In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.

Referendum sul parco. Un rischio ma anche una grande opportunità

ref
A scanso di intoppi burocratici, a dicembre saremo chiamati ad esprimerci nel referendum consultivo sulla delibera che istituisce il parco. Un rischio? Sicuramente. E non ci riferiamo solo ad una maggioranza di contrari, ma anche a una percentuale troppo bassa di non votanti, oppure ad uno “scollamento” tra isolani schierati in massa per il No e veneziani tutti favorevoli.
Perché allora l’amministrazione comunale, su pressione dell’assessore Gianfranco Bettin, ha accettato il confronto referendario quando avrebbe avuto i numeri in aula per respingere la richiesta dell’opposizione?
La risposta sta tutta sull’idea di parco per la quale ci siamo battuti.
Innanzitutto, per come è nato e per come si è sviluppato – oltre che per il particolarissimo sistema che vuole tutelare e che è un melting pot più unico che raro di natura e di interventi umani, di acqua dolce e di acqua salata, di cultura e di storie, di terra e di mare – il nostro parco deve necessariamente nascere da un processo costitutivo allargato e partecipato. Mettiamocelo bene in testa che senza Burano e i suoi abitanti non c’è parco. Certo, i pareri di biologi, archeologi, storici, ingegneri idraulici sono importanti, ma questo parco deve essere anche il parco della gente che ci vive e che, nella laguna, trova sostentamento. Bisogna parlare, discutere, litigare, ascoltare, far partecipare tutti gli attori che quotidianamente recitano sul palcoscenico lagunare. Dai cacciatori ai pescatori, dagli operatori del turismo a chi lavora nei cantieri tradizionali, sino a chi nelle isole semplicemente ci dimora.
Questo passo è un sine qua non. Gianfranco Bettin lo ha compreso bene e proprio per questo ha accettato la sfida del referendum. Superata la rozza bagarre scatenata in aula consiliare da Lega e Fratelli d’Italia, forti dell’appoggio di un piccolo gruppo di irriducibili cacciatori, adesso è il momento anche per gli oppositori di riflettere e di proporre qualche ragione migliore se vogliono costruire una seria piattaforma contraria al parco. Proposte che, ci si augura, faranno crescere il livello del dibattito, contribuendo ad innescare quel processo partecipativo che, lo abbiano già sottolineato, è indispensabile per fare da volano al progetto.



Lo ha ribadito ancora l’assessore Bettin che ieri pomeriggio ha partecipato ad una riunione al museo di Storia Naturale indetta da Giannandrea Mencini, Vas, e  Gigi Lazzaro, Legambiente, con i firmatari dell’appello per il parco, sottoscritto anche da Eco Magazine. Appello che ha avuto il merito, proprio nel momento più caldo del dibattito consiliare, quando la discussione democratica aveva lasciato spazio a minacce, vandalismi e scritte offensive, di ricordare che c’era una Venezia, viva e ambientalista che era favorevole al parco e non aveva paura di farlo sapere.
“Col referendum potremo tornare a parlare di cose concrete – ha spiegato l’ambientalista – e non perderemo più tempo a rispondere su fantasmi e vaneggiamenti. Potremo confrontarci sull’idea che abbiamo di laguna e di come vogliamo tutelarla. Perché, dietro quello sparuto e chiassoso gruppetto di pochi cacciatori estremisti, c’è una potente e trasversale lobby che non vuole il parco per le stesse ed opposte ragioni per cui noi lo vogliamo. Se salta la nostre idea di tutela ambientale infatti, passa un percorso diverso di sfruttamento e di, passatemi il termine, showbusinessazione della laguna”.
E qui si innesta il secondo motivo per cui il referendum sarà anche una grande opportunità. A maggio a Venezia si voterà per le amministrative. Il referendum di dicembre sarà una occasione per ricompattare quello schieramento civico e ambientalista che tra mille difficoltà e disordini interni ha saputo dare vita ad operazioni come quella di Poveglia, la battaglia contro le Grandi Navi (a proposito, sabato 7 alle 13 tutti a piazzale Roma!) e realizzare il parco. Insomma, il referendum potrà essere uno strumento utile per disegnare insieme una più ampia idea di città. Abbastanza vicino alla scadenza elettorale per non perdere lo slancio, ma anche sufficientemente lontano per non farci intrappolare da logiche di liste e di alleanze.
Per l’intanto, e questa è un concetto condiviso da tutta l’assemblea, Venezia è salita sul treno giusto. Certo, è solo un parco di interesse locale, ma in questo modo, e per la prima volta, il nostro consiglio comunale che è anche l’organo più vicino ai cittadini, può dire la sua sulla laguna delle mille altre competenze. Certo, è solo il parco della laguna nord e lascia “scoperta” la parte sud di un unico sistema morfologico che non è scomponibile, ma è solo un primo passo e nulla vieta domani di estendere le stesse tutele/opportunità anche alla parte meridionale. Certo, il parco non può imporre vincoli ma può impuntarsi per far rispettare quelli che ci sono, e che oggi sono puntualmente disattesi.
Insomma, come ha ripetuto più volte Bettin, il rischio inerente al parco è solo quello di non riuscire a cogliere tutte le opportunità che esso comporta. E per non perdere queste opportunità è bene ricordarci sin da subito che abbiamo un referendum da vincere e poco tempo da perdere.

Adriatico a rischio trivelle. Seibezzi: “Serve una direttiva europea che ne vieti l’uso”

triv
Sembra l’inizio di uno di quei film catastrofici dove gli scienziati avvertono i militari di non fare una cosa, i militari puntualmente la fanno e poi son tutti effettoni speciali su effettoni speciali in 3D che riempiono lo schermo.
Soltanto che stavolta rischiamo di vederli dal vivo, e senza bisogno di occhialini 3D, gli effettoni speciali!
Stiamo parlando della balzana proposta di trivellare l’Adriatico a poche miglia dalle nostre coste in cerca di petrolio. Una idea rischiosissima e già bocciata dal mondo scientifico ma che di tanto in tanto qualche politico rispolvera per presentarla come il “deus ex machina” che ci risolverà la crisi economica.
L’ultimo è stato Romano Prodi che ha voluto ricordarci come stiamo navigando sopra un “mare di petrolio” inutilizzato e sprecato. Mare che, ha sostenuto in un editoriale apparso sul Messaggero, potrebbe regalarci perlomeno 22 milioni di tonnellate di idrocarburi in sei anni. Mare che, sempre secondo il mortadellone, se non lo estraiamo noi lo farà di sicuro la Croazia.
Due considerazioni assolutamente inconsistenti, oltre che balorde. Intanto, 22 milioni di tonnellate di idrocarburi in sei anni non sono niente. L’Italia ha consumato solo lo scorso anno quasi 65 milioni di tonnellate. Ma anche a voler prescindere dalla quantità, è oramai chiaro come il sole che il futuro sta tutto nelle energie rinnovabili e che quell’economia basata sullo sfruttamento di risorse inquinanti e a termine che il Professore ama tanto (e che poi è quella che ha causato la crisi) oramai se ne è andata a farsi benedire e non sarà quel poco petrolio che si trova nell’Adriatico a salvarla.



In quanto alla Croazia, il ragionamento fatto sopra vale pure per lei. Le trivellazioni sono una scommessa perduta tanto per noi quanto per i nostri dirimpettai adriatici. E val la pena anche di sottolineare che il rischio ambientali non comporta nessun beneficio pubblico in quando il petrolio appartiene agli italiani e ai croati sino a che sta sotto terra. Una volta estratto sarà di proprietà della multinazionale che ne godrà i ricavi lasciando a italiani e croati tutte le spese e gli svantaggi che ne derivano.
Svantaggi che andranno a colpire due settori: la pesca e in particolare il turismo che per un Paese come il nostro è l’unico volano economico sicuro su cui contare. Lo stesso presidente della Regione Marche, Gian Mario Spacca, lo ha sottolineato: “Non è solo una questione di sicurezza fisico-tecnica ma anche una valutazione economica. Se in Adriatico si decide di fare grandi investimenti turistici è chiaro che il territorio verrebbe penalizzato da una intensa attività perforatrice”.
Senza considerare che i rischi fisico-tecnici di cui parla Spacca raggiungono un livello tale da rendere assurdo qualsiasi tentativo di valutazione economica. Quando “costa”, a parer vostro, la città di Venezia? Proprio il capoluogo veneto sarebbe infatti uno dei luoghi più a rischio se venisse realizzata l’attività estrattiva.
Il primo rischio è la subsidenza. Il secondo è lo sversamento.
“Qualsiasi trivellazione e conseguente prelievo di idrocarburi dai fondali del Mare Adriatico rischia di provocare conseguenze irreparabili per le aree costiere, che verrebbero colpite dal fenomeno della subsidenza (ovvero l’abbassamento dei livelli dei suoli), come provato per effetto degli emungimenti realizzati nel corso della seconda metà del Novecento - ha spiegato Camilla Seibezzi, consigliera comunale a Venezia per la lista In Comune e candidata al parlamento europeo con la lista Tsipras -; tale fenomeno comporterebbe danni gravissimi per la nostra città, già esposta alla crescita del livello medio del mare per effetto dei cambiamenti climatici”.
Seibezzi e il suo collega Beppe Caccia hanno proposto un ordine del giorno al consiglio comunale per impegnare il sindaco Giorgio Orsoni a farsi promotore di un’iniziativa politico-istituzionale su scala europea, dal momento che la Croazia è, a tutti gli effetti, uno Stato membro dell’Unione. Lo scopo è quello di ottenere l’adozione di una direttiva comunitaria col divieto per qualsiasi forma di trivellazione, anche esplorativa, ed estrazione di idrocarburi dai fondali del mare Adriatico. Una direttiva che, al contrario, ne tuteli il patrimonio naturale e ambientale, ne valorizzi le attività tradizionali quali la pesca e il turismo, sostenibili e di qualità, e promuova in quest’area del Mediterraneo il ricorso coordinato a fonti energetiche pulite e rinnovabili.
Ma oltre alla subsidenza, vi è anche un secondo grave pericolo dovuto alla particolare formazione dell’Adriatico che è fondamentalmente un bacino chiuso caratterizzato da un conseguente scarso ricambio delle acque. Se ci aggiungiamo il fondale basso, soprattutto nelle nostre coste, la corrente ed il complesso sistema di faglie dovuto al movimento di subsidenza africana, ne esce un quadro davvero preoccupante. L’Adriatico è una zona sismica. Al largo di Ravenna, proprio in un tratto di mare dove vorrebbero installare le piattaforme, sono stati registrati negli ultimi due anni decine di terremoti di varia intensità.
Qualora una faglia dovesse riattivarsi, creerebbe inevitabilmente seri danni al sistema di trivellamento con conseguente fuoriuscita di petrolio. Fuoriuscita che il nostro mare non sarebbe in grado di smaltire, provocando ingenti danni ai fondali e alle coste.
Con la complicità delle correnti marine e di marea a pagare le spese sarebbe in particolare la nostra laguna che con la sua particolare morfologia sarebbe un perfetto “bidone aspiratutto” dello sversamento.
E se questo non vi sembra l’inizio di un film catastrofico...

Occupato il campanile di San Marco. Gli attivisti alzano lo striscione No Grandi Navi

camp
In piazza San Marco i Mori battono mezzogiorno. E’ maggio inoltrato eppure tira ancora vento di scirocco. Le cose non vanno mai come te le aspetti. Il lato più coperto dai forti mulinelli di vento è quello che volge verso la “boca de piazza”, dove si sale al museo Correr. Peccato che le impalcature dei perenni lavori in corso e le recinzioni complichino ulteriormente l’alzata dello striscione, non bastasse il vento. Una impresa non da poco considerando le dimensioni davvero “esagerate” dello striscione: 40 metri per 8. Quasi la metà del campanile! Data una occhiata alle foto per farvene una idea.
Eppure gli attivisti del comitato per la difesa della laguna e contro le Grandi Navi sono riusciti ugualmente da tirarselo su! Un blitz da manuale sotto gli occhi increduli della massa di turisti che da queste parti non manca mai. Turisti che amano Venezia - certo più di tanti “nostrani” che ne apprezzano solo il lato commerciale e di sfruttamento - e che hanno fatto presto a solidarizzare con gli attivisti che spiegavano i motivi della loro protesta in inglese e in francese, oltre che in italiano.
Proprio come quel signore targato Iu Es Ei dalla testa ai piedi che mi ha avvicinato per chiedermi qualche spiegazione in più e mi ha spiegato che “quelle grosse navi che passano qui davanti sono davvero mostruose, oltre che brutte e totalmente avulse dalla città. Da noi una città come Venezia sarebbe difesa dall’esercito e salvaguardata come il parco di Yellowstone”. Ecco... magari l’esercito anche no, ma sulla salvaguardia siamo d’accordo.



E così tra bandiere sventolanti in piazza, l’enorme striscione che ondeggiava al vento e gli attivisti sopra il campanile impegnati a reggerlo ed a lanciare volantini su San Marco, l’impresa si è protratta per una mezz’ora sino a che un colpo maligno di vento ha strappato il telo. Niente paura. Lo striscione è stato adagiato lungo la piazza e li è rimasto sino a quando gli attivisti hanno concluso la loro iniziativa che, ricordiamolo, è solo l’antipasto - lo spritz, diciamo noi che siamo nati in questa strana e magnifica città - di quanto avverrà sabato 7 e domenica 8 giugno, quando la città si mobiliterà per bloccare le Grandi Navi.
Ma per oggi intanto, Venezia ha issato sul suo campanile la sua bandiera più bella!

Trasparenza e mobilitazione. Così Venezia difenderà la sua laguna

tras
La nostra forza la trasparenza. La nostra arma la mobilitazione.
Ancora una volta i veneziani hanno risposto con forza all’appello del comitato No Grandi Navi partecipando numerosi all’assemblea organizzativa in preparazione della mobilitazione di sabato 7 e domenica 8 giugno, e riempiendo questo pomeriggio la capiente sala San Leonardo.
La discussione ha preso spunto dalle due notizie diffusesi nell’ultima settimana e che sono state ricordate da Marta Canino nel suo discorso d’apertura: il nulla di fatto con il quale si è conclusa l’ultima riunione del Comitatone che dimostra che non è quello il luogo in cui vengono prese le decisioni, considerando che intanto che si discutele Grandi navi continuano a devastare la città, il parere negativo della commissione Via sullo scavo del Contorta. Parere tenuto segreto sino all’ultimo dal Governo.
Proprio la segretezza con la quale i Poteri Forti stanno trattando la questione, non di rado umiliando gli stessi tecnici ministeriali, come ha sottolineato la docente Andreina Zitelli, è un elemento fortemente indicativo della crisi in cui è precipitata la nostra democrazia. O meglio, quel che ne rimane. “Il nostro diritto alla trasparenza è violato di continuo - ha affermato la studiosa - Siamo di fronte a pareri segreti su progetti sconosciuti. A questo punto, è lecito sollevare anche una questione di credibilità oltre che di conflitto di interessi, visto che si sono amministratori con diritto di voto che sono anche presentatori di progetti”.
“Per questo - ha concluso la professoressa Zitelli - invito tutti a diffondere i documenti e i pareri tecnici. Leggiamoli e facciamoli leggere. Documentiamoci e, magari, traduciamoli in inglese per farli leggere a tutte quelle associazioni e quei gruppi che, fuori dall’Italia, hanno a cuore la laguna di Venezia perché la considerano, e a ragione, un patrimonio dell’umanità”.



Trasparenza, quindi. Trasparenza e diffusione delle notizie contro quei poteri che lavorano nell’ombra perché non troverebbero terreno fertile nella democrazia e nella partecipazione.
Il secondo punto è la mobilitazione. Una mobilitazione forte e diffusa. Pacifica ma determinata. Una mobilitazione la cui necessità è stata rimarcata in tutti gli interventi. “Con le Grandi Navi si ripete tutto quel circo di malaffare che circonda le Grandi Opere di cui siamo stati spettatori in tante altre occasioni. Dal Mose al recente Expo. Tra una ventina d’anni verrà a Venezia qualche presidente di Consiglio a chiederci scusa per il Mose. Facciamo in modo che non debba scusarsi anche per i danni provocati dalle Grandi Navi - ha spiegato Armando Danella - Di fronte ad un sistema che premia l’illegalità e viola tutti le convenzioni italiane ed europee di trasparenza, non bastano i richiami alla legalità. Serve una mobilitazione che coinvolga l’intera città”.

Quella stessa mobilitazione che comincerà sin da sabato prossimo, con la partecipazione del comitato No Grandi Navi alla manifestazione che si svolgerà a Roma in difesa dei Beni Comuni. Perché anche la laguna di Venezia è un bene comune. Come già per per l’acqua, si scrive Grandi navi si legge Democrazia.

Stavolta ci siamo: è nato il Parco della Laguna Nord di Venezia

parc
A mezzanotte e quattro minuti, il Parco della Laguna Nord di Venezia diventa una realtà. C’è voluta una lunga, e tanto paziente, gestazione. Un iter burocratico lungo un anno tra commissioni regionali e comunali, schivando difficoltà dell’ultima ora e saltando bastoni tra le ruote non sempre imputabili all’opposizione, richieste di pareri su pareri mediando tra tutti i tanti, troppi, enti che hanno giurisdizione sulla laguna, da magisteri a ministeri, da sovrintendenze a capitanerie. E ancora, incontri su incontri, discussioni su discussioni con residenti, associazioni di categoria come quelle della pesca, del turismo, della caccia, per far capire loro che il nascente Parco non aggiunge vincoli ma solo opportunità. Dulcis in fundo, tre interminabili sedute di consiglio comunale, sotto i continui insulti di uno sparuto ma agguerrito gruppetto di irriducibili cacciatori, terrorizzati di non poter più sparare a tutti gli uccelli che gli passano davanti al mirino, e dribblando la cinquantina di emendamenti meramente ostruzionistici con i quali il capogruppo di Fratelli d’Italia, Sebastiano Costalonga, ha tentato fino all’ultimo di far inciampare la delibera. Tra l’altro, emendamenti talmente mal fatti che una ventina sono stati respinti perché giudicabili “non votabili” dalla segreteria. Neanche la più becera ostruzione, sanno fare bene. 
C’è voluta un’ultima seduta, quella di ieri, durata oltre 9 ore che ha messo a dura prova la tenuta “psicofisica” della maggioranza, ma alla fine, a notte inoltrata, la delibera numero 22 del 2014 che istituisce il Parco di interesse locale della Laguna Nord di Venezia è stata approvata con 18 voti favorevoli, 9 contrari e un astenuto. 
Soddisfatto l’assessore all’Ambiente, Gianfranco Bettin, che del nascente Parco è stato il più convinto sostenitore, ed il gruppetto di ambientalisti del Vas che hanno tenuto duro sino alla fine nell’area riservata al pubblico per ricordare al consiglio che del Parco non ci sono solo oppositori. 



Oggi, a giochi fatti, viene da chiedersi perché un Parco che ha il compito di tutelare e valorizzare in modo nuovo e sostenibile la parte ancora più riconoscibile nel patrimonio originario naturale e storico della laguna veneziana, abbia sollevato tante proteste e tanti ingiustificati timori, considerando che l’area in questione, circa 16 mila ettari, è già sottoposta a vincoli Zps e la nuova struttura, neppure volendo, ha il potere di aggiungerne di nuovi. 
Volutamente, la minoranza aggressiva e irriducibile di cacciatori che fa capo all’europarlamentare di Fratelli d’Italia Sergio Berlato e alla destra estrema di Venezia, ha mantenuto un livelo di discussione basso, giocando su toni allarmistici - cosa che d’altra parte è tutta nel loro stile - che non trovano nessuna riscontro nella realtà di quello che, alla fin fine, è un parco di interesse locale; il livello più tutela ambientale disponibile nel nostro Paese, il solo che Regione e Governo ci abbia consentito di istituire. 
Qualcun altro, nell’ombra, ha ancor più alzato il tiro: proiettili in busta e scritte offensive e minacciose all’assessore all’Ambiente, Gianfranco Bettin, e irruzioni vandaliche nell’isola di San Giacomo in Paludo, tra Murano e Burano, gestita dall’associazione ambientalista Vas. 
Al di là dei cacciatori estremisti, e di chi dà loro corda con li consueto armamentario di spauracchi e panzane seminate apposta per screditare un progetto che invece ha tutte le carte in mano per rigenerare sia l’ambiente e il patrimonio storico e culturale sia l’economia delle comunità della laguna nord, c’è l’impressione che anche altri poteri e interessi abbiano la volontà di impedire che si vigili meglio sulle tutele esistenti, che non vogliano forme rigorose di controllo per poter meglio coltivare affari spesso poco chiari in laguna. Le mani del business affaristico sulla laguna sono sempre disturbate dai controlli, e dunque la presenza di un parco che metterà questi affari sotto gli occhi del mondo è letta come un pugno nello stomaco. “E’ evidente che c’è chi pretende di continuare a fare quello che vuole in laguna, infischiandosene di regole e tutele, e che vede nel Parco un ostacolo ai propri interessi - ha commentato Gianfranco Bettin -. Ma desso che i Parco è stato istituito non si può più tornare indietro e il Comune, che è anche l’ente amministrativio più vicino ai cittadini, ha uno strumento in più per tutelare la nostra laguna”. Uno strumento che adesso dobbiamo imparare ad utilizzare in tutte le sue grandi potenzialità.

Un appello per il Parco della Laguna

parc2
Ci siamo. Domani in consiglio comunale torna di scena il parco della laguna nord. E stavolta dovrebbe essere la volta buona. I consiglieri veneziani dovranno rispondere Sì o No alla delibera istituente il parco e così tenacemente propugnata dall’assessore all’Ambiente, Gianfranco Bettin. Martedì scorso ci è toccato assistere a vergognose sceneggiate, sino alla caduta del numero legale, da parte di alcuni consiglieri di Fratelli d’Italia e di un gruppuscolo di cacciatori estremisti che continuano a far  finta di non sapere che il parco comunale non avrebbe neppure la possibilità di intervenire sull’attività venatoria. Sceneggiate che altro non sono che lo specchio istituzionale delle vergognose scritte apparse sui muri delle isole veneziane con tanto di insulti e minacce di morte rivolte all’ambientalista.
“C’è chi pretende di fare quello che vuole in laguna – ha risposto l’assessore all’Ambiente – infischiandosene di regole e tutele, e che vede nel Parco un ostacolo ai propri interessi. Parco che, peraltro, non introduce nuovi vincoli, ma è evidente che porterebbe maggiori controlli”.
A sostegno del parco si è schierato l’intero arcipelago ambientalista veneziano. Gianandrea Mencini, vicepresidente nazionale Vas e Gigi Lazzaro, presidente Legambiente Veneto, hanno lanciato un appello al quale abbiamo aderito anche noi di Eco Magazine.  Lo riportiamo qui sotto, augurandoci che la voce della ragione e i valori di chi vuole tutelare l’ambiente possano, questa volta almeno, mettere a tacere chi grida solo minacce di morte.



APPELLO  FINALE PER IL PARCO DELLA LAGUNA NORD
Lunedì 14 aprile il Consiglio Comunale ha nuovamente rimandato a martedì 6 maggio il voto relativo alla delibera presentata dall’assessore all’ambiente del Comune di Venezia Gianfranco Bettin per l’istituzione del parco regionale di interesse locale della Laguna Nord di Venezia. Dopo quasi quarant’anni di discussioni, il nostro Comune ha la grande possibilità di istituire un parco in una delle aree umide più belle del mondo.
Un lungo lavoro istituzionale, quello del parco regionale di interesse locale, iniziato nel 2002 e proseguito negli anni successivi dall’amministrazione comunale e in particolar modo dall’assessore all’ambiente Gianfranco Bettin.
Un parco che noi ambientalisti abbiamo sempre pensato non solo come fonte di vincoli e di divieti – per questi aspetti basterebbe ampliare o semplicemente continuare ad applicare le normative vigenti – ma soprattutto come momento di rilancio socio-economico e ambientale dell’intera area della laguna nord a beneficio di tutto il tessuto cittadino.
L’ambiente lagunare, riconosciuto dall’Unesco “patrimonio mondiale dell’umanità” in legame indissolubile con la Città, è uno straordinario patrimonio collettivo e costituisce una parte rilevante dell’identità veneziana, della sua storia e memoria, oltre che una potenzialità unica di valorizzazione economica (l’ecoturismo nei Parchi rappresenta circa il 16% delle presenze turistiche complessive del nostro Paese).
La Laguna di Venezia è la memoria e il futuro del nostro territorio, perciò la sua tutela non può rimanere un mero concetto. Siamo convinti oggi come lo eravamo più di dieci anni or sono, quando iniziò il percorso partecipativo attorno all’idea di Parco, che la sua nascita sia sempre più necessaria a tutelare ciò che è un “Bene Comune” secondo principi di equità, trasparenza e legalità che sconfiggano all’origine le azioni speculative portatrici di interessi localisti e miopi, e garantendo partecipazione e nascita di attività imprenditoriali legate alle nuove ed innovative forme di green economy che fioriscono in altre parti del Paese, ma non ancora a Venezia.
Anche il presidente americano Obama, durante l’Earth day 2009 ha dichiarato “La scelta a cui siamo chiamati non è tra salvare l’ambiente o l’economia ma tra prosperità o declino”. Chi continua a contrapporsi ed evita di confrontarsi con il cambiamento in corso è dunque figlio di quella “vecchia economia” che ha già devastato il territorio Nazionale e Regionale e non si rende conto dei benefici derivanti da nuovi modelli economici (solo in Europa il 17% circa degli attuali posti di lavoro è più o meno collegato alle risorse ecosistemiche) e tantomeno di quanto grave sia la perdita di biodiversità, che nel Pianeta avanza a ritmi sconcertanti con il 60% degli ecosistemi terrestri ormai degradato.
Un Parco pertanto che valorizza i prodotti tradizionali e locali, che rilancia il turismo sostenibile, consapevole e attento alle identità del luogo ed allo stesso tempo in grado di proteggere l’immenso valore ecologico della laguna, tutelandone la sua vasta biodiversità sinonimo di ricchezza, di varietà, della coesistenza di svariate forme di vita, tutte utili e selezionate nel corso dei millenni.
Un Parco della natura e dell’uomo in un territorio unico, dove la sua ineguagliabile bellezza come la sua fragilità, derivano proprio dalla sua costante antropizzazione.
Ciò di cui siamo convinti dunque è che l’istituzione del Parco potrà garantire sviluppo, con la tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini. Vogliamo un Parco non solo strumento di conservazione della natura, ma organismo moderno di gestione integrata e sostenibile del territorio in grado di creare opportunità economiche.
Infine, vogliamo la nascita del Parco come avvio di un percorso che unisca le comunità locali e non divida e che ci veda tutti insieme, cittadini, associazioni, operatori turistici e del commercio ed imprenditori, a lavorare per  dare un futuro durevole e sostenibile a questo straordinario ambiente naturale e culturale. La sinergia di associazioni, imprenditori della green economy ed amministratori è fondamentale. Tutti i portatori d’interesse devono agire di concerto per offrire un valore aggiunto, mettendo insieme competenze e risorse per offrire alla città, ai suoi abitanti, una Venezia sempre più sostenibile.
Desiderare la conclusione del percorso e la nascita del Parco regionale di interesse locale della Laguna Nord non deve essere prerogativa degli ambientalisti ma desiderio e obiettivo di una Città intera, che decide di pianificare assieme il suo futuro.
Un voto favorevole alla delibera del Comune di Venezia di istituzione del parco regionale di interesse locale può regalarci questa bellissima e fondamentale possibilità. È urgente quindi che i rappresentanti dei cittadini in Consiglio Comunale agiscano per interessi collettivi e non particolari.

Gli studenti occupano Ca’ Bembo

bem
Venezia - Era dai tempi dell’Onda che una sede universitaria non veniva occupata dagli studenti. E’ successo giovedì pomeriggio quando un nutrito gruppo di giovani attivisti ha aperto e “restituito” alla città lo storico palazzo Ca’ Bembo. Una scelta non casuale perché questo monumentale edificio, con Ca' Cappello e Palazzo Cosulich, fa parte del “pacchetto regalo” che il rettore Carlo Carraro intende permutare con una piccola palazzina di proprietà della Pensplan, un istituto di previdenza complementare del Trentino. Operazione non chiara e contestata tanto dagli studenti quanto da docenti universitari e amministrazione comunale che teme che questi tre storici edifici, oggi di proprietà pubblica, si trasformino in altri tre grandi alberghi.
“Ancora oggi il rettore non ha spiegato come e con quali criteri intende portare avanti questa che lui chiama ‘permuta’ - ha spiegato Teresa Gregolin, portavoce degli studenti che si sono definiti con l’hasttag #invendibili -. Pagine dei verbali del consiglio d'amministrazione riguardanti la questione magicamente omesse dalla pubblicazione, confusione terminologica e risposte elusive, CdA spostati all'ultimo momento in aule “segrete”, atti amministrativi secretati... Come se non bastasse, Carraro è a fine mandato e ha convocato l’ultimo consiglio di amministrazione che dovrebbe avallare questa operazione il 24 maggio, a pochi giorni dalla sua scadenza”.



L’occupazione di Ca’ Bembo ha anche lo scopo di far “uscire allo scoperto” i candidati al Rettorato perché prendano posizione pro o contro la permuta. Lunedì, gli studenti abbandoneranno il palazzo e si recheranno a Ca’ Foscari, sede dell’università veneziana, in corteo per chiedere di posticipare l’operazione finanziaria a dopo le elezioni.
“La nostra protesta - si legge in comunicato diffuso degli #invendibili - non vuole limitarsi al voler tutelare quelle che, a nostro avviso, non sono solo sedi universitarie, ma veri e propri luoghi di cultura e aggregazione cittadina. ... Assistiamo, con questa operazione, all'ennesimo atto di svendita di Venezia, fonte a quanto pare inestinguibile di profitto e lucro”.
“L'intera gestione universitaria del mandato Carraro ci fa ben vedere il mutamento in corso nell'università pubblica italiana - conclude Teresa Gregolin -: ci fa ben vedere cosa accade quando si permette ad interessi privati di tipo lobbistico e aziendale di entrare nei consigli di amministrazione delle nostre università e gli studenti vengono visti solo come un enorme bacino di manodopera sotto o per nulla pagata, da sottomettere con l’odioso ricatto dei corsi di formazione o degli stage non retribuiti. E in questo senso, purtroppo, l’università è proprio lo specchio della società. Ma non della società che vogliamo noi”.

Venezia si prepara alla mobilitazione. “Il 7 e l’8 giugno bloccheremo le Grandi Navi”

mobi
Mobilitazione. Questa è la risposta che la città darà alla pressione che le lobby crocieristiche stanno esercitando sul Governo per riaprire la laguna alle Grandi Navi. Una mobilitazione su tutti i fronti. Questo è quanto ha deciso l’assemblea dei comitati cittadini riunitisi ieri a San Sebastiano. Volantinaggi, coinvolgimento di associazioni e personalità italiane e internazionali che già si sono dimostrate sensibili al problema, incontri informativi come quello che si svolgerà il 28 aprile a Ca’ Loredan per illustrare i risultati di una indagine condotta da scienziati d’oltralpe sulla quantità di polveri e di Pm 10 messa in atmosfera dei Grattacieli Galleggianti. Oppure la simulazione del passaggio delle mega navi che sarà realizzata nella fontana di piazza Ferretto, a Mestre, il 2 giugno.
Una mobilitazione fantasiosa e di lunga durata che si concluderà sabato e domenica 7 e 8 giugno con il blocco totale delle crociere.
“Dall'incontro di San Leonardo la situazione anziché migliorare è peggiorata - ha spiegato Tommaso Cacciari portavoce del Laboratorio Morion -. Dobbiamo tentare in tutti i modi di tenere alta l'attenzione sul tema e coinvolgere il maggior numero possibile di persone. A Roma la lobby del Porto ha premuto sul Governo per un'accelerazione a favore della Marittima, da mantenere come punto d'arrivo, lasciando in pista solo il Contorta Sant'Angelo e la tangenziale dietro la Giudecca. Non possiamo accettare i soprusi della politica di palazzo”.



Sarà quindi una mobilitazione generale che, non a caso, andrà a cadere proprio in un fine settimana delicato in cui a Venezia si apre la Biennale Architettura e si svolge la Vogalonga.
Mentre la città si prepara a mettere in campo fantasia e determinazione per difendere la sua laguna, l’amministrazione comunale prosegue la strada diplomatica. Se da un lato, l’assemblea ha applaudito il tentativo del sindaco Giorgio Orsoni di rivolgersi direttamente al premier Matteo Renzi con una lettera, dall’altro ha invitato, per bocca del consigliere comunale Beppe Caccia, “chi, dal senato alle istituzioni comunali, la pensa come noi a scendere come noi in piazza a giugno".
La partita Grandi Navi Contorta si gioca tutta nelle prossime settimane. Su un punto fondamentale le tante voci che hanno preso parte all’assemblea di San Sebastiano si sono dichiarate concordi: mobilitiamoci tutti perché la laguna non può essere trasformata in un braccio di mare aperto.

Sulle rotte dell'euromediterraneo

eur
Sull’altra sponda del Mediterraneo, verso le rive d’Africa e le terre d’Oriente, risalendo le tragiche rotte  dei profughi in fuga ed incontrando le realtà protagoniste dei movimenti sociali. Per vedere quello che nessun altro vuole vedere e raccontare quello che nessuna altro racconta. Ancora una volta, gli attivisti di Un ponte per .. e della Coalizione Ya Basta hanno preparato lo zaino e sono partiti. Tre sono le mete come tre sono le carovane lanciate in contemporanea: Libano, Turchia e Tunisia. Le delegazioni viaggeranno lungo i "luoghi simbolo" del dramma che si consuma sui confini mobili dell'Europa, dando vita ad una azione partecipata e coordinata per intessere relazioni, conoscenze ed una narrazione comune, per contribuire alla costruzione di un euromediterraneo di diritti e libertà. Perché non ci si può rassegnare all’idea che persone in fuga da fame e da guerre siano costrette ad affidare le loro vite a mercanti di morte e ad affrontare umiliazioni e sofferenze, “clandestinizzati” da una politica che alza muri invece di costruire ponti. Una politica il cui fallimento - e non solo sotto il profilo umanitario ma anche sotto quello economico e sociale - è sotto gli occhi di tutti.


“Le tre carovane euromediterranee partono dalla condivisione della Carta di Lampedusa per affermare che la vita e i diritti essenziali di ogni essere umano vengono prima delle normative formali” spiegano gli organizzatori.
Fondamentale in questo senso è stata la partecipazione della delegazioni in Tunisia al Forum Sociale Magrebino sulle Migrazioni che si è svolto a Monastir nel fine settimana scorso, con la partecipazione di numerose realtà impegnate sul tema dei diritti dei diritti. Nel Forum è stato possibile presentare e raccogliere adesioni alla Carta di Lampedusa e confrontarsi con realtà come i rifugiati del Campo di Choucha, le associazioni dei familiari degli scomparsi nel Mediterraneo oltre alle molte realtà provenienti da numerosi paesi. Il Forum si è concluso con la proposta di un osservatorio che avrà come obiettivo quello di far sentire le voci comuni di una rete internazionale di attivisti, associazioni, sindacati e realtà di movimento delle due rive, per la promozione dei diritti e della dignità innanzitutto dei migranti.
Da Monastir la carovana è in viaggio verso il sud, sino alla regione di Sidi Bouzid, dove nell’inverno del 2011 cominciò la Primavera Araba e dove in collaborazione con il GVC si visiteranno i tre Media Center Comunitari di Sidi Bouzid, Regueb e Menzel Bousaiane
In contemporanea, la carovana diretta in Turchia è arrivata a Istanbul dove ha iniziato ad incontrare i protagonisti dei movimenti sociali. Al centro della discussione in questi giorni la preparazione delle manifestazioni per il Primo maggio, dopo che il governo ha provocatoriamente vietato le manifestazioni a piazza Taksim. I primi incontri sono stati con realtà di base come il centro sociale Don Kisot, dove gli attivisti hanno potuto partecipare all'incontro del Forum cittadino delle realtà autorganizzate, la Migrants Solidarity Kitchen, la fabbrica autogestita Kasova. La delegazione ha anche incontrato l'Helsinki Citizens Assembly, una ONG che lavora nell'ambito dei diritti umani e che realizza attività di supporto (in particolare di tipo legale) a richiedenti asilo, rifugiati e migranti.  
Poi la Carovana si sposterà nella Turchia orientale dove si svolgeranno incontri con le realtà locali e visiterà il confine con la Siria. Proprio in questi territori incontrerà i movimenti sociali che si battono contro le grandi opere, come le dighe.
La staffetta delle delegazioni continuerà in Libano dove ci si confronterà con la complessità socio-politica e culturale del paese proprio in un momento storico in cui, con più di un milione di siriani rifugiati, il paese è sempre più coinvolto nel conflitto in Siria. La carovana visiterà i campi dei rifugiati palestinesi, arrivati nel paese dal 1948 in poi e dove da due anni hanno trovato riparo anche i palestinesi di Siria. Nel corso degli incontri a Beirut con rappresentanti della società civile libanese, sarà possibile comprendere meglio il Libano liberi da schemi e stereotipi.
Le tre carovane sulle rotte dell’Euromediterraneo organizzate dalla Coalizione Ya Basta Marche, Nordest, Emilia Romagna e Perugia, e dall’associazione Un Ponte Per... coinvolgeranno in tutto una sessantina di attivisti. Media Patner dell'iniziativa sono Nena News, Osservatorio Iraq, Melting Pot Europa.
I report completi dell'iniziativa sranno pubblicati sui siti
www.globalproject.info e www.unponteper.it e sarà possibile seguire le tre delegazioni in twitter all'hastag #caromed

La Città Metropolitana dice No alla Romea Commerciale

rom
"Non a casa mia. Spostiamola di qua o di là, ma non a casa mia”. Non la vuole proprio nessuno la nuova Romea Commerciale. Pressoché tutti i Comuni del Miranese e della Riviere hanno votato, uno dopo l’altro, ordini del giorno in cui si chiede di spostare l’incombente asse autostradale più a nord o più a sud o in qualsiasi altra parte ma “non a casa mia”. Le motivazioni sono le stesse che gli ambientalisti sostengono sin dalla presentazione di questa ennesima Grande Opera.
Grande Opera non solo inutile ai fini della circolazione (basterebbe potenziare e mettere in sicurezza i, tracciato già esistente) ma addirittura definita senza mezzi termini dal sindaco di Mira, Alvise Maniero, "violenta e devastante per il territorio".
Sindaci ed ambientalisti quindi, uniti nella lotta come non capitava di vedere da troppo tempo. Perché, come abbiano scritto in apertura, questo nuovo mostro di cemento mangia soldi e divora ambiente, non lo vuole proprio nessuno. A parte ovviamente, il potente e trasversale partito delle Grandi Opere, che in questo caso, è trainato da una cordata di imprese e banche da Gefip di proprietà dell’europarlamentare, ex Udc ora Ncd, Vito Bonsignore: nome ben noto sin dai tempi delle inchieste di Tangentopoli.




Dopo i Comuni dell’entroterra, adesso tocca anche a Venezia esprimersi in difesa del suo territorio grazie ad un odg, un ordine del giorno, proposto dai consiglieri della lista In Comune Camilla, Seibezzi e Beppe Caccia, ed elaborato in collaborazione con i comitati Stop Orme e Opzione Zero. Il testo, ricalca quanto già presentato da Mattia Donadel del comitato Opzione Zero, e votato dal consiglio comunale di Mira.

Ma r
ispetto agli analoghi documenti approvati dai Comuni dell’entroterra, questo veneziano propone un paio di novità che val la pena sottolineare. Prima di tutto, si presenta, forse per la prima volta, come un documento di “area metropolitana”. Non la singola posizione di un Comune ma una piattaforma condivisa da un territorio assai più ampio. In secondo luogo, l’odg scritto da Seibezzi e Caccia fa piazza pulita delle possibili alternative cui accennavamo. I problema, sostengono i consiglieri, non sta nel disegnare un percorso o una uscita alternativa al progetto, ma di bocciare l’intero progetto.
“Non abbiamo bisogno di una ulteriore autostrada - ha commentato Beppe Caccia - e neppure di farsi devastare dall'ennesima Grande Opera. L'attuale traffico non giustifica affatto la realizzazione di un'autostrada, mentre i drammatici problemi di sicurezza della Romea richiedono che siano realizzati immediatamente quegli interventi di messa in sicurezza che salverebbero decine di vite umane”. Caccia lancia un appello ai sindaci a lavorare insieme. “A questo -ha spiegato - serve la città metropolitana: non a scaricare il barile al comune vicino, ma insieme a far pesare la propria forza a difesa del territorio di tutti".
Camilla Seibezzi, che è anche candidata al parlamento europeo con la lista Tsipras, fa notare come "il progetto non sia nemmeno riconosciuto come strategico tra i grandi corridoi infrastrutturali dell'Unione Europea, anzi fin dal 2011 la Commissione Europea chiede di rafforzare il corridoio ferroviario dal Baltico all'Adriatico, per trasferire quote crescenti del trasporto merci dalla gomma alla rotaia. Il sospetto che abbiamo è che il nostro governo stia spingendo per la realizzazione di quest’opera per fare un favore alla cordata di imprese presieduta da Vito Bonsignore".
Vedi gli articoli precedenti
Stacks Image 16