In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.

La carovana oltre i confini

chiasso
Chiasso - L’appuntamento era a Milano, piaz­zale della sta­zione, alle 15. Tanti gli atti­vi­sti che hanno rac­colto l’appello lan­ciato da Mel­ting Pot per costruire una caro­vana dei diritti capace di pun­tare dritta alla fron­tiera sviz­zera e riven­di­care quella libertà di movi­mento che l’Europa nega, salvo poi lasciare mano libera alle orga­niz­za­zioni cri­mi­nali di gestire il traf­fico di esseri umani.
Per­lo­meno tre­cento per­sone si sono radu­nate nella città del Duomo, molti pro­ve­ni­vano dai cen­tri sociali di Vene­zia e Padova, o dagli spazi auto­ge­stiti dell’Emilia Roma­gna, del Tren­tino e del Friuli Vene­zia Giu­lia. Molti anche i lom­bardi. Folta la rap­pre­sen­tanza dei migranti e dei richie­denti asilo, almeno una tren­tina dei quali pro­ve­ni­vano dalla casa dei diritti Don Gallo di Padova. Una palaz­zina di pro­prietà di una banca, abban­do­nata a se stessa dopo che la che la magi­stra­tura l’ha sot­to­po­sta a seque­stro, che i richie­denti asilo hanno occu­pato e ristrut­tu­rato in col­la­bo­ra­zione con Raz­zi­smo Stop. Un’esperienza di auto­ge­stione che sta trac­ciano la strada ad altre espe­rienze simili nel Nord est. In par­ti­co­lare dopo che il decreto Lupi ha subor­di­nato la con­ces­sione del per­messo di sog­giorno alla residenza.
«Andiamo alla fron­tiera sviz­zera per denun­ciare l’ipocrisia con la quale l’Europa affronta una pro­blema sociale come quello dei pro­fu­ghi – spiega Nicola Gri­gion, por­ta­voce di Mel­ting Pot – Ipo­cri­sia che pro­prio a Milano è sotto gli occhi di tutti. Qui infatti giun­gono i richie­denti asilo dalla Siria, per­sone in fuga da una guerra feroce che invece di tro­vare acco­glienza ven­gono di fatto con­se­gnati ai traf­fi­canti e costrette a pagare dai mille ai due­mila euro per attra­ver­sare il con­fine e con­ti­nuare il viaggio».



A Milano, come con­ferma una ope­ra­trice del Comune, i pro­fu­ghi pro­ve­nienti da Cata­nia ven­gono inviati alle strut­ture di acco­glienza «dimen­ti­cando» di effet­tuare la regi­stra­zione che pure dovrebbe essere obbli­ga­to­ria ai ter­mini di legge. In pra­tica, ven­gono lasciati in una sorta di limbo e per lo Stato ita­liano non esi­stono più. Il che, con­sente loro di pro­se­guire il viag­gio verso il nord Europa, Bel­gio, Olanda e Sve­zia soprat­tutto ma per far que­sto sono costretti ad affi­darsi alla cri­mi­na­lità che orga­nizza il traf­fico. «Ven­gono tutte le sere con un pull­man davanti al cen­tro dove lavoro — spiega la gio­vane — Chi gli con­se­gna i soldi viene fatto salire e tutti fanno finta di niente». Una con­se­guenza degli assurdi accordi di Dublino che obbliga un rifu­giato a non spo­starsi dal Paese in cui ha chie­sto asilo.
Una situa­zione ver­go­gnosa che si sposa con le poli­ti­che migra­to­rie di una Europa che sce­glie di vivere di “emer­genze” anche di fronte ad una guerra che pro­se­gue da anni. «Diritto di asilo euro­peo», «le vostre fron­tiere ci ucci­dono», «per un’Europa senza con­fini», «non ci serve Mare Nostrum ma canali di ingresso rego­lari», urlano migranti e atti­vi­sti prima di salire sul treno diretto a Chiasso, alla fron­tiera con la Sviz­zera. Un con­fine allo stesso tempo interno ed esterno all’Unione europea.
Gli atti­vi­sti hanno un rego­lare biglietto cumu­la­tivo ma un cor­done di poli­zia impe­di­sce loro di salire sul treno. Alla fine si parte con mezz’ora di ritardo: quasi incon­ce­pi­bile per le pro­ver­biali fer­ro­vie sviz­zere. Durante il viag­gio, i migranti sot­to­scri­vono un docu­mento, più che altro sim­bo­lico, con il quale chie­dono asilo alle auto­rità sviz­zere appel­lan­dosi alla con­ven­zione di Gine­vra sui diritti dell’uomo, denun­ciando come in Ita­lia que­sti ven­gano vio­lati. All’arrivo a Chiasso, il treno viene cir­con­dato da un incre­di­bile cor­done di poli­zia che blocca l’apertura delle porte. Anche i gior­na­li­sti elve­tici che atten­de­vano la caro­vana, ven­gono tenuti fuori dalla sta­zione. Mezz’ora di trat­ta­tiva e alla fine la caro­vana rie­sce a met­tere piede sul suolo sviz­zero e a sten­dere gli stri­scioni. Per qual­che ora almeno la fron­tiera è stata violata.

Una lettera indecente. Il presidente del Consorzio scrive a Renzi: “Concludiamo l’opera senza verifiche”

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Beppe Caccia, dalla sua pagina di Facebook (che vi invito caldamente a seguire) l’ha definita “una lettera indecente”. A noialtri, che siamo molto meno signorili del consigliere della lista In Comune, vengono in mente epiteti assai più coloriti. Ma la lettera con la quale il presidente del Consorzio Venezia Nuova, Mauro Fabris, chiede al Governo di non interferire sulla realizzazione dell’opera è, oltre a tutto quello che sottolinea Caccia e che riportiamo sotto, anche e soprattutto un ammissione di colpevolezza.
In sostanza Fabris fa questo ragionamento: le inchieste della magistratura sono una cosa, il Mose un’altra. I politici, dice Fabris, sono corruttibili (soprattutto gli amici suoi, potremmo obiettare noi), lo si sa. Ma se vogliamo che i lavori delle paratoie mobili continuino, il Governo si guardi bene dal commissariare il Consorzio o, peggio ancora, far le pulci agli appalti, addentrarsi nella giungla delle consulenze ed effettuare verifiche scientifiche sull’opera. Come dire: il carrozzone politico affaristico che ci ha regalato il Mose deve essere tutelato a tutti i costi, altrimenti il Mose non si fa. Perseguitiamo pure gli uomini, ma difendiamo il sistema.
Lo stesso ex Magistrato alla Acque, Patrizio Cuccioletta, ha ammesso a i magistrati che, grazie alla capillare corruzione da parte del Consorzio di cui lui è solo una povera vittima, non c'è mai stato alcun serio controllo scientifico sul progetto delle paratie mobili. Questo perché, se ci fosse stato, il progetto non sarebbe stato avviato. Per questo e non per altro, la corruzione era e continua ad essere una “politica” necessaria.



A far scrivere la “lettera indecente” al boss del Consorzio, quindi, è stata la paura che le indagini della magistratura spingano l’opinione pubblica a chiedere una verifica tecnica, autorevole e soprattutto indipendente e non corrotta - come mai è stato fatto - sulla validità del progetto. E magari qualcuno potrebbe anche domandarsi da dove sono venute tutte quelle deroghe alle valutazioni di impatto ambientale, pure previste dalle normative, che hanno fatto volare il mostruoso progettone sulle ali di milionate di euro.
Il punto è che, come per tante altre Grandi Opere, il nemico principale del Mose sono la trasparenza sugli appalti, il rispetto dei vincoli ambientali, l’approccio scientifico sulla validità della realizzazione, la possibilità di scelta di chi vive sul territorio. Che poi sono quattro aspetti di quella cosa che, a parer nostro, altro non è che democrazia partecipata dal basso. Il sistema della concessionaria unica che funge allo stesso tempo da controllore e controllata, è stato studiato apposta per bypassare questi quattro “impicci” sull’onda di vagonate di finanziamenti pubblici.
Per questo Fabris si è appellato a Renzi. Se arriva la democrazia, noi andiamo a casa.
Ultimo aspetto cui accenna anche Caccia, chiedendo una sospensione immediata dei lavori, sono i “pesantissimi dubbi dal punto di vista tecnico-scientifico, dalla questione delle cerniere a quella della risonanza” che gravano sul sistema delle paratie mobili.
Davvero vogliamo affidare la sicurezza di Venezia e quella dei suoi abitanti a un progetto pensato e realizzato solo in funzione di un sistema integrato e capillare di corruzione?
I disastri, ricordiamocelo, non sono mai naturali.


Di seguito, le osservazioni di Beppe Caccia


INDECENTE LA LETTERA DI FABRIS A RENZI:
SCANDALOSO IL TENTATIVO DI SALVARE IL SISTEMA
E DI SOTTRARRE IL MO.S.E. A VERIFICHE RIGOROSE

La lettera del presidente del Consorzio Venezia Nuova Mauro Fabris al presidente del Consiglio Matteo Renzi è una delle cose più indecenti che si siano viste nelle ultime due settimane.

Innanzitutto per la posizione personale del mittente, cui andrebbe suggerito un più sobrio silenzio. Invece di pretendere garanzie dal Governo, Fabris dovrebbe dare un bel po' di spiegazioni sui rapporti intrattenuti negli ultimi vent'anni con la cricca che guidava il Consorzio. Dovrebbe immediatamente, ad esempio, rendere pubblico il contratto di "consulenza strategica" - di cui ha parlato l'ing. Piergiorgio Baita - che Fabris avrebbe ottenuto per sé dallo stesso Consorzio e spiegarci se il contratto era valido e retribuito anche per gli anni, decisivi per l'approvazione del progetto Mo.S.E., in cui si trovava a ricoprire il delicato incarico di sottosegretario ai Lavori Pubblici e svariati ruoli parlamentari e commissariali.

In secondo luogo, per l'arroganza con cui pretenderebbe di salvare, insieme a se stesso, tutto il "sistema", quello della concessione unica dello Stato per le opere di salvaguardia che ha regalato il monopolio su queste al pool di imprese private del Consorzio, in condizioni di totale, criminogena opacità. Chi - in sede di ministero per le Infrastrutture - avrebbe già assicurato a Fabris che il Consorzio non verrà mai commissariato e tantomeno sciolto? Lo stesso ministro Lupi, sulla cui scrivania stanno transitando decisioni cruciali per il futuro della Laguna? E il presidente Renzi non ha nulla da dire al proposito?

Terzo, ma non meno importante, per la volontà di sottrarre i cantieri delle dighe mobili a qualsiasi verifica rigorosa, autorevole e indipendente, sulla sicurezza dell'opera in via di realizzazione, sulla sua efficacia rispetto agli obiettivi dichiarati, sulla congruità dei suoi costi, quelli sostenuti e quelli da sostenere. Il presidente del Magistrato alle Acque Cuccioletta ha ammesso che, grazie alla capillare corruzione da parte del Consorzio, non c'è mai stato alcun serio controllo sul progetto Mo.S.E.: non può pertanto essere conclusa e messa in funzione, come se nulla fosse, un'opera su cui gravano pesantissimi dubbi dal punto di vista tecnico-scientifico, dalla questione delle "cerniere" a quella della "risonanza". Serve invece un'immediata sospensione dei lavori per procedere a tutte le necessarie verifiche.

Beppe Caccia
consigliere Lista "in comune"

Fuori le Navi dalla Laguna. Ce lo chiede pure l’Unesco

NAviUnesco
Non solo Grandi Navi. A preoccupare l’Unesco sono anche quelle più piccole che trasportano merci ad alto pericolo di sversamento come le petroliere. Anche queste dovrebbero rimanere a distanza di sicurezza dal delicato ecosistema della laguna di Venezia. E poi ci sono tutte le infrastrutture di cui non si capisce la necessità come il Mose, ad esempio. Progettone megamiliardario che, come è oramai chiaro a tutti, con la salvaguardia della laguna c’entra come i cavoli a merenda ed altro non è che un sistema malavitoso politico ed affaristico per distribuire tangenti e poltrone.
Nel summit internazionale World Heritage che si sta svolgendo a Doha (Qatar), l’Unesco ha diffuso un elenco preciso di tutte le opere ad altissimo impatto ambientale che rischiano seriamente di alterare per sempre la morfologia della laguna e che potrebbero obbligare l’organizzazione internazionale che ha il compito di tutelare i siti più belli del pianeta a declassare Venezia dal registro mondiale delle aree di interesse artistico e ambientale da difendere.
Come dire: se continuate così, di Venezia non rimarrà nient’altro che cemento, mare aperto e Grandi Opere inutili.
Il documento redatto dall’Unesco potete scaricarlo da questo
link. Se masticate un po’ di inglese vi consigliamo di darci una letta. Trovate il capitolo dedicato a Venezia e alla sua laguna da pagina 32 in poi. Le preoccupazione dell’organizzazione riguarda in particolare il sistema di paratie mobili del Mose e altri “progetti attualmente in fase di sviluppo che includono: una piattaforma in mare aperto a circa 8 miglia al largo del porto di Malamocco, un nuovo terminal Autostrade del Mare di Fusina, un nuovo terminal container sul sito degli ex impianti industriali di Porto Marghera, di una nuova struttura multi-funzionale tra Venezia e la sua stazione marittima, e un porto turistico in San Nicolò”.



Un paragrafo a parte è dedicato alle Grandi Navi. L’Unesco esprime “preoccupazioni circa gli impatti ambientali negativi innescati dalle navi da crociera e petroliere”. Purtroppo, si legge, “l’obiettivo che mira ad escludere tutte le navi incompatibili con la città storica e con la laguna non è stato raggiunto nonostante l’impegno del Consiglio Comunale che ha promosso una serie di studi approfonditi … a causa della decisione del tribunale regionale del Veneto di sospendere la legge che riduceva il numero di navi da crociera”.
L’Unesco mette anche in guardia dalle ipotetiche “soluzioni” al problema delle navi: “Trasformazioni irreversibili potrebbero derivare da proposte di progetti di grandi infrastrutture di navigazione e di costruzione in laguna che hanno il potenziale di compromettere seriamente la Ouv della città”.
Per Ouv si intende “Outstanding Universal Value” che è il “metro” con il quale l’organizzazione mondiale misura il valore artistico, storico e paesaggistico di un sito.
Il documento conclude con una calorosa raccomandazione ad “attuare tutte le misure pertinenti per vietare alle navi più grandi di entrare in laguna e trovare alternativa a basso impatto per permettere ai croceristi di godere e allo stesso tempo comprendere il valore e la fragilità di Venezia”.
In quanto ai problemi legati  “all’eccezionale pressione turistica sulla città e alle numerose attività legate al turismo debbono essere affrontato e risolti solo con meccanismi che non includano trasformazioni irreversibili”. Più chiari di così…
L’ultima preoccupazione dell’Unesco riguarda la miriade di competenze e “responsabilità che gravitano sulla laguna di Venezia, divise tra le autorità nazionali, regionali e locali in cui il Magistrato alle Acque gioca un ruolo decisivo. Si raccomanda quindi al Governo di stabilire un forte coordinamento tra tutte le parti interessate al fine di garantire gli equilibri idrogeologici della Laguna di Venezia e l’intero bacino di drenaggio nonché la tutela di tutti gli attributi che trasmettono l’Ouv del sito”.
Un’ultima nota. L’Unesco segnala anche due fatti positivi che riguardano la nostra laguna. Il primo è la riserva naturale di Valle Averto, la sola area che rispetti la convenzione di Ramsar sulle aree umide. Il parco della laguna Nord non è ancora attivo, purtroppo, ma confidiamo che, già dal prossimo congresso, l’Unesco premierà anche questa soluzione di tutela del nostro patrimonio culturale e paesaggistico insieme.
La seconda bella notizia segnalata dall’Unesco è il Palais Lumière. Quel torrone in puro stile “arabian nights” che un sarto trevisano di nome Piero Cardìn ma che si fa chiamare alla francese, Pier Cardèn, aveva disegnato per “migliorare” lo skyline della nostra laguna. Come dite? Il progetto è stato ritirato? Ma è proprio questa la bella notizia, no? Lo dice anche l’Unesco!

La Giunta Orsoni affonda. Bettin, Caccia e Seibezzi staccano la spina

Orso
E’ durato poco il ritorno di fiamma di Giorgio Orsoni, oramai ex sindaco di Venezia. Dopo aver patteggiato 4 mesi col giudice e aver ottenuto la revoca dei domiciliari, l’ex primo cittadino aveva ripreso possesso del suo studio a Ca’ Farsetti dichiarando di essere pronto a riprendere il suo mandato “nonostante i molti nemici che mi sono fatto nel corso del mio mandato”. E’ toccato alla sua stessa maggioranza spiegargli che proprio non era il caso. “Dopo questa inchiesta, niente sarà come prima - si legge in un comunicato diffuso dall’associazione In Comune a firma di Gianfranco Bettin, assessore all’Ambiente, e dei consiglieri Beppe Caccia e Camilla Seibezzi - L’esperienza della Giunta è oramai conclusa. Al sindaco abbiamo chiesto un ultimo gesto di responsabilità verso la città: presentare lui stesso le dimissioni in modo da consentire che siano votati gli atti di bilancio utili ai cittadini”.
Cosa che Giorgio Orsoni, messo alle strette, ha fatto nel primo pomeriggio di oggi. Secondo la normativa, la Giunta resterà ancora in carica venti giorni pur se limitatamente al disbrigo delle pratiche urgenti. Poi arriverà un commissario prefettizio che porterà la città a nuove elezioni.
Tutto da ricostruire quindi. Con una sola certezza. Dietro a quel mostro chiamato Mose si celava quello che abbiamo sempre saputo: uno scandaloso intreccio di malaffare e di corruzione che, fatti salvi i pochi ambientalisti che, fuori o dentro le istituzioni, lo hanno sempre combattuto, ha attraversato tanto la destra, Lega compresa, quando la sinistra. Non dimentichiamoci che i fondi dati (a quale titolo dobbiamo ancora capirlo) dal Consorzio all’ex sindaco per la sua campagna elettorale erano finalizzati a respingere la candidatura di Gianfranco Bettin alle primarie. Non si dica quindi che i politici sono tutti uguali. Non tocca a noi difendere Orsoni, ma è chiaro come il sole che le sue responsabilità - pure politicamente gravi - non sono neppure paragonabili a quelle di personaggi come Giancarlo Galan o Renato Chisso. E comunque, c’è chi da questa inchiesta, che ci auguriamo riesca ad andare sino in fondo, non sarà nemmeno sfiorato perché il sistema Mose lo ha sempre denunciato e combattuto. Ed è da queste persone che dobbiamo ripartire per costruire una Venezia degna.



L’emergere della palude di corruzione e malaffare che ha devastato l’ambiente condizionando le scelte strategiche ed infrastrutturali sul nostro territorio chiude - o perlomeno ce lo auguriamo - un’epoca. “Per noi, che abbiamo combattuto questo fenomeno - si conclude nel comunicato diffuso da In Comune -, denunciando da sempre il ruolo del Consorzio Venezia Nuova e le pressioni affaristiche che hanno portato all’approvazione dell’inutile e devastante progetto Mose, niente potrà né dovrà essere più come prima. Si deve aprire una stagione di autentico e profondo cambiamento, a partire dal rinnovamento del ceto e delle forze politiche coinvolte nelle inchieste. Questo vale anche per il Comune di Venezia, nonostante sia l’unica istituzione cui non venga contestato nelle inchieste un solo atto politico-amministrativo”.

Niente sconti. Vogliamo smantellare il Consorzio Venezia Nuova

Consorz
Avevamo ragione e lo sapevamo. Adesso anche i magistrati che ci hanno accusato e condannato per quando abbiamo detto e fatto nel denunciare lo scandalo del Mose ci hanno dato ragione. Scandalo che non sta solo nella Grande - e costosissima - Opera in sé, inutile ai fini cui si propone e distruttiva per la laguna, ma sopratutto nel sistema di malaffare trasversale a tutte le amministrazioni, dalla Regione al Comune, ed a tutti i gradi di controllo, dalla Corte dei Conti alla Guardia di Finanza, per tacere delle ditte in odore di mafia e riciclaggio cui venivano puntualmente assegnati gli appalti senza gara.
Alla fin fine, la questione sta tutta qua. Una opera così devastante per un ecosistema dagli equilibri così fragili come la laguna dei dogi non poteva essere realizzata se non in totale deroga a qualsiasi etica e a qualsiasi studio di impatto ambientale. Non poteva compiersi senza corrotti e senza corruttori, senza inquinare tanto la politica e quando gli organismi di controllo. Il denaro che dal pubblico si tramutava in stipendi miliardari, ville e motoscafi per pochi noti e in finanziamenti illeciti ai soliti partiti per le loro campagne elettorali, è il vero scopo del Mose. Fosse costato mille euro, non lo avrebbero realizzato.
Il polverone sollevato dai magistrati con l’inchiesta cominciata dalla Mantovani non ci coglie quindi di sorpresa. La sorpresa casomai, sta tutta nel fatto che ci sia voluto tanto tempo.
C’è comunque un secondo punto che bisogna sottolineare con forza. La magistratura non ci risolverà il problema. Gli arresti, pure se eccellenti, non possono risolvere un problema politico. Non lo possono fare mai. Non solo in questo caso. La bufera di Tangentopoli è servita solo a regalarci un ventennio di berlusconismo. Come dire: la tangente fatta governo.



Col Mose non dobbiamo permettere che la storia si ripeta.
Non sediamoci in attesa del prossimo arresto. Il fiume non porterà il cadavere del nostro nemico perché non abbiamo un nemico umano ma un intero sistema malavitoso e anti democratico che si riproduce come per talea: ad ogni ramo abbattuto ne cresce un altro.
Adesso è il momento per intensificare le lotte, che non riguardano solo Venezia perché il dietro il Consorzio e le sue ditte ci sono tutte le Grandi Opere del Veneto. E’ il momento per chiedere con forza al Governo di sciogliere il Consorzio Venezia Nuova e di fare piazza pulita di una politica di commissariamenti, leggi obiettivo, deroghe ambientali e assegnazioni senza gare d’appalto.
Questo è quanto chiedono alcuni consiglieri comunali di Venezia dopo la... movimentata seduta di lunedì. Il documento che andrà in discussione in uno dei prossimi consigli, ha visto come primi firmatari Beppe Caccia e Camilla Seibezzi, lista In Comune, e Sebastiano Bonzio (Rifondazione). Il testo integrale “Otto punti per smantellare il sistema Mose”lo potete leggere a
questa pagina di Eco Magazine.
Il sintesi, il documento chiede al Governo di costituire una Commissione d'inchiesta parlamentare sulle attività del Consorzio e delle imprese collegate, di riprendere rapidamente l’iter delle proposte di riforma della Legge speciale per Venezia, di superare l'attuale struttura del Magistrato alle Acque trasferendo i suoi poteri al Comune di Venezia, l’organo amministrativo più vicino e più controllabile dai cittadini oltre che, come scrive Beppe Caccia, "unica istituzione a essersi sempre opposta al Mose e i cui atti politico-amministrativi sono risultati estranei a comportamenti illeciti". Richiesta fondamentale del documento è un intervento immediato per il superamento del regime di 'concessione unica' per le opere finalizzate alla salvaguardia di Venezia e della Laguna “attraverso la revisione della Convenzione del 1991 tra MAV e Consorzio Venezia Nuova e di tutti gli atti aggiuntivi". Caccia, Seibezzi e Bonzio e i consiglieri che ne hanno appoggiato la richiesta, chiedono quindi "lo scioglimento del Consorzio Venezia Nuova e l'affidamento della supervisione e del controllo sui cantieri attualmente aperti per gli interventi di salvaguardia ad un'Authority indipendente" e una verifica tecnico-scientifica e contabile, affidata a un organismo indipendente e qualificato dell’intero progetto delle dighe mobili.
Quella stessa verifica che, se fosse stata concessa, in tempi non sospetti, avrebbe allontanato dalla laguna quella mostruosità chiamata Mose e tutta la sporcizia politica e affaristica che ha portato con sé.

Cinque ora d’assedio alla Marittima. I No Grandi Navi bloccano gli imbarchi

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Tutti giù per terra e le Grandi Navi non partono più! Per quasi sei ore, oltre duemila attivisti No Grandi Navi hanno letteralmente assediato la marittima di Venezia impedendo l’accesso ai turisti. “Una città che non rispettate è una città che non vi vuole” spiegavano dal furgoncino d’appoggio i ragazzi del Laboratorio Morion ai crocieristi che certo non si aspettavano un tale comitato di... malvenuto. La manifestazione, colorata e fantasiosa, si è svolta senza nessun problema o incidente di sorta. Dall’una alle 6, nonostante le prescrizioni della questura avessero imposto di smobilitare alle 5, gli attivisti hanno tenuto il campo con musiche, striscioni colorati e voli di aquiloni. Anche il People Mover si è fermato per una mezz’ora per uno sciopero spontaneo dei manovratori a sostegno della causa No Grandi Navi.
Da sottolineare la colonna sonora che spaziava da “Mare profumo di mare”, a “Onda su onda” sino a “Un’estate al mare”. Buona anche la partecipazione. Duemila persone in rappresentanza di tanti comitati veneti come la Rete Polesana, Opzione Zero, Lasciateci Respirare oltre, ovviamente agli spazi sociali del Veneto, Rivolta e Morion, padroni di casa, in primis. All’iniziativa ha aderito anche una nutrita rappresentanza di indipendentisti veneti.




Di seguito, alcuni commenti raccolti durante la manifestazione.

Carlo Costantini frolla rete Altro Veneto
http://youtu.be/qN1R3j9MQY4

Franco Rocchetta indipendentisti veneti
http://youtu.be/sSnrpOAYieo

Claudio Milan comitati Polesine
http://youtu.be/UewTj77CiQM

Beatrice Andreose comitato Lasciatevi Respirare Monselice
http://youtu.be/-MAldiZtypk

Mose e Grandi Navi, Venezia si ribella alla devastazione ambientale dell’affarismo

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Sabato a Venezia non sarà solo la giornata contro le Grandi Navi. Sarà anche la giornata in cui una città che ha visto finire in manette il suo primo cittadino con l’accusa di un finanziamento illecito proveniente dal Consorzio Venezia Nuova scenderà in piazza per rivendicare la sua dignità. La battaglia contro le grandi e devastanti navi che ad ogni passaggio maciullano la laguna e scardinano le fondamenta ancora poggiate sulle palafitte piantate dai dogi, inquinando come il passaggio di 24 mila auto, è la stessa identica battaglia che i veneziani hanno combattuto - e perso - contro il Mose. E’ la stessa battaglia perché lo stesso è il nemico: quel sistema politico e affaristico, trasversale a tutti i partiti, che fa capo alla concessionaria unica delle cosiddette opere di “salvaguardia”. Il Consorzio Venezia Nuova, voluto da Romano Prodi e tenuto a battesimo da Silvio Berlusconi. Le stesse aziende che stanno costruendo quella devastazione ambientale che altro non è il sistema a paratie mobili Mose e che hanno avuto i vertici inquisiti e imprigionati per reati di stampo mafioso, sono le stesse che si propongono oggi per realizzare il costosissimo scavo del canal Contorta come “alternativa” al passaggio delle Grandi navi davanti a piazza San Marco. Progetto già bocciato dalla commissione Via ma le cui conclusioni sono state tenute segrete per molti mesi.
Un film già visto ai tempi della battaglia contro il Mose. pareri segreti su progetti segreti. Sei miliardi di euro di denaro pubblico spesi senza trasparenza alcune e senza controllo alcuno a vantaggio di un gruppo di ditte privilegiate scelte dal Consorzio senza bisogno di gare d’appalto. Denaro speso non solo per trasformare quella che era l’antica laguna di Venezia in un braccio di mare aperto, come testimoniano le sempre più frequenti “acque alte”, ma che ha drogato la politica, corrompendo a tutti i livelli, dal Comune alla Regione, dal Magistrato alle Acque alla Guardia di Finanza, dai vertici aziendali alla Corte dei Conti. Enti che avrebbero dovuto essere garanti di democrazia sono stati trasformati in logge massoniche dove tutto era finalizzato al proseguimento di una Grande Opera sulla cui utilità ai fini della salvaguardia nessuno che abbia la coscienza pulita e qualche nozione di idraulica può seriamente credere.



“La lotta per denunciare quell’intreccio malavitoso che solo oggi la magistratura ha accertato ci è costata cara - ha commentato Tommaso Cacciari del Laboratorio Morion di Venezia -. Solo l’occupazione dell’ufficio di quel magistrato delle acque, Maria Giovanna Piva, che ora è agli arresti ci è valsa una condanna a otto anni. Ma se è con soddisfazione che apprendiamo che finalmente sta venendo a galla la verità, vogliamo mettere in guardia tutti che la questione non può essere sbrigativamente liquidata con l’arresto di qualche corrotto cui addossare tutte le colpe. E’ il sistema della concessionaria unica che va cambiato. Da anni diciamo che nel Veneto la mafia si chiama Consorzio Venezia Nuova, da anni diciamo che questi signori ora finito agli arresti hanno scippato la città di fiumi di denaro che dovevano servire alla tutela dell’ambiente, della città ed a realizzare case per i residenti costretti all’esilio in terraferma. Soldi che sono finiti non solo a pagare stipendi milionari a gente come Chisso, Galan e ai loro accoliti, ma anche a devastare la laguna”.
Un film, dicevamo, già visto col Mose e che nessuno in città vuole rivedere come “soluzione” al problema delle Grandi Navi.
E così, in una città ancora sotto shock per la retata in stile “Gli anni ruggenti di Al Capone”, il comitato No Grandi Navi ha lanciato l’ultimo appello alla mobilitazione. La prossima settimana si riunirà il Comitatone ministeriale (arrestati a parte) che avrà il compito di decidere sulla questione. Siamo quindi all’ultima chiamata. E’ indispensabile che la città dia un segnale forte, spiegano gli ambientalisti. L’appuntamento è per sabato alle 13 a piazzale Roma. Sarà una manifestazione pacifica e colorata. Al di là delle preoccupazione del sindaco Giorgio Orsoni che proprio il giorno prima di essere arrestato ha dichiarato che “non saranno tollerate illegalità”. Al di là di quanto si augurano le compagnie di crociera che anche oggi hanno comperato intere pagine di giornali locali per scrivere “Ci risiamo. No alla violenza” sopra alla foto di una recente manifestazione in cui gli attivisti cercavano riparo dalle manganellate della polizia dietro a delle paperelle di gomma.
Vien da chiedersi da dove venga la vera violenza. Quella di chi difende la sua città o di chi pretende di devastare impunemente l’ambiente forte del denaro proveniente dalla corruzione?

Mose e Grandi Navi. Stessa devastazione, stesso malaffare, stessi personaggi. Ma sabato scendiamo in piazza per cambiare!

Mose2
Parafrasando un vecchio modo di dire, Mose e Grandi Navi sono la stessa faccia della stessa medaglia. Quella medaglia che dal lato buono brilla di efficienti concessionarie uniche, iter amministrativi velocizzati e autoreferenziali, finanziamenti a vagonate, soggetti controllati che sono anche i propri controllori. Dal lato nascosto spuntano i tentacoli della piovra che affondano in un sistema misto politico ed economico, corrotto e corruttore.
Così è stato il Mose. Un sistema che, come spiega senza pudore la stessa pubblicità che compare nei vaporetti, “non solo dighe mobili ma un sistema completo per la salvaguardia di Venezia”. Se si cambia “salvaguardia” con “corruzione”... lo slogan calza alla perfezione.
Oggi lo dicono anche i magistrati. Ieri ci siamo presi decine di denunce per aver detto le stesse cose. Per aver denunciato quella palude di intrallazzi che ora è venuta a galla pure nel salotto di rappresentanza della Procura.
“Otto mesi di condanna definitiva per aver occupato l’ufficio di quel magistrato delle acque, Maria Giovanna Piva, che ora è agli arresti accusata di quello stesso malaffare che denunciavamo noi” ha ricordato Tommaso Cacciari in un incontro con la stampa svoltosi in tarda mattinata a Ca’ Farsetti.



“Ma la questione non può essere sbrigativamente liquidata con l’arresto di qualche corrotto cui addossare tutte le colpe - ha commentato il portavoce del Laboratorio Morion -. E’ il sistema della concessionaria unica che va cambiato. Da anni diciamo che nel Veneto la mafia si chiama Consorzio Venezia Nuova, da anni diciamo che questi signori ora finito agli arresti hanno scippato la città di fiumi di denaro che dovevano servire alla tutela dell’ambiente, della città ed a realizzare case per i residenti costretti all’esilio in terraferma. Soldi che sono finiti non solo a pagare stipendi milionari a gente come Chisso, Galan e ai loro accoliti, ma anche a devastare la laguna”.
Il ventilato scavo dei canali come il Contorta e il Vittorio Emanuele per dare acqua alle Grandi Navi, lo ha spiegato il consigliere Beppe Caccia portando l’adesione della lista In Comune alla manifestazione di sabato, combaciano perfettamente con questo sistema corrotto in quanto, essendo opere di “salvaguardia” rientrano nelle competenze uniche e indiscutibili del Consorzio. Altri 300, 350 milioni di euro che andrebbero ad aggiungersi al bottino già intascato e spartito. “La mostruosità giuridica della concessione unica - ha commentato il consigliere - ha generato una piovra, che ha allungato i suoi tentacoli sulle amministrazioni statali a tutti i livelli,dal Magistrato alle Acque alla Regione del Veneto dalla Corte dei Conti allo stesso Comune. Un generalizzato sistema di corruzione, condiviso dalle principali imprese di costruzioni del Consorzio, con l'unico obiettivo di imporre ad ogni costo la realizzazione di grandi opere. Ieri il Mose, domani lo scavo dei canali per le Grandi Navi. Sempre le stesse imprese, sempre la stessa procedura. Ma, al di là delle individuali responsabilità che la Magistratura sta accertando, sono i tentacoli e la testa di questa piovra che devono essere tagliati. Cancelliamo il regime della concessione unica e il grumo di interessi che si è consolidato intorno al Consorzio e alle imprese a lui collegate”.
Che le indagini vengano estese dalle tangenti agli illeciti procedurali, è quanto ha chiesto Luciano Mazzolin di Ambiente Venezia, ai magistrati. “Nella lista dei 32 inquisiti manca qualche nome che ci saremmo aspettati. Magari questi signori faranno parte dei famosi 100 indagati su cui la magistratura ha mantenuto riserbo. Vedremo. Certo che molti dei nomi che abbiamo già letto sono anche dietro le presunte ‘soluzioni’ al problema della Grandi Navi. Non vorremmo dover assistere ad un film che abbiamo già visto e che a Venezia è costato fin troppo caro”.
Ambiente Venezia ha annunciato di volersi costituire parte civile al processo per le tangenti del Mose. Sempre per Ambiente Venezia, Cristiano Gasparetto ha ricordato come il Mose abbia un padrino (Silvio Berlusconi) e un padre (Romano Prodi). Due personaggi che solo qualche distratto commentatore politico potrebbe leggere come antagonisti in quanto rappresentano entrambi quei poteri forti che hanno avviato la mercificazione ambientale dell’intero Paese sotto il cemento delle Grandi Opere a tutto vantaggio di speculatori e mafiosi.
E così, in una città ancora sotto shock per la retata in stile “Gli anni ruggenti di Al Capone”, il comitato No Grandi Navi ha lanciato l’ultimo appello alla mobilitazione. Appuntamento sabato alle 13 a piazzale Roma. Sarà una manifestazione pacifica e colorata. Al di là delle preoccupazione del sindaco Giorgio Orsoni che proprio il giorno prima di essere arrestato ha dichiarato che “non saranno tollerate illegalità”. Al di là di quanto si augurano le compagnie di crociera che anche oggi hanno comperato intere pagine di giornali locali per scrivere “Ci risiamo. No alla violenza” sopra a una foto in cui gli attivisti si riparano dalle manganellate dietro a paperelle di gomma.
Concludiamo con una simpatica osservazione di Armando Danella: “Passando per il mercato sentivo tutta la gente sprecare indignazione e urlare che al tempo dei Dogi ai ladri tagliavano le mani (cosa peraltro non vera.ndr). Beh, ho cercato di dire a tutti, perché invece di stare solo a lamentarvi non venite sabato in piazza a dirlo assieme a noi?”

La magistratura arresta Chisso e Orsoni. Gli ambientalisti fanno volare gli aquiloni e si preparano alla mobilitazione di sabato

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Ogni tanto ne mettono dentro qualcuno. Dopo l’arresto dell'ex amministratore delegato della Mantovani, Giorgio Baita, è stato come assistere a quel gioco delle mattonelle dove la caduta di una si tira dietro tutte le altre. Nelle ultime settimane abbiamo visto in manette o inquisiti potentissimi ex ministri come Corrado Clini e Altero Matteoli. Le ultime mattonelle sono cadute tutte nel Veneto ed a Venezia, in particolare. La Procura di Venezia ha arrestato oggi l’assessore regionale alle Infrastrutture, Renato Chisso, e il sindaco Giorgio Orsoni. L’accusa è sempre la stessa: corruzione, concussione e riciclaggio nell'ambito degli appalti per il Mose. Anche l’ex Governatore Giancarlo Galan, si legge in un comunicato Ansa, avrebbe seguito la stessa sorte se non fosse che lo status di parlamentare ne ha per ora impedito l’arresto.
Alzi la mano chi ne è sorpreso. Ancora un bel po’ di anni fa avevo scritto sul compianto settimanale Carta che prima o poi la magistratura avrebbe fatto chiarezza sul sistema di tangenti e corruzione che quel disastro ambientale chiamato Mose non poteva non portare con sé. Non poteva perché un’opera costosissima, devastante ed inutile come questa doveva essere autorizzata solo da dei delinquenti. La magistratura avrebbe fatto chiarezza sì, ma soltanto quanto sarebbe stato troppo tardi per rimediare. I soliti lunghi tempi della giustizia italiana? Può darsi. Resta il fatto che vedere i magistrati che all’epoca denunciavano gli ambientalisti che occupavamo i cantieri per denunciare quel malaffare che ora loro stessi denunciano, ci lascia l’amaro in bocca più che altro.



I meno sorpresi alla fin fine siamo sempre noi che con questa gente ci abbiamo poco o niente a che fare e che combattiamo le nostre battaglie per i diritti e per l’ambiente in altri modi e in altri fronti. Come, ad esempio, insegnare ai bambini a far volare gli aquiloni mentre spieghiamo ai loro genitori perché le Grandi Navi sono incompatibili con quello che rimane della nostra povera laguna. Proprio come gli attivisti del comitato No Grandi Navi che si preparano alla manifestazione di sabato, hanno fatto ieri in campo Santa Margherita.
Degli arresti eccellenti, alla fin fine, ce ne importa poco, perché sappiamo bene - e lo abbiamo visto all’epoca di Tangentopoli - che non sarà mai la magistratura e tanto meno le manette a risolverci i problemi o ad aprirci la strada verso quella democrazia partecipata e dal basso che sogniamo. Continuiamo quindi nelle nostre lotte, senza smobilitare e senza sorprenderci più di tanto per quanto accade nei piani alti.
Chisso? Galan? Implicati nello scandalo del Mose? Ma va?! E Orsoni? Il nostro sindaco - e potenzialmente già ex sindaco - me lo ricordo ai tempi in cui Gianfranco Bettin aveva osato sfidarlo nelle primarie. Mentre l’arcipelago ambientalista si arabbattava con 4 soldi in croce, lui prendeva i finanziamenti del Consorzio Venezia Nuova. Tutto pulito, diceva lui. Un motivo ci sarà, dicevamo noi. Un motivo c’era, valuta oggi la magistratura.
Attenzione però. Fra qualche ora uscirà un comunicato del Consorzio che ci spiegherà che il Mose non centra nulla con tutto questo. Ci diranno che l’opera in sé è buona e che - lo sapete come vanno le cose in Italia, no? - il problema sta tutto nei politici corrotti che ne hanno gestito gli appalti. Più o meno quello che ti raccontano per l’Expo e che, prima o poi, salterà fuori per la Tav o per la Mestre Orte o tutte le altre Grandi Opere che stanno maciullando l’Italia. E’ una bugia. E’ il sistema stesso della Grande Opera calata dall’alto in deroga a tutte le leggi e le valutazioni ambientali che comporta il malaffare. Perché il malaffare, la corruzione, la tangente, il dirottare soldi dal pubblico al privato, la mercificazione dell’ambiente, l’avallo di una economia a gestione mafiosa è il vero ed unico scopo della Grande Opera.
E proprio sotto questa visuale le Grandi Navi sono Grandi Opere in tutto e per tutto. Così come le presunte “soluzioni” al problema delle Grandi Navi, mi riferisco allo scavo del Contorta o del Vittorio Emanuele, sono in tutto e per tutto Grandi Opere. Scavi che hanno già ottenuto un parere negativo della commissione Via e che, se non è un sistema mafioso questo..., ci è stato tenuto segreto alla faccia di tutte le norme di trasparenza.
Per questo, Eco Magazine rilancia con convinzione l’appello alla mobilitazione di sabato. Nella prossima settimana si riunirà il Comitatone, (pure se non qualche membro di meno). Troviamoci tutti a piazzale Roma alle ore 13. #tuttigiùperterra. E’ il momento giusto per far capire a tutti che Venezia a quelle Grandi, brutte e devastanti Navi preferisce far volare gli aquiloni.

Referendum sul parco. Un rischio ma anche una grande opportunità

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A scanso di intoppi burocratici, a dicembre saremo chiamati ad esprimerci nel referendum consultivo sulla delibera che istituisce il parco. Un rischio? Sicuramente. E non ci riferiamo solo ad una maggioranza di contrari, ma anche a una percentuale troppo bassa di non votanti, oppure ad uno “scollamento” tra isolani schierati in massa per il No e veneziani tutti favorevoli.
Perché allora l’amministrazione comunale, su pressione dell’assessore Gianfranco Bettin, ha accettato il confronto referendario quando avrebbe avuto i numeri in aula per respingere la richiesta dell’opposizione?
La risposta sta tutta sull’idea di parco per la quale ci siamo battuti.
Innanzitutto, per come è nato e per come si è sviluppato – oltre che per il particolarissimo sistema che vuole tutelare e che è un melting pot più unico che raro di natura e di interventi umani, di acqua dolce e di acqua salata, di cultura e di storie, di terra e di mare – il nostro parco deve necessariamente nascere da un processo costitutivo allargato e partecipato. Mettiamocelo bene in testa che senza Burano e i suoi abitanti non c’è parco. Certo, i pareri di biologi, archeologi, storici, ingegneri idraulici sono importanti, ma questo parco deve essere anche il parco della gente che ci vive e che, nella laguna, trova sostentamento. Bisogna parlare, discutere, litigare, ascoltare, far partecipare tutti gli attori che quotidianamente recitano sul palcoscenico lagunare. Dai cacciatori ai pescatori, dagli operatori del turismo a chi lavora nei cantieri tradizionali, sino a chi nelle isole semplicemente ci dimora.
Questo passo è un sine qua non. Gianfranco Bettin lo ha compreso bene e proprio per questo ha accettato la sfida del referendum. Superata la rozza bagarre scatenata in aula consiliare da Lega e Fratelli d’Italia, forti dell’appoggio di un piccolo gruppo di irriducibili cacciatori, adesso è il momento anche per gli oppositori di riflettere e di proporre qualche ragione migliore se vogliono costruire una seria piattaforma contraria al parco. Proposte che, ci si augura, faranno crescere il livello del dibattito, contribuendo ad innescare quel processo partecipativo che, lo abbiano già sottolineato, è indispensabile per fare da volano al progetto.



Lo ha ribadito ancora l’assessore Bettin che ieri pomeriggio ha partecipato ad una riunione al museo di Storia Naturale indetta da Giannandrea Mencini, Vas, e  Gigi Lazzaro, Legambiente, con i firmatari dell’appello per il parco, sottoscritto anche da Eco Magazine. Appello che ha avuto il merito, proprio nel momento più caldo del dibattito consiliare, quando la discussione democratica aveva lasciato spazio a minacce, vandalismi e scritte offensive, di ricordare che c’era una Venezia, viva e ambientalista che era favorevole al parco e non aveva paura di farlo sapere.
“Col referendum potremo tornare a parlare di cose concrete – ha spiegato l’ambientalista – e non perderemo più tempo a rispondere su fantasmi e vaneggiamenti. Potremo confrontarci sull’idea che abbiamo di laguna e di come vogliamo tutelarla. Perché, dietro quello sparuto e chiassoso gruppetto di pochi cacciatori estremisti, c’è una potente e trasversale lobby che non vuole il parco per le stesse ed opposte ragioni per cui noi lo vogliamo. Se salta la nostre idea di tutela ambientale infatti, passa un percorso diverso di sfruttamento e di, passatemi il termine, showbusinessazione della laguna”.
E qui si innesta il secondo motivo per cui il referendum sarà anche una grande opportunità. A maggio a Venezia si voterà per le amministrative. Il referendum di dicembre sarà una occasione per ricompattare quello schieramento civico e ambientalista che tra mille difficoltà e disordini interni ha saputo dare vita ad operazioni come quella di Poveglia, la battaglia contro le Grandi Navi (a proposito, sabato 7 alle 13 tutti a piazzale Roma!) e realizzare il parco. Insomma, il referendum potrà essere uno strumento utile per disegnare insieme una più ampia idea di città. Abbastanza vicino alla scadenza elettorale per non perdere lo slancio, ma anche sufficientemente lontano per non farci intrappolare da logiche di liste e di alleanze.
Per l’intanto, e questa è un concetto condiviso da tutta l’assemblea, Venezia è salita sul treno giusto. Certo, è solo un parco di interesse locale, ma in questo modo, e per la prima volta, il nostro consiglio comunale che è anche l’organo più vicino ai cittadini, può dire la sua sulla laguna delle mille altre competenze. Certo, è solo il parco della laguna nord e lascia “scoperta” la parte sud di un unico sistema morfologico che non è scomponibile, ma è solo un primo passo e nulla vieta domani di estendere le stesse tutele/opportunità anche alla parte meridionale. Certo, il parco non può imporre vincoli ma può impuntarsi per far rispettare quelli che ci sono, e che oggi sono puntualmente disattesi.
Insomma, come ha ripetuto più volte Bettin, il rischio inerente al parco è solo quello di non riuscire a cogliere tutte le opportunità che esso comporta. E per non perdere queste opportunità è bene ricordarci sin da subito che abbiamo un referendum da vincere e poco tempo da perdere.
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