazine
Questo pomeriggio, una cinquantina di attivisti ha pacificamente occupato la paratoia di quella fabbrica di corruzione che è stato ed è tutt’ora il Mose. Perché gli arresti pur eccellenti e le inchieste tutt’ora in corso non hanno cambiato niente: la macchina della corruzione continua a macinare tangenti e conserva tutto il suo potere decisionale sulla laguna alla faccia dei veneziani e della stessa amministrazione comunale democraticamente eletta. Alzare sulla paratia la bandiera “No Mose”, significa alzare la bandiera della democrazia e del diritto dei cittadini di decidere sulla loro città. Occupare la paratia che il Consorzio ha portato all’Arsenale significa ribadire al Consorzio che nessuno oramai a Venezia è tanto fesso da cascare nella sua propaganda patinata e che tutti oramai hanno chiaro che altro il Mose non è che un furto alla città, alla legge Speciale e alle casse dello Stato. Un furto consumato tra appalti truccati e criminalità organizzata per realizzare un’opera distruttiva, da sempre osteggiata tanto dai cittadini quanto dagli scienziati esperti nell’idrodinamica lagunare. Un furto consumato tra tangenti e sprechi vergognosi, non ultimo quello di trasportare una paratia con tre rimorchiatori sino all’Arsenale per mostrarla a turisti e cittadini. Ma anche stavolta, il Consorzio ha fatto male i suoi conti. Più che stupore, tra i visitatori si respirava rabbia ed indignazione. Quella stessa rabbia ed indignazione che è esplosa nella simbolica occupazione della paratia dei ragazzi e delle ragazze degli spazi sociali.
No Mose, quindi, e No mafia. Per un 25 aprile di Liberazione. In attesa della manifestazione del 9 maggio.
L’Ispra stronca il Progetto Contorta
23/04/2015EcoMagazine
Ed è per questo che il senatore Felice Casson e la senatrice Laura Puppato, a proposito di questa relazione dell’Ispra in procinto di arrivare in commissione Via, chiedono al Governo con una interpellanza di adoperarsi per garantire “trasparenza e correttezza” nella procedura di valutazione ambientale (cosa che quasi mai si è vista a quei piani del palazzo) e soprattutto “di assicurare l’assoluta indipendenza dei membri della commissione Via, evitando ogni indebita ingerenza nella decisione finale”. Cosa che si è vista ancora meno, sempre in quei famosi piani del palazzo.
Gli ambientalisti intanto stiano in campana e ricordino che anche il Mose ce lo hanno fatto senza neppure passare per la Via! La definitiva bocciatura dell’Ispra dello scavo del Contorta è certo un rigore a nostro favore ma adesso bisogna buttare la palla dentro e lo faremo sabato 9 maggio, a Venezia, se saremo in tanti a manifestare contro le Grandi Navi, contro la mafia e il sistema corrotto che ci sta sotto. E’ il momento giusto per chiudere la partita. Non lasciamoci sfuggire l’occasione.
Di seguito il comunicato di Ambiente Venezia
Ecco il Documento ISPRA che analizza le Risposte dell’Autorità Portuale alle richieste di Integrazioni della Commissione VIA – e Rileva una marea di Criticità residue del Progetto Contorta
In allegato anche un’ interrogazione dei senatori Casson e Puppato sull’argomento
L’associazione Ambiente Venezia ritiene utile rendere noto un documento dell’ ISPRA ( Istituto Superiore per la Protezione e per la Ricerca Ambientale ) da cui emerge un articolato giudizio decisamente negativo sul progetto di “Adeguamento via acquea di accesso alla stazione marittima di Venezia e riqualificazione delle aree limitrofe al canale Contorta- S.Angelo “.
Con una rigorosa analisi l’Istituto relaziona su ognuna delle 134 richieste che nel corso della procedura la commissione VIA ha formulato all’ Autorità Portuale di Venezia mettendone in evidenza tutti gli aspetti critici ( le cosiddette “ criticità residue “ ) che connotano inequivocabilmente ed in modo definitivo la condanna del progetto in esame.
Vengono vagliati nel dettaglio i vari temi quali: – il quadro progettuale,-la modellistica impiegata,-gli aspetti dell’idrodinamica e della morfologia,-lo stato dei sedimenti e delle opere di mitigazione e compensazione per la realizzazione di velme e barene,-i vari tipi di inquinamento e la salute pubblica,- la perdita di habitat prioritario e il conflitto con le direttive europee ,-le componenti della vegetazione, flora, fauna ,pesca e molluschicoltura,- l’aggiornamento della Valutazione di Incidenza,-ecc.
Gli elementi valutati per la loro valenza riconosciuta “ importante e significativa “ pongono questioni irrisolvibili di carattere ambientale e rendono così il progetto irrealizzabile: in oltre l’80% delle componenti si riscontrano giudizi di “insufficienza”, “ la risposta non è esaustiva” , “la risposta non soddisfa la domanda”, “elementi incompleti ed incoerenti “, ecc. In termini meno tecnici ciò significa la pietra tombale del Contorta-S.Angelo.
Si confermano così, e per alcuni versi si esaltano, i contenuti di tante osservazioni già inviate alla commissione Via dal mondo civile e scientifico ( tra cui la scrivente associazione ) e soprattutto si deve subito ottemperare al volere della cittadinanza che ha sempre contrastato questo disastro lagunare e indica realisticamente quella soluzione alternativa alla bocca di Lido già definita progettualmente che nel mantenere l’attività crocieristica a Venezia riesce a coniugare lavoro e salvaguardia dell’ecosistema lagunare.
In tale contesto si ringrazia il senatore Casson e la senatrice Puppato che hanno presentato prontamente una interrogazione in materia che trovate in allegato e che provvederemo a diffondere via e-mail e via facebook negli indirizzari con i quali siamo collegati.
Allegati:
ISPRA – Istogramma sulle criticità residue – Progetto Contorta
Relazione ISPRA su Contorta Integrazioni
Interrogazione Senatori Casson e Puppato su Progetto Contorta S
Una malora da mezzo miliardo. Viaggio nella Ghost Town di un G8 nato morto
17/04/2015EcoMagazine
Invece c'è solo da incazzarsi.
Ed i primi ad incazzarsi sono loro, gli abitanti dell'isola che ha la disgrazia di trovarsi, sia pure di poco, più vicina alla Sardegna italiana che alla Corsica francese. "Perché in Corsica non si fanno mettere i piedi in testa dallo Stato centrale come da noi - mi racconta un'amica sarda - Là han messo le bombe e si sono conquistati una forte autonomia, così che possono decidere loro sulla loro terra. Cosa che da noi è impossibile. Guarda quello che è successo qui, alla Maddalena. il Governo ci ha messo nelle peste realizzando strutture inutilizzabili per un G8 mai arrivato e poi ha lasciato la gatta da pelare alla Regione Sardegna che non ha i soldi per ristrutturare tutto ma deve comunque spenderci perlomeno 3 milioni all'anno per la manutenzione minima e, addirittura, per pagare l'Imu a quello stesso Stato che l'ha messa nelle peste".
G8, Grandi Opere, Basi militari e altre porcherie
Quella che andiamo a raccontare è una brutta storia che ci ha dentro un po' di tutto il pattume che sta infangando anche il Continente (come da queste parti chiamano il resto d'Italia). Ci sono le tangenti, il malaffare, il G8, la corruzione, lo spreco di denaro pubblico, la malapolitica, l'inquinamento, la devastazione ambientale, il ricatto "lavoro o ambiente", le Grandi Opere e pure la base americana. E partiamo proprio dalle Stelle e Strisce.
Finita la guerra, la marina Usa si insedia alla Maddalena e in alcune isole circostanti per impiantare una base super segreta. Non nel senso che nessuno sa dove sia, ma che non si ha idea di quello che ci fanno dentro. Tanto è vero che i rilievi ambientali sulla qualità dell'acqua che sono stati eseguiti, non all'interno delle basi top secret, ovviamente, ma nelle prospicienti coste sarde, hanno sempre rilevato una forte contaminazione da mercurio e idrocarburi. Una indagine di Legambiente nei primi anni del 2000 ha confermato valori di radioattività di gran lunga superiori alla norma e ha rilevato nelle acque tracce di plutonio.
Eppure, più che gli italiani, a preoccuparsi e ad incavolarsi sono i francesi. Nei giornali transalpini, trova grande eco la notizia delle tracce di torio 234 rilevate in quantità anomala, in campioni di alghe raccolte lungo le sponde corse. Il torio, ricordiamolo, è una sostanza inquinante e radioattiva, figlia dell’uranio impoverito per le armi nucleari. Il tutto alla faccia dello Stato Italiano che casca dalle nuvole. Interrogazioni e richieste di spiegazioni da parte di deputati e senatori più francesi che italiani, ottengono soltanto un netto "no comment" da parte della marina Usa che a casa sua, anche quando sarebbe casa degli altri, è abituata a fare quel cavolo che gli pare.
Dollari e bistecche
Fatto sta, che la base e la forte presenza di militari nordamericani condizionano pesantemente l'economia dell'isola, abitata da poco più di 10 mila persone. Tutti alla Maddalena lavorano per gli americani e nelle edicole è più facile trovare il Washington Post che il Corriere della Sera. I marinai pagano in dollari e nessuno si sogna di protestare per il torio. Arriviamo al 2007. Gli scenari della guerra globale sono cambiati e anche la Casa Bianca si accorge che una base navale nel canale di Bonifacio non serve più a un beato cazzo. Così, gli Usa ringraziano e se ne vanno. Senza peraltro curasi di lasciare i cessi puliti o di bonificare l'area inquinata. Di più, senza neppure spiegare cosa e come aveva causato l'inquinamento.
Se per tanti sardi al di là del canale, la partenza delle navi di Zio Sam è un sollievo, per i maddalenini è la crisi nera. Tutta l'isola si ritrova improvvisamente nelle proverbiali braghe di tela. "Tutti noi lavoravamo con i soldati americani - mi spiega una ragazza che oggi gestisce un b&b -. Io facevo la cameriera in un locale. I soldati ordinavano solo bistecche e patatine, ma pagavano senza fiatare e tutte le sere c'era il pienone nel mio come negli altri locali. Oggi non sono rimasti in piedi neppure un quarto dei ristoranti che c'erano allora. Tanti della mia generazione sono dovuti partire per il continente. Il turismo locale non è bastato a coprire l'uscita di scena dei militari. Anche perché tutte le nostre strutture turistiche erano conformate a quel tipo di clientela. Gli yacht poi, non arrivano perché le acque sono inquinate e piene di barriere sommerse".
Prima Prodi e poi Berlusconi. Le disgrazie non vengono mai da sole
I maddalenini si sono accorti di punto in bianco, sulle loro tasche, che una economia incentrata su una presenza militare alla lunga non paga. Alla fine dei conti, si sono trovati a gestire isole impestate di caserme e mega strutture di guerra, un mare inquinato da non-si-è-ancora-capito-bene-cosa, senza prospettive future e senza più entrate presenti. Come si dice: cornuti e mazziati.
Come se non bastassero le disgrazie, ci si mette pure Romano Prodi che nel 2008 è presidente del Consiglio. Ecco la sua soluzione: "Risarciremo i maddalenini trasformano le strutture Usa in grandi alberghi per ospitare il G8 del 2009. Finito il summit, alberghi e yacht club saranno il volano per far ripartire l'economia dell'isola". Evviva, evviva.
Prodi non lo sapeva, ma qualcuno nel suo stesso Governo lavorava per fargli le scarpe, e non toccherà a lui concludere l'operazione Maddalena. A Palazzo Chigi sale tale Silvio Berlusconi, la corruzione fatta uomo, che coglie la palla al balzo e, con la scusa di velocizzare i lavori per il G8, vara una leggina che avrebbe fatto arrossire di vergogna anche la Repubblica Popolare della Corea del Nord: la gestione degli appalti per il G8 viene affidare alla... Protezione Civile! Non vi sto a dire che era il capo della Protezione Civile all'epoca. Anzi, ve lo dico: tale Guido Bortolaso che riesce a spendere in un anno o poco più 470 milioni di euro, lampadario di Zaha Hadid compreso.
Con la regia di Bortolaso, i costi lievitano come una torta paradiso in forno di circa il 60 per cento del previsto. In campo scende anche la Mita Resort, una società che fa riferimento ad Emma Marcegaglia che era appena diventata primo presidente donna di Confindustria. La Mita si aggiudica l'appalto col collaudato sistema del "un solo partecipante, vittoria sicura, nessuno protesta e tutti contenti".
Lo scippo del G8
C'è da dire, rispetto alle perennemente inconcluse Grandi Opere dai Grandi Crolli cui siamo abituati negli ultimi tempi, che alla fine la premiata ditta Bortolaso&cricca riesce a sistemare tutto per la partenza in grande stile. Soltanto che il G8 non si farà più alla Maddalena.
Il 6 aprile del 2009 un terremoto devasta l'Umbria. Il Berlusca coglie la palla al balzo. Alla Maddalena oramai i soldi pubblici erano stati spesi, le tangenti distribuite, la cricca dei Grandi Eventi accontentata. Non c'era quindi motivo di continuare un progetto che, tra le altre cose, era stato voluto dall'odiato predecessore Romano Prodi. All'Aquila, al contrario, con la ricostruzione si apre un'altra mangiatoia mica da ridere (e questa è un'altra storia). Così, all'ultimo momento, il G8 viene deviato verso il capoluogo umbro.
Per i maddalenini è un'altra mazzata. Il Berlusconi prova a tranquillizzarli (ed a tranquillizzare la Marcegaglia che già minacciava di levare l'appoggio di Confindustria al Governo). "Faremo alla Maddalena una decina di grandi eventi all'anno" dice. Non dice però quali. Nel 2011, parte una specie di "stagione turistica d'apertura" ma le mega strutture rimangono vuote. Al Grand Hotel Carlo Felice si sono dimenticati di fare il parcheggio, non c'è la piscina ma in compenso hanno lasciato i muri alti circondati da filo spinato da caserma. Il posto era un ex ospedale militare e le ristrutturazioni fatte alla cazzo di cane non sono riuscite a cambiarne l'aspetto inquietante. Di clienti non si vede neppure l'ombra. Un po' meglio al super ultra mega hotel La Maddalena, gestito dalla Mita (che si è guardata bene in fase di concessione da accollarsi quella bruttura dell'ex ospedale). Ma anche qui la clientela ricca preferisce frequentare la vicina e più esclusiva Costa Smeralda, senza sbattersi in scomodi traghetti, per frequentare i poveri - dal loro punto di vista - locali maddalenini ancora tarati sul gusto "bistecche e patatine" dei marinai Usa. Senza contare che nessuno è tanto fesso da ancorare la sua barca allo Yacht Club sempre in attesa di bonifiche dove rischio, oltre alla salute, anche la chiglia della barca sui dissuasori sommersi che gli americani han lasciato in eredità.
Per farvela breve, la stagione d'apertura è un fallimento completo. Gli hotel aprono e chiudono subito.
Arrivano puntuali gli scandali. E che altro?
E questo è anche l'ultimo tentativo di rilanciare le mega strutture realizzate per quel G8 fantasma. In quello stesso anno, gli scandali investono Bortolaso. Viene a galla il marciume nascosto sotto i Grandi Eventi. Anche il Berlusca se ne va.
A finir nelle rogne è pure la Mita Resort che, oltre all'inchiesta della magistrature, si trova a gestire una serie di strutture non soltanto inutilizzabili ma anche costosissime da mantenere. L'azienda fa causa alla Protezione Civile per i mancati guadagni e il tribunale accoglie in parte le sue richieste, condannando l'ente che non ha soldi neppure per salvare i paesi delle frane, a pagarle 39 milioni di risarcimenti. Per adesso, perché altre cause sono in corso. Intanto, la Mita Resort si guarda bene dal pagare la concessione di 65 mila euro all'anno pattuita con la Regione, sostenendo che le strutture sono impraticabili per via della mancata bonifica. La faccenda tra corsi, ricorsi e vari gradi di giudizio è ancora in mano agli avvocati. Categoria questa, che non conosce crisi soprattutto in tempi di crisi.
Come se non bastasse, cala la scure del patto di stabilità
Qualche anima candida tra i lettori potrebbe obiettare: "Ma non sarebbe una mossa intelligente completare le bonifiche così da far ripartire perlomeno il porto? Per non parlare della salvaguardia della salute di isolani e turisti". Giusto. Ed è per questo che nel 2013 lo Stato ha designato il Comune della Maddalena come soggetto attuatore delle bonifiche, stanziandogli il ragguardevole finanziamento di 11 milioni di euro. Finanziamento di cui il Comune ha sentito appena l'odore, perché il patto di stabilità gli ha chiuso i cordoni della borsa meglio di una cassaforte svizzera. I soldi ci sono ma non ci sono.
Senza le indispensabili bonifiche, chi ci rimette economicamente, maddalenini a parte, è soprattutto la Regione Sardegna che, tra Imu allo Stato e le pur minime manutenzioni alle enormi strutture, che ugualmente cadono a pezzi giorno dopo giorno, butta ogni anno 3 milioni di euro. Senza contare gli stipendi al personale - una dozzina di persone - impegnato a sorvegliare alberghi, moli e club.
Anche se tutto sta andando alla malora, una guardia è comunque necessaria. Ci sono i gruppi elettrici da far funzionare, i giornalisti da allontanare, le ricche attrezzature turistiche da sorvegliare. Beni di ultra lusso per circa 9 milioni di euro.
Senza contare l'immenso quanto assurdo lampadario firmato dalla Zaha Hadid che non deve mai essere perso d'occhio. Fosse mai che qualche maddalenino se lo volesse appendere in camera sua.
Venezia, la laguna, lo scempio
11/04/2015EcoMagazine, Global Project
L'occasione dell'incontro, organizzato dal comitato No Grandi Navi - Laguna Bene Comune, è stata la presentazione del libro bianco "Venezia, la laguna, il porto e il gigantismo navale", Moretti & Vitali editore, scritto da Gianni Fabbri e Giuseppe Tattara. Più che un libro, una testimonianza ricca di dati, statistiche e studi scientifici sul terrificante impatto che queste specie di speculazioni edilizie galleggianti hanno sulla nostra laguna. O su quel che ne resta.
Proprio il grande divario tra saperi, studi scientifici e la retorica vuota, e qualche volta anche becera, dei portavoce stipendiati dalle multinazionali crocieristiche è stato sottolineato nell'intervento di Francesco Vallerani, docente di Ca' Foscari. Vallerani ha parlato con metafore molto convincenti di come sia indispensabile "decostruire una visione cornucopiana delle economia" e passare "all'estetica dell'etica" per combattere "lo sfregio, più che il consumo del suolo. Perché da certe devastazioni non si torna più indietro se non con una nuova glaciazione".
L'incontro è stato presentato dall'ambientalista Luciano Mazzolin che ha ricordato quanto è stato fatto, sia in termini di raccolta firme che di esposti alla magistratura e ricorsi al Tar, dai No Grandi Navi. Soprattutto, di quanto rimanga ancora da fare per tenere questi condomini galleggianti fuori della laguna, considerato che la nuova stagione crocieristica è già cominciata e puntualmente sono cominciati gli incidenti e l'inquinamento. Come quel cimaiolo rotto della Neo Classica, Costa Crociere, che è si è fatta tutto il canal della Giudecca sputando fumo nero come una carboniera di due secoli fa.
Una inutile e controproducente caduta di stile, va segnalata, invece nella scelta del relatore che ha introdotto il dibattito. Tale Domenico Luciani della Fondazione Benetton (avete letto bene! Benetton!) che, prima di pontificare sulla "vocazione acquatica" di Venezia - pensate un po' che novità! - con un chilometrico intervento non sappiamo dire se più banale o inutile, potrebbe anche farsi qualche domanda sulle violenze assassine che i suoi padroni stanno perpetrando contro i mapuche della Patagonia oppure sullo stupro di un palazzo storico come il Fondaco dei Turchi, nel cuore di Rialto, per farne un centro commerciale. E tutta la gente in sala a domandarsi "ma chi l'ha invitato 'sto trombone qua?"
In attesa di una risposta, la parola è passata all'economista di Ca' Foscari Jan van der Berg. Citando proprio gli studi di Paolo Costa, che ha fatto le pulci al "turismo povero" portato dalla Grandi Navi. "Un turismo che porta benefici a pochissimi contro rilevanti danni alla collettività". Un bilancio negativo che nessun economista serio potrebbe prendere in considerazione ma che è comunque figlio della stessa economia "cornucopiana", la definirebbe Vallerani, che genera le Grandi Opere. E pure la crisi.
Chiusura per Gianni Fabbri, coautore del volume. Nel suo appassionato intervento ha spiegato come il progetto Contorta preveda non solo lo scavo di un nuovo canale ma anche la sua arginizzazione per contenere la spinta idrodinamica delle navi. Unica soluzione accettabile, afferma, è tenere le Grandi Navi fuori dalla laguna. "Questi sono dati scientifici che nessuno mette in discussione ma che una politica schiava dell'economia preferisce ignorare".
La politica è proprio il punto cardine della questione. Una politica che deve slegarsi da una economia in crisi per non finire essa stessa in crisi. Una politica che deve tornare nella mani della cittadinanza attiva. In questo senso, chiudiamo con l'appello di Marta Canino del laboratorio Morion per la manifestazione del 9 maggio. "Il comitato No Grandi Navi ha saputo darsi in questi tre anni autorevolezza, conoscenze ed indipendenza. Tutto questo lo ha posto al servizio della città. Gli scandali come quello del Mose e del Consorzio che sin dall'inizio abbiamo denunciato, ora sono venuti a galla ma il ricatto cui Venezia è sottoposta è sempre lo stesso. Eppure, tutto il dibattito politico sembra adagiarsi su chi sarà il futuro sindaco. La manifestazione del 9 è l'occasione per riprendere voce ed aprire spazi al di là degli schieramenti dei partiti per dire quale è la democrazia e la Venezia che vogliamo costruire".
Idee a confronto per una politica che non sia più serva dell’economia
29/03/2015EcoMagazine
Mattinata dedicata agli approfondimenti con Gianfranco Poliandri (No Tav Brennero), Mattia Donadel (Opzione Zero) e i giornalisti Ernesto Milanesi e Sebastiano Canetta. Nel pomeriggio, spazio agli interventi dei presenti. Nel mezzo, un ottimo pranzo targato “genuino e clandestino” che certo non ha favorito la ripresa dei lavori.
Senza dilungarci sulle varie relazioni, a molte delle quali daremo spazio in questo nostro sito, sottolineiamo brevemente come la relazione di Poliandri abbia tracciato un esaustivo schema di funzionamento del perverso sistema delle Grandi Opere, mettendo in evidenza come non abbia fondamento alcuno la giustificazione secondo queste favoriscano gli investimenti dei privati. In realtà, il capitale privato è plurigarantito, non solo nelle perdite, ma anche nei mancati guadagni dal pubblico. “Un sistema di ingegneria finanziaria che non a caso è figlio di Tangentopoli e di una politica che ha legalizzato la tangente” ha concluso lo studioso.
Mattia Donadel si è soffermato sul concetto, che continuano a propinarci senza pietà, secondo il quale le grandi opere favorirebbero la ripresa economica. Niente di più falso. “I potentati multinazionali che traggono vantaggio da queste devastazioni ambientali sono solo scatole finanziarie vuote che non producono valore ma che speculano sul valore. Bolle bancarie che scaricano i rischi ed i costi verso il basso, verso le imprese che ancora lavorano con la produzione di opere o servizi e che, a loro volta, rispondono con precarizzazione sperando di riuscire a fagocitare perlomeno le briciole della commessa. Le grandi opere sono quindi funzionali a questo sistema malato che lo alimentano e se ne alimentano, trasformando in valore non più il lavoro o la produzione ma il patrimonio pubblico, l’ambiente, i diritti, il welfare”.
A chiudere la mattinata, i due giornalisti che sono entrati nella notizia citando fatti, storie e nomi di un sistema che, a differenza dei tempi di Tangentopoli, oggi lavora alla luce del sole protetto da una legge che colpisce - ogni tanto e sempre in ritardo - le cosiddette “mele marce” ma non sfiora mai l’albero che le produce.
Amministratori locali sempre più nel mirino del crimine. Ne parliamo con Gianfranco Bettin, uno di quelli sotto tiro
13/03/20152020VE, Articolo 21, Frontiere News, Lo Straniero
Anche “Avviso Pubblico”, l’associazione tra amministrazioni pubbliche che promuovono la legalità e la lotta alle mafie, registra il preoccupante fenomeno. L’ultimo Rapporto, del 2014, registra un aumento del 66% rispetto al 2010 degli atti intimidatori. L’80% avviene al sud ma anche al nord ormai il problema si pone in modo inquietante. Nel Veneto sono 9 i casi censiti. Di questo quadro allarmante parliamo con Gianfranco Bettin, sociologo e scrittore, attivista politico e ambientalista ma anche più volte amministratore pubblico a Venezia con deleghe alle politiche sociali e all’ambiente, uno degli amministratori del Nord più sotto attacco, per anni sotto scorta, definito da “Avviso Pubblico” nel suo ultimo rapporto “un amministratore storicamente impegnato nella difesa dell’ambiente e contro la criminalità”.
Sono dati molto preoccupanti, no? Anche per la “risalita” al Nord e nel nostro Veneto di questa escalation di attacchi e intimidazioni.
Secondo me, il dato è ancora sottostimato. Credo che si basi su ciò che viene segnalato da interrogazioni parlamentari. Ma molto sfugge. Mi baso sulla mia esperienza: dagli atti citati nei report che mi riguardano mancano diversi episodi: le minacce contro mia madre, scritte intimidatorie apparse in varie parti della città, diverse intimidazioni a domicilio. Certo, quelle registrate bastano a farmi entrare in classifica, diciamo così, per sdrammatizzare. In realtà, voglio dire che molto probabilmente il fenomeno generale è più esteso e, dunque, più preoccupante.
A cosa pensi sia dovuto?
Intanto al fatto che molti amministratori locali fanno il loro dovere. A fronte di qualcuno che, qualità del lavoro amministrativo a parte, si comporta da disonesto, ce ne sono moltissimi che fanno il loro dovere anche rischiando. Bisognerebbe rammentarlo a chi blatera contro la politica e gli amministratori in generale. Anche a Venezia. Poi c’è il fatto che, oggi, gli amministratori sono in prima linea comunque, sul fronte dei bisogni dei cittadini, con scelte difficili e cruciali da assumere, con interessi potenti da contrastare. Lo Stato li lascia spesso soli, togliendo risorse e poteri, e facendone dei capri espiatori (pensiamo al feroce Patto di stabilità che devasta i bilanci comunali o alle regole farraginose che imbrigliano l’azione amministrativa e la subordinano a pareri e poteri sovradeterminati, spesso opachi, sempre autoreferenziali).
Ma c’entra anche la crescita dei poteri criminali, no? La loro risalita al Nord.
Certo. Sia quelli “in guanti bianchi”, e qui a Venezia e nel Veneto, ne abbiamo avuto un esempio lampante con le vicende del Mose e delle truffe sulle bonifiche a Marghera (il capitolo più infame di quella storia infame), sia quelli “senza guanti”, anche se spesso tendenti a mimetizzarsi. Qui da noi, ad esempio, la gang del Tronchetto, e i suoi possibili ammanicamenti mafiosi, o quella degli appalti, con sicuri legami mafiosi, come nel settore dello smaltimento rifiuti e terre di scavo, o del riciclaggio nell’edilizia, nel turismo e nel commercio. Oltre, ovviamente, ai racket del narcotraffico e dello spaccio di strada, della prostituzione e perfino dello sfruttamento dei mendicanti e alle più ovvie rapine, scippi, furti, prepotenze varie.
Tu hai avuto e hai a che fare un po’ con tutti costoro. E’ inevitabile?
E’ inevitabile se entri a fondo nelle dinamiche della città, se non ti limiti ad agire in superficie. Se non chiudi gli occhi o non giri lo sguardo da un’altra parte. Un amministratore locale non lo deve fare. ma con questi ambienti loschi mi sono scontrato anche prima e dopo aver avuto ruoli amministrativi e istituzionali. Anche da semplice cittadino o da attivista ci si può impegnare contro questi nemici della sicurezza, della legalità e della convivenza civile. Tra costoro, beninteso, ci metto anche fascisti e razzisti.
Te ne sei mai pentito?
No.
Tempo fa, dopo qualche ennesimo attacco, hai dichiarato di non volere la scorta. Perché?
L’ho avuta per diversi anni, è pesante. In Italia, poi, se proprio non ti ammazzano (e anche in quel caso…), dopo il primo momento di solidarietà, si comincia a malignare, a guardare male gli stessi agenti che ti tutelano. Mi era diventato insopportabile, per il rispetto e la gratitudine che provavo per il loro lavoro. Piuttosto, mi chiedo se vale la pena di rischiare, di mettere in pericolo te stesso e chi ti sta vicino, in un paese di ciarlatani maligni capaci di dire che perfino Falcone l’attentato all’Addaura se lo era fatto da solo, o che Saviano è un mitomane, e via infamando. Non sto parlando dei fuori di testa che impestano il web, o dei calunniatori da mouse, o dei buontemponi che buttano tutto in vacca, disgustosi comunque. Sto parlando di chi fa finta di non vedere il tuo lavoro, il tuo rischio, e sparge veleni e allusioni e quando può ti calunnia. Accade a tutti gli amministratori esposti al pericolo, oggetto di campagne di delegittimazione.
Come mai?
Per interesse, da parte dei nemici politici (o dei loro nemici criminali o malavitosi). O perché essi sono la prova vivente dell’ignavia e a volte del fallimento di chi è bravo solo a cianciare e quindi vorrebbe denigrarli, ucciderne immagine e reputazione. Lo ha ben documentato proprio Roberto Saviano, ma è esperienza corrente di chiunque si trovi esposto da un lato agli attacchi dei criminali o dei fuori di testa e dall’altro all’azione denigratoria di questi cialtroni. Scarabei stercorari, senza la bellezza e l’ingegno di quegli ottimi insetti (pure buoni astronomi, si muovono seguendo la traccia in cielo della Via Lattea, lo sapevi?). Di essi - degli umani stercorari, intendo - potremmo dimenticarcene, se non fosse che il loro sporco lavorìo mette ancor più in difficoltà chi lavora onestamente nelle istituzioni e sul territorio e coerentemente contrasta malavita e crimine organizzato così come i poteri forti e loschi.
Insomma, vale la pena.
Non lo so, se ne vale la pena. So che è giusto.
Da Atene a Venezia. La sfida dell'Europa democratica alla Troika
13/03/2015In Comune
Di tutto questo si discusso nell'incontro svoltosi ieri sera al Palco di Mestre. ospite d'onore il giornalista greco Dimitri Deliolanes che ha presentato il suo libro "La sfida di Atene", Fandango Editore. Sul palco, a dialogare con Deliolanes, il candidato sindaco Felice Casson e l'ambientalista Gianfranco Bettin. A presentare la serata organizzata da 2020Venezia e In Comune, Beppe Caccia. Il compito di fare domande e di stimolare il dibattito è toccato a Silvia Zanini (Verdi Green Italia), Federico Camporese (Sel) con Barbara Del Mercato e Federico Della Puppa per 2020Ve.
"Perché a poche ore dalle primarie presentiamo un libro sulla Grecia? - si interroga Beppe Caccia - Perché anche nella nostra città stiamo sperimentando sulla nostra pelle le stesse politiche che la troika ha imposto alla Grecia".
Anche l'ambientalista Gianfranco Bettin sottolinea il filo che lega Venezia ad Atene. "Un filo che ha la capacità di aiutarci a districare quel groviglio che è diventata la politica italiana. Quello che c'è in ballo ad Atene non è solo la negoziazione di alcuni vincoli economici ma il futuro stesso della democrazia in Europa. Se fallisce Tsipras, sia per problemi interni al suo partito che per gli ostacoli che i poteri forti gli stanno parando davanti, non perde solo la Grecia ma perdiamo tutti. La vera sconfitta sarà la nostra idea di un'altra Europa e di una economia diversa".
Sul tema dei rapporti tra economia e politica si è soffermato anche Felice Casson: "Torno adesso da un incontro con i lavoratori di Porto Marghera. Là si sono visti gli effetti di una politica che ha rinunciato al suo ruolo demandando la programmazione agli industriali con il risultato di aumentare disoccupazione e consumo del territorio". Casson ricorda di non aver votato né lo Jobs Act né il decreto sull'Ilva. Sulla Grecia sottolinea che la vera partita "non è la politica economica di questo Stato ma la democrazia" e lancia un appello alla città perché trovi la forza di ripartire "da quanto di buono si è fatto in questi anni anche da ottimi amministratori, come troviamo esempi in questo stesso palco".
Microfono infine a Deliolanes che ha raccontato come proprio la crisi abbia spazzato via il centrosinistra e spinto verso le svastiche della destra estrema un centrodestra che qualche anno fa si poteva definire moderato. "Questo ha aiutato il formarsi di una sinistra radicale che è riuscita però, grazie ad Alexis Tsipras, a dialogare con tutto il Paese. Una sinistra che ha creato una rete di sostegno che per tanti greci è stata la sopravvivenza. La vera sfida di Atene non è l'uscita dell'euro. Nessuno di noi lo vuole e sappiamo bene che ne usciremmo massacrati. La nostra vera sfida è riportare la democrazia in Europa superando la dittatura dei mercati. Se vince Tsipras, vincerà tutta l'Europa, se perde Tsipras, perderemo tutti".
La domanda inevitabile a questo punto è: perché in Italia non si riesce a creare una sinistra simile e l'unico risultato ottenuto dalla crisi è il grillismo? "Domanda difficile -ammette Deliolanes -. In Grecia, dove è stata inventata la parola 'politica', trovo difficoltà anche a spiegare cosa sia il grillismo. Lo stesso concetto di 'antipolitica' non ha traduzione nella mia lingua. La politica è una cosa di tutti. Come si fa a starne fuori? E come faccio a spiegare che un comico si è stufato di fare il comico e vuole fare politica partendo dall'antipolitica? Così come è difficile spiegare in greco che un imprenditore scende in campo a fare politica attaccando proprio la politica..."
E' una questione di lingua, dice Deliolanes.
E' anche una questione di cultura politica, diciamo noi. Che la democrazia sia nata in Grecia non è un caso. Che tocchi oggi alla Grecia difenderla dalla dittatura dei mercati, non è un caso neppure questo.