In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.
A Lampedusa per riscrivere la geografia dei diritti
17/12/2013Frontiere News
Le frontiere servono a dividere e non “pesano” mai solo da una parte. Anche chi è nato dalla parte “giusta” del confine viene giornalmente umiliato da una politica oramai sempre più lontana da quell’idea di democrazia diretta e partecipata che stava alla base della nostra Costituzione. L’esclusione di categorie sempre più ampie di nuovi poveri, la mercificazione dei diritti del lavoro e della cittadinanza colpiscono i migranti in fuga come colpiscono chi in tasca ha un passaporto europeo in piena regola.
Non è questa l’Europa che vogliamo. Non è questo il futuro che sogniamo.
Ed è qui che nasce l’appello lanciato da Melting Pot a realizzare insieme, come leggiamo nel sito meltingpot.org, “un patto costituente tra molti e diversi, un processo collettivo, uno spazio comune che sarà responsabilità di ognuno preservare, ciascuno con le sue pratiche e le sue modalità, un’occasione per iniziare a capire collettivamente come costruire una geografia del cambiamento che vada oltre i confini imposti dall’Europa per trasformare questo manifesto in realtà”.
Sono centinaia le associazioni, italiane ma anche del resto d’Europa e dal nord Africa, che hanno già aderito all’iniziativa. Ci troveremo tutti insieme a Lampedusa da venerdì 31 gennaio a domenica 2 febbraio per scrivere quella che è stata chiamata la Carta di Lampedusa e “contrapporre a questo stato di cose un altro diritto, scritto dal basso. Un diritto alla vita che metta al primo posto le persone, la loro dignità, i loro desideri e le loro speranze, un diritto che nessuna istituzione oggi riesce a garantire, un diritto da difendere e conquistare, un diritto di tutti e per tutti”.
A questa iniziativa, associazioni, movimenti, cittadini - la lista di chi ha aderito è davvero troppo lunga per essere riportata ed inoltre è in continuo aggiornamento, ma la potete trovare facilmente nel sito di Melting Pot come nelle pagine di tutte le realtà che si sono mobilitando - stanno già lavorando sin dal giorno dopo la tragedia. Per mantenere il progetto nei binari della democrazia e della partecipazione, è stata usata una piattaforma wiki che permette a tutti di contribuire alla stesura dei documenti finali. Inoltre, sono già stati svolti svariati incontri, molti dei quali in web conference. Segnaliamo solo il prossimo appuntamento che si svolgerà materialmente a Palermo, mercoledì 18 a Diaria Didattica, via Venezia, alle ore 19.
Anche il programma della “tre giorni” di Lampedusa è in fase di definizione. Per ulteriori informazioni vi invito a raggiungerci sulla pagina Facebook “La Carta di Lampedusa”.
Nessuna pretesa, sottolineano gli organizzatori, di imporre all’Europa un repentino cambiamento di rotta sulla politica migratoria,. L’appuntamento di Lampedusa deve essere inteso come un’occasione di “ribaltare i linguaggi e gli istituti imposti dalle politiche del confine” e gettare le basi di un “manifesto collettivo, un nuovo diritto che nasce dal basso”.
Un punto di partenza, dunque. Un trampolino per riscrivere insieme la “geografia” dell’Europa. E con essa la mappa dei nostri diritti che sono i diritti di tutti.
In fondo alla speranza
12/12/2013Radio Sherwood
In tutto il volume, Frey e Gobbi non fanno nessun accenno alla guerra dei Balcani anche se possiamo dare per scontato che la storia che si dipana attorno a questo personaggio metà reale e metà immaginato di Alex Langer si svolga proprio tra Sarajevo, riconoscibile dal tunnel attraverso il quale i suoi cittadini riuscivano a superare le linee serbo bosniache, e i villaggi in macerie della Bosnia Erzegovina. “In fondo alla speranza” non è una biografia e nemmeno prova ad esserlo. Gli autori si sono avvicinati ad Alex Langer e all’ultima tragica stagione della sua vita, con ammirabile rispetto e delicatezza. Non a caso il sottotitolo del libro è “Ipotesi su Alex Langer”. Attraverso la lettura dei suoi scritti e i racconti e le testimonianze di quanti hanno conosciuto Langer, i due giovani fumettisti esordienti - che con quest’opera si sono meritati il premio Komikazen per il fumetto di realtà - ci hanno i restituito un Alex Langer credibile, sia pure inserito in una vicenda di fantasia. Un Alex Langer che porta nella sua sacca, sempre più pesante, pacchi di lettere e sulle sue spalle i dubbi e le incomprensioni di un arcipelago pacifista in cui si riconosceva ma del quale riconosceva anche i limiti, adagiato su una sorta di “tifo sportivo” se non addirittura di colpevole neutralità, incapace di proporre concrete soluzioni alla guerra.
Il montaggio cinematografico delle tavole a fumetti e i tratti realistici della matita di Nicola Gobbi (tutto avrei detto meno che questo autore è un esordiente!) lasciano spazio, man mano che la storia scorre, alle irreali e drammatiche visioni di morte del protagonista, e ci regalano una atmosfera autunnale e pesante dove sembra che la neve debba cadere da un momento all’altro. Ma invece della neve, nelle ultime tavole del racconto, vedremo cadere solo le lettere che Alex portava nella sua sacca. Sino a quell’ultima tragica ed inevitabile lettera con destinatario “Alex Langer” che ancora mancava all’appello. “Non siate tristi e continuate in ciò che è giusto”.
La storia inizia là dove finisce. Sotto l’albero di albicocco, a pochi passi da un pozzo. Chiusa l’ultima pagina, il lettore rimane là a fissare commosso il vuoto, ed a domandarsi se, nel fondo di quel pozzo, si possa trovare ancora una speranza.
Da Mestre ad Orte. Tre giorni in bici con Opzione Zero per dire No all'autostrada
5/12/2013EcoMagazine
In bicicletta con Opzione Zero
giovedì 5 dicembre
Domani si parte. Di buon’ora e in bicicletta. Leggeri d’animo e di bagaglio. Proprio come si conviene a dei veri viaggiatori.
Si parte per ricordare a tutti che non è la strada che fa il viaggio ma chi la percorre e come la percorre. E la strada che abbiamo scelto di percorrere è una strada che, nelle intenzioni del Governo, domani non ci sarà più. Una strada in “pericolo di estinzione” come tante specie animali gli ambientalisti stanno difendendo a denti stretti. I paesaggi, i sentieri, i corsi d’acqua, i paesi che incontreremo infatti sono minacciati dal cemento e da una politica di “sviluppo” che devasta e macina i beni di tutti in nome del profitto di pochi. Tutto questo è la nuova autostrada Mestre Orte. Una brutta storia cominciata 12 anni fa, pensata apposta per essere inserita nell’elenco dei famigerati “interventi strategici” previsti dalla legge Obiettivo appena varata dal governo Berlusconi, e quindi affidata ai soliti noti “amici degli amici” per la spartizione.
All’inizio, la Grande Opera contro la quale si era immediatamente schierato l’intero arcipelago ambientalista italiano, si era arenata per totale mancanza di copertura economica (una decina i miliardi previsti). Neanche il tempo di tirare un sospiro di sollievo che il Governo Letta - il Governo del “fare” - ci risolve la questione e il Cipe approva l’opera. I finanziamenti che non ci sono per le scuole, per la sanità, per la ricerca o per la cultura, vengono qui recuperati a vantaggio del costruttore/politico Vito Bonsignore con la formula del Project Financing e dell’abbuono sulle tasse valido per una ventina di anni. Questo infatti è il periodo ritenuto sufficiente e necessario per completare la Grande e devastante Opera. E nel frattempo? La vagonata di miliardi sarà volentieri anticipata dalle banche. Tanto, a coprire gli interessi, ci penseranno le casse statali. Inutile che stia qui a spiegarvi dalle tasche di chi preleveranno i soldi le casse statali.
Una spesa, tra interessi e interessi sugli interessi, praticamente infinita in cambio di una strada inutile se non a cementificare da nord a sud mezzo Paese.
“L’autostrada Mestre Orte sarà lunga 396 chilometri, attraverserà cinque Regioni distruggendo territori, campagne e ambienti di pregio come la Riviera del Brenta, il Delta del Po, le Valli di Comacchio, intere vallate dell’Appennino; incalcolabili i danni in termini di consumo di suolo, aumento di frane e alluvioni, inquinamento atmosferico“ spiega Mattia Donadel, presidente dello storico comitato della Riviera del Brenta Opzione Zero che sin dall’inizio si batte contro il progetto. “Consideriamo anche che, anche a voler prescindere dall’impatto ambientale, è contestabile anche l’utilità dell’opera, considerato che il progetto non prevede la messa in sicurezza della statale Romea e che i flussi di traffico sulla SS 309 e sulla E-45 non giustificano la realizzazione di una infrastruttura da oltre 10 miliardi di euro!”
Ed è per ricordare tutto questo che gli ambientalisti di Opzione Zero e degli altri comitati che hanno aderito all’iniziativa - molti dei quali ci attendono lungo il percorso - raggiungeranno Orte in bicicletta, toccando simbolicamente tutti i 48 Comuni che rischiano di essere sventrati dalla super strada.
Ecomagazine li accompagnerà lungo tutta la strada per documentare la loro avventura con reportage giornalieri.
Domani mattina quindi tutti i bicicletta, leggeri d’animo e di bagaglio. Si parte dal municipio di Mestre alle 7 di mattina perché a gente come noi il freddo non fa paura. E nemmeno i 396 chilometri da pedalare da un Appennino all’altro. Quello che davvero ci spaventa, questo sì, è quella grigia e triste colata di cemento che non finiremo più di pagare in denaro, salute e ambiente.
Da Mestre a Cesena in bici per la prima tappa della carovana di Opzione Zero.
Tra comitati in lotta e lagune che non meritano il cemento
venerdì 6 dicembre
Cesena - Alle 5 della mattina puoi vedere lastre di ghiaccio galleggiare nelle acque scure dei canali di Venezia. In laguna è ancora buio e tira un freddo polare. Mestre non è di meno. La partenza è per le sette della mattina dalla piazzola davanti al municipio ma è meglio arrivare una mezz’ora prima per la conferenza stampa e le foto di rito. Mentre la città si illumina sotto un pallido sole che non scalda per niente, i ciclisti arrivano alla spicciolata. Gigi di Legambiente è il primo ad arrivare sopra una assurda bici ultra pieghevole con due ruote che sembrano quelle di un triciclo. Ci seguirà soltanto per una decina di chilometri. Gli altri che arrivano dalla Riviera sono più attrezzati. Il gruppo più consistente è quello al seguito di Opzione Zero, lo storico comitato della Riviera del Brenta che ha lanciato questa pazza biciclettata da Mestre ad Orte (quasi 400 chilometri in tre giorni!) per denunciare lo scempio ambientale legato alla costruzione dell’autostrada, una ennesima Grande Opera inutile e devastante. C’è anche un camper a sostegno e penso a quanto sono fortunato a dovermici sedere dentro per tutta la strada con la scusa di dover fare da ufficio stampa. Si parte alle 7 in punto con la benedizione e il sostegno, tutto morale, di Beppe Caccia, consigliere comunale della lista In Comune e unico politico venuto sino a Mestre a quell’ora infame per impartirci la sua paterna benedizione. “La battaglia dei comitati contro la realizzazione di questa autostrada in project financing è anche una battaglia di Venezia perché l’opera porterebbe altro traffico e ancora più inquinamento su tutto il nodo di Mestre”.
I ciclisti in partenza dietro a Mattia Donadel, presidente di Opzione Zero oltre che provetto ciclista, sono una mezza dozzina. Ma per tutto il percorso se ne aggiungeranno altri. Una staffetta continua e spontanea. Si comincia già a Marghera, dove un attivista dei No Grandi Navi, si accoda al gruppo e ci segue per vari chilometri sventolando la bandiera del suo (nostro) comitato. “Questa biciclettata serve anche a questo - ha commentato Mattia (senza smettere di pedalare) -: farci capire che le tante lotte dei tanti comitati sono parte della stessa battaglia”. Concetto che ritorna su ogni paese che incontriamo. Oriago, Mira, San Bruson, Campagna Lupia, Codevigo... in ogni piazza troviamo decine di cittadini che ci attendono pronti a darci sostegno con focacce, panini e bevande calde. Ci consegnano anche bottiglie di vino fatto in casa, birre artigianali, ceste natalizie con panettoni, cioccolate e torroni. Non siamo ancora arrivati a Cavazere che il nostro camper condotto da Fabrizio è più pieno della slitta di Babbo Natale. Ma non è solo la cittadinanza attiva ad attenderci. A Mira, a Codevigo, a Comacchio, a Campagna Lupia anche sindaci e assessori ci accolgono per denunciare l’assurdità dell’opera, così come la scarsa considerazione in cui, nelle sedi decisionali, vengono tenuti i pareri delle amministrazioni locali.
Il camper viaggia lento dietro ai ciclisti seguendo il corso tortuoso di canali ghiacciati, superando lagune dove svernano tante specie di uccelli e attraversando grandi campi agricoli coperti di brina sulla quale i raggi solari accendono brevi arcobaleni. Terre di incomparabile bellezza che minacciano di essere devastata da una assurda colata di cemento. Comprensibile la preoccupazione dei tanti comitati ambientalisti che incontriamo a Comacchio per l’inquinamento e la deturpazione che l’autostrada Orte Mestre causerebbe in quelle valli tutelate purtroppo, spiegano, solo a parole.
Arriviamo in Romagna che sono le 4 del pomeriggio. Il sole invernale ha già dato quello che poteva dare e sulla nostra strada si allungano le ombre della notte. Siamo un po’ in ritardo sulla tabella di marcia ed occorre fare presto. Il gelo comincia a pestare sul serio. Qualche ciclista chiede asilo e sale sul camper. I chilometri oramai sono più di cento e le gambe non sono sempre sufficientemente allenate. Da Ravenna e poi da Cesena, gruppetti di ambientalisti ci vengono incontro sulla strada. Alcuni in auto, altri in bici. La carovana aumenta di numero. Onore al merito: Mattia e Marino saranno gli unici due a portare a termine, dalla partenza all’arrivo, questa prima tappa di oltre 210 chilometri. Roba da giro d’Italia. E con la media non sottovalutabile di 25 - 30 chilometri all’ora. L’ultimo traguardo della giornata è la piazza di Cesena. Mattia ha ancora fiato per rispondere alle domande di un paio di giornalisti locali. Ammirevole! Sono le nove della sera. I compagni romagnoli ci hanno preparato una cena annaffiata da Sangiovese (che altro, se no?) Ci spiegano che fanno parte del Comitato Difesa Sociale e che si occupano più che altro degli sfratti. “Qui a Cesena - mi racconta Alessandro - almeno 200 famiglie all’anno finiscono sulla strada e l’amministrazione non vuole investire sulle case popolari”. Scambiamo qualche idea e mi chiedono notizie sulla nascente esperienza veneta dell’Agenzia Sociale per la Casa. Ecco a cosa serve la biciclettata, mi viene da pensare. Forse le idee girano più velocemente dietro ad un bicchiere di Sangiovese che su Facebook e Twitter. Poi, finalmente, vanno tutti a nanna mentre io mi attardo ancora un po’ a scrivere sul camper. Mezzanotte è passata da un pezzo.
Da Mestre a Cesena in bici per la seconda tappa della carovana di Opzione Zero.
Pedalando in Umbria, tra strade franate, opere incomplete e devastazioni programmate
sabato 7 dicembre
Ponte San Giovanni, Perugia - Stavolta ci va di lusso. Sveglia “solo” alle sei di mattina. Si parte ancora col buio. I chilometri da macinare sono tanti anche quest’oggi per i nostri ciclo attivisti: non meno di 180. Sempre ammesso che imbrocchiamo tutte le strade perché noi siamo gente che viaggia ancora con la carta in mano chiedendo indicazioni alle persone che incrociamo. Fuori, la colonnina del termometro segna meno 3 gradi. E’ tutto gelato. I nostri ciclisti inforcano le selle e cominciano a pedalare di buona voglia anche per scaldarsi. Lasciamo Cesena e la Romagna per inerpicarci sull’Appennino. Nelle nostre tabelle di marcia, i paesi umbri sono costellati di punti interrogativi. Conosciamo le altezze ma non conosciamo quanti dislivelli sia necessario affrontare per raggiungerli.
Alle 10,30 siamo a Bagno di Romagna che ci accoglie con la neve ai bordi delle strade e il pungente odore sulfureo delle sue terme. Pausa pranzo a Pieve Santo Stefano, la “città del diario”, la cui biblioteca dal ’84 raccoglie i quaderni, le epistole e i memoriali di chiunque desideri affidarglieli. Qui veniamo raggiunti da una coppia di attivisti in auto che si riveleranno utilissimi per la logistica della spedizione, precedendo i nostri ciclisti nei centri abitati per volantinare, consegnare l’appello ai sindaci e incontrare le associazioni ambientaliste. Il camper intanto fa da “ammiraglia” al gruppo in bici, seguendolo passo per passo, pronto all’assistenza e all’incoraggiamento. Le salite a tratti sono dure ma riusciamo a toccare tutti i paesi previsti: San Sepolcro, Città di Castello, Umbertide. In tutte le piazze, veniamo accolti da gruppetti di ambientalisti con i quali scambiamo opinioni, indirizzi mail e volantini. Poco fuori Umbertide, in particolare, lungo la strada che porta a Gubbio, incontriamo un folto gruppo di attivisti di Genuino Clandestino con i quali ci intratteniamo per una bicchierata.
Una frana ci costringe a cambiare percorso. “Qui le strade sono in uno stato di manutenzione pessima - ci dirà la sera un attivista umbro di nome Moreno - eppure non spendono un soldo per la messa in sicurezza. Anche i collegamento con le Marche sono difficili perché le strade sono state tutte piantate a metà percorso. Non sarebbe più utile finire queste invece di progettare autostrade che non faranno altro che devastare la montagna e seminare altro traffico?”
Il manto delle strade che collegano i veri paesi sono in effetti pieni di buche e sventrati dalle frane. I ciclisti procedono a fatica e debbono rallentare. Verso le 5 di sera, assieme al buio scende anche una nebbia degna della val Padana. Adesso la partita si fa dura. Abbiamo accumulato un’ora circa di ritardo. Dalle parti di Casa del Diavolo - nome che è tutto un programma - smarriamo la strada. I ciclisti tengono botta ma si capisce che sono provati. Per fortuna ci viene incontro un’auto con dei compagni di Perugia. Ci hanno trovato un rifugio a Ponte San Giovanni e nel centro sociale locale ci aspetta una dozzina di rappresentanti dei vari comitati contro la Orte Mestre. C’è da notare che rispetto ai romagnoli i compagni umbri sono meno festaioli ma molto più organizzativi. Neanche il tempo di festeggiare l’arrivo della “tappa” o di togliersi le tute sudate che siamo già in assemblea. Una mezz’ora d’ora dopo, hanno già stabilito le date dell’incontro che radunerà tutti gli attivisti contro l’autostrada Orte Mestre della Regione per la costituzione di un unico comitato e la successiva conferenza stampa. “L’Umbria sarà la nuova Val di Susa” ci garantisce Moreno. Andiamo a cena con la soddisfazione di aver acceso una miccia.
Terza e ultima tappa della carovana di Opzione Zero.
Da Mestre ad Orte e non è finita. Tutti pronti per ripartire ancora
domenica 8 dicembre
Orte - Ultima tappa. Se tutto andrà bene, taglieremo l’ultimo traguardo nel primo pomeriggio. Da Perugia ad Orte ci saranno un centinaio di chilometri o poco più. Quasi tutti in salita, ma le gambe oramai sono allenate. Si parte ad un ora più tranquilla stavolta, verso le sette della mattina. Perugia e gli Appennini che la circondano sono avvolti da una fitta nebbia. Ed è un peccato perché il paesaggio sul quale viaggiamo deve essere stupendo. La nebbia non ci permette solo di scorgere oltre il primo filare di ulivi che accompagna la strada. Il raccolto di olive è già stato ultimato e sui rami sono rimaste solo le piccole foglie gelate dalla brina invernale. I ciclisti pedalano di buona lena immersi in un ambiente dove si fatica a ritrovare i consueti contorni della realtà.
Solo verso le 10 della mattina riusciamo a scorgere il blu del cielo. Siamo oramai ad Acquasparta, in perfetta tabella di marcia, e pedaliamo verso San Gemini dove sorge la nota fonte termale. L’appuntamento più importante della giornata ci attende a Terni dove arriviamo poco prima di mezzogiorno. Gli ambientalisti ci aspettano nella piazza principale della città dove hanno approntato un banchetto informativo sulla Mostre Orte e ci offrono torte, biscotti e pan pepato, un dolce tipico dell’Umbria.
Ad attenderci c’è anche l’assessore alla cultura, Simone Guerra, di Sel, che si complimenta per la nostra impresa e concorda sul devastante impatto nel territorio, e in particolare su quello dell’Appennino umbro, che la Orte Mestre porterebbe con sé. “Purtroppo non tutti la pensano come me - spiega -. Molte amministrazioni hanno già votato delibere che aprono la porta a questa ennesima Grande Opera. Noi faremo di tutto per contrastarla ma anche a Terni siamo in giunta con un Pd che non sente ragioni. Vi confesso che è un rapporto questo, che ci va sempre più stretto”.
Lasciamo l’assessore ai suoi problemi e risaliamo in bici e in camper per Orte. L’ultima tappa. I chilometri sulla carta sono pochi ma tutte le strade passano per la E45. Strada poco sicura per le bici. Cerchiamo una alternativa e ci perdiamo alla grande nello sterrato collinare, tra salite a muro e discese rompicollo, consolati solo dall’incomparabile bellezza del paesaggio. Pedala e pedala, arriviamo proprio sopra la città ma troviamo il tratto finale sbarrato da una azienda venatoria. “L’unica strada alternativa alla E45 passa per il paese di Amelia e comporta un giro dell’oca di decine di chilometri ed inoltre tocca zone che non sono interessate dalla Orte Mestre - spiega Mattia Donadel -. Le colline che saranno sventrate e cementificate sono proprio queste su cui siamo saliti”. E’ proprio questo il posto migliore per l’intervista conclusiva ai nostri ciclo attivisti, dietro boschi di ulivi centenari che non meritano di morire sotto una colata di cemento.
“E’ stata una bellissima avventura - conclude Mattia - Abbiamo trovato tanti amministratori e tantissimi comitati ambientalisti che sono contrari a questa inutile autostrada. Tutti si sono detti disposti a intraprendere una battaglia comune perché questo è il solo modo che abbiamo per vincere. Abbiamo trovato anche tante persone che non sapevano nulla di cosa si sta progettando sopra la loro terra e abbiamo dato loro un motivo per informarsi. Sono semi questi che, ne sono sicuro, daranno i loro frutti. Tutti ci hanno chiesto di ripetere la carovana in primavera, per offrire anche a persone non allenatissime la possibilità di partecipare. Ed è quello che faremo. Credeteci... siamo solo all’inizio!”
La raccolta differenziata ha pensionato l’ultimo inceneritore di Venezia. Chiude l’impianto di Fusina
4/12/2013EcoMagazine, In Comune
Il 2014 vedrà quindi una città già avviata in un ciclo virtuoso dello smaltimento dei rifiuti. L’impianto di Fusina era stato approvato dalla Regione Veneto - nonostante il parere contrario delle associazioni ambientaliste e dello stesso Comune - nei primi anni ’90 ed entrato in funzione del ’98.
“Era la conseguenza, che già allora ritenevamo sbagliata, di una superata concezione del trattamento dei rifiuti - ha spiegato l’assessore all’Ambiente Gianfranco Bettin in un incontro con la stampa, questa mattina al municipio di Mestre -. Oggi possiamo affermare che avevamo ragione e che questa vecchia politica è stata superata dalla tecnologia ma soprattutto dalla metodologia”. L’assessora si riferisce alla raccolta differenziata. Venezia infatti - e non è un caso che, sia pure per quanto riguarda i parametri ambientali, la città resti in vetta alle classifiche italiane - ha virato decisamente verso il differenziato, sia nella città lagunare con il porta a porta che nella città di terraferma dove l’introduzione dei cassonetti a chiave ha ottenuto incoraggianti risultati.
“Proprio i cassonetti a calotta che presto porteremo in tutta la città - ha commentato l‘assessore -, si sono rivelati l’arma vincente, responsabilizzando l’utente e dandogli la possibilità di gestire in prima persona il conferimento dei propri rifiuti”. Risultati incoraggianti dicevamo: nei quartieri in cui il sistema dei cassonetti a chiave è andato a regime si sono superate quote di differenziato pari al 70 per cento. Da sottolineare anche il grande lavoro comunicativo svolto da Veritas che ha stampato fogli illustrativi in ben 17 lingue per spiegare a tutti i residenti il funzionamento del sistema.
La differenziata quindi, ha reso obsoleto l’inceneritore. Ma non solo. Quello che non andrà al riciclo, diventerà cdr, ovvero combustibile da rifiuto, e bruciato nella centrale Enel al posto del carbone con un innegabile risparmio di emissioni di anidride carbonica. “Per una amministrazione comunale - conclude Bettin - l’incenerimento dei rifiuti continua ad essere la via più comoda ma anche la più sbagliata. A Venezia, grazie ad una politica sul ciclo dei rifiuti che tiene conto soprattutto dell’ambiente e della salute dei cittadini, siamo riusciti a ridurre il carbone, incentivare la differenziata, bloccare il folle progetto della Regione di realizzare l’Sg31e, adesso, anche a chiudere l’ultimo inceneritore”.
Buone notizia che meritano una festa. Sabato dalle 10 alle 16, davanti all’impianto di Fusina, aperto per l’occasione ai visitatori e alle scolaresche, ci saranno caldarroste e torbolino per tutti. Tutti sono invitati a dare l’ultimo saluto ad un impianto inquinante che oramai appartiene al passato.
Il Veneto in movimento. Ambiente, diritti e democrazia contro le grandi opere
30/11/2013EcoMagazine
La manifestazione comincia con la consegna dei regali. I tanti comitati presenti ci tenevano di cuore a ringraziare la Regione Veneto per il suo impegno nella tutela dei beni comuni. E così, l’entrata agli uffici regionali sul piazzale della Stazione è stata prima chiusa con le reti prelevate dal cantiere della centrale idroelettrica dalla Valle del Mis e che, in fin dei conti, era roba loro, e poi ricoperta di cemento (regalo dei comitati contro Veneto City), di fanghi (dono delle associazioni contro lo scavo del canale Contorta), di calcinacci e macerie trovate all'interno delle case abbandonate dall'Ater (portati degli occupanti) e tanti altri doni.
Quindi il corteo si è messo in movimento. Tante bandiere, tanti striscioni, tanti cartelli per ricordare le tante battaglie che si stanno combattendo nel territorio, dalle montagne bellunesi alle lagune, in difesa dell’ambiente e dei diritti. Tante battaglie per una sola battaglia. Perché la sola “grande opera” che ci piace è “casa e reddito per tutti”. Perché i soli interventi che vogliamo sul territorio sono quelli mirati a tutelarlo. Tanti striscioni dietro ad un unico grande striscione che ha aperto il corteo: “Salviamo il Veneto”. Lo seguivano movimenti, sindacati, comitati e associazioni i cui tanti nomi non provo neppure a riportare. Il lettore mi perdoni se vado dietro al cuore e ne citerò una sola: Ya Basta. Per alzare le sua bandiere, sono arrivati a Venezia tanti migranti. Molti dei quali donne. Anche loro sono una bene comune da difendere e tutelare contro politiche razziste e segreganti, contro luoghi comuni e discriminazioni giornaliere. In fondo al lungo corteo qualche bandiera di partito (poche per la verità) che pareva interrogarsi sul suo ruolo non soltanto in una manifestazione come questa ma sul suo stesso senso esistenziale in una politica oramai abbruttita da larghe intese e deprimenti talk show televisivi su scandali e processi.
“Tante sensibilità, tante anime e tanti sguardi nuovi che oggi hanno saputo confluire in una visione comune per camminare verso un governo partecipato dei beni comuni che non ammette più deleghe di sorta” così ha poeticamente descritto il corteo Valter Bonan, sceso in laguna dal bellunese con suoi comitati per l’acqua. “Ritengo fondamentale - ha concluso l’ambientalista - aprire nuovi spazi, riconosciuti anche dalle istituzioni, dove i cittadini possano partecipare direttamente al governo dei beni comuni”. Altra voce dal corteo è quella di Gigi Lazzaro, responsabile regionale di Legambiente “Speriamo che questa grande manifestazione sia utile a far cambiare direzione ad un governo regionale tutto improntato sul consumo del suolo e delle risorse naturali. Siamo in crisi ambientale. La dimostrazione di oltre 160 associazioni dimostra che siamo oramai alla frutta. Bisogna cambiare drasticamente direzione. Se chi governa non è in grado di farlo si faccia da parte”. Francesco Miazzi, Lasciateci Respirare di Monselice, sottolinea “il grande segnale ricompositivo che non si vedeva dai tempi dell’acqua e del nucleare”. “Un momento di partecipazione che non si forse mai visto in Veneto - spiega Miazzi - e che collega in un unico filo le grandi battaglie contro le grandi e devastanti opere con tutte le piccole iniziative di lotta in difesa del territorio sparse nella regione. Ma l’aspetto più interessante è forse quello che coniuga le migliaia di piccole opere utili che potrebbero essere inserite in un programma di riconversione ecologica, con le battaglie per il reddito e il diritto alla casa, rigenerando e potenziando in questo modo il concetto di difesa dell’ambiente”.
Il lungo corteo ha percorso pacificamente Venezia, dalla stazione alla marittima passando per il ponte dell’Accademia. Qualche momento di tensione solo sul ponte Molin che porta alla Marittima da dove salpano le grandi navi. Uno sbarramento della polizia voleva impedire il passaggio al corteo ma la determinazione dei manifestanti li ha convinti ad arretrare ed a consentire agli attivisti No Grandi Navi di appendere alcuni striscioni sulla panchina.
Quindi, mentre sulle città lagunare calavano le ombre della sera invernale, il corteo si è diretto a Santa Margherita per la conclusione dell’iniziativa. Senza dimenticare, negli slogan e nei pensieri, gli amici e i compagni che, in contemporanea, manifestavano a Vicenza contro la presenza di Forza Nuova. Già. Perché anche l’antifascismo che sta alla base della nostra democrazia è un bene comune. Un bene delicato e perennemente in bilico da tutelare e difendere con una attenzione continua e costante.
Crescono le persone in fuga da guerra e carestia. I dati del dossier Immigrazione
13/11/2013Melting Pot
Ma prima di esaminare qualche dato, il rapporto immigrazione 2013 realizzato dall’Unar e dal centro ricerche Idos, presentato ieri in contemporanea in tutti i capoluoghi di provincia italiani, mette in evidenza che nel nostro pianeta pressoché tutti i Paesi sono allo stesso tempo aree di destinazione, origine e transito dei flussi migratori. L’Europa, accoglie il 31,3 per cento dei migranti del mondo stimati sui 232 milioni, ma è anche un continente a forte vocazione migratoria considerato che un 25% dei suoi cittadini si è spostato in altri Paesi, pur se per la maggior parte interni alla comunità. Un dato questo, che va imputato alla presenza della Romania. In totale, nell’Ue, il 6,8 per cento della popolazione è composta da migranti.
Un dato da sottolineare è come sia aumentato il flusso di persone in fuga da guerre e carestie. Più di 23 mila persona al giorno sono costrette ad abbandonare la propria casa. Un dato raddoppiato rispetto a dieci anni fa.
La crisi ha rallentato ma non fermato i flussi. Da 3 milioni nel 2007, in Italia a quasi 4 milioni e 400 mila i residenti stranieri. Nello stesso arco di tempo, la presenza straniera regolare complessiva è passata nel nostro paese da quasi 4 milioni a 5 milioni 186 mila. Questo non solo per l’ingresso di nuovi lavoratori ma per i ricongiungimenti e le nascite.
In quanto alle provenienze, l’hit parade è dominata da europei (50,3 per cento di cui il 27,4 comunitari). Seguono Africa (22,2 per cento), Asia (19,4) e America (8).
Il 61,8 per cento dei migranti ha scelto il nord Italia, il 24,2 il centro.
La crisi economica ha comunque determinato un calo nelle entrate in quanto le quote di ingresso sono state ridotte. I visti sono scesi da 90 mila nel 2011 a 52 mila nel 2012.
I nati in Italia sono stati quasi 80 mila nel 2012 cio si aggiungono 26 mila 700 bimbi nati da coppie miste.
Pur con ritmi più contenuti, gli occupati stranieri sono in progressivo aumento e arrivano ad incidere almeno al 10 per cento sull’occupazione totale. Ciò nonostante il tasso di disoccupazione per i migranti è in crescita e supera di quattro punti percentuali quello degli italiani.
Come dicevamo in apertura, il rapporto costi benefici per le casse statali sta tutto dalla parte dei migranti. Nel 2011 lo Stato ha introitato 13,3 miliardi di euro mentre le uscite sono state di 11,9 miliardi.
Varsavia: il clima cambia velocemente, i governi agiscono lentamente
12/11/2013EcoMagazine
I Governi sono nelle mani della stessa economia predatoria che ha macinato ambiente (per non parlare dei diritti) per ricavare profitto. La politica è in stallo e ancora si sente ripetere che l’ecologia viene dopo l’economia e che non si può parlare di tutela dell’ambiente in tempi di crisi. Prima, sostengono gli economisti liberali, bisogna far ripartire l’economia. Una favola che ci sta conducendo nel baratro. I tempi per invertire la tendenza sono stretti. E anche se ripartissimo immediatamente rinunciando ai combustibili fossili, puntando sulla sostenibilità e sulla Green Economy, sul rinnovabile e sul riciclo – si legge nel rapporto Ipcc – l’umanità dovrebbe ugualmente prepararsi ad affrontare un duro periodo di sconvolgimenti climatici. Niente sarà più come prima. Siamo ancora in tempo per salvare l’umanità ma è impensabile continuare con la stessa economia che ha causato il disastro. Questo è il messaggio che viene da Varsavia. Vien da chiedersi in quanti sono preparati ad recepirlo.
Caccia: “Il Consorzio Venezia Nuova dietro lo scavo del canal Contorta”
10/11/2013EcoMagazine, In Comune
Anche il ventilato scavo del canale Contorta, uscita del tavolo governativo come possibile soluzione al traffico crocieristico, potrebbe avvalersi della procedura veloce offerta dal quadro normativo sulle “infrastrutture strategiche”. E va da sé che il concessionario unico, come avviene sempre per quanto riguarda le opere in laguna, sarebbe ancora lui: quel Consorzio Venezia Nuova sui cui vertici sono ancora in corso varie inchieste penali della magistratura. Senza alcuna trasparenza su spese e costi, senza alcuna gara d’appalto, senza alcuna garanzia di salvaguardia e sostenibilità ambientale, siamo di fronte al pericolo che lo Stato investa ad occhi chiusi un cifra che si stima dai 300 ai 350 milioni di euro in una ennesima Grande Opera che si annuncia devastante per quello che rimane della nostra laguna. Una Grande Opera che Paolo Costa, presidente dell’unica Autorità Portuale rimasta in Italia, ha già liquidato come un banale “ripristino della morfologia lagunare”.
“Nel malaugurato caso che venga approvato lo scavo del Contorta – ha dichiarato il consigliere della lista In Comune Beppe Caccia – siamo di fronte al concreto rischio che la realizzazione dell’opera venga affidata senza alcuna trasparente procedura ed evidenza pubblica al Consorzio Venezia Nuova”.
In una interrogazione al sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, il consigliere non esita a fare nomi e cognomi. La progettazione dello scavo del canale Contorta è stata affidata dall’Autorità Portuale e dal magistrato delle Acqua allo studio di ingegneria idraulica Protecno srl di Noventa Padovana con il coinvolgimento dell’ingegnere Daniele Rinaldo già direttore dei cantieri del Consorzio e sposato con Maria Teresa Brotto, già dirigente sia del Consorzio e che della società Thetis dell’Arsenale.
“Mi pare che ce ne sia abbastanza per chiedere al sindaco di riferire in consiglio sulla situazione e sugli interessi del Consorzio sul canal Contorta. Spetta al primo cittadino intervenire affinché sia acquisita e messa a disposizione dei consiglieri e di tutta la cittadinanza tutta la documentazione utile attorno allo scavo del Contorta e farsi garante perché siano rispettate tutte le condizioni di imparzialità, trasparenza e partecipazione delle valutazioni sulle differenti alternative al transito delle Grandi Navi in laguna”.
Un futuro condiviso per Porto Marghera tra bonifiche e vocazione industriale
8/11/2013EcoMagazine
Corrado Clini, già ministro per lAmbiente ed ora dirigente dello stesso dicastero, ha ricordato l’accordo di programma che porta la sua firma e che ha “cambiato la prospettiva di Porto Marghera, individuandola come un’area produttiva e legando il risanamento al riuso”. Risanamento che passa anche attraverso gli investimenti dell’imprenditoria. “Quanto mi costa e quali sono i rischi? La domanda che gli imprenditori fanno sono solo queste - ha sottolineato Matteo Zoppas, presidente Confindustria Venezia - L’accordo di programma ha recepito i suggerimenti degli industriali e questo è certo un fatto positivo, ma l’inversione di tendenza la stiamo ancora aspettando. Colpa della crisi, certo. Ma anche le lungaggini burocratiche nell’approvare i progetti di bonifica”.
Non poteva mancare tra i primi attori Paolo Costa, presidente dell’autorità portuale, con un intervento che potremmo definire “panportista”. Per l’ex sindaco di Venezia, il porto è la chiave centrale del rilancio, anche in virtù di una economia mondiale che, a suo dire, sta diventando sempre più “porto centrica”. Costa invita a pensare in grande: rilancia il porto off shore dal modico costo di 2 miliardi di euro, “perché in laguna non ci sono fondali” e grazie a dio non gli è ancora venuto in mente di scavarseli. Poi proietta grandi mappe mondiali in cui Venezia e il suo porto, come ai tempi della Serenissima, fa da imbuto per le merci provenienti dal lontano Oriente. Da Shanghai ad Hannover. Non per sbaglio, nel suo intervento, Costa si richiama al concetto del “fondaco” ed insiste ricordando che tutta l’area industriale di porto Marghera coincide con l’area portuale di sua competenza.
Tocca a Gianfranco Bettin ricordargli che Venezia non era solo un fondaco ma c’era anche l’arsenale che è stata una delle prime industrie dell’umanità. “Siamo ad un punto di svolta e dobbiamo accompagnarlo con intelligenza - ha spiegato l’assessore - Per anni siamo stati bloccati dalla mancanza di un obiettivo strategico. Ora la macchina si è messa in moto e dobbiamo trovare risposte anche alle domande di chi in questo convegno non ha avuto voce. Mi riferisco ai lavoratori di Porto Marghera molti dei quali, gli operai della Vilnys ad esempio, vivono situazioni drammatiche. I passi da fare sono chiari. Il Pat deve essere approvato. Bisogna completare quanto era implicito nell’accordo di programma ma non è ancora stato fatto. Mi riferisco al regolamento della conferenza dei servizi. Per dirla tutta, l’amministrazione locale (i tecnici del Comune di Venezia sono gli unici che in tutti gli interventi che ho ascoltato al convegno hanno pronunciato la parola Green Economy.ndr) non può essere esclusa dalla conferenza decisoria. ll Comune, l’ente più vicino al territorio, deve poter portare la voce dei lavoratori e della città”. La questione, alla fin fine è sempre questa: la riscrittura della legge speciale per poter dare a Venezia la possibilità di decidere su Venezia.
Grandi Navi fuori dalla laguna. Ma adesso si apre la battaglia per la difesa del canal Contorta
6/11/2013EcoMagazine, Global Project
Gli ambientalisti veneziani hanno accolto con parziale soddisfazione e forti perplessità la soluzione partorita dal Governo per risolvere la questioni delle grandi navi. La soddisfazione è tutta per l’auspicato blocco del transito dei grattacieli galleggianti, così come era previsto dal decreto Clini. Dal primo novembre 2014 il transito delle Grandi Navi con stazza lorda superiore alle 96 mila tonnellate dovranno rimanere fuori non solo dal bacino di San Marco ma dall’intera laguna. Dal primo gennaio prossimo inoltre, il numero delle delle navi da crociera di stazza superiore alle 40 mila tonnellate dovrà essere ridotto fino al 20 per cento rispetto al 2012. Sempre dal primo gennaio 2014 sarà vietato il passaggio nel Canale dei traghetti, con conseguente riduzione del 25 per cento dei transiti davanti a San Marco e del 50 per cento delle emissioni inquinanti.
Soddisfazione espressa anche dal sindaco Giorgio Orsoni che ha incassato anche lo spostamento del terminal crocieristico a Marghera: “Per la prima volta il Governo è intervenuto concretamente sulla questione delle Grandi Navi da crociera. Oggi si è invertita finalmente la tendenza al gigantismo in Laguna. Basta mega crociere a due passi da San Marco, si imporranno infatti fin da subito limiti ben precisi sulle navi che potranno entrare a Venezia”.
E’ lo stesso sindaco di Venezia però che esprime forti perplessità per il ventilato scavo del canale Contorta che emerge dal tavolo di Palazzo Chigi. Nella nota diramata dall’ufficio stampa del consiglio dei ministri infatti si legge la necessità “di prevedere una nuova via di accesso alla Stazione marittima, individuata nel canale Contorta Sant’Angelo, come diramazione del Canale Malamocco-Marghera. Nella valutazione di impatto ambientale di questa opzione saranno naturalmente considerate eventuali soluzioni alternative, compresa quella del Canale Vittorio Emanuele”.
Come dire che il nostro Governo è strutturalmente incapace di pensare una soluzione ad un disastro ambientale causato da una Grande Opera (che altro le Grandi navi non sono) che non preveda la realizzazione di un’altra Grande Opera. Una “soluzione “ che sposa in maniera acritica la proposta alternativa al mantenimento dello status quo avanzata al tavolo della lobby crocieristica. “E’ gravissimo che il Governo abbia deciso di dare il via libera alla valutazione d’impatto ambientale per lo scavo del nuovo canale Contorta Sant’Angelo – ha commentato Beppe Caccia-. Non c’è alcuna ragione plausibile per non confrontare e valutare con pari dignità tutte le proposte alternative che erano state avanzate, dalla realizzazione di un nuovo terminal transitorio a Marghera alla definitiva collocazione del porto passeggeri fuori dalla Laguna. Lo scavo di nuovi canali con la drammatica ulteriore manomissione degli equilibri lagunari è semplicemente inaccettabile. Ci batteremo in ogni sede contro questa follia”.
Abbiamo buttato le Grandi Navi fuori dalla laguna. Il canale della Contorta non può essere un’escamotage per farcele rientrare