In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.

Stavolta ci siamo: è nato il Parco della Laguna Nord di Venezia

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A mezzanotte e quattro minuti, il Parco della Laguna Nord di Venezia diventa una realtà. C’è voluta una lunga, e tanto paziente, gestazione. Un iter burocratico lungo un anno tra commissioni regionali e comunali, schivando difficoltà dell’ultima ora e saltando bastoni tra le ruote non sempre imputabili all’opposizione, richieste di pareri su pareri mediando tra tutti i tanti, troppi, enti che hanno giurisdizione sulla laguna, da magisteri a ministeri, da sovrintendenze a capitanerie. E ancora, incontri su incontri, discussioni su discussioni con residenti, associazioni di categoria come quelle della pesca, del turismo, della caccia, per far capire loro che il nascente Parco non aggiunge vincoli ma solo opportunità. Dulcis in fundo, tre interminabili sedute di consiglio comunale, sotto i continui insulti di uno sparuto ma agguerrito gruppetto di irriducibili cacciatori, terrorizzati di non poter più sparare a tutti gli uccelli che gli passano davanti al mirino, e dribblando la cinquantina di emendamenti meramente ostruzionistici con i quali il capogruppo di Fratelli d’Italia, Sebastiano Costalonga, ha tentato fino all’ultimo di far inciampare la delibera. Tra l’altro, emendamenti talmente mal fatti che una ventina sono stati respinti perché giudicabili “non votabili” dalla segreteria. Neanche la più becera ostruzione, sanno fare bene. 
C’è voluta un’ultima seduta, quella di ieri, durata oltre 9 ore che ha messo a dura prova la tenuta “psicofisica” della maggioranza, ma alla fine, a notte inoltrata, la delibera numero 22 del 2014 che istituisce il Parco di interesse locale della Laguna Nord di Venezia è stata approvata con 18 voti favorevoli, 9 contrari e un astenuto. 
Soddisfatto l’assessore all’Ambiente, Gianfranco Bettin, che del nascente Parco è stato il più convinto sostenitore, ed il gruppetto di ambientalisti del Vas che hanno tenuto duro sino alla fine nell’area riservata al pubblico per ricordare al consiglio che del Parco non ci sono solo oppositori. 



Oggi, a giochi fatti, viene da chiedersi perché un Parco che ha il compito di tutelare e valorizzare in modo nuovo e sostenibile la parte ancora più riconoscibile nel patrimonio originario naturale e storico della laguna veneziana, abbia sollevato tante proteste e tanti ingiustificati timori, considerando che l’area in questione, circa 16 mila ettari, è già sottoposta a vincoli Zps e la nuova struttura, neppure volendo, ha il potere di aggiungerne di nuovi. 
Volutamente, la minoranza aggressiva e irriducibile di cacciatori che fa capo all’europarlamentare di Fratelli d’Italia Sergio Berlato e alla destra estrema di Venezia, ha mantenuto un livelo di discussione basso, giocando su toni allarmistici - cosa che d’altra parte è tutta nel loro stile - che non trovano nessuna riscontro nella realtà di quello che, alla fin fine, è un parco di interesse locale; il livello più tutela ambientale disponibile nel nostro Paese, il solo che Regione e Governo ci abbia consentito di istituire. 
Qualcun altro, nell’ombra, ha ancor più alzato il tiro: proiettili in busta e scritte offensive e minacciose all’assessore all’Ambiente, Gianfranco Bettin, e irruzioni vandaliche nell’isola di San Giacomo in Paludo, tra Murano e Burano, gestita dall’associazione ambientalista Vas. 
Al di là dei cacciatori estremisti, e di chi dà loro corda con li consueto armamentario di spauracchi e panzane seminate apposta per screditare un progetto che invece ha tutte le carte in mano per rigenerare sia l’ambiente e il patrimonio storico e culturale sia l’economia delle comunità della laguna nord, c’è l’impressione che anche altri poteri e interessi abbiano la volontà di impedire che si vigili meglio sulle tutele esistenti, che non vogliano forme rigorose di controllo per poter meglio coltivare affari spesso poco chiari in laguna. Le mani del business affaristico sulla laguna sono sempre disturbate dai controlli, e dunque la presenza di un parco che metterà questi affari sotto gli occhi del mondo è letta come un pugno nello stomaco. “E’ evidente che c’è chi pretende di continuare a fare quello che vuole in laguna, infischiandosene di regole e tutele, e che vede nel Parco un ostacolo ai propri interessi - ha commentato Gianfranco Bettin -. Ma desso che i Parco è stato istituito non si può più tornare indietro e il Comune, che è anche l’ente amministrativio più vicino ai cittadini, ha uno strumento in più per tutelare la nostra laguna”. Uno strumento che adesso dobbiamo imparare ad utilizzare in tutte le sue grandi potenzialità.

Un appello per il Parco della Laguna

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Ci siamo. Domani in consiglio comunale torna di scena il parco della laguna nord. E stavolta dovrebbe essere la volta buona. I consiglieri veneziani dovranno rispondere Sì o No alla delibera istituente il parco e così tenacemente propugnata dall’assessore all’Ambiente, Gianfranco Bettin. Martedì scorso ci è toccato assistere a vergognose sceneggiate, sino alla caduta del numero legale, da parte di alcuni consiglieri di Fratelli d’Italia e di un gruppuscolo di cacciatori estremisti che continuano a far  finta di non sapere che il parco comunale non avrebbe neppure la possibilità di intervenire sull’attività venatoria. Sceneggiate che altro non sono che lo specchio istituzionale delle vergognose scritte apparse sui muri delle isole veneziane con tanto di insulti e minacce di morte rivolte all’ambientalista.
“C’è chi pretende di fare quello che vuole in laguna – ha risposto l’assessore all’Ambiente – infischiandosene di regole e tutele, e che vede nel Parco un ostacolo ai propri interessi. Parco che, peraltro, non introduce nuovi vincoli, ma è evidente che porterebbe maggiori controlli”.
A sostegno del parco si è schierato l’intero arcipelago ambientalista veneziano. Gianandrea Mencini, vicepresidente nazionale Vas e Gigi Lazzaro, presidente Legambiente Veneto, hanno lanciato un appello al quale abbiamo aderito anche noi di Eco Magazine.  Lo riportiamo qui sotto, augurandoci che la voce della ragione e i valori di chi vuole tutelare l’ambiente possano, questa volta almeno, mettere a tacere chi grida solo minacce di morte.



APPELLO  FINALE PER IL PARCO DELLA LAGUNA NORD
Lunedì 14 aprile il Consiglio Comunale ha nuovamente rimandato a martedì 6 maggio il voto relativo alla delibera presentata dall’assessore all’ambiente del Comune di Venezia Gianfranco Bettin per l’istituzione del parco regionale di interesse locale della Laguna Nord di Venezia. Dopo quasi quarant’anni di discussioni, il nostro Comune ha la grande possibilità di istituire un parco in una delle aree umide più belle del mondo.
Un lungo lavoro istituzionale, quello del parco regionale di interesse locale, iniziato nel 2002 e proseguito negli anni successivi dall’amministrazione comunale e in particolar modo dall’assessore all’ambiente Gianfranco Bettin.
Un parco che noi ambientalisti abbiamo sempre pensato non solo come fonte di vincoli e di divieti – per questi aspetti basterebbe ampliare o semplicemente continuare ad applicare le normative vigenti – ma soprattutto come momento di rilancio socio-economico e ambientale dell’intera area della laguna nord a beneficio di tutto il tessuto cittadino.
L’ambiente lagunare, riconosciuto dall’Unesco “patrimonio mondiale dell’umanità” in legame indissolubile con la Città, è uno straordinario patrimonio collettivo e costituisce una parte rilevante dell’identità veneziana, della sua storia e memoria, oltre che una potenzialità unica di valorizzazione economica (l’ecoturismo nei Parchi rappresenta circa il 16% delle presenze turistiche complessive del nostro Paese).
La Laguna di Venezia è la memoria e il futuro del nostro territorio, perciò la sua tutela non può rimanere un mero concetto. Siamo convinti oggi come lo eravamo più di dieci anni or sono, quando iniziò il percorso partecipativo attorno all’idea di Parco, che la sua nascita sia sempre più necessaria a tutelare ciò che è un “Bene Comune” secondo principi di equità, trasparenza e legalità che sconfiggano all’origine le azioni speculative portatrici di interessi localisti e miopi, e garantendo partecipazione e nascita di attività imprenditoriali legate alle nuove ed innovative forme di green economy che fioriscono in altre parti del Paese, ma non ancora a Venezia.
Anche il presidente americano Obama, durante l’Earth day 2009 ha dichiarato “La scelta a cui siamo chiamati non è tra salvare l’ambiente o l’economia ma tra prosperità o declino”. Chi continua a contrapporsi ed evita di confrontarsi con il cambiamento in corso è dunque figlio di quella “vecchia economia” che ha già devastato il territorio Nazionale e Regionale e non si rende conto dei benefici derivanti da nuovi modelli economici (solo in Europa il 17% circa degli attuali posti di lavoro è più o meno collegato alle risorse ecosistemiche) e tantomeno di quanto grave sia la perdita di biodiversità, che nel Pianeta avanza a ritmi sconcertanti con il 60% degli ecosistemi terrestri ormai degradato.
Un Parco pertanto che valorizza i prodotti tradizionali e locali, che rilancia il turismo sostenibile, consapevole e attento alle identità del luogo ed allo stesso tempo in grado di proteggere l’immenso valore ecologico della laguna, tutelandone la sua vasta biodiversità sinonimo di ricchezza, di varietà, della coesistenza di svariate forme di vita, tutte utili e selezionate nel corso dei millenni.
Un Parco della natura e dell’uomo in un territorio unico, dove la sua ineguagliabile bellezza come la sua fragilità, derivano proprio dalla sua costante antropizzazione.
Ciò di cui siamo convinti dunque è che l’istituzione del Parco potrà garantire sviluppo, con la tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini. Vogliamo un Parco non solo strumento di conservazione della natura, ma organismo moderno di gestione integrata e sostenibile del territorio in grado di creare opportunità economiche.
Infine, vogliamo la nascita del Parco come avvio di un percorso che unisca le comunità locali e non divida e che ci veda tutti insieme, cittadini, associazioni, operatori turistici e del commercio ed imprenditori, a lavorare per  dare un futuro durevole e sostenibile a questo straordinario ambiente naturale e culturale. La sinergia di associazioni, imprenditori della green economy ed amministratori è fondamentale. Tutti i portatori d’interesse devono agire di concerto per offrire un valore aggiunto, mettendo insieme competenze e risorse per offrire alla città, ai suoi abitanti, una Venezia sempre più sostenibile.
Desiderare la conclusione del percorso e la nascita del Parco regionale di interesse locale della Laguna Nord non deve essere prerogativa degli ambientalisti ma desiderio e obiettivo di una Città intera, che decide di pianificare assieme il suo futuro.
Un voto favorevole alla delibera del Comune di Venezia di istituzione del parco regionale di interesse locale può regalarci questa bellissima e fondamentale possibilità. È urgente quindi che i rappresentanti dei cittadini in Consiglio Comunale agiscano per interessi collettivi e non particolari.

Gli studenti occupano Ca’ Bembo

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Venezia - Era dai tempi dell’Onda che una sede universitaria non veniva occupata dagli studenti. E’ successo giovedì pomeriggio quando un nutrito gruppo di giovani attivisti ha aperto e “restituito” alla città lo storico palazzo Ca’ Bembo. Una scelta non casuale perché questo monumentale edificio, con Ca' Cappello e Palazzo Cosulich, fa parte del “pacchetto regalo” che il rettore Carlo Carraro intende permutare con una piccola palazzina di proprietà della Pensplan, un istituto di previdenza complementare del Trentino. Operazione non chiara e contestata tanto dagli studenti quanto da docenti universitari e amministrazione comunale che teme che questi tre storici edifici, oggi di proprietà pubblica, si trasformino in altri tre grandi alberghi.
“Ancora oggi il rettore non ha spiegato come e con quali criteri intende portare avanti questa che lui chiama ‘permuta’ - ha spiegato Teresa Gregolin, portavoce degli studenti che si sono definiti con l’hasttag #invendibili -. Pagine dei verbali del consiglio d'amministrazione riguardanti la questione magicamente omesse dalla pubblicazione, confusione terminologica e risposte elusive, CdA spostati all'ultimo momento in aule “segrete”, atti amministrativi secretati... Come se non bastasse, Carraro è a fine mandato e ha convocato l’ultimo consiglio di amministrazione che dovrebbe avallare questa operazione il 24 maggio, a pochi giorni dalla sua scadenza”.



L’occupazione di Ca’ Bembo ha anche lo scopo di far “uscire allo scoperto” i candidati al Rettorato perché prendano posizione pro o contro la permuta. Lunedì, gli studenti abbandoneranno il palazzo e si recheranno a Ca’ Foscari, sede dell’università veneziana, in corteo per chiedere di posticipare l’operazione finanziaria a dopo le elezioni.
“La nostra protesta - si legge in comunicato diffuso degli #invendibili - non vuole limitarsi al voler tutelare quelle che, a nostro avviso, non sono solo sedi universitarie, ma veri e propri luoghi di cultura e aggregazione cittadina. ... Assistiamo, con questa operazione, all'ennesimo atto di svendita di Venezia, fonte a quanto pare inestinguibile di profitto e lucro”.
“L'intera gestione universitaria del mandato Carraro ci fa ben vedere il mutamento in corso nell'università pubblica italiana - conclude Teresa Gregolin -: ci fa ben vedere cosa accade quando si permette ad interessi privati di tipo lobbistico e aziendale di entrare nei consigli di amministrazione delle nostre università e gli studenti vengono visti solo come un enorme bacino di manodopera sotto o per nulla pagata, da sottomettere con l’odioso ricatto dei corsi di formazione o degli stage non retribuiti. E in questo senso, purtroppo, l’università è proprio lo specchio della società. Ma non della società che vogliamo noi”.

Venezia si prepara alla mobilitazione. “Il 7 e l’8 giugno bloccheremo le Grandi Navi”

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Mobilitazione. Questa è la risposta che la città darà alla pressione che le lobby crocieristiche stanno esercitando sul Governo per riaprire la laguna alle Grandi Navi. Una mobilitazione su tutti i fronti. Questo è quanto ha deciso l’assemblea dei comitati cittadini riunitisi ieri a San Sebastiano. Volantinaggi, coinvolgimento di associazioni e personalità italiane e internazionali che già si sono dimostrate sensibili al problema, incontri informativi come quello che si svolgerà il 28 aprile a Ca’ Loredan per illustrare i risultati di una indagine condotta da scienziati d’oltralpe sulla quantità di polveri e di Pm 10 messa in atmosfera dei Grattacieli Galleggianti. Oppure la simulazione del passaggio delle mega navi che sarà realizzata nella fontana di piazza Ferretto, a Mestre, il 2 giugno.
Una mobilitazione fantasiosa e di lunga durata che si concluderà sabato e domenica 7 e 8 giugno con il blocco totale delle crociere.
“Dall'incontro di San Leonardo la situazione anziché migliorare è peggiorata - ha spiegato Tommaso Cacciari portavoce del Laboratorio Morion -. Dobbiamo tentare in tutti i modi di tenere alta l'attenzione sul tema e coinvolgere il maggior numero possibile di persone. A Roma la lobby del Porto ha premuto sul Governo per un'accelerazione a favore della Marittima, da mantenere come punto d'arrivo, lasciando in pista solo il Contorta Sant'Angelo e la tangenziale dietro la Giudecca. Non possiamo accettare i soprusi della politica di palazzo”.



Sarà quindi una mobilitazione generale che, non a caso, andrà a cadere proprio in un fine settimana delicato in cui a Venezia si apre la Biennale Architettura e si svolge la Vogalonga.
Mentre la città si prepara a mettere in campo fantasia e determinazione per difendere la sua laguna, l’amministrazione comunale prosegue la strada diplomatica. Se da un lato, l’assemblea ha applaudito il tentativo del sindaco Giorgio Orsoni di rivolgersi direttamente al premier Matteo Renzi con una lettera, dall’altro ha invitato, per bocca del consigliere comunale Beppe Caccia, “chi, dal senato alle istituzioni comunali, la pensa come noi a scendere come noi in piazza a giugno".
La partita Grandi Navi Contorta si gioca tutta nelle prossime settimane. Su un punto fondamentale le tante voci che hanno preso parte all’assemblea di San Sebastiano si sono dichiarate concordi: mobilitiamoci tutti perché la laguna non può essere trasformata in un braccio di mare aperto.

Sulle rotte dell'euromediterraneo

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Sull’altra sponda del Mediterraneo, verso le rive d’Africa e le terre d’Oriente, risalendo le tragiche rotte  dei profughi in fuga ed incontrando le realtà protagoniste dei movimenti sociali. Per vedere quello che nessun altro vuole vedere e raccontare quello che nessuna altro racconta. Ancora una volta, gli attivisti di Un ponte per .. e della Coalizione Ya Basta hanno preparato lo zaino e sono partiti. Tre sono le mete come tre sono le carovane lanciate in contemporanea: Libano, Turchia e Tunisia. Le delegazioni viaggeranno lungo i "luoghi simbolo" del dramma che si consuma sui confini mobili dell'Europa, dando vita ad una azione partecipata e coordinata per intessere relazioni, conoscenze ed una narrazione comune, per contribuire alla costruzione di un euromediterraneo di diritti e libertà. Perché non ci si può rassegnare all’idea che persone in fuga da fame e da guerre siano costrette ad affidare le loro vite a mercanti di morte e ad affrontare umiliazioni e sofferenze, “clandestinizzati” da una politica che alza muri invece di costruire ponti. Una politica il cui fallimento - e non solo sotto il profilo umanitario ma anche sotto quello economico e sociale - è sotto gli occhi di tutti.


“Le tre carovane euromediterranee partono dalla condivisione della Carta di Lampedusa per affermare che la vita e i diritti essenziali di ogni essere umano vengono prima delle normative formali” spiegano gli organizzatori.
Fondamentale in questo senso è stata la partecipazione della delegazioni in Tunisia al Forum Sociale Magrebino sulle Migrazioni che si è svolto a Monastir nel fine settimana scorso, con la partecipazione di numerose realtà impegnate sul tema dei diritti dei diritti. Nel Forum è stato possibile presentare e raccogliere adesioni alla Carta di Lampedusa e confrontarsi con realtà come i rifugiati del Campo di Choucha, le associazioni dei familiari degli scomparsi nel Mediterraneo oltre alle molte realtà provenienti da numerosi paesi. Il Forum si è concluso con la proposta di un osservatorio che avrà come obiettivo quello di far sentire le voci comuni di una rete internazionale di attivisti, associazioni, sindacati e realtà di movimento delle due rive, per la promozione dei diritti e della dignità innanzitutto dei migranti.
Da Monastir la carovana è in viaggio verso il sud, sino alla regione di Sidi Bouzid, dove nell’inverno del 2011 cominciò la Primavera Araba e dove in collaborazione con il GVC si visiteranno i tre Media Center Comunitari di Sidi Bouzid, Regueb e Menzel Bousaiane
In contemporanea, la carovana diretta in Turchia è arrivata a Istanbul dove ha iniziato ad incontrare i protagonisti dei movimenti sociali. Al centro della discussione in questi giorni la preparazione delle manifestazioni per il Primo maggio, dopo che il governo ha provocatoriamente vietato le manifestazioni a piazza Taksim. I primi incontri sono stati con realtà di base come il centro sociale Don Kisot, dove gli attivisti hanno potuto partecipare all'incontro del Forum cittadino delle realtà autorganizzate, la Migrants Solidarity Kitchen, la fabbrica autogestita Kasova. La delegazione ha anche incontrato l'Helsinki Citizens Assembly, una ONG che lavora nell'ambito dei diritti umani e che realizza attività di supporto (in particolare di tipo legale) a richiedenti asilo, rifugiati e migranti.  
Poi la Carovana si sposterà nella Turchia orientale dove si svolgeranno incontri con le realtà locali e visiterà il confine con la Siria. Proprio in questi territori incontrerà i movimenti sociali che si battono contro le grandi opere, come le dighe.
La staffetta delle delegazioni continuerà in Libano dove ci si confronterà con la complessità socio-politica e culturale del paese proprio in un momento storico in cui, con più di un milione di siriani rifugiati, il paese è sempre più coinvolto nel conflitto in Siria. La carovana visiterà i campi dei rifugiati palestinesi, arrivati nel paese dal 1948 in poi e dove da due anni hanno trovato riparo anche i palestinesi di Siria. Nel corso degli incontri a Beirut con rappresentanti della società civile libanese, sarà possibile comprendere meglio il Libano liberi da schemi e stereotipi.
Le tre carovane sulle rotte dell’Euromediterraneo organizzate dalla Coalizione Ya Basta Marche, Nordest, Emilia Romagna e Perugia, e dall’associazione Un Ponte Per... coinvolgeranno in tutto una sessantina di attivisti. Media Patner dell'iniziativa sono Nena News, Osservatorio Iraq, Melting Pot Europa.
I report completi dell'iniziativa sranno pubblicati sui siti
www.globalproject.info e www.unponteper.it e sarà possibile seguire le tre delegazioni in twitter all'hastag #caromed

La Città Metropolitana dice No alla Romea Commerciale

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"Non a casa mia. Spostiamola di qua o di là, ma non a casa mia”. Non la vuole proprio nessuno la nuova Romea Commerciale. Pressoché tutti i Comuni del Miranese e della Riviere hanno votato, uno dopo l’altro, ordini del giorno in cui si chiede di spostare l’incombente asse autostradale più a nord o più a sud o in qualsiasi altra parte ma “non a casa mia”. Le motivazioni sono le stesse che gli ambientalisti sostengono sin dalla presentazione di questa ennesima Grande Opera.
Grande Opera non solo inutile ai fini della circolazione (basterebbe potenziare e mettere in sicurezza i, tracciato già esistente) ma addirittura definita senza mezzi termini dal sindaco di Mira, Alvise Maniero, "violenta e devastante per il territorio".
Sindaci ed ambientalisti quindi, uniti nella lotta come non capitava di vedere da troppo tempo. Perché, come abbiano scritto in apertura, questo nuovo mostro di cemento mangia soldi e divora ambiente, non lo vuole proprio nessuno. A parte ovviamente, il potente e trasversale partito delle Grandi Opere, che in questo caso, è trainato da una cordata di imprese e banche da Gefip di proprietà dell’europarlamentare, ex Udc ora Ncd, Vito Bonsignore: nome ben noto sin dai tempi delle inchieste di Tangentopoli.




Dopo i Comuni dell’entroterra, adesso tocca anche a Venezia esprimersi in difesa del suo territorio grazie ad un odg, un ordine del giorno, proposto dai consiglieri della lista In Comune Camilla, Seibezzi e Beppe Caccia, ed elaborato in collaborazione con i comitati Stop Orme e Opzione Zero. Il testo, ricalca quanto già presentato da Mattia Donadel del comitato Opzione Zero, e votato dal consiglio comunale di Mira.

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ispetto agli analoghi documenti approvati dai Comuni dell’entroterra, questo veneziano propone un paio di novità che val la pena sottolineare. Prima di tutto, si presenta, forse per la prima volta, come un documento di “area metropolitana”. Non la singola posizione di un Comune ma una piattaforma condivisa da un territorio assai più ampio. In secondo luogo, l’odg scritto da Seibezzi e Caccia fa piazza pulita delle possibili alternative cui accennavamo. I problema, sostengono i consiglieri, non sta nel disegnare un percorso o una uscita alternativa al progetto, ma di bocciare l’intero progetto.
“Non abbiamo bisogno di una ulteriore autostrada - ha commentato Beppe Caccia - e neppure di farsi devastare dall'ennesima Grande Opera. L'attuale traffico non giustifica affatto la realizzazione di un'autostrada, mentre i drammatici problemi di sicurezza della Romea richiedono che siano realizzati immediatamente quegli interventi di messa in sicurezza che salverebbero decine di vite umane”. Caccia lancia un appello ai sindaci a lavorare insieme. “A questo -ha spiegato - serve la città metropolitana: non a scaricare il barile al comune vicino, ma insieme a far pesare la propria forza a difesa del territorio di tutti".
Camilla Seibezzi, che è anche candidata al parlamento europeo con la lista Tsipras, fa notare come "il progetto non sia nemmeno riconosciuto come strategico tra i grandi corridoi infrastrutturali dell'Unione Europea, anzi fin dal 2011 la Commissione Europea chiede di rafforzare il corridoio ferroviario dal Baltico all'Adriatico, per trasferire quote crescenti del trasporto merci dalla gomma alla rotaia. Il sospetto che abbiamo è che il nostro governo stia spingendo per la realizzazione di quest’opera per fare un favore alla cordata di imprese presieduta da Vito Bonsignore".

L’Italia tradisce Kyoto. I dati Ispra testimoniano che siamo fuori dal Protocollo

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Fuori da Kyoto. Erano in pochi, nel nostro Paese, a nutrire ancora illusioni sul raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal Protocollo di Kyoto che abbiamo sottoscritto nel 1997, ma in attesa dei dati definitivi, sperare era ancora lecito. Adesso però non ci sono più scusanti. Le statistiche diffuse dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) non ci lasciano scampo. E va sottolineato che i dati del 2012 sono particolarmente significativi perché concludono l’intera serie storica delle emissioni dal 1990 al 2012. Quello trascorso infatti è l’ultimo anno del primo periodo del Protocollo di Kyoto che spaziava dal 2008 al 2012, appunto. L’Italia si era impegnata a a ridurre in questi cinque anni le emissioni medie di gas serra del 6,5% rispetto ai valori registrati nel 1990 ma nei fatti non è andata oltre il 4,6%. Un fallimento, figlio di una politica economica che non ha mai realmente puntato sulle energie alternative e ha continuato a ripercorrere gli errori di una economia basata su cemento e Grandi Opere, giustificata con lo spauracchio di una crisi per combattere la quale ogni strategia di “sviluppo” diventava lecita.



I dati diffusi dall’Ispra in un incontro con la stampa svoltosi ieri a Roma non sono ancora ufficiali perché bisognerà attendere che questi vengano validati dall’Unfccc, il tavolo dell’Onu dedicato al cambiamento climatico. C’è ancora la possibilità che questi possano subire delle piccole modifiche in positivo non appena verranno considerate alcune statistiche peculiari del settore forestale italiano dove i parametri ambientali sono positivi, ma si tratta, al massimo, dello spostamento di qualche 0,1 percentuale che non modificherà il totale fallimento italiano. Resteremo comunque in debito di 16,9 milioni di tonnellate di Co2 che, come prevede il Protocollo, saremo costretti ad “acquistare” sul mercato delle emissioni. Un vero e proprio “debito economico” che il Governo sarà obbligato a riportane del Documento di Economia e Finanza (Def) e che può essere monetizzato all’incirca ad un euro a tonnellate. Come dire, che dovremo mettere a bilancio almeno 17 milioni di euro per acquistare crediti a quelle nazioni che - loro! - gli obiettivi che si sono prefissati sono riusciti a raggiungerli.

Quello che davvero nessuna economia potrà pagare invece, sono gli irreversibili disastri che saranno provocati in tutto il pianeta da un Climate Change oramai avviato e di cui, adesso, nessuno più dubita.
Quelli li lasciamo tutti in eredità alle future generazioni.

Incendio all’ex ospedale Al Mare. Chi ha interesse a fare terra bruciata?

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Un incendio divampato da quattro punti diversi che hanno cominciato a bruciare allo stesso momento. Difficile non vederci una origine dolosa. Le fiamme hanno avvolto l’ex ospedale Al Mare del Lido di Venezia verso mezzanotte e ci son volute tre ore buone ai vigili del fuoco per domare l’incendio. Attualmente la struttura ospedaliera è abbandonata in attesa che venga definito un contenzioso tra il Comune e i suoi proprietari.
Se venisse confermato che l’incendio è di natura dolosa, quanto accaduto questa notte getta inquietanti ipotesi su loschi interessi speculativi.
“Da anni questa preziosa porzione del nostro territorio è oggetto di mire speculative - ha commentato il consigliere comunale Beppe Caccia-. Solo cinque mesi fa l'amministrazione comunale si è liberata della pesante ipoteca rappresentata dalle fallimentari operazioni finanziarie e immobiliari di EstCapital e dei fondi Real Venice. Ma ciò non significa che torbidi interessi non continuino a svolazzare, come avvoltoi, sul destino di questa area”.
La domanda che dobbiamo porci, sottolinea il consigliere della lista In Comune è: chi ha interesse a fare "terra bruciata" dell'ex Ospedale al Mare? Chi ha interesse a danneggiare le attività volontarie di recupero e valorizzazione dell'area condotte da decine di cittadini al Teatro Marinoni e in tutta l'area?



Questioni queste che dovranno trovare risposta nelle prossime ore, sostiene Caccia, per bloccare sul nascere ogni mira speculativa: “Il futuro dell'ex Ospedale al Mare non può che essere definito riconoscendo e valorizzando l'iniziativa e la partecipazione diretta dei cittadini e l'interesse pubblico e sociale che l'area riveste per l'intera isola del Lido”.

La banda del “buco” colpisce ancora. Fermiamo la Tav in gronda

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L’annuncio viene da Milano. Al termine di un incontro col sindaco Giuliano Pisapia e il presidente di Sea Handlinig, Pietro Modiano, il ministro alle Infrastrutture, Maurizio Lupi ha ufficializzato la volontà sue e del Governo di collegare tre grandi aeroporti internazionali alle linee Alta Velocità. Sotto il mirino ci sono gli scali di Malpensa, Fiumicino e anche Tessera. «Il Governo - ha assicurato il ministro - ha chiesto venerdì a Rfi di presentare progetti e costi. Sarebbe in contraddizione un grande piano di rilancio del sistema aeroportuale italiano se non integrato dall'Alta velocità».
In altre parole, per quando riguarda Venezia, torna a camminare lo “zombie” di un progetto che gli ambientalisti credevano (speravano) oramai morto e sepolto. Quello demenziale di una fermata dell'Alta Velocità a pochissimi chilometri dalle stazioni di Mestre e di Venezia oggi raggiungibili in dieci minuti di autobus. Progetto che comporterebbe lo scavo di un tunnel, in parte in un'area densamente urbanizzata, in parte lungo la gronda lagunare alterando il delicatissimo equilibrio idrogeologico, in parte nel pieno delle aree archeologiche di Altino. Un miliardo di euro di spesa per un flusso di passeggeri contenuto e già efficacemente collegato alla stazione di Mestre.



“I Lupi affamati di grandi opere e dei grandi affari a spese dei cittadini che ne sono il necessario corollario, perdono il pelo ma non il vizio - ha commentato Beppe Caccia, consigliere comunale della lista In Comune - Questo tentativo del ministro di portare la l'Alta Velocità ferroviaria all'aeroporto Marco Polo per la gioia del presidente Save, Enrico Marchi, dovrà trovare nel nostro territorio ogni genere di barricate, da parte delle popolazioni interessate così come da parte dell'amministrazione comunale”.
La stessa RfiSpA, società della holding Ferrovie dello Stato, e il commissario governativo alla Tav, Bortolo Mainardi, ha spiegato il consigliere, hanno sonoramente bocciato il progetto di una nuova linea in gronda, sulla base di rigorose valutazioni tecniche, rilanciando il tema del potenziamento tecnologico dell'attuale collegamento Mestre-Trieste.
“Piuttosto - continua Caccia - c’è un'opera la cui realizzazione è necessaria e urgente: la bretella ferroviaria tra Dese e l'aeroporto, che consentirebbe di integrare il Marco Polo nel sistema ferroviario metropolitano regionale così da permettere a migliaia di passeggeri di raggiungere agevolmente lo scalo”. Purtroppo tale progetto costa “solo” 200 milioni di euro. Peraltro già disponibili e immediatamente cantierabili.
“Troppo pochi - conclude amaramente Caccia - per alimentare, a spese dei cittadini, il perverso meccanismo affaristico collegato alle Grandi Opere infrastrutturali”.

Il Parco della Laguna di Venezia è una realtà. Quasi…

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Finalmente ci siamo. O meglio, finalmente ci siamo... “quasi”. Bisognerà attendere lunedì prossimo, giorno della convocazione del consiglio comunale di Venezia per assistere alla discussione e, ci si augura, all’approvazione della delibera che istituisce il parco della laguna di Venezia. Mal che vada, se la discussione andasse per le lunghe (l’opposizione ha dichiarato guerra e d’altra parte è questo il suo mestiere), toccherà attendere un’altra settimana. Ma il traguardo oramai è vicino. Tanto è vero che l’assessore Gianfranco Bettin, che del progetto è stato anima e mente, ha voluto anticipare la presentazione del nascente parco in un incontro svoltosi questa mattina al Salone Nautico che si sta svolgendo a San Giuliano. Con lui, il responsabile dell’Osservatorio della Laguna, Marco Favaro, che è la struttura comunale che si è presa la poco digeribile briga di dipanare l’iter burocratico, tra corsi e ricorsi di richieste, specifiche, pareri, discussioni, aggiustamenti nelle aule di Municipalità, Comune, Provincia e Regione. Ce n’era da perdere la testa. La sola richiesta di un parere aggiuntivo, tra l’altro non vincolabile alla Regione, che l’assessore Pierantonio Belcaro si è inventato all’ultimo momento, ha fatto perdere almeno tre mesi di lavoro. Ma stavolta ci siamo sul serio e le scartoffie sono tutte a posto. La laguna nord (che poi è tutto quanto rimane dell’antica laguna dei dogi, considerato che scavi e cemento hanno trasfornato la barte meridionale in un braccio di mare aperto) diventerà finalmente un parco.


Si chiude quindi una storia quarantennale, che potremmo far risalire al Fronte per la difesa della laguna di Venezia di Indro Montanelli. Una storia che ha visto momenti quanto meno pittoreschi come quelli rievocati durante l’incontro di questa mattina da Paolo Cacciari, che da onorevole presentò assieme a Luana Zanella un dimenticato pdl per un parco regionale, e che ha raccontato come all’epoca, durante gli incontri di presentazione del progetto a Burano, i cacciatori erano usi aizzargli contro i cani. Altri tempi? Mica tanto! Le ultime proteste anti parco che in certe frange hanno, per dirla con Bettin “travalicato i limiti della buona educazione” dimostrano che la questione è sempre bollente, in particolare nelle isole. Un impasse che superare è costato lavoro, interminabili discussioni, tolleranza e tanta tanta pazienza. “Ma adesso la maggioranza dei residenti è d’accordo col nostro progetto - ha commentato l’assessore -. Anche le categorie come quelle della pesca e del turismo si sono dette favorevoli. Ho già dichiarato che sono favorevole a sottoporre la questione ad un referendum. Chi teme che il parco comporti un regime troppo vincolistico sbaglia bersaglio. I vincoli di tutela già ci sono e non sarebbe neppure in nostro potere aggiungerne altri. Chi teme un ulteriore carrozzone burocratico sbaglia ugualmente. Oggi in laguna nord ci sono tanti vincoli ma non ci sono le opportunità collegate. Il parco serve proprio a potenziare questo aspetto e a salvaguardare non solo al natura ma anche la residenzialità, il lavoro, le attività tradizionali. In un ambiente fortemente antropizzato come la nostra laguna, non potremmo pensare ad un parco tradizionale ma piuttosto a un parco culturale e ambientale allo stesso tempo”.
“Il vero rischio - continua l’ambientalista - è non cogliere le potenzialità che il parco ci offrirà”. Mettere a disposizione gli strumenti adatti a questo scopo, sarà compito del Piano Ambientale che costituirà l’anima stessa del nascente parco e che vedrà la luce entro un anno dall’approvazione della delibera. “Sarà un percorso - ha assicurato Marco Favaro - trasparente e partecipato che godrà dei contributi di tutti gli attori in gioco: amministrazioni, residenti, categorie economiche...”
Il parco della laguna sarà naturalmente solo un parco di interesse locale (come dire “comunale”). Nella hit parade delle aree protette si colloca quindi all’ultimo posto in quanto vincoli di tutela. Ma proprio questa debolezza sarà la sua forza. “Nel ginepraio di competenze che si sommano in laguna, il parco non ne aggiungerà di nuove - ha assicurato Bettin -. I vincoli già ci sono, pure se non sempre vengono rispettati. Piuttosto, il compito del nuovo istituto sarà, oltre a quello di farli rispettare, soprattutto trasformate i vincoli passivi del tipo ‘non si può fare’ in vincoli attivi offrendo nuove possibilità di lavoro e attingendo a nuove forme di finanziamento”.
A lunedì quindi. Per scrivere l’ultimo articolo sulla “storia del famoso parco che non c’è”, per citare il libro di Giannandrea Mencini. E cominciare a scrivere - finalmente - del parco della Laguna di Venezia.
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