In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.

Crescono le persone in fuga da guerra e carestia. I dati del dossier Immigrazione

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A voler sintetizzare, sono sostanzialmente tre i dati di fatto che emergono dal Dossier Immigrazione. Tre dati di fatto statistici che contraddicono quello che per la maggior parte dei massa media è il “sentire comune“ della popolazione. La percentuale di cittadini migranti in Italia, innanzitutto è inferiore alla media europea. Se il nostro Pese è, per vocazione geografica, uno dei primi ad essere attraversato dal flusso migratorio, la maggior parte degli stranieri preferisce far rotta verso il nord Europa. Secondo punto: i migranti, conti alla mano, danno alle casse statali molto più di quanto ricevono. La politica dell’emergenza inoltre, ha fatto sì che l’Italia spenda in operazioni di controllo e di repressione nei confronti degli irregolari, operazioni non di rado senza efficacia alcuna, molto di più di quanto investa in accoglienza. Terzo e ultimo punto, le discriminazioni sono in crescita. Per un migrante non solo è più difficile trovare casa, lavoro o accedere ai servizi di un cittadino italiano a ma spesso la discriminazione viene dalla stessa pubblica amministrazione che emana bandi e delibere escludenti.


Ma prima di esaminare qualche dato, il rapporto immigrazione 2013 realizzato dall’Unar e dal centro ricerche Idos, presentato ieri in contemporanea in tutti i capoluoghi di provincia italiani, mette in evidenza che nel nostro pianeta pressoché tutti i Paesi sono allo stesso tempo aree di destinazione, origine e transito dei flussi migratori. L’Europa, accoglie il 31,3 per cento dei migranti del mondo stimati sui 232 milioni, ma è anche un continente a forte vocazione migratoria considerato che un 25% dei suoi cittadini si è spostato in altri Paesi, pur se per la maggior parte interni alla comunità. Un dato questo, che va imputato alla presenza della Romania. In totale, nell’Ue, il 6,8 per cento della popolazione è composta da migranti.
Un dato da sottolineare è come sia aumentato il flusso di persone in fuga da guerre e carestie. Più di 23 mila persona al giorno sono costrette ad abbandonare la propria casa. Un dato raddoppiato rispetto a dieci anni fa.
La crisi ha rallentato ma non fermato i flussi. Da 3 milioni nel 2007, in Italia a quasi 4 milioni e 400 mila i residenti stranieri. Nello stesso arco di tempo, la presenza straniera regolare complessiva è passata nel nostro paese da quasi 4 milioni a 5 milioni 186 mila. Questo non solo per l’ingresso di nuovi lavoratori ma per i ricongiungimenti e le nascite.
In quanto alle provenienze, l’hit parade è dominata da europei (50,3 per cento di cui il 27,4 comunitari). Seguono Africa (22,2 per cento), Asia (19,4) e America (8).
Il 61,8 per cento dei migranti ha scelto il nord Italia, il 24,2 il centro.
La crisi economica ha comunque determinato un calo nelle entrate in quanto le quote di ingresso sono state ridotte. I visti sono scesi da 90 mila nel 2011 a 52 mila nel 2012.
I nati in Italia sono stati quasi 80 mila nel 2012 cio si aggiungono 26 mila 700 bimbi nati da coppie miste.
Pur con ritmi più contenuti, gli occupati stranieri sono in progressivo aumento e arrivano ad incidere almeno al 10 per cento sull’occupazione totale. Ciò nonostante il tasso di disoccupazione per i migranti è in crescita e supera di quattro punti percentuali quello degli italiani.
Come dicevamo in apertura, il rapporto costi benefici per le casse statali sta tutto dalla parte dei migranti. Nel 2011 lo Stato ha introitato 13,3 miliardi di euro mentre le uscite sono state di 11,9 miliardi.

Varsavia: il clima cambia velocemente, i governi agiscono lentamente

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Neanche il tifone Haiyan che nelle Filippine ha ammazzato più di 10 mila persone ci ha insegnato qualcosa. Eppure, la “benzina” dei tifoni sono proprio quelle particelle di vapore acqueo di cui il riscaldamento globale sta riempendo l’atmosfera. I disastri insomma, non sono mai naturali. L’unica certezza che sta emergendo dalla diciannovesima Cop in scena a Varsavia è che l’homo sapiens sapiens sta costruendo la distruzione della sua specie. Il quinto rapporto dell’Ipcc pubblicato ha settembre ha oramai tolto tutti i residui dubbi della comunità scientifica sui cambiamenti climatici. Il clima sta cambiando rapidamente e la causa è l’uomo. La cura, di contro, tarda ed arrivare e c’è il forte rischio che quando arriverà non ci sarà più niente da curare.

I Governi sono nelle mani della stessa economia predatoria che ha macinato ambiente (per non parlare dei diritti) per ricavare profitto. La politica è in stallo e ancora si sente ripetere che l’ecologia viene dopo l’economia e che non si può parlare di tutela dell’ambiente in tempi di crisi. Prima, sostengono gli economisti liberali, bisogna far ripartire l’economia. Una favola che ci sta conducendo nel baratro. I tempi per invertire la tendenza sono stretti. E anche se ripartissimo immediatamente rinunciando ai combustibili fossili, puntando sulla sostenibilità e sulla Green Economy, sul rinnovabile e sul riciclo – si legge nel rapporto Ipcc – l’umanità dovrebbe ugualmente prepararsi ad affrontare un duro periodo di sconvolgimenti climatici. Niente sarà più come prima. Siamo ancora in tempo per salvare l’umanità ma è impensabile continuare con la stessa economia che ha causato il disastro. Questo è il messaggio che viene da Varsavia. Vien da chiedersi in quanti sono preparati ad recepirlo.

Caccia: “Il Consorzio Venezia Nuova dietro lo scavo del canal Contorta”

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Ed in laguna si ritorna a parlare della Legge Obiettivo. La legge 443 del 2001 fortemente voluta dal Governo Berlusconi che “semplifica” le verifiche sulla sostenibilità ambientale, affida ad un unico concessionario sia il controllo che la realizzazione dell’infrastruttura, e avvia i lavori senza sicurezze sulla copertura finanziaria. La legge, per intenderci, che sta dietro al Mose, la Tav e tutte quelle Grandi Opere che hanno devastato l’Italia nell’ultimo decennio.
Anche il ventilato scavo del canale Contorta, uscita del tavolo governativo come possibile soluzione al traffico crocieristico, potrebbe avvalersi della procedura veloce offerta dal quadro normativo sulle “infrastrutture strategiche”. E va da sé che il concessionario unico, come avviene sempre per quanto riguarda le opere in laguna, sarebbe ancora lui: quel Consorzio Venezia Nuova sui cui vertici sono ancora in corso varie inchieste penali della magistratura. Senza alcuna trasparenza su spese e costi, senza alcuna gara d’appalto, senza alcuna garanzia di salvaguardia e sostenibilità ambientale, siamo di fronte al pericolo che lo Stato investa ad occhi chiusi un cifra che si stima dai 300 ai 350 milioni di euro in una ennesima Grande Opera che si annuncia devastante per quello che rimane della nostra laguna. Una Grande Opera che Paolo Costa, presidente dell’unica Autorità Portuale rimasta in Italia, ha già liquidato come un banale “ripristino della morfologia lagunare”.
“Nel malaugurato caso che venga approvato lo scavo del Contorta – ha dichiarato il consigliere della lista In Comune Beppe Caccia – siamo di fronte al concreto rischio che la realizzazione dell’opera venga affidata senza alcuna trasparente procedura ed evidenza pubblica al Consorzio Venezia Nuova”.



In una interrogazione al sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, il consigliere non esita a fare nomi e cognomi. La progettazione dello scavo del canale Contorta è stata affidata dall’Autorità Portuale e dal magistrato delle Acqua allo studio di ingegneria idraulica Protecno srl di Noventa Padovana con il coinvolgimento dell’ingegnere Daniele Rinaldo già direttore dei cantieri del Consorzio e sposato con Maria Teresa Brotto, già dirigente sia del Consorzio e che della società Thetis dell’Arsenale.
“Mi pare che ce ne sia abbastanza per chiedere al sindaco di riferire in consiglio sulla situazione e sugli interessi del Consorzio sul canal Contorta. Spetta al primo cittadino intervenire affinché sia acquisita e messa a disposizione dei consiglieri e di tutta la cittadinanza tutta la documentazione utile attorno allo scavo del Contorta e farsi garante perché siano rispettate tutte le condizioni di imparzialità, trasparenza e partecipazione delle valutazioni sulle differenti alternative al transito delle Grandi Navi in laguna”.

Un futuro condiviso per Porto Marghera tra bonifiche e vocazione industriale

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Al Vega è andato in scena il futuro di Porto Marghera. I primi attori c’erano tutti: amministratori ministeriali e comunali, tecnici dei settori ambientali e produttivi di vari livelli, industriali. Assente solo il ministro Flavio Zanonato per impellenti impegni ministeriali. Il tema dell’incontro svoltosi nella mattinata di oggi era “Scenari futuri e futuribili per Porto Marghera: tra bonifica, riconversione industriale e sviluppo sostenibile”. A promuovere questo momento di confronto è stato il Comune di Venezia che, come ha specificato in apertura dei lavori il sindaco Giorgio Orsoni, “ha assunto come una priorità il recupero di Porto Marghera e della sua vocazione industriale anche nella prospettiva della realizzazione di una grande area metropolitana”. Gli attori, dicevamo, c’erano tutti. E’ stato infatti un incontro sostanzialmente tecnico che ha avuto l’obiettivo, come ha spiegato l’assessore comunale allo sviluppo economico Alfiero Farinea, di “dare la possibilità ai tecnici di incontrarsi e di scambiarsi le proprio opinioni in merito”.


Corrado Clini, già ministro per lAmbiente ed ora dirigente dello stesso dicastero, ha ricordato l’accordo di programma che porta la sua firma e che ha “cambiato la prospettiva di Porto Marghera, individuandola come un’area produttiva e legando il risanamento al riuso”. Risanamento che passa anche attraverso gli investimenti dell’imprenditoria. “Quanto mi costa e quali sono i rischi? La domanda che gli imprenditori fanno sono solo queste - ha sottolineato Matteo Zoppas, presidente Confindustria Venezia - L’accordo di programma ha recepito i suggerimenti degli industriali e questo è certo un fatto positivo, ma l’inversione di tendenza la stiamo ancora aspettando. Colpa della crisi, certo. Ma anche le lungaggini burocratiche nell’approvare i progetti di bonifica”.
Non poteva mancare tra i primi attori Paolo Costa, presidente dell’autorità portuale, con un intervento che potremmo definire “panportista”. Per l’ex sindaco di Venezia, il porto è la chiave centrale del rilancio, anche in virtù di una economia mondiale che, a suo dire, sta diventando sempre più “porto centrica”. Costa invita a pensare in grande: rilancia il porto off shore dal modico costo di 2 miliardi di euro, “perché in laguna non ci sono fondali” e grazie a dio non gli è ancora venuto in mente di scavarseli. Poi proietta grandi mappe mondiali in cui Venezia e il suo porto, come ai tempi della Serenissima, fa da imbuto per le merci provenienti dal lontano Oriente. Da Shanghai ad Hannover. Non per sbaglio, nel suo intervento, Costa si richiama al concetto del “fondaco” ed insiste ricordando che tutta l’area industriale di porto Marghera coincide con l’area portuale di sua competenza.
Tocca a Gianfranco Bettin ricordargli che Venezia non era solo un fondaco ma c’era anche l’arsenale che è stata una delle prime industrie dell’umanità. “Siamo ad un punto di svolta e dobbiamo accompagnarlo con intelligenza - ha spiegato l’assessore - Per anni siamo stati bloccati dalla mancanza di un obiettivo strategico. Ora la macchina si è messa in moto e dobbiamo trovare risposte anche alle domande di chi in questo convegno non ha avuto voce. Mi riferisco ai lavoratori di Porto Marghera molti dei quali, gli operai della Vilnys ad esempio, vivono situazioni drammatiche. I passi da fare sono chiari. Il Pat deve essere approvato. Bisogna completare quanto era implicito nell’accordo di programma ma non è ancora stato fatto. Mi riferisco al regolamento della conferenza dei servizi. Per dirla tutta, l’amministrazione locale (i tecnici del Comune di Venezia sono gli unici che in tutti gli interventi che ho ascoltato al convegno hanno pronunciato la parola Green Economy.ndr) non può essere esclusa dalla conferenza decisoria. ll Comune, l’ente più vicino al territorio, deve poter portare la voce dei lavoratori e della città”. La questione, alla fin fine è sempre questa: la riscrittura della legge speciale per poter dare a Venezia la possibilità di decidere su Venezia.

Grandi Navi fuori dalla laguna. Ma adesso si apre la battaglia per la difesa del canal Contorta

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Abbiamo vinto la prima battaglia contro i mostri del mare. Adesso bisogna vincere la guerra per la laguna. “La riduzione del traffico a partire da gennaio è senz’altro un primo risultato della mobilitazione dei cittadini veneziani, dall’indignazione dell’opinione pubblica nazionale ed internazionale, e anche dalla determinazione dimostrata dall’amministrazione comunale – ha commentato il consigliere della Lista In Comune Beppe Caccia -. Adesso bisogna fermare la follia dello scavo di nuovi canali in laguna”.
Gli ambientalisti veneziani hanno accolto con parziale soddisfazione e forti perplessità la soluzione partorita dal Governo per risolvere la questioni delle grandi navi. La soddisfazione è tutta per l’auspicato blocco del transito dei grattacieli galleggianti, così come era previsto dal decreto Clini. Dal primo novembre 2014 il transito delle Grandi Navi con stazza lorda superiore alle 96 mila tonnellate dovranno rimanere fuori non solo dal bacino di San Marco ma dall’intera laguna. Dal primo gennaio prossimo inoltre, il numero delle delle navi da crociera di stazza superiore alle 40 mila tonnellate dovrà essere ridotto fino al 20 per cento rispetto al 2012. Sempre dal primo gennaio 2014 sarà vietato il passaggio nel Canale dei traghetti, con conseguente riduzione del 25 per cento dei transiti davanti a San Marco e del 50 per cento delle emissioni inquinanti.
Soddisfazione espressa anche dal sindaco Giorgio Orsoni che ha incassato anche lo spostamento del terminal crocieristico a Marghera: “Per la prima volta il Governo è intervenuto concretamente sulla questione delle Grandi Navi da crociera. Oggi si è invertita finalmente la tendenza al gigantismo in Laguna. Basta mega crociere a due passi da San Marco, si imporranno infatti fin da subito limiti ben precisi sulle navi che potranno entrare a Venezia”.



E’ lo stesso sindaco di Venezia però che esprime forti perplessità per il ventilato scavo del canale Contorta che emerge dal tavolo di Palazzo Chigi. Nella nota diramata dall’ufficio stampa del consiglio dei ministri infatti si legge la necessità “di prevedere una nuova via di accesso alla Stazione marittima, individuata nel canale Contorta Sant’Angelo, come diramazione del Canale Malamocco-Marghera. Nella valutazione di impatto ambientale di questa opzione saranno naturalmente considerate eventuali soluzioni alternative, compresa quella del Canale Vittorio Emanuele”.
Come dire che il nostro Governo è strutturalmente incapace di pensare una soluzione ad un disastro ambientale causato da una Grande Opera (che altro le Grandi navi non sono) che non preveda la realizzazione di un’altra Grande Opera. Una “soluzione “ che sposa in maniera acritica la proposta alternativa al mantenimento dello status quo avanzata al tavolo della lobby crocieristica. “E’ gravissimo che il Governo abbia deciso di dare il via libera alla valutazione d’impatto ambientale per lo scavo del nuovo canale Contorta Sant’Angelo – ha commentato Beppe Caccia-. Non c’è alcuna ragione plausibile per non confrontare e valutare con pari dignità tutte le proposte alternative che erano state avanzate, dalla realizzazione di un nuovo terminal transitorio a Marghera alla definitiva collocazione del porto passeggeri fuori dalla Laguna. Lo scavo di nuovi canali con la drammatica ulteriore manomissione degli equilibri lagunari è semplicemente inaccettabile. Ci batteremo in ogni sede contro questa follia”.
Abbiamo buttato le Grandi Navi fuori dalla laguna. Il canale della Contorta non può essere un’escamotage per farcele rientrare

Un giro di spritz tra le case occupate

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Cominciamo dalla fine (cosa che non si fa mai). Cominciamo addirittura da un post su Facebook. “E così, all'improvviso ti trovi davanti 50 persone parlano di casa, non solo, ma sono loro che parlano di precarietà post laurea, di voglia di sentirsi cittadini, linfa vitale di una città...succede così che ti chiedano: ma come faccio a diventare occupante? Sono felice” Cominciamo dal post di Marta proprio perché è un sunto perfetto dell’iniziativa organizzata ieri pomeriggio dagli studenti universitari di Venezia e che aveva come titolo “Aperitivo itinerante tra le case occupate”.
E proprio di un classico, venezianissimo, “giro di spritz” si trattava. Solo che invece di bacari e osterie si faceva tappa tra le case che gli studenti di Ca’ Foscari e dello Iuav hanno occupato per poter continuare gli studi senza svenarsi per pagare affitti impossibili alle agenzie private. Il perché è stata intrapresa la strada dell’occupazione, è spiegato nel comunicato che presenta l’iniziativa: “Gli affitti sono troppo alti, i trasporti insufficienti e troppo cari, mense, biblioteche, spazi per la socialità inadeguati. Governi di destra, di sinistra, di destra-sinistra rifilano alle generazioni più giovani scuole fatiscenti, atenei in rovina e dormitori-caserme. Studiare e abitare sono nostri diritti che vengono smantellati giorno dopo giorno! Per questo abbiamo individuato case di proprietà di Ca' Foscari o dell'Ater, lasciate vuote e al degrado, ne abbiamo riaperto porte finestre, ricostruito sanitari, ridipinto muri”.



Ca’ Tortuga, nel popolare quartiere di Santa Marta, è stata la prima casa ad essere occupata quattro anni fa, ai tempi dell’Onda Anomala. In questi anni ha dato ospitalità e la possibilità di laurearsi a 25 studenti. L’occupazione inoltre ha contribuito a rimettere in discussione i criteri con i quali vengono assegnati borse di studio e appartamenti nelle case dello studente. “Per essere considerato fuori sede devi essere residente oltre i 40 chilometri - spiega Marta - Una assurdità pensata col compasso e che non tiene contro della peculiarità di una città senza auto come Venezia”.
Peculiarità che lascia poco spazio tanto agli studenti quanto alle giovani coppie in cerca di una casa. Sul mercato, non trovi un posto letto a meno di 200 euro. La media si aggira sui 4 o 500 euro. Non è una città per giovani, questa. Tante case, soprattutto nei quartieri universitari, non sono altro che magazzini ristrutturati alla bell’è meglio. Ristrutturazione che non possono tener conto dell’acqua alta. Così, quando butta a scirocco, ti capita di trovarti trenta centimetri di laguna sotto il letto.
Se si esce dal mercato privato, le alternative sono davvero poche. L’Esu versa in fallimento cronico tra tagli e incapacità gestionale. Inoltre con 400 posti contro una popolazione stimata sui 25 mila studenti, può fare ben poco. In quanto a Ca’ Foscari, seguendo una pura logica gestionale (fallimentare, tra l’altro) ha appaltato il servizio ad un “ufficio housing” che risolve tutto dirottando verso il privato. Rimane solo la Pastorale, un ente religioso che gestisce 1500 posti letto. Ma anche a voler soprassedere sul costo di un letto che non ha nulla da invidiare alle agenzie di San Marco, rimane il fatto che gli orari sono da clausura, la socialità imposta e la messa obbligatoria. Capirete che anche per chi vuole salvarsi l’anima queste condizioni non son facili da mandar giù!
Così si marcia a Venezia. Tre università, zero politiche abitative. “Per questo - conclude Filippo, occupante di Ca’ Tortuga - abbiamo deciso non solo di occupare ma a anche di proseguire e di incentivare le iniziative di occupazione. Abbiamo individuato altri appartamenti vuoti e degradati di proprietà dell’università e ci entreremo presto, ristrutturandoli e riadattandoli alle nostre esigenze. L’importante è occupare in maniera consapevole, senza forzature con il vicinato ma, anzi, ‘adottandolo’ come ci piace dire. Abbiamo vinto processi proprio perché i vicini hanno testimoniato a nostro favore. Certamente tutti preferiscono avere dei giovani come noi nell’appartamento di sopra, piuttosto che infiltrazioni e pantegane. Voglio dire, non è un caso se la signora del, piano di sopra ogni tanto ci viene a trovare con una torta in mano!”

In piazza per un mondo nuovo. Quello disegnato dalla nostra Costituzione

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Costituzione, strada maestra per un futuro di democrazia e di partecipazione. Questo è il sunto dell’incontro svoltosi ieri pomeriggio nella sala consiliare del Municipio di Mestre. L’iniziativa è stata organizzata a sostegno della manifestazione che si svolgerà a Roma in difesa della Costituzione e promossa da Don Luigi Ciotti, Maurizio Landini, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky e Lorenza Carlassare. Proprio la docente di Diritto Costituzionale all’università patavina, è stata l’ospite d’onore dell’incontro mestrino, attorniata da un insieme alquanto variegato di relatori, a testimonianza di come la difesa della nostra carta costituzionale sia sentita da tutti i cittadini. Erano presenti un giornalista, Beppe Giulietti, un sindacalista, Luca Trevisan, un religioso, don Luigi Tellatin, un amministratore, Gianfranco Bettin.
Saluti di Mario Bonifacio, del direttivo provinciale dell’Anpi, che ha portato l’adesione dell’associazione partigiani della provincia senza nascondere il suo sconcerto per la mancata adesione del nazionale.




Centrale l’intervento di Lorenza Carlassare, docente di Diritto Costituzionale all’università patavina, che si è chiesta come mai la Costituzione sia così detestata. “Le sua radici affondano in un sogno di libertà e di democrazia. E’ avversata perché, se fosse applicata, aprirebbe la strada ad una stagione di profonde e bellissime trasformazioni sociali. Gli attacchi alla Costituzione sono cominciati sin dalla sua nascita. Il primo sistema utilizzato per sabotare la sua dirompente forza di democratizzazione è stato quello di non applicarla sin da subito. Questo, per le forze della conservazione è stato sin dall’inizio il modo più efficace di contrastarla. Il secondo e più recente passo è stato quello di violarla. Gli esempi sarebbero tanti. Ricordo solo la sostituzione dei decreti legge ministeriali alle leggi votate e discusse in parlamento. L’ultimo tentativo di depotenziare la Costituzione è stato quello di proporre continuamente proposte di riforma in modo da farla passare come inadeguata. Anche ‘vecchia’, l’hanno chiamata, senza considerare che quella americana o quella inglese sono assai più datate. E senza considerare che i principi di democrazia e libertà su cui è fondata non invecchiano mai”.
Sugli obiettivi della manifestazione, la Carlassare ha ribadito che non è una zattera per profughi politici ma una iniziativa “che vuole soltanto risvegliare le coscienze per spingere i cittadini a riappropiarsi della propria vita. Perché la Costituzione non è una cosa astratta! Detta dei principi che vanno applicati. Un esempio? La collocazione delle risorse in questi tempi di crisi. Cosa ci dice la Costituzione? Non spendiamoli in bombardieri che contrastano i suoi articoli ma piuttosto investiamoli nelle scuole e nell’istruzione che lei stabilisce come garantiti. Lo stesso per il diritto d’asilo. La Bossi Fini è anticostituzionale perché l’articolo 10 garantisce i rifugiati. Un altro esempio? l’articolo 27 che subordina la pena carceraria alle condizioni del carcerato. E potremmo continuare fin che volete”.

La parola al giornalista Beppe Giulietti di Articolo 21. Associazione che si richiama espressamente alla Costituzione e al diritto di avere una libera stampa. Un diritto che, vorrei ricordare, non è esclusivo ai giornalisti ma a tutti i cittadini. Giulietti ha messo in guardia contro i rischi di derive presidenzialiste. “Già viviamo un presidenzialismo a reti unificate, ci mancherebbe vederlo anche nella Costituzione. Ci raccontano che le riforme sono necessarie? Io credo che l’unica cosa necessaria sia applicarla, la Costituzione. Ma prima ancora che le proposte di riforme non mi piace il contesto in cui questa proposte vengono portate avanti. Non c’è più De Gasperi. Adesso dovremmo discutere con un condannato in via definitiva? Ieri c’era un cemento antifascista alla base dell’assemblea costituente. Oggi, se mi passate il gioco di parole, ho dei forti pregiudizi su troppi pregiudicati che vorrebbero riscrivere la Carta Costituzionale. Come si fa a sedersi attorno ad un tavolo con gente che ha marciato contro i tribunali? Prima bisogna disinquinare l’ambiente, risolvere il conflitto di interessi, preparare una nuova legge elettorale. Tutti passaggi che non centrano con la Costituzione. Per questo, sabato a Roma marceremo per applicare e non per difendere la nostra carta costituzionale”.

Luca Trevisan della Fiom ha portato il dibattito sui temi del lavoro. “Siamo di fronte ad una crisi della rappresentanza che riguarda anche il sindacato e questa è anche conseguenza della mancata applicazione della Costituzione e della preponderanza delle forze della finanza. Il lavoro è diventato una merce e neanche delle più pregiate. Sono state ridotte le protezioni sociali e colpito il welfare. Le conquiste ottenute sono state messe in discussione. A Marchionne che afferma che in Italia non si può fare imprenditoria per colpa della Costituzione, rispondiamo che non è la Costituzione che bisogna cambiare ma le politiche. Dobbiamo cambiare modello di sviluppo e costruire una nuova economia. Sabato scenderanno in piazza tante persone provenienti da tanti schieramenti diversi per chiedere una prospettiva di cambiamento che tragga la sua forza proprio dalla Costituzione”.

Libera è l’associazione di don Luigi Ciotti che si batte contro le mafie. E il miglior libro anti mafia, ha spiegato don Luigi Tellatin, è proprio la Costituzione. “Basterebbe applicarla, far funzionare lo Stato e rafforzare la democrazia. Così la mafia diventerebbe inutile e sarebbe battuta”. Don Luigi è uno che nel suo comodino tiene sempre due libri: il Vangelo e la Costituzione. “Il mio vangelo laico”, spiega, ed invita a coltivare il senso della memoria contro un popolismo banale ma furbo che “svuota i principi in nome della tecnologia dei mercati”.

Chiusura per Gianfranco Bettin, assessore comunale all’Ambiente. “La Costituzione è stata una di quelle cose che solo gli italiani sono capaci di inventarsi nei momenti più bui. Oggi, è in atto un tentativo di svuotarla di significato, di impaludarla. Una tecnica consolidata che abbiamo visto all’opera troppe volte. Con la riforma sanitaria, ad esempio. Ma anche con la legge di interruzione della gravidanza o con la legge Basaglia. Leggi tanto innovative quanto scomode che subito dopo la loro approvazione o non vengono applicate o vengono delegittimate. Così sta accadendo con la Costituzione. Ricordate quando Berlusconi la definiva ‘una carta sovietica’ da cambiare a tutti i costi? Adesso il gioco è più sottile ed insidioso. Ci raccontano che è superata, che ha bisogno di essere riformata. Non è vero. E’ un tentativo di colpire i suoi principi sempre attuali. Un tentativo che va smascherato per quello che è”.
Bettin fa notare anche come la perdita di autonomia degli enti locali, i Comuni in primis -oramai ridotti a meri enti applicativi di quanto deciso a Roma se non direttamente da Bruxelles - vada ad inserirsi in questo tentativo di svuotamento della nostra carta costituzionale: “un vero attacco alla democrazia e alla partecipazione”.
“Per questi motivi - conclude l’assessore - la manifestazione di sabato non ha lo scopo di difendere il vecchio mondo ma di costruire quello nuovo. Con la Costituzione come arma da combattimento”.

L'ombra della mafia sul Mose e sul Consorzio Venezia Nuova

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Era noto come “l’uomo delle cerniere del Mose”, quel Mauro Scaramuzza, amministratore delegato della Fip di Padova, arrestato ieri dai carabinieri assieme a Gioacchino Francesco La Rocca, figlio del capomafia “Ciccio” La Rocca, nell’ambito dell’inchiesta per la cosiddetta “variante Caltagirone”. Un “uomo cerniera” in tutti i sensi, considerato che se la ricostruzione della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Catania sarà confermata, Scaramuzza faceva da cardine tra gli interessi delle cosche mafiose siciliane e quelli delle grandi imprese di costruzioni “pulite” del Nord. Che tanto pulite poi non sembrano essere, a conferma del livello di compenetrazione ormai raggiunto, su tutto il territorio nazionale, tra capitali illegali da riciclare e capitali legali da valorizzare.
Come nel caso degli appalti in Fincantieri, non esistono isole felici, o aree del Paese immuni dall’infiltrazione mafiosa.



Mauro Scaramuzza non è certo una figura di secondo livello col suo ruolo di amministratore delegato della Fip spa di Selvazzano Dentro (Padova), una società controllata dalla Mantovani spa della famiglia Chiarotto. Il suo nome ricorre in molti dei più importanti e discussi affari degli ultimi anni nel campo delle opere pubbliche: dalla ricostruzione dell’Aquila ai lavori in Lombardia per Expo2015, dai rapporti con la Cmc di Ravenna, ditta titolare delle opere preliminari alla Tav in Val Susa, fino alla sottoscrizione di “protocolli antimafia” in appalti chiacchierati.
 Ma soprattutto Mauro Scaramuzza è un “uomo cerniera” dal ruolo chiave nel sistema di potere organizzatosi intorno al progetto del Mose e al Consorzio Venezia Nuova. Sua, come abbiamo detto, è la responsabilità della realizzazione delle cerniere che devono connettere le paratoie delle dighe mobili ai cassoni appoggiati sui fondali delle bocche di porto. Cerniere sulle cui garanzie di affidabilità e condizioni di sicurezza il consigliere comunale Beppe Caccia ha presentato oltre un anno e mezzo fa un’interrogazione che non ha mai ottenuto risposta dal Magistrato alle Acque di Venezia.
“L’arresto dell’ingegner Scaramuzza proietta l’inquietante ombra di Cosa Nostra anche sulla concessione unica per le opere di salvaguardia di Venezia e della sua Laguna - ha commentato Caccia -. Dimostra che c’è un sistema malato legato al monopolio del Consorzio e agli affari da esso gestiti nell’ultimo trentennio. Prova ne sia che i nuovi vertici della Mantovani spa sono ben lontani dal compiere quella ‘operazione di pulizia’ che avevano promesso al momento del loro insediamento. Quest’ultimo arresto conferma la necessità che il governo e il parlamento avviino una seria verifica sia sulle caratteristiche tecniche del progetto Mose. La questione dell’affidabilità delle cerniere rimane tutt’ora aperta, così come dell’efficacia dei dispositivi di fronte agli effetti dei cambiamenti climatici. E’ indispensabile anche fare chiarezza su come sono state spese le ingentissime risorse pubbliche gestite dal Consorzio e dalle imprese ad esso collegate. L’inchiesta della procura ha dimostrato una volta di più, come sia urgente mettere mano alle riforma della Legge speciale per Venezia, superando una concessione unica che si sta rilevando sempre più criminogena”.
“Un ultimo suggerimento a chi di dovere - conclude Caccia -: non pensate sia il caso di cancellare la pomposa cerimonia prevista all’Isola Novissima per sabato pomeriggio? Mancherà di sicuro l’uomo-cerniera e non mi pare ci sia proprio niente da festeggiare”.

Grandi Navi. E’ l’ora delle scelte. O altri sceglieranno per noi

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Vediamo di metterla giù semplice semplice, cosicché ce la ficchiamo bene in testa tutti quanti. O tutto il fronte ambientalista, contrario tanto alle grandi navi quanto allo scavo di nuovi canali, si unisce attorno ad una alternativa proponibile, oppure va a finire che ci teniamo le Grandi Navi e magari qualche altra Grande Opera in più a sostegno. L’alternativa sta tutta qua. In altre parole, è l’ora delle scelte. E diciamo subito che non saranno scelte facili per il pittoresco, variegato e non di rado rissoso arcipelago ambientalista lagunare. Perché, qualsiasi sia la proposta, di rospi da digerire ce ne saranno parecchi. Questo è il sunto dell’incontro tenutosi questa mattina a Ca’ Farsetti con il senatore Felice Casson, il deputato Giulio Marcon e l’assessore all’Ambiente del Comune di Venezia, Gianfranco Bettin.
La conferenza stampa ha fornito ai due onorevoli l’occasione per fare il punto dell’iter delle varie proposte legislative sulla questione Grandi Navi, dopo le sospensioni imputabili a quella sorta di farsa parlamentare delle “dimissioni di massa” che è stata l’ultima crisi di Governo.



Il deputato Marcon ha ufficialmente chiesto al presidente del consiglio Enrico Letta di riconvocare la riunione del Comitatone che avrebbe dovuto svolgersi il 2 ottobre, ed ha aggiunto: “Un vizio del decreto Clini è quello di non stabilire un termine perentorio per la chiusura della lagunare grandi navi. Abbiamo quindi depositato un progetto di legge che fissa termini certi anche in assenza di soluzioni alternative. Per velocizzare i tempi, abbiamo depositato anche una mozione. L’importante è fare presto. L’urgenza è liberare Venezia da questi grattacieli naviganti. A lungo termine, il nostro obbiettivo è delegare al territorio la gestione del territorio, e affidare al sindaco di Venezia le competenze amministrative delle acque attorno alla città come il Bacino e il canale della Giudecca”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il senatore democratico Felice Casson che si è speso sulla nuova proposta di legge speciale che dovrebbe garantire maggiori poteri all’amministrazione comunale. Un percorso comunque lungo e non privo di insidie. “A parole la maggioranza c’è, ma nei fatti non mancano mai gli agguati, anche da membri del mio stesso partito. Per questo dovremo portare tutti gli emendamenti in aula, così da smascherare chi gioca sottobanco. L’obiettivo resta sempre quello di restituire a Venezia quelle competenze di gestione del suo territorio che ora sono di Regione, Capitaneria di Porto e Magistrato alla Acque”. In merito alla questione grandi navi, l’ex magistrato si è detto favorevole alla loro estromissione dalle acque lagunari. “L’importante è fare presto e accordarci tra di noi su una alternativa valida che non preveda ulteriori scempi ambientali come lo scavo di altri canali. Ricordiamoci che mentre noi discutiamo, i potentati economici interessati a difendere lo status quo lavorano sott’acqua. E loro sono molto più efficaci e veloci di noi”.
Dal canto suo, Gianfranco Bettin è sceso sui dettagli, senza nascondersi i problemi e affrontando anche discorsi scomodi come lo spostamento del terminal crociere a Marghera. “C’è una questione di prospettiva a lungo termine e una di tempistica urgente. Siamo in un momento di stasi per le crociere. Bisogna agire adesso se non vogliamo ritrovarci a marzo come adesso se non di più. La sola soluzione ragionevole agli occhi del mondo sarebbe quella di fermare il traffico crocieristico. Applicare sin da adesso il decreto Clini vorrebbe dire obbligare tutti gli attori in gioco a lavorare per trovare una soluzione alternativa. In questo senso, spostare temporaneamente la marittima a Marghera, come era anche nel programma elettorale della Giunta, significa spingere per una soluzione a medio o lungo termine, che potrebbe anche essere l’off shore oltre le dighe o altro. In ogni caso, ci darebbe il tempo per pensare ad una alternativa con le Grandi Navi lontane dal Bacino di San Marco e del canale della Giudecca. Quindi, cerchiamo di ragionare tutti su una soluzione forte e unitaria che proponga una alternativa percorribile e scongiuri il rischio di veder scavare altri canali. Facciamo presto, perché se non decidiamo noi decideranno altri in altri posti”.

Attivisti di Greenpeace arrestati in Russia

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Il caso degli attivisti di Greenpeace arrestati per aver scalato una piattaforma di trivellazione petrolifera nel mare di Pechora, è stato preso a pretesto dal Governo Russo per dare un giro di vite ai movimenti ambientalisti anche nazionali. Forte di una opinione pubblica poco sensibile a questioni come la tutela dell’ambiente e che vede di cattivo occhi le presunte “ingerenze straniere” in territorio russo, il primo ministro Dmitri Medvedev ha addirittura annunciato tre giorni che il suo esecutivo sta per legiferare un inasprimento delle pene per il genere di azioni compiuto dagli attivisti di Greenpeace.
Si fa quindi sempre più dura la situazione dei trenta ambientalisti arrestati dopo il blitz alla piattaforma petrolifera della Gazprom, il 18 settembre. Poco importa alla giustizia russa che, a parte i due attivisti che vennero fermati durante la scalata all’impianto, gli altri 28 - tra cui l’italiano Cristian d'Alessandro di Napoli, furono fermati a bordo della loro nave, l’Arctic Sunrise, in acque internazionali. L’accusa rivolta a Greenpeace è quella di “pirateria” che prevede sino a 15 anni di prigione, fatti salvi gli eventuali inasprimenti confezionati ad hoc annunciati da Medvedev.



Greenpeace ha anche diffuso informazioni preoccupanti sulle condizioni degli attivisti detenuti in attesa di un giudizio che, per accusa gravi come la pirateria, potrebbe venire anche a distanza di dodici mesi più le proroghe. I farmaci che l’associazione ambientalista ha inviato alla finlandese Sini Saarela, malata di tiroide, sono stati respinti dalle autorità russe e da quanto riporta l’agenzia di stampa Ria, un altro attivista di nazionalità inglese avrebbe accusato un attacco cardiaco.
Oggi, sabato 5 ottobre, Greenpeace ha proclamato una veglia mondiale a sostegno dei suoi attivisti imprigionati in Russia. “L'accusa di pirateria è rivolta a uomini e donne il cui unico crimine è quello di avere una coscienza - ha dichiarato Kumi Naidoo, direttore di Greenpeace International. - Questo è assolutamente scandaloso e mina alla base i principi della protesta pacifica. Assurdo qualificare gli attivisti come pirati, vogliono solo intimidirci e farci tacere, ma non desisteremo”. L’associazione ha anche messo on line una petizione, già sottoscritta da oltre 700 mila persone, in cui si chiede l’immediato rilascio dei 30 attivisti e l’interruzione delle trivellazioni petrolifere nell'Artico. Potete aderire a questo link

http://www.greenpeace.org/italy/it/libera-i-nostri-attivisti/
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