In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.
Democrazia sospesa. 2020Ve porta il “caso Venezia” davanti al commissario Vittorio Zappalorto
18/09/20142020VE, In Comune
In condizioni in cui alle istituzioni più vicine ai cittadini come i Comuni viene di fatto impedito di governare perché viene loro negato lo strumento finanziario, si può ancora parlare di democrazia?
I tagli al bilancio che penalizzano tanto i servizi alla cittadinanza quanto il giusto salario dei dipendenti comunali, sono solo l’ultimo gradino di quello che oramai possiamo definire virgolettato il “caso Venezia”: una città commissariata per colpe non sue, considerato che il sistema politico affaristico che ruotava e che tuttora ruota attorno al Mose ha travolto con il sindaco Orsoni una Amministrazione comunale che dallo scandalo non è stata neppure sfiorata, mentre il Consorzio Venezia Nuova e la Regione Veneto, che sono stati il cuore del malaffare, sono ancora là a spadroneggiare. Una città abbandonata a quegli stessi “poteri forti” che hanno corrotto e devastato. Una città cui ancora non è dato sapere con certezza quando potrà tornare al voto per eleggere un nuovo sindaco. Magari uno che non abbia mai avuto a che fare col Consorzio, stavolta!
Tagli al bilancio e scavo del canale Contorta sono solo gli ultimi due attacchi ad un welfare e ad un ambiente oramai considerati al pari di carne da macello.
Su questi temi, decisivi per il futuro della nostra comunità, le associazioni e le forze politiche che stanno dando vita al progetto 2020VE hanno deciso di incalzare l’amministrazione commissariata e, più in generale, di animare il dibattito e la mobilitazione sul territorio.
Una delegazione del progetto 2020VE, composta da Beppe Caccia (associazione In Comune), Federico Camporese (Sinistra Ecologia e Libertà) e Luana Zanella (Verdi Green Italia), ha infatti incontrato ieri mattina a Ca’ Farsetti il commissario straordinario Vittorio Zappalorto per denunciare l’ennesima grave forzatura compiuta dall’Autorità Portuale, che ha presentato un devastante progetto per lo scavo del canale Contorta, scegliendo un percorso “semplificato” che riduce i tempi a disposizione per l’analisi critica e cancellando ogni momento di partecipazione pubblica al processo.
Al commissario la delegazione ha denunciato il ruolo di quei poteri forti (Consorzio Venezia Nuova, Porto e Aeroporto) che operano sul territorio cittadino imponendo le proprie scelte fuori da ogni legittimazione democratica, chiedendogli di intervenire col Governo per ristabilire la corretta procedura di Valutazione d’Impatto Ambientale e di coinvolgere, nella scelta delle soluzioni alternative, istituzioni scientifiche indipendenti incentivando momenti pubblici di confronto aperti alla partecipazione di cittadini, associazioni e movimenti.
La delegazione di 2020VE ha ribadito al commissario anche la contrarietà all’ipotesi, contenuta nel Bilancio 2014 presentato l’altro ieri, di pesanti tagli ai servizi alla cittadinanza e al salario dei dipendenti comunali, segnalando le irreversibili conseguenze sociali che questi comporterebbero.
Al prefetto Zappalorto è stato chiesto di farsi urgentemente carico dell’apertura con il Governo nazionale di un confronto risolutivo sul “caso Venezia”, a partire dall’ingiustificata penalizzazione subita negli ultimi quattro anni dalla Città da parte dello Stato centrale. Venezia ha bisogno di un intervento straordinario, cominciando dalla cancellazione delle sanzioni ingiustamente applicate per lo sforamento del Patto di Stabilità e dal recupero delle ingenti risorse economiche sottratte alla città da quell’apparato di malaffare chiamato “sistema Mose” che, ne siamo sicuri, passerà nella storia di Venezia come l’invasione degli unni è passata in quella dell’Impero Romano.
2020Ve lancia una petizione per restituire a Venezia i soldi saccheggiati dalla cricca del Mose
3/09/2014EcoMagazine, In Comune
Quello che i veneziani chiedono a Matteo Renzi è innanzitutto un “atto di innovazione e di coraggio” che parte da un presupposto consolidato. Come risulta dalle recenti indagini della Magistratura, “ampia parte delle risorse stanziate dallo Stato per Venezia” sono state “gestite, senza alcun effettivo controllo, dal Consorzio Venezia Nuova e finite ad alimentare il cosiddetto ‘sistema Mose’”. Una palude di commistioni affaristiche e politiche che hanno inquinato tanto la società quanto l’ambiente dirottando denaro pubblico verso interessi privati e malavitosi.
Non sarebbe quindi più giusto se il Governo restituisse alla città, una quota delle “spese generali di gestione” del Consorzio – la voce di bilancio dalla quale sono scaturite le principali tangenti – già stanziata per il completamento del Mose? Se solo questa percentuale scendesse dall’attuale 12 al 6 per cento, sarebbe possibile recuperare subito 75 milioni di euro da destinare al risanamento della situazione di bilancio del Comune per l’anno corrente oltre che costituire un avanzo attivo per il bilancio del 2015.
Questo è quanto chiede la petizione lanciata da 2020Ve (se legge “venti, venti, ve”), l’associazione promossa da In Comune, Sel e Verdi – Green Italia che vuole proporsi come un progetto aperto per costruire la Venezia che si incammina verso il traguardo del 2020. Per altre informazioni, potete collegarvi al blog dell’associazione, alla pagina FaceBook e al profilo twitter @2020Ve
Questo di seguito il testo integrale della petizione che potete sottoscrivere al seguente link
Al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e al Commissario Prefettizio Vittorio Zappalotorto
Signor Presidente, Signor Commissario,
Venezia condivide con tutti i Comuni italiani i problemi economici derivanti da anni di politiche di austerità, che hanno pesato quasi esclusivamente sulla finanza pubblica locale. Particolari difficoltà di bilancio sono poi derivate all’Amministrazione veneziana dalla scelta dei precedenti governi di destinare al solo progetto Mo.S.E. tutte le risorse per la salvaguardia previste dalla Legislazione speciale per Venezia e prima impiegate per la manutenzione della città e per la sua rivitalizzazione socio-economica. Le procedure di calcolo del rispetto del Patto di Stabilità interno hanno, per questo, ulteriormente penalizzato il Comune.
Dalle inchieste della Magistratura risulta che ampia parte delle risorse stanziate dallo Stato per Venezia e gestite, senza alcun effettivo controllo, dal Consorzio Venezia Nuova, sia finita ad alimentare il cosiddetto “sistema Mo.S.E.”. Non con solo le somme illegalmente distratte con la creazione di fondi neri a fini corruttivi, ma con i super profitti assicurati al Consorzio dalla concessione unica con il 12 per cento garantito al Consorzio su ogni trasferimento statale per le “spese generali di gestione” dei progetti. Un prelievo ingiustificato, se consideriamo che abitualmente ai general contractor di opere pubbliche viene riconosciuto non più del 6 per cento.
Ciò stride con le attuali difficoltà finanziarie del Comune di Venezia: per chiudere la parte corrente del Bilancio di previsione 2014 mancano infatti 47 milioni di Euro, una cifra risibile se paragonata all’enormità delle risorse sottratte dal Concessionario unico e dal sistema corruttivo emerso dalle inchieste giudiziarie. Ma è una cifra che si sta traducendo in conseguenze pesanti per la vita cittadina, con tagli al bilancio comunale che comporterebbero la chiusura o il drammatico ridimensionamento di numerosi servizi sociali ed educativi e nella penalizzazione delle retribuzioni dei dipendenti. Venezia corre il rischio di essere doppiamente vittima “sistema Mo.S.E.”. Noi crediamo invece che la città debba essere risarcita e che non debbano essere cittadini e lavoratori a pagare il prezzo più alto.
Per questo vi chiediamo di farvi carico di una concreta proposta. Nell’ottobre 2012 il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) ha stanziato oltre 1.250 milioni di Euro per il completamento del Mo.S.E.. In sede CIPE sono attualmente in discussione il trasferimento della penultima e ultima tranche di pagamenti al Consorzio Venezia Nuova, per 401 e 226 milioni di Euro. Se, con un provvedimento del Governo, la percentuale per le “spese generali di gestione” del Consorzio fosse portata dal 12 al 6 per cento si potrebbero accantonare oltre 75 milioni di Euro da destinare subito al risanamento della situazione di bilancio del comune per l’anno corrente e a costituire un avanzo attivo per il bilancio del 2015. Sarebbe il modo più corretto per risparmiare alla Città quelle tensioni sociali che scelte indiscriminate di tagli al welfare e alle retribuzioni dei dipendenti sicuramente comporterebbero.
Vi chiediamo perciò un atto di innovazione e di coraggio, che consenta a Venezia di voltare pagina.
Il Comitatone decide per Venezia. V.I.A. libera allo scavo del Contorta
8/08/2014EcoMagazine
Alla riunione svoltasi quest’oggi a mezzogiorno, hanno partecipato infatti tre ministri (Trasporti, beni culturali e Ambiente), Regione, Provincia, Magistrato delle Acque e Autorità Portuale. Del tutto assenti i rappresentanti del Comune - coloro cioè che i cittadini hanno votato appunto perché li rappresentassero in occasioni come queste - per il semplice fatto che i rappresentanti del Comune non ci sono più. Tutti a casa. Tutti commissariati per uno scandolo - quello del Mose - che, alla fin fine, come hanno ammesso gli stessi magistrati, riguardava il Comune solo di striscio (qualche centinaio di euro di finanziamento illecito dal Consorzio all’ex sindaco per la sua campagna elettorale contro Gianfranco Bettin alle primarie) ma, al contario, ha investito in pieno la Regione, dove nessuno si è sognato di dimettersi, il Consorzio e tutto il suo apparato tangentato e tangentaro, ministri e faccendieri compresi, che sono ancora alla plancia di comando. Tant’è vero che sono stati proprio loro a decidere la “soluzione” al problema della Grandi Navi. Ed è la soluzione che tutti gli ambientalisti temevano: il devastante “scavo del Contorta” che mette d’accordo compagnie marittime, autorità portuale, consorzio e imprese cementificatrici. A pagarne le spese sarà quanto rimane della laguna di Venezia. Sempre ammesso che possiamo ancora continuare a chiamarla “laguna”!
Lo scavo del Contorta: “Il solo progetto capace di allontanare le navi da San Marco mantenendo l'eccellenza crocieristica veneziana” ha dichiarato soddisfatto Paolo Costa, presidente dell’Autorità portuale, che dello scavo è stato sin dall’inizio il più accanito sostenitore e che è il vero vincente di tutta questa storia.
Certo, Il progetto dovrà prima essere sottoposto alla Valutazione di impatto ambientale. E grazie tante che non abbiamo ancora aperto l’autostrada della legge Obiettivo con la scusa di sveltire la burocrazia e di accelerare i finanziamenti. Ma non facciamoci illusioni sull’esito. Sappiamo bene come funziona il Via e come la commissione di valutazione ambientale sia sensibile alla pressione del potere politico ed economico.
“Una beffa che comporterà danni enormi. Una scelta compiuta in assenza di una democratica rappresentanza del Comune da quegli stessi Ministeri e quegli stessi enti che sono stati fino al collo condizionati dalla cricca del Mose - ha commentato in una nota Gianfranco Bettin già assessore all’Ambiente -. Si realizza così il sogno di certi poteri forti e di tutti i poteri marci: comandare su Venezia senza mediazioni, senza confronti o controlli da parte di un’amministrazione eletta. Si capisce così anche meglio perché non si voglia far votare la città al più presto, in autunno, per restituire pienezza di poteri e di rappresentanza al Comune, mentre ogni giorno, per impoverirla e destrutturarla, si denigra Venezia presentandola come un covo di parassiti e di privilegiati.
“Occorre ricostituire questa rappresentanza democratica al più presto, in modo che possa intervenire nella procedura di Via e che possa aprire il confronto con l’Autorità competente sul nuovo Piano regolatore portuale che assumerà le decisioni davvero strategiche - conclude l’ambientalista -. Oppure, che nominino un Podestà: sarebbe tutto più chiaro”.
"Non si illudano: questi signori - avverte Beppe Caccia - il blitz agostano del Comitatone si rivelerà una vittoria di Pirro. In tante e tanti impediremo con ogni mezzo la realizzazione di una nuova grande opera, che rischia di dare il colpo di grazia all’equilibrio idrodinamico della Laguna".
I comitati No Mose accolgono Renzi: «Il Cvn va sciolto»
9/07/2014Il Manifesto
«Se Renzi vuole davvero trovare una via di uscita alla palude di corruzione in cui è sprofondata Venezia — ha commentato Beppe Caccia, già consigliere per la lista In Comune con Bettin, nel disciolto consiglio comunale — deve ascoltare chi da oltre vent’anni denuncia questo sistema che mescola malaffare e malgoverno. Inutile cercare di scaricare tutte le colpe su Baita e Mazzacurati! Erano tutte le imprese che facevano capo al Consorzio a decidere chi spingere politicamente e chi corrompere per far proseguire un’opera come il Mose che non poteva essere realizzata se non bypassando tutte le procedure di tutela ambientale e di gestione trasparente dei fondi».
Tra le richieste che i comitati hanno portato a Renzi figura una moratoria su tutte le Grandi Opere attualmente in fase di realizzazione nel Veneto in attesa che la magistratura faccia chiarezza sull’uso dei fondi e che venga compiuta una verifica da parte di organismi indipendenti (cosa che per il Mose non è mai stata fatta) sull’effettiva utilità, sulla sostenibilità ambientale e sulla pericolosità della struttura.
L’assedio all’Arsenale si è concluso con l’occupazione dell’ufficio del Magistrato alle Acque, proprio ai piedi del Ponte di Rialto. Gli attivisti sono entrati nella sede e hanno letteralmente smontato ogni cosa: dai computer ai cassetti, dagli schedari ai quadri alle pareti. Un lavoro certosino che riveste un significato simbolico, come ci spiega Tommaso Cacciari del laboratorio Morion: «Abbiamo chiesto
a Renzi che il Magistrato alle Acque che si è rivelato uno dei cardini della corruzione (nell’elenco degli ultimi presidenti, è difficile trovarne uno che non abbia mai avuto le manette ai polsi, ndr)
e che fa capo direttamente al Ministero, venga sciolto per riversare le sue competenze all’interno del Comune di Venezia che è un ente più vicino ai cittadini». E così, tanto per portarsi avanti col lavoro, gli hanno smontato l’ufficio!
Una mattinata di ordinaria mobilitazione. Consegnato il dossier a Renzi, occupato il Magistrato alle Acque, smantellato l'ufficio
8/07/2014EcoMagazine
Uno spiegamento impressionante di forze che strideva con la storia della Serenissima. Lo stesso palazzo ducale infatti, non è stato concepito come un fortino e il doge non ha mai avuto una milizia a sua difesa proprio perché spettava ai veneziani decidere se abbattere o difendere la governanza a seconda del suo comportamento.
Oggi invece a difendere Matteo Renzi venuto ad inaugurare la Digital Venice Week (“settimana digitale veneziana”, una mostra sulle innovazioni informatiche scritta in inglese perché si crede che faccia più figo) c’era lo schieramento delle grandi occasioni.
I manifestanti sono riusciti comunque ad ottenere di far passare una delegazione per incontrare lo staff del presidente del Consiglio e consegnare le richieste tra le quali, ricordiamo, lo scioglimento del Consorzio Venezia Nuova. Consorzio che, come ci spiega Beppe Caccia, è stato la “madre di tutto il malaffare veneto”.
“Se Renzi vuole davvero trovare una via di uscita alla palude di corruzione in cui è sprofondata Venezia - ha commentato Caccia - deve ascoltare chi da oltre vent’anni denuncia questo sistema che mescola malaffare e malgoverno. Inutile cercare di scaricare tutte le colpe su Baita e Mazzacurati! Erano tutte le imprese che facevano capo al Consorzio a decidere chi spingere politicamente e chi corrompere per far proseguire un’opera come il Mose che non poteva essere realizzata se non bypassando tutte le procedure di tutela ambientale e di gestione trasparente dei fondi”.
Per conoscere nel dettaglio le richieste dei comitati, dallo smantellamento del Consorzio sino ad una moratoria su tutte le Grandi Opere, collegatevi a questo link di EcoMagazine.
La mattinata di mobilitazione si è conclusa con una spettacolare azione nel “cuore” del malaffare. Gli attivisti hanno occupato la sede del Magistrato alle Acque, ai piedi del ponte di Rialto, e gli hanno letteralmente smontato l’ufficio. Pezzo per pezzo.
Una azione simbolica, come ci spiega Tommaso Cacciari del laboratorio Morion: “Abbiamo chiesto a Renzi che il Magistrato alle Acque che si è rivelato uno dei cardini della corruzione (nell’elenco degli ultimi presidenti, difficile trovarne uno che non abbia mai avuto le manette ai polsi.ndr) e che fa capo direttamente al Ministero, venga sciolto per riversare le sue competenze all’interno del Comune di Venezia che è un ente più vicino ai cittadini”. E così, per portarsi avanti col lavoro, gli hanno smontato l’ufficio che neanche all'Ikea trovi pezzi più piccoli dei mobili!
Proprio come ai bei tempi della battaglia contro il Mose, scrivevamo in apertura. Ricordiamo una analoga occupazione avvenuta qualche anno fa, quando responsabile dell’ufficio era - sempre per la serie “manette ai polsi” - tale Maria Giovanna Piva. Alcuni dei ragazzi che avevano compiuto l’azione di protesta si sono visti appioppare dai 4 agli 8 mesi di reclusione. La loro colpa era solo quella di aver denunciato quanto gli stessi magistrati inquirenti oggi denunciano e di aver ribadito ciò che oggi tutti ribadiscono: il Mose è un’opera funzionale solo alle tangenti. Ad altro non serve.
Ma questa mattina, ritornando in quell’ufficio vuoto, nessuno provava soddisfazione per gli “arresti eccellenti” che, ad opera avanzata, ci hanno dato ragione. Solo tanta, tanta rabbia.
Comitati in campo per la moratoria alle Grandi Opere. “Le inchieste non bastano. Bisogna cambiare il sistema”
3/07/2014EcoMagazine
Ecco quanto hanno ribadito i rappresentanti dei tanti comitati veneti riuniti in una rete contro le Grandi Opere che si sono dati appuntamento in campo San Tomà, a due passi da palazzo Balbi, sede della Giunta Regionale del Veneto. Tante bandiere, tanti striscioni colorati per ricordare le tante devastazioni sulle quali sia il Governo che la Regione insistono nel perpetuare, nonostante gli arresti e le inchieste. Il tutto nel sacro nome di uno “sviluppo predatorio” che oramai detta legge sia da destra che da sinistra.
“Le Grandi Opere sono state il pozzo senza fondo di una corruzione così ramificata e organizzata che possiamo definire mafiosa. Assieme a grandi gruppi imprenditoriali, vede coinvolti politici e uomini delle istituzioni - si legge nei volantini distribuiti durante l’iniziativa -. I comitati che in tutti questi anni hanno provato a richiedere trasparenza e legalità hanno sempre trovato il rifiuto a ogni tipo di partecipazione e perfino l’impedimento ad accedere agli atti pubblici dei vari progetti”.
Le inchieste della magistratura, le promesse del Governo Renzi non hanno cambiato questo stato di cose. Oggi più di prima le Grandi Opere come il Mose, la Tav, la Nogara Mare, lo scavo del Contorta, sono operazioni secretate e, in qualche caso addirittura, militarizzate come se fossero un obiettivo sensibile per la difesa del Paese.
Il sistema cha ha creato le Grandi Opere si difende tagliando qualche ramo ma salvaguardando il fusto e le radici del malaffare.
Per questo, i comitati hanno chiesto una moratoria per tutte le Grandi Opere e l’abbandono dei tre strumenti base che sono stati usati per finanziarle e gestirle: la legge Obiettivo, il project financing e il commissario straordinario.
E questo è quando i comitati chiederanno a Renzi, atteso proprio a Venezia martedì 8 luglio. #civediamol8
No Ogm, assalto al campo Monsanto
25/06/2014Il Manifesto
Ricordiamo che le coltivazioni di Giorgio Fidenato rappresentano una sorta di cavallo di Troia della Monsanto in Italia e in Europa, specialmente in un momento come questo in cui la comunità europea ha deciso per il libero arbitrio degli Stati in materia di organismi trangenici, aprendo di fatto le porte al principio di “coesistenza” col conseguente rischio che negli scaffali dei supermercati si possano trovare prodotti biologici al fianco dei prodotti Ogm. Un pericolo subdolo, sostengono gli ambientalisti, perché, per loro stessa natura, le coltivazioni Ogm sono contaminanti e invasive per tutto l’ecosistema di cui si nutrono. Biologico e transgenico non possono di fatto essere considerati coesistenti.
In base al principio di precauzione, lo Stato Italiano ha sino ad oggi vietato l’uso di Ogm nel Paese. Lo stesso Fidenato è stato multato di 40 mila euro per la sua attività ma evidentemente questo non è bastato dal farlo desistere a intraprendere un’altra coltivazione di Mon810. Per la terza volta consecutiva così, gli Organismi Genuinamente Mobilitati hanno deciso di intervenire prima che il mais arrivasse al punto di non ritorno dell’impollinazione. Lo hanno fatto proprio nei giorni in cui gli attivisti che hanno partecipato alla prima spedizione contro i campi di Fidenato sono stati assolti dalle accuse più gravi, fatto salvo quella di “danneggiamento”. E lo hanno fatto proprio nel giorno di san Giovanni che è tradizionalmente una data magica per l’agricoltura. E’ il giorno della raccolta delle noci per il nocino, dei fiori di camomilla più profumati e... anche il giorno della distruzione delle piante Ogm.
E con questa sono tre. Gli Organismi Genuinamente Mobilitati ripuliscono ancora i campi coltivati a Mon810
24/06/2014EcoMagazine
La storia si è ripetuta anche oggi, giorno di San Giovanni, giorno “magico” per l’agricoltura. Il giorno dei fiori di camomilla e del nocino. In questo giorno magico, per la terza volta consecutiva, dei grandi campi coltivati a mais transgenico di Giorgio Fidenato, cavallo di troia della Monsanto in Europa, non ne è rimasto abbastanza da sfamare un paio di cavallette.
Il folto gruppo di attivisti, arrivato a Vivaro verso le 12,30, ci ha dato alla grande che neppure un “machetero” di professione. E’ bastato un quarto d’ora per "ripulire" duemila metri quadri di mais transgenico che, ricordiamolo, è illegale sia in Italia che in Europa. Il Fidenato infatti si è già preso un multone di 40 mila euro ma evidentemente per chi lavora con la Monsanto sono solo bruscolini. Tanto è vero che l'agricoltore/imprenditore ha immediatamente riseminato lo stesso campo con lo stesso mais transgenico che anche questa volta è cresciuto vigoroso, come abbiamo detto, sino all’arrivo degli ambientalisti. Ora non rimane che cantare “Là dove c’era l’erba...”
“Distruggere le piante, anche piante come queste, non è cosa che ci fa piacere - ha dichiarato un attivista in tuta bianca - Ma abbiamo risposto con una azione di ripulitura ad un atto di violenza contro la biodiversità e la salute che è quello compiuto da Giorgio Fidenato. Lui e altri come lui sono riconducibili a quella cricca di apprendisti stregoni legati all'impianto di potere della Monsanto che cerca di introdurre per vie traverse le coltivazioni Ogm laddove sono vietate dalle normative statali. L'abbiamo visto in diversi Paesi di tutto il mondo, e lo stiamo vedendo anche in Europa ed in particolar modo in Italia, soprattutto in previsione dell'Expo 2015 in cui le grandi multinazionali delle sementi saranno direttamente protagoniste della gestione diretta o indiretta di alcuni padiglioni”.
Ora che l’Europa ha delegato agli Stati membri le decisioni sull’uso di organismi geneticamente modificati, vi è il rischio - sostengono gli attivisti - che passi una idea di coesistenza tra il biologico e il transgenico. Una idea fallace per sua stessa natura, in quanto le coltivazioni Ogm sono contaminanti e invasive per tutto l’ecosistema di cui si nutrono.
“E questo - concludono gli attivisti - è uno dei motivi per i quali siamo contrari all’agricoltura transgenica. la nostra Europa è libera dagli Ogm. Keep calm and use Falce”
Il Consiglio Comunale rassegna le dimissioni ma prima vota la mozione in cui chiede lo scioglimento del Consorzio Venezia Nuova
23/06/2014EcoMagazine, Global Project
Lunedì 23 giugno, ultimo consiglio a Ca’ Farsetti. Giusto il tempo di approvare un paio di delibere importanti, come il trasferimento del mercato ortofrutticolo e naturalmente il bilancio, e poi comincia l’inevitabile rito delle dimissioni dei consiglieri. Il tutto davanti ad un merdaio di fasci&forconi bercianti. Non più di quattro gatti, per la verità. Niente di paragonabile alla seduta precedente quando uscirono dalle fogne persino i forzanuovisti a sventolare cartelli con scritto “Amici dei violenti e ora anche delinquenti”. Ma lo spettacolo di urla e spintonate in platea non è mancato neppure questa volta. La cosa incredibile è che i più “gettonati” per gli “andate a lavorare” sono stati coloro che del Mose e del sistema Mose sono stati i più grandi contestatori: Beppe Caccia, Gianfranco Bettin, Sebastiano Bonzio! Per non parlare della Camilla Seibezzi, sempre in testa alla hit parade degli strillatori da osteria, come se le sue fiabe gay fossero peggiori delle fiabe che han sempre cercato di contarci sul Mose.
Come ha osservato lo stesso Caccia, lo scandalo Mose ha colpito la Regione, la Corte dei Conti, ministri ed ex ministri del Governo, la Guardia di Finanza, il Magistrato alle Acque, per tacere del Consorzio Venezia Nuova. Il Comune è stato investito di striscio e solo nella persona del sindaco per un finanziamento di poche centinaio di migliaia di euro che Orsoni ha usato proprio per vincere le primarie contro Bettin. Fatto, per carità, gravissimo ed imperdonabile da un punto di vista politico ma che di fronte alla cricca mafiosa che sta dietro al Mose ci sta come uno scasso col cacciavite ad un distributore di bibite contro il cartello del narcotraffico sudamericano.
Eppure chi finisce a cartoni all’aria è proprio il consiglio comunale. Come mai? Una spiegazione c’è. Il sistema che ha creato il Mose può anche condannare qualche pedina ma deve comunque salvare se stesso. E’ un sistema misto politico - affaristico - mafioso che macina diritti, ambiente e democrazia per ricavare capitale e potere per pochi. Il consiglio comunale di Venezia che, come tutti i consigli comunali è l’organo più vicino ai cittadini, è sempre stato un bastone tra le ruote di questo sistema accentratore che rifugge ogni controllo e rendicontazione. Tanto è vero che i soli Massimo Cacciari e Gianfranco Bettin votavano contro la Grande Opera nel Comitatone. Ecco perché Orsoni è rimasto vittima del sensazionalismo giudiziario e il suo (evitabilissimo, a nostro avviso) arresto - l’arresto del sindaco di Venezia! - ha fatto più scalpore delle accusa ben più pesanti a carico di personaggi come Renato Chisso e Giancarlo Galan, a piede libero solo perché onorevole.
Ed ecco perché quei quattro buzzurroni che invocavano forche e pene di morte a destra e a manda in consiglio se la pigliavano con le uniche persone che, potete metterci tutti la mano sul fuoco, dal Consorzio non si sono mai fatte corrompere. Ed ecco perché questi stessi forcaioli a bassa scolarizzazione che nei fumetti vengono regolarmente presi a calci in culo da Tex Willer, applaudivano sino a spellarsi le mani agli interventi dei consiglieri di destra che il Mose - il sistema Mose - lo hanno sempre difeso e voluto.
Cosa questa, chiarissima anche negli interventi dei consiglieri che si sono espressi sulla mozione portata in aula da Caccia, Seibezzi e Bonzio con la quale si chiede al Governo di sciogliere il Consorzio Venezia Nuova e il Magistrato delle Acque per attribuirne i poteri al Comune. Dichiarandosi contrari alla richiesta, i consiglieri di destra ribadivano che, proprio per evitare questi scandali e non intralciare la realizzazione dell’opera, i poteri di questi enti andavano al contrario potenziati.
La cosa ha una sua logica, c’è da osservare. Se berlusconianamente attribuissimo a questi enti anche un controllo sulla magistratura inquirente... beh, potremmo essere certi che certi scandali non vedrebbero più la luce del sole! Il discorso invece è l’esatto contrario. Consorzi dotati di poteri straordinari servono solo a creare scandali straordinari. Enti che operano in deroga alle leggi, finiscono per derogare anche alla legalità. Servizi che gestiscono fondi pubblici senza rendicontazione, finiscono per dirottare questi fondi al privato e a creare un mercato di tangenti e di opere inutili finalizzate alla tangente stessa. La soluzione non sono gli arresti ma la democrazia dal basso, la partecipazione delle cittadinanza attiva alle scelte sul territorio, i controlli incrociati, la tutela e la valorizzazione dell’ambiente attraverso studi scientifici seri ed indipendenti. Tutte cose che col Mose non abbiamo mai visto.
Per questo riteniamo importante che coma ultimo atto il consiglio abbia approvato la mozione per lo scioglimento del Consorzio. Anche se il Governo ben difficilmente accoglierà la richiesta, sarà comunque un buon punto di partenza per il consiglio che verrà. Peccato solo non averla votata qualche anno fa, una mozione così. Ma qualche anno fa non avremmo mai sperato di sentire tanti consiglieri del Pd sparare ad alzo zero sul Mose come in questi ultimi consigli comunali. Va ben. Scriviamo “Meglio tardi che mai” e chiudiamola qua.
La carovana oltre i confini
22/06/2014Il Manifesto
Perlomeno trecento persone si sono radunate nella città del Duomo, molti provenivano dai centri sociali di Venezia e Padova, o dagli spazi autogestiti dell’Emilia Romagna, del Trentino e del Friuli Venezia Giulia. Molti anche i lombardi. Folta la rappresentanza dei migranti e dei richiedenti asilo, almeno una trentina dei quali provenivano dalla casa dei diritti Don Gallo di Padova. Una palazzina di proprietà di una banca, abbandonata a se stessa dopo che la che la magistratura l’ha sottoposta a sequestro, che i richiedenti asilo hanno occupato e ristrutturato in collaborazione con Razzismo Stop. Un’esperienza di autogestione che sta tracciano la strada ad altre esperienze simili nel Nord est. In particolare dopo che il decreto Lupi ha subordinato la concessione del permesso di soggiorno alla residenza.
«Andiamo alla frontiera svizzera per denunciare l’ipocrisia con la quale l’Europa affronta una problema sociale come quello dei profughi – spiega Nicola Grigion, portavoce di Melting Pot – Ipocrisia che proprio a Milano è sotto gli occhi di tutti. Qui infatti giungono i richiedenti asilo dalla Siria, persone in fuga da una guerra feroce che invece di trovare accoglienza vengono di fatto consegnati ai trafficanti e costrette a pagare dai mille ai duemila euro per attraversare il confine e continuare il viaggio».
A Milano, come conferma una operatrice del Comune, i profughi provenienti da Catania vengono inviati alle strutture di accoglienza «dimenticando» di effettuare la registrazione che pure dovrebbe essere obbligatoria ai termini di legge. In pratica, vengono lasciati in una sorta di limbo e per lo Stato italiano non esistono più. Il che, consente loro di proseguire il viaggio verso il nord Europa, Belgio, Olanda e Svezia soprattutto ma per far questo sono costretti ad affidarsi alla criminalità che organizza il traffico. «Vengono tutte le sere con un pullman davanti al centro dove lavoro — spiega la giovane — Chi gli consegna i soldi viene fatto salire e tutti fanno finta di niente». Una conseguenza degli assurdi accordi di Dublino che obbliga un rifugiato a non spostarsi dal Paese in cui ha chiesto asilo.
Una situazione vergognosa che si sposa con le politiche migratorie di una Europa che sceglie di vivere di “emergenze” anche di fronte ad una guerra che prosegue da anni. «Diritto di asilo europeo», «le vostre frontiere ci uccidono», «per un’Europa senza confini», «non ci serve Mare Nostrum ma canali di ingresso regolari», urlano migranti e attivisti prima di salire sul treno diretto a Chiasso, alla frontiera con la Svizzera. Un confine allo stesso tempo interno ed esterno all’Unione europea.
Gli attivisti hanno un regolare biglietto cumulativo ma un cordone di polizia impedisce loro di salire sul treno. Alla fine si parte con mezz’ora di ritardo: quasi inconcepibile per le proverbiali ferrovie svizzere. Durante il viaggio, i migranti sottoscrivono un documento, più che altro simbolico, con il quale chiedono asilo alle autorità svizzere appellandosi alla convenzione di Ginevra sui diritti dell’uomo, denunciando come in Italia questi vengano violati. All’arrivo a Chiasso, il treno viene circondato da un incredibile cordone di polizia che blocca l’apertura delle porte. Anche i giornalisti elvetici che attendevano la carovana, vengono tenuti fuori dalla stazione. Mezz’ora di trattativa e alla fine la carovana riesce a mettere piede sul suolo svizzero e a stendere gli striscioni. Per qualche ora almeno la frontiera è stata violata.