In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.
Emergency, attacco all'ambulatorio
31/05/2011Terra
Ricordiamo che l’ambulatorio situato in via Varè 6 è la seconda struttura che l’associazione ha aperto, per dirla con le parole di Gino Strada “in un Paese incivile in cui il diritto alle cure mediche non è accessibile a tutti: l’Italia”. Quello di Marghera infatti, è il secondo ambulatorio dopo Palermo.
Da quando ha iniziato la sua attività, il 2 dicembre scorso, il poliambulatorio che Padoan definisce “una delle tante strutture private” ha curato, gratuitamente e senza chiedere i documenti, quasi un migliaio di pazienti, elargendo circa 1800 prestazioni a persone indigenti, occupandosi soltanto della patologia e non del colore della pelle, del portafoglio o della regolarità del permesso di soggiorno. Il che, secondo Padoan, sarebbe una caratteristica di tutte le strutture di sanità private.
Ha dell’incredibile anche la motivazione adottata dal manager dell’Ulss 12, secondo il quale la struttura di Emergency è in “conflitto di interessi” con il pronto soccorso e farebbe da concorrenza alla sanità pubblica sottraendogli potenziali “clienti”. A parte il fatto che, se una “struttura privata” cura gratuitamente un indigente, per il pubblico questo può comportare solo un risparmio, in questa motivazione si legge chiaro l’idea privata che il direttore generale ha della sanità pubblica. “Proprio Padoan che gestisce un ospedale pubblico come quello dell’Angelo in modo privato, accusa noi che non ci guadagniamo un centesimo, di aver messo su una struttura privata? – si stupisce Gino Strada. – Il nostro ambulatorio è perfettamente in regola. L’Ulss ha già portato a termine tutte le ispezioni tecniche per verificare l’adeguatezza dei locali, ma evidentemente a Padoan non glielo hanno detto. Da parte nostra, non solo continueremo senza alcun dubbio a lavorare a Marghera, facendo quello che la sanità pubblica dovrebbe fare ma non fa, ma anzi, aumenteremo i servizi che la nostra struttura fornisce. E sottolineo, a tutti e in maniera assolutamente gratuita”. Tra le numerose voci che si sono levate in difesa di Emergency, c’è quella del sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni: “Emergency ha tutte le autorizzazioni necessarie. Trovo scandaloso il comportamento della Regione che, invece di facilitare una iniziativa del genere, fa di tutto per ostacolarla”.
Chioggia contro l'atomo
24/05/2011Terra
Una iniziativa pittoresca e di forte impatto che, tanto per cambiare, è stata quasi completamente ignorata dai media locali, tanto la stampa quanto le televisioni. Eppure, la stessa reazione positiva dei bagnanti che, non soltanto non hanno mostrato insofferenza ma hanno applaudito gli attivisti e in molti casi si sono aggiunti alla catena, dimostra che il pericolo di una deriva nucleare è fortemente sentito e il ricordo di Fukushima ancora vivo. “Io abito vicino a Costanza – mi ha spiegato un giovane studente rumeno in Italia per motivi di studio. Uno dei tanti bagnanti che si sono aggiunti alla manifestazione col costume addosso -. Il comunismo ci ha lasciato in eredità una centrale nucleare che non ha mai smesso di darci problemi e continua ancora oggi ad inquinare il Danubio e a devastare l’ecosistema del bel parco naturale realizzato nel delta. Cinque anni fa facevo il servizio militare, e per due settimane siamo stati tutti messi in allarme per un problema al reattore. Tutta la caserma con la tuta antiradiazione e fuori nessuno ne ha saputo mai niente. Neppure telefonare alle famiglie per avvertirle di allontanarsi, ci hanno lasciato. Alla fine ci è pure andata bene e i danni sono stati contenuti. Ma la prossima volta?”
“Un risultato straordinario” per Oscar Mancini, coordinatore veneto della campagna contro il nucleare, la manifestazione, “che fa ben sperare per il raggiungimento del quorum”. Soddisfatti anche i comitati “Due sì per l’acqua” che hanno partecipato alla manifestazione perché, come spiega Tommaso Cacciari, coordinatore per Venezia “acqua e nucleare due facce della stessa battaglia per l’ambiente, per un futuro desiderabile e per la stessa democrazia”. Insomma, una bella giornata di mare, di spiaggia, di attivismo e di alternativa politica. Lo stesso bel sole quasi estivo che ha accompagnato tutta la mobilitazione che si è conclusa la sera con un applaudito concerto di Caparezza al Rivolta, è stato la dimostrazione che sabato 12 e domenica 13 giugno si può tranquillamente programmare una gita al mare e passare prima per il seggio a mettere tre sì per ipotecare un futuro pulito.
Welcome, l'accoglienza degna
17/05/2011Terra
Chi, come Mani Tese e la cooperativa Il Villaggio, dispone di mezzi più limitati, si impegna nella raccolta di fondi. L’Agesci e gli scout si offrono per accompagnamento e assistenza. Anche gli ultras del Gate 22 sono scesi in campo per organizzare momenti di socialità allo stadio. Ognuno offre quello che ha. Come la cooperativa Il Fontego che mette a disposizione il suo collegamento internet, o il Magis che apre le porte per corsi formativi e condivisioni.
Tanti, dicevamo, da non poter fare un elenco completo. Anche perché all’appello per una “accoglienza degna” dei profughi provenienti dal nord africa, lanciato dalla Rete Tuttiidirittiumanipertutti si stanno aggiungendo una dopo l’altra tutte le isole del variegato arcipelago associazionista veneziano. Per non parlare dei singoli cittadini. Cito solo una delle tante mail arrivate alla Rete: “Sono una signora veneziana che vive sola. Ho una stanza vuota e la metto volentieri a disposizione per una donna o una ragazza. Non mi interessano i 40 euro al giorno. Li lascio a chi ha più bisogno di me”.
Una menzione a parte in questa gara di solidarietà, se la merita la cooperativa Caracol che a messo a disposizione della Prefettura il suo intero centro di accoglienza, all’interno del centro sociale Rivolta di Marghera, dove ogni inverno accoglie i senza fissa dimora della stazione: 24 posti letto divisi in camere da 4 posti. “E’ la nostra risposta a questa escalation di allarmi per l’arrivo dei profughi – spiega Vittoria Scarpa della Caracol -, una risposta a quanti creano emergenze ad arte col solo scopo di diffondere paure insensate, una risposta di civiltà ai tanti Muraro che parlano di respingere a mare quelle stesse persone che fuggono da una guerra e da un dittatore che sino a pochi mesi fa era armato dal nostro Paese”. Leonardo Muraro è il presidente leghista della provincia di Treviso che ha più volte dichiarato (in campagna elettorale) di essere “pronto a disobbedire allo stesso ministro Maroni pur di mantenersi fedele ai principi della lega e respingere i profughi”.
“Venezia non è Treviso e qui non si respinge nessuno. – ha commentato Alessandra Sciurba della Rete-. Non ci interessa se i profughi sono arrivati prima o dopo il 5 aprile. La solidarietà e i diritti non hanno scadenza. Noi vogliamo solo fare accoglienza. E vogliamo una accoglienza che sia degna. Non un tendone su un campo circondato di filo spinato. Una accoglienza che parta dal basso e capace di offrire futuro. Non possiamo lasciare che siano la Lega e la paura a dettar legge sul tema dei diritti fondamentali. C’è anche una società diversa che vuole costruire un altro mondo. Un mondo diverso. Un mondo migliore”.
La Costituente ecologista a Venezia
17/05/2011TerraLegambiente, Wwf, comitati referendari per l’acqua e contro il nucleare, associazioni di respiro nazionale come il Vas e il Cai e associazioni meno note al grande pubblico come i Pediatri per un mondo possibile, reti civiche, amministratori di Comuni virtuosi come il sindaco di Cassinnetta, Domenico Finiguerra, e l’assessore di ponte delle Alpi Ezio Orzes, e ancora rappresentanti del presidio permanente contro la base Dal Molin di Vicenza come Cinzia Bottene, e di tante altre realtà si impegnano su temi che spaziano dai diritti alla difesa del territorio e dei beni comuni.
Tutti hanno risposto con entusiasmo all’appello per avviare il percorso di una costituente ecologista nella nostra regione. L’incontro si è svolto nel pomeriggio di sabato 14 al municipio di Mestre. Sul tavolo dei relatori, oltre al già citato Domenico Finiguerra intervenuto come promotore dell’appello Stop al consumo del territorio, Luana Zanella, portavoce dei verdi del Veneto per la costituente, Guido Pollice, presidente nazionale Vas, Giannandrea Mencini per l’appello “Abbiamo un sogno”. A far gli onori di casa, l’assessore all’ambiente del Comune di Venezia, Gianfranco Bettin. Nel complesso, l’incontro ha fornito una utile occasione per scambiarsi idee operative su come procedere nel percorso costitutivo in un panorama come quello politico italiano dove l’anomalia è la norma. “La crisi del nostro sistema – ha sottolineato Luana Zanella – non è solo economica ma investe oramai tutti i settori della vita civile. L’unica strada per uscirne è la nascita di un forte movimento ambientalista che vada ben oltre quello che era il partitino dei verdi italiani, e che, come già avviene in Europa, possa incidere nella scelte politiche”. Il sindaco di Cassinnetta dal canto suo, ha applaudito “la scelta coraggiosa dei verdi che hanno buttato il cuore oltre l’ostacolo, si sono sciolti e si sono lanciati in un salto senza rete come è questa avventura della costituente”. “Avventura che – dice – avrà senza dubbio buon fine perché, se c’è una cosa che mi hanno convinto i numerosi incontri che faccio in tutta l’Italia, è che lo spazio per creare una forza ambientalista anche nel nostro Paese, c’è”.
Applauditissimo anche l’intervento di Guido Pollice, uno che – pur se, sorridendo, giura di non crederci - non ha smesso di correre dietro ai sogni un solo istante della sua vita. “L’errore dei verdi è quello stato quello di essere un partito come tutti gli altri. La costituente invece deve essere capace di individuare temi sui quali morire. Deve uscire dalla logica staliniana di partito che fa da cinghia di trasmissione ai movimenti. Dovranno essere invece i movimenti stessi a fare da cinghia di trasmissione alla nuova costituente. Abbiamo davanti una opportunità meravigliosa: non facciamola diventare l’ennesimo partito di questo tristissimo panorama politico italiano”.
Panorama, dicevamo, dove le anormalità sono talmente tante da passare quasi inosservate. “Non mi riferisco solo a Berlusconi – ha dichiarato Gianfranco Bettin – o alla Lega, o a forze stravaganti come Grillo. L’anomalia italiana sta anche nella difficoltà di coagulare lo schieramento ambientalista e di farne una forza capace di condizionare la politica del Paese, anche dall’opposizione”. Un esempio, spiega Bettin, sono le recenti dichiarazioni del ministro Giulio Tremonti che dichiara che a lui delle spiagge non gliene frega niente perché pensa solo alla ripresa economica. In Europa nessun ministro potrebbe sparare una fesseria del genere perché gli ambientalisti lo farebbero subito tacere. E senza bisogno di essere al governo. “In Italia tutto ciò manca, ed è per questo che ci troviamo continuamente a combattere battaglie di retroguardia nel tentativo di limitare i danni e senza mai avere la forza per essere propositivi. – conclude Gianfranco Bettin - Oggi non c’è nessun partito che ponga l’ambiente al centro del suo programma eppure i movimenti ambientalisti non mancano e sono ricchi di combattività. Lo vediamo nella battaglia referendaria per l’acqua e contro il nucleare. Adesso, dobbiamo tradurre tutto questo in forza politica. Dobbiamo fare un salto in avanti e dobbiamo farlo ora perché non abbiamo più tempo. Ogni giorno che passa consuma luoghi e modi”.
Tutti hanno risposto con entusiasmo all’appello per avviare il percorso di una costituente ecologista nella nostra regione. L’incontro si è svolto nel pomeriggio di sabato 14 al municipio di Mestre. Sul tavolo dei relatori, oltre al già citato Domenico Finiguerra intervenuto come promotore dell’appello Stop al consumo del territorio, Luana Zanella, portavoce dei verdi del Veneto per la costituente, Guido Pollice, presidente nazionale Vas, Giannandrea Mencini per l’appello “Abbiamo un sogno”. A far gli onori di casa, l’assessore all’ambiente del Comune di Venezia, Gianfranco Bettin. Nel complesso, l’incontro ha fornito una utile occasione per scambiarsi idee operative su come procedere nel percorso costitutivo in un panorama come quello politico italiano dove l’anomalia è la norma. “La crisi del nostro sistema – ha sottolineato Luana Zanella – non è solo economica ma investe oramai tutti i settori della vita civile. L’unica strada per uscirne è la nascita di un forte movimento ambientalista che vada ben oltre quello che era il partitino dei verdi italiani, e che, come già avviene in Europa, possa incidere nella scelte politiche”. Il sindaco di Cassinnetta dal canto suo, ha applaudito “la scelta coraggiosa dei verdi che hanno buttato il cuore oltre l’ostacolo, si sono sciolti e si sono lanciati in un salto senza rete come è questa avventura della costituente”. “Avventura che – dice – avrà senza dubbio buon fine perché, se c’è una cosa che mi hanno convinto i numerosi incontri che faccio in tutta l’Italia, è che lo spazio per creare una forza ambientalista anche nel nostro Paese, c’è”.
Applauditissimo anche l’intervento di Guido Pollice, uno che – pur se, sorridendo, giura di non crederci - non ha smesso di correre dietro ai sogni un solo istante della sua vita. “L’errore dei verdi è quello stato quello di essere un partito come tutti gli altri. La costituente invece deve essere capace di individuare temi sui quali morire. Deve uscire dalla logica staliniana di partito che fa da cinghia di trasmissione ai movimenti. Dovranno essere invece i movimenti stessi a fare da cinghia di trasmissione alla nuova costituente. Abbiamo davanti una opportunità meravigliosa: non facciamola diventare l’ennesimo partito di questo tristissimo panorama politico italiano”.
Panorama, dicevamo, dove le anormalità sono talmente tante da passare quasi inosservate. “Non mi riferisco solo a Berlusconi – ha dichiarato Gianfranco Bettin – o alla Lega, o a forze stravaganti come Grillo. L’anomalia italiana sta anche nella difficoltà di coagulare lo schieramento ambientalista e di farne una forza capace di condizionare la politica del Paese, anche dall’opposizione”. Un esempio, spiega Bettin, sono le recenti dichiarazioni del ministro Giulio Tremonti che dichiara che a lui delle spiagge non gliene frega niente perché pensa solo alla ripresa economica. In Europa nessun ministro potrebbe sparare una fesseria del genere perché gli ambientalisti lo farebbero subito tacere. E senza bisogno di essere al governo. “In Italia tutto ciò manca, ed è per questo che ci troviamo continuamente a combattere battaglie di retroguardia nel tentativo di limitare i danni e senza mai avere la forza per essere propositivi. – conclude Gianfranco Bettin - Oggi non c’è nessun partito che ponga l’ambiente al centro del suo programma eppure i movimenti ambientalisti non mancano e sono ricchi di combattività. Lo vediamo nella battaglia referendaria per l’acqua e contro il nucleare. Adesso, dobbiamo tradurre tutto questo in forza politica. Dobbiamo fare un salto in avanti e dobbiamo farlo ora perché non abbiamo più tempo. Ogni giorno che passa consuma luoghi e modi”.
Comuni a cinque stelle
10/05/2011TerraNon poteva essere che Ezio Orzes, assessore all’ambiente del Comune più “riciclone” d’Italia - Ponte delle Alpi nel bellunese - a presentare la quinta edizione del premio promosso dall’associazione Comuni Virtuosi, “Comuni a 5 Stelle”, ovvero: buone prassi per una decrescita felice. “L’obiettivo è quello di far entrare nelle amministrazioni pubbliche concetti che ora, per lo più, gli sono estranei, come la difesa dei beni comuni e il risparmio del territorio - ha spiegato Orzes -. Pratiche che non possono essere circoscritte nell’ambito della pur doverosa tutela dell’ambiente, ma che vanno allargate ai nostri ideali democrazia e di futuro desiderabile”.
Cinque stelle per cinque progetti da premiare: buona gestione del territorio come cementificazione zero e bioedilizia; raccolta differenziata; ecologia nella macchina comunale su temi come l’efficenza energetica e gli acquisti verdi; mobiltà sostenibile; nuovi stili di vita come la diffusione del commercio equo e solidale e la finanza etica. Il termine per presentare i progetti - progetti, si intende, già conclusi e i cui risultati sono quantificabili - per i Comuni che aspirano a giudicarsi una di queste stelle è il prossimo 30 giugno. La cerimonia di premiazione, che avverrà nell’ambito di una tre giorni di incontri dedicata ai temi della decrescita, si svolgerà sabato 17 settembre a Ponte delle Alpi. Per informazioni e per scaricare il bando, navigate sull’interessante sito dell’associazione: www.comunivirtuosi.org.
La presentazione dell’iniziativa che riguarda l’intero territorio azionale si è svolta a Venezia, giovedì 5 maggio, alla presenza dell’assessore all’ambiente del Comune lagunare, Gianfranco Bettin. Tra i partecipanti, anche Gianluca Fioretti, sindaco “virtuoso” di Monsano (Ancona) e presidente dell’associazione. “Fa piacere - ha commentato Bettin - trovare degli amministratori il cui obbiettivo non consiste solo nel far quadrare i conti del proprio municipio ma anche prestare attenzione alla buona modernità, che non consiste nel realizzare grandi opere ma nell’attenersi ai veri criteri che danno la misura della qualità della vita: il rinnovabile, il risparmio del territorio e l’equità sociale”.
L’associazione Comuni a 5 Stelle (che non ha niente a che vedere con il movimento lanciato da Beppe Grillo) è una rete di amministrazioni locali formatasi nel maggio del 2005 col proposito di cambiare la politica partendo dal basso tramite azioni concrete capaci di coinvolgere direttamente la comunità. “Il nostro motto – ha spiegato il presidente Gianluca Fioretti – è: investire per risparmiare in futuro. I nostri obiettivi sono sostanzialmente due: incentivare la macchina amministrativa a seguire le cosiddette buone pratiche, dal risparmio energetico alla gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti, e, nello stesso tempo, raccogliere e mettere a disposizione degli amministratori interessati tutte le informazioni e le documentazioni utili ad avviare questi progetti, dalle delibere ai capitolati, dalle consulenze ai regolamenti. Le buone pratiche, perché siano davvero buone, debbono essere soprattutto concrete”.
Cinque stelle per cinque progetti da premiare: buona gestione del territorio come cementificazione zero e bioedilizia; raccolta differenziata; ecologia nella macchina comunale su temi come l’efficenza energetica e gli acquisti verdi; mobiltà sostenibile; nuovi stili di vita come la diffusione del commercio equo e solidale e la finanza etica. Il termine per presentare i progetti - progetti, si intende, già conclusi e i cui risultati sono quantificabili - per i Comuni che aspirano a giudicarsi una di queste stelle è il prossimo 30 giugno. La cerimonia di premiazione, che avverrà nell’ambito di una tre giorni di incontri dedicata ai temi della decrescita, si svolgerà sabato 17 settembre a Ponte delle Alpi. Per informazioni e per scaricare il bando, navigate sull’interessante sito dell’associazione: www.comunivirtuosi.org.
La presentazione dell’iniziativa che riguarda l’intero territorio azionale si è svolta a Venezia, giovedì 5 maggio, alla presenza dell’assessore all’ambiente del Comune lagunare, Gianfranco Bettin. Tra i partecipanti, anche Gianluca Fioretti, sindaco “virtuoso” di Monsano (Ancona) e presidente dell’associazione. “Fa piacere - ha commentato Bettin - trovare degli amministratori il cui obbiettivo non consiste solo nel far quadrare i conti del proprio municipio ma anche prestare attenzione alla buona modernità, che non consiste nel realizzare grandi opere ma nell’attenersi ai veri criteri che danno la misura della qualità della vita: il rinnovabile, il risparmio del territorio e l’equità sociale”.
L’associazione Comuni a 5 Stelle (che non ha niente a che vedere con il movimento lanciato da Beppe Grillo) è una rete di amministrazioni locali formatasi nel maggio del 2005 col proposito di cambiare la politica partendo dal basso tramite azioni concrete capaci di coinvolgere direttamente la comunità. “Il nostro motto – ha spiegato il presidente Gianluca Fioretti – è: investire per risparmiare in futuro. I nostri obiettivi sono sostanzialmente due: incentivare la macchina amministrativa a seguire le cosiddette buone pratiche, dal risparmio energetico alla gestione virtuosa del ciclo dei rifiuti, e, nello stesso tempo, raccogliere e mettere a disposizione degli amministratori interessati tutte le informazioni e le documentazioni utili ad avviare questi progetti, dalle delibere ai capitolati, dalle consulenze ai regolamenti. Le buone pratiche, perché siano davvero buone, debbono essere soprattutto concrete”.
La decrescita ad Este
19/04/2011TerraBuone pratiche e nuovi stili di vita per dare un futuro alla nostra terra. Un futuro “felice”, in cui l’uomo riprenda coscienza del suo ruolo affrancandosi dalle mistificazioni funzionali solo ad un mercato dove anche diritti e ambiente sono diventati merci da vendere e comprare in nome di un “dio sviluppo” la cui insostenibilità è oramai evidente a tutti. Ad Este, elegante cittadina medioevale immersa nell’incantevole cornice verde del parco dei colli Euganei, va in scena la Decrescita.
L’ospite d’onore di questo primo festival “Dal dire al fare sostenibile”, svoltosi venerdì 15 nelle sale dell’accademia dell’Artigianato, non poteva che essere Maurizio Pallante che ha aperto una serie di interventi che hanno avuto come protagonisti assessori come Ezio Orzes di Ponte delle Alpi e la stessa Beatrice Andreose di Este, organizzatrice del festival, che sulle buone pratiche e sull’Agenda 21 hanno incardinato le loro politiche ambientali. Eppure, la vera sorpresa del festival non sono stati i grandi nomi ma gli studenti delle scuole superiori estensi che hanno presentato una serie di lavori rileggendo con intelligenza e preparazione, attraverso la lente della decrescita, temi come la pace, il nucleare, gli stili di vita, il consumo del suolo, i beni comuni. Merito degli studenti certo, ma anche di quei professori che, tra tanti attacchi alla scuola pubblica, “continuano imperterriti ad inculcare idee sinistrose ai nostri figli”, come ha recentemente dichiarato il nostro presidente del consiglio.
Maurizio Pallante che ha ascoltato attentamente le relazioni dei ragazzi ha osservato: “Di solito, sono io che vado ai convegni per portare speranza, ma stavolta sono stati questi ragazzi a rincuorare me”. Dopo gli interventi di alcuni imprenditori come Pierluigi Perinello, che hanno dimostrato come si possa fare buona economia rispettando l’ambiente e i diritti dei lavoratori uscendo dalle gabbie dei marchi, il microfono è passata al fondatore del movimento per la decrescita felice. “Dire che la felicità di un Paese e dei suoi cittadini si misura col Pil e con i consumi - ha spiegato Pallante - è come dire che quando siamo malati e assumiamo tante medicine costose dobbiamo essere contenti perché mettiamo in moto l’economia”. Lo studioso ha quindi parlato di Fukushima raccontando di un elettrodomestico cui i giapponesi non sanno rinunciare: la tavoletta del water riscaldata. “Il problema dell’energia non è solo quello di passare dalle fossili alle rinnovabili ma soprattutto quello di ridurre gli sprechi. Un concetto questo, che sfugge anche a tanti ambientalisti. Dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare all’economia e ai consumi. L’epoca storica nata con la rivoluzione industriale sta finendo. Siamo in un momento di passaggio ed a noi tocca il difficile compito di ridisegnare un paradigma culturale”. Un concetto ribadito in chiusura del convegno anche da Beatrice Andreose, assessora all’ambiente di Este. “Le fonti rinnovabili, l’efficenza energetica, il riciclo totale, la salvaguardia del territorio, uno stile di vita più sobrio e solidale costituiscono la base per costruire un futuro diverso. L’unico futuro possibile. In gioco non ci sono solo le nostre città ma il destino dell’intera umanità”.
L’ospite d’onore di questo primo festival “Dal dire al fare sostenibile”, svoltosi venerdì 15 nelle sale dell’accademia dell’Artigianato, non poteva che essere Maurizio Pallante che ha aperto una serie di interventi che hanno avuto come protagonisti assessori come Ezio Orzes di Ponte delle Alpi e la stessa Beatrice Andreose di Este, organizzatrice del festival, che sulle buone pratiche e sull’Agenda 21 hanno incardinato le loro politiche ambientali. Eppure, la vera sorpresa del festival non sono stati i grandi nomi ma gli studenti delle scuole superiori estensi che hanno presentato una serie di lavori rileggendo con intelligenza e preparazione, attraverso la lente della decrescita, temi come la pace, il nucleare, gli stili di vita, il consumo del suolo, i beni comuni. Merito degli studenti certo, ma anche di quei professori che, tra tanti attacchi alla scuola pubblica, “continuano imperterriti ad inculcare idee sinistrose ai nostri figli”, come ha recentemente dichiarato il nostro presidente del consiglio.
Maurizio Pallante che ha ascoltato attentamente le relazioni dei ragazzi ha osservato: “Di solito, sono io che vado ai convegni per portare speranza, ma stavolta sono stati questi ragazzi a rincuorare me”. Dopo gli interventi di alcuni imprenditori come Pierluigi Perinello, che hanno dimostrato come si possa fare buona economia rispettando l’ambiente e i diritti dei lavoratori uscendo dalle gabbie dei marchi, il microfono è passata al fondatore del movimento per la decrescita felice. “Dire che la felicità di un Paese e dei suoi cittadini si misura col Pil e con i consumi - ha spiegato Pallante - è come dire che quando siamo malati e assumiamo tante medicine costose dobbiamo essere contenti perché mettiamo in moto l’economia”. Lo studioso ha quindi parlato di Fukushima raccontando di un elettrodomestico cui i giapponesi non sanno rinunciare: la tavoletta del water riscaldata. “Il problema dell’energia non è solo quello di passare dalle fossili alle rinnovabili ma soprattutto quello di ridurre gli sprechi. Un concetto questo, che sfugge anche a tanti ambientalisti. Dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare all’economia e ai consumi. L’epoca storica nata con la rivoluzione industriale sta finendo. Siamo in un momento di passaggio ed a noi tocca il difficile compito di ridisegnare un paradigma culturale”. Un concetto ribadito in chiusura del convegno anche da Beatrice Andreose, assessora all’ambiente di Este. “Le fonti rinnovabili, l’efficenza energetica, il riciclo totale, la salvaguardia del territorio, uno stile di vita più sobrio e solidale costituiscono la base per costruire un futuro diverso. L’unico futuro possibile. In gioco non ci sono solo le nostre città ma il destino dell’intera umanità”.
I danni del decreto Romani
5/04/2011Terra“Siamo incazzati neri. In azienda abbiamo dodici impiegati che si girano i pollici dalla mattina alla sera, una quindicina di tecnici che non ha niente da fare che guardare dalla finestra e, fuori delle porta, una trentina di persone che stavamo per assumere e alle quali abbiamo dovuto spiegare che non se ne faceva più niente perché il governo italiano ha deciso di stoppare un settore che qualsiasi altro paese d’Europa ritiene strategico alla crescita dell’economia del futuro.
Quindi non stupitevi se vi diciamo che siamo incazzati neri”. Il settore strategico cui parla Marco Fiorese, ingegnere e amministratore delegato della vicentina Bluenergy Control srl, è naturalmente quello del fotovoltaico. Un settore, rimarca Fiorese, florido come pochi altri e che dà (dava) lavoro in Italia a più di 120 mila lavoratori di circa 2 mila aziende. Un settore in piena crescita con 180 mila impianti installati per il 90% di piccole dimensioni, inferiori ai 20 kw, ma che nel loro insieme producono una potenza complessiva di 7 mila megawatt; pari a sette di quelle centrali atomiche che i nuclearisti vorrebbero realizzare. Un settore che il Governo ha deciso di affossare col noto decreto Romani, non per caso soprannominato “ammazza rinnovabili”. Marco Fiorese, assieme ai rappresentanti della rete Imprese Venete per il Solare, a Simone Tola dell'Agenzia Veneziana per l’Energia e all’assessore all’ambiente Gianfranco Bettin, ha partecipato ad un incontro con la stampa per denunciare le gravi condizioni in cui si troveranno tanto le aziende legate al fotovoltaico quanto i cittadini che contavano sugli incentivi statali per coprire le spese dell’impianto. “Più che un atto irresponsabile – ha commentato Bettin – questo del governo è stato un tentativo di affossare il rinnovabile per spingere il Paese verso l’avventura nucleare. Fukushima ha impedito, per adesso, che il cerchio si chiudesse, ma il decreto era stato oramai varato. Col risultato di dare un colpo, speriamo non mortale, ad un settore che non solo rappresentava l’energia del futuro ma che era esso stesso un esempio dell’industria del futuro. Non parliamo del fotovoltaico delle gradi distese coperte da pannelli, ma degli impianti diffusi e capillari. Adesso tutto è stato messo a rischio da un decreto insensato”. Nella nostra regione, sono più di 24 mila gli impianti installati. Nella sola provincia di Venezia, circa 9 mila le famiglia si sono affidate al fotovoltaico. Nel chiedere che il Governo riproponga al più presto una politica di incentivi atta a far ripartire il settore, i portavoce della rete delle aziende del fotovoltaico non hanno potuto fare a meno di notare di come, in ogni caso, un danno sicuramente inevitabile sarà il crollo di fiducia dei potenziali investitori e dei clienti. Per non parlare dell’ennesima figura barbina che il nostro Paese sta facendo in Europa dove abbiamo sottoscritto pochi mesi fa un impegno per raggiungere il 17 per cento di rinnovabile entro il 2020. “Noi importavamo i nostri pannelli dall’estero – conclude Fiorese – quando gli ho spiegato che non ne potevo più acquistare perché il nostro governo ha deciso di bloccare i fondi al fotovoltaico, non mi hanno creduto. Han pensato che volessi cambiare fornitore. Non potevano credere che un governo, neppure quello italiano, potesse davvero voler affossare l’energia del futuro”.
Quindi non stupitevi se vi diciamo che siamo incazzati neri”. Il settore strategico cui parla Marco Fiorese, ingegnere e amministratore delegato della vicentina Bluenergy Control srl, è naturalmente quello del fotovoltaico. Un settore, rimarca Fiorese, florido come pochi altri e che dà (dava) lavoro in Italia a più di 120 mila lavoratori di circa 2 mila aziende. Un settore in piena crescita con 180 mila impianti installati per il 90% di piccole dimensioni, inferiori ai 20 kw, ma che nel loro insieme producono una potenza complessiva di 7 mila megawatt; pari a sette di quelle centrali atomiche che i nuclearisti vorrebbero realizzare. Un settore che il Governo ha deciso di affossare col noto decreto Romani, non per caso soprannominato “ammazza rinnovabili”. Marco Fiorese, assieme ai rappresentanti della rete Imprese Venete per il Solare, a Simone Tola dell'Agenzia Veneziana per l’Energia e all’assessore all’ambiente Gianfranco Bettin, ha partecipato ad un incontro con la stampa per denunciare le gravi condizioni in cui si troveranno tanto le aziende legate al fotovoltaico quanto i cittadini che contavano sugli incentivi statali per coprire le spese dell’impianto. “Più che un atto irresponsabile – ha commentato Bettin – questo del governo è stato un tentativo di affossare il rinnovabile per spingere il Paese verso l’avventura nucleare. Fukushima ha impedito, per adesso, che il cerchio si chiudesse, ma il decreto era stato oramai varato. Col risultato di dare un colpo, speriamo non mortale, ad un settore che non solo rappresentava l’energia del futuro ma che era esso stesso un esempio dell’industria del futuro. Non parliamo del fotovoltaico delle gradi distese coperte da pannelli, ma degli impianti diffusi e capillari. Adesso tutto è stato messo a rischio da un decreto insensato”. Nella nostra regione, sono più di 24 mila gli impianti installati. Nella sola provincia di Venezia, circa 9 mila le famiglia si sono affidate al fotovoltaico. Nel chiedere che il Governo riproponga al più presto una politica di incentivi atta a far ripartire il settore, i portavoce della rete delle aziende del fotovoltaico non hanno potuto fare a meno di notare di come, in ogni caso, un danno sicuramente inevitabile sarà il crollo di fiducia dei potenziali investitori e dei clienti. Per non parlare dell’ennesima figura barbina che il nostro Paese sta facendo in Europa dove abbiamo sottoscritto pochi mesi fa un impegno per raggiungere il 17 per cento di rinnovabile entro il 2020. “Noi importavamo i nostri pannelli dall’estero – conclude Fiorese – quando gli ho spiegato che non ne potevo più acquistare perché il nostro governo ha deciso di bloccare i fondi al fotovoltaico, non mi hanno creduto. Han pensato che volessi cambiare fornitore. Non potevano credere che un governo, neppure quello italiano, potesse davvero voler affossare l’energia del futuro”.
Tra i senza dimora di Venezia
15/03/2011TerraL’ultimo treno della notte parte alle 12 e 47. Il primo treno è alle 4 e 24. In mezzo c’è solo freddo e disperazione. La sala d’aspetto, l’unico locale riscaldato della stazione, ha chiuso alle 9,30 e la trentina di senza dimora che vi aveva trovato rifugio si è trascinata davanti alla biglietteria. Non c’è impianto di riscaldamento qui, ma è comunque un luogo riparato. L’inverno e il gelo assassino rimangono al di là delle grandi vetrate. Ma con l’ultimo treno della notte anche quest’ultima trincea cade. Gli agenti della polfer sgomberano la sala e tocca accomodarsi fuori, sul marciapiede, con un cartone come lenzuolo. I più fortunati con una coperta lisa. Ed è a questo punto che alla stazione di Mestre arriva il furgoncino dei ragazzi della Caracol. Un nome che sventola come una bandiera. Caracol, che in castigliano significa “chiocciola”, è l’appellativo con il quale gli zapatisti del Messico indicano i loro municipi liberati. Tra i dodici ragazzi che compongono questa cooperativa cui il Comune di Venezia ha appaltato i servizi di prima linea nel campo del disagio sociale, non se ne trova uno che non abbia trascorso perlomeno un paio di estati nel Chiapas con le carovane solidali di Ya Basta.
Alla Caracol è stato affidato il compito più duro sul fronte dell’assistenza sociale del Comune lagunare. “Quando scende l’inverno il nostro lavoro è principalmente quello di contattare i senza dimora – mi spiega Vittoria Scarpa – cercandoli nei luoghi dove si rifugiano e di indirizzarli ai servizi di ospitalità e accoglienza che offre la città. Rimane comunque sempre uno zoccolo duro composto generalmente dai casi più disperati spesso vittime dell’alcolismo, della tossicodipendenza, con problemi psichici o tutto insieme. Quando arriva il grande freddo andiamo a prenderli col furgoncino e li portiamo al centro sociale Rivolta dove possiamo mettere a disposizione sei stanze da 24 posti letto. Purtroppo non sempre bastano a coprire il bisogno. E’ capitato che trovassimo in stazione anche una ottantina di persone bisognose. In questi casi diamo la precedenza alle donne o ai malati. Gli altri cerchiamo di arrangiarli con coperte e termos di tè bollente”.
Caracol fa parte del tavolo di coordinamento del progetto Senza fissa dimora del Comune di Venezia che raggruppa una dozzina di associazioni e che fu istituito una quindicina di anni fa dall’allora assessora Luana Zanella e in seguito portato avanti da altri assessori verdi come Beppe Caccia e Gianfranco Bettin. Attualmente, sommando le varie potenzialità messe a disposizione dai vari componenti del tavolo come la Caritas e i frati cappuccini, nel Comune di Venezia i posti letto per indigenti sono circa 400 e le mense popolari possono fornire almeno il doppio dei pasti. Vogliamo fare un raffronto con la leghista Treviso che ha 12 posti letto e una mensa da 30 pasti al giorno feste escluse? “E’ tutta una questione di scelte politiche – mi spiega Davide Mozzato, meglio conosciuto come Momo, responsabile della Caracol-. A Treviso la lega e la destra hanno smantellato tutto quel che c’era. Semplicemente occuparsi di questa gente non fa parte del loro programma politico. La crisi non centra. Dicono che vogliono pensare alle sicurezza. Magari spendendo denaro nelle ronde padane. Eppure, mi chiedo, questa cha facciamo noi non è forse sicurezza? Se tutti, anche i più poveri, hanno un posto letto e qualcosa da mangiare non stiamo meglio tutti? Altrimenti che deve fare un disgraziato se non rubare? Dicono che bisogna pensare al decoro, che i poveri non son belli fa vedersi per le strade. Beh, io preferisco vedere loro che tante facce di m... incravattate che si vedono nei telegiornali”.
Momo, lo avrete capito, è uno che va senza paura controcorrente. Così come controcorrente è la politica sociale del Comune di Venezia in un Veneto dove la Lega la fa da padrona a casa nostra. Crisi o non crisi, i tagli della Regione cadono tutti qua. Dai 200 mila euro stanziati nel 2007 per gli interventi sociali siamo arrivati agli attuali 54 mila euro. Non è un settore questo che cattura voti come le politiche a favore dei cacciatori. E perché poi la Regione dovrebbe aiutare una città da sempre schierata a sinistra, le cooperative dell’area dei centri sociali e una politica che è la dimostrazione pratica di come si ottengano più risultati con l’accoglienza che con la cosiddetta “tolleranza zero”?
“Il Comune sta facendo i salti mortali per mantenere gli standard – conclude Momo – ma è sempre più dura. Guarda i miei ragazzi che distribuiscono le coperte e il tè. Sono tre mesi che non ricevono i contributi e sono ancora tutti qua. Adesso per fortuna la primavera sta arrivando e chiudiamo anche noi. Per le cento notti più fredde dell’anno la Caracol ha presidiato le strade e a Venezia nessuno è morto di freddo”.
Alla Caracol è stato affidato il compito più duro sul fronte dell’assistenza sociale del Comune lagunare. “Quando scende l’inverno il nostro lavoro è principalmente quello di contattare i senza dimora – mi spiega Vittoria Scarpa – cercandoli nei luoghi dove si rifugiano e di indirizzarli ai servizi di ospitalità e accoglienza che offre la città. Rimane comunque sempre uno zoccolo duro composto generalmente dai casi più disperati spesso vittime dell’alcolismo, della tossicodipendenza, con problemi psichici o tutto insieme. Quando arriva il grande freddo andiamo a prenderli col furgoncino e li portiamo al centro sociale Rivolta dove possiamo mettere a disposizione sei stanze da 24 posti letto. Purtroppo non sempre bastano a coprire il bisogno. E’ capitato che trovassimo in stazione anche una ottantina di persone bisognose. In questi casi diamo la precedenza alle donne o ai malati. Gli altri cerchiamo di arrangiarli con coperte e termos di tè bollente”.
Caracol fa parte del tavolo di coordinamento del progetto Senza fissa dimora del Comune di Venezia che raggruppa una dozzina di associazioni e che fu istituito una quindicina di anni fa dall’allora assessora Luana Zanella e in seguito portato avanti da altri assessori verdi come Beppe Caccia e Gianfranco Bettin. Attualmente, sommando le varie potenzialità messe a disposizione dai vari componenti del tavolo come la Caritas e i frati cappuccini, nel Comune di Venezia i posti letto per indigenti sono circa 400 e le mense popolari possono fornire almeno il doppio dei pasti. Vogliamo fare un raffronto con la leghista Treviso che ha 12 posti letto e una mensa da 30 pasti al giorno feste escluse? “E’ tutta una questione di scelte politiche – mi spiega Davide Mozzato, meglio conosciuto come Momo, responsabile della Caracol-. A Treviso la lega e la destra hanno smantellato tutto quel che c’era. Semplicemente occuparsi di questa gente non fa parte del loro programma politico. La crisi non centra. Dicono che vogliono pensare alle sicurezza. Magari spendendo denaro nelle ronde padane. Eppure, mi chiedo, questa cha facciamo noi non è forse sicurezza? Se tutti, anche i più poveri, hanno un posto letto e qualcosa da mangiare non stiamo meglio tutti? Altrimenti che deve fare un disgraziato se non rubare? Dicono che bisogna pensare al decoro, che i poveri non son belli fa vedersi per le strade. Beh, io preferisco vedere loro che tante facce di m... incravattate che si vedono nei telegiornali”.
Momo, lo avrete capito, è uno che va senza paura controcorrente. Così come controcorrente è la politica sociale del Comune di Venezia in un Veneto dove la Lega la fa da padrona a casa nostra. Crisi o non crisi, i tagli della Regione cadono tutti qua. Dai 200 mila euro stanziati nel 2007 per gli interventi sociali siamo arrivati agli attuali 54 mila euro. Non è un settore questo che cattura voti come le politiche a favore dei cacciatori. E perché poi la Regione dovrebbe aiutare una città da sempre schierata a sinistra, le cooperative dell’area dei centri sociali e una politica che è la dimostrazione pratica di come si ottengano più risultati con l’accoglienza che con la cosiddetta “tolleranza zero”?
“Il Comune sta facendo i salti mortali per mantenere gli standard – conclude Momo – ma è sempre più dura. Guarda i miei ragazzi che distribuiscono le coperte e il tè. Sono tre mesi che non ricevono i contributi e sono ancora tutti qua. Adesso per fortuna la primavera sta arrivando e chiudiamo anche noi. Per le cento notti più fredde dell’anno la Caracol ha presidiato le strade e a Venezia nessuno è morto di freddo”.
Emergency apre un ambulatorio a Marghera
10/03/2011Terra
Le case di via Varè rispettano gli standard della periferia veneziana: villette mono o bifamiliari con un piccolo spazio verde che se una volta somigliava ad un giardino oggi è diventato il parcheggio dell’auto. Qua e là, sarà l’effetto della primavera, c’è anche qualche tentativo di fiore in sboccio. Tra le tante costruzioni ridipinte in grigio fumo dallo smog e incatramate da una serie di inquinanti che a fare l’elenco finiamo in fondo alla pagina, troviamo al numero 6, una quasi-palazzina dipinta di fresco.
E a colori vivaci per giunta: rosso fuoco, arancione energico e bianco splendente. In alto, nel muretto del terrazzino che sta sopra l’entrata, la scritta Emergency sventola come una bandiera. Sotto, con caratteri più minuti, leggiamo “Poliambulatorio di Marghera. Programma Italia”. Casomai qualcuno avesse qualche dubbio sugli scopi della struttura, basta che legga la scritta sulla cancellata che porta all’ingresso principale: Articolo 32 - La Repubblica tutela la salute come diritto fondamentale dell'individuo, e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Che bello, vien da pensare, la Costituzione! C’è qualcuno che se la ricorda (e che ci crede) ancora? Basta varcare la soglia dell’ambulatorio per respirare un’aria diversa. Più pulita. Non dal punto di vista chimico, intendiamoci, che il monossido di carbonio, il benzene e compagnia bella non praticano sconti a nessuno. Più pulita nel senso che qui ci lavora gente che ha chiaro in testa il concetto che un “otro mundo”, un altro mondo, non solo è possibile ma necessario ed inevitabile. Paure, insicurezze, razzismi, vigliaccherie e tutti quei sentimenti dettati dall’ignoranza e instillatici ad arte da una politica che ci ha trasformato in servi sempre consenzienti, sono rimasti al di là di quella cancellata con l’articolo 32 della Costituzione. Noi, si legge nel manifesto presentato da Gino Strada, fondatore dell’associazione "ripudiamo la violenza, il terrorismo e la guerra come strumenti per risolvere le contese tra gli uomini, i popoli e gli stati. Vogliamo un mondo basato sulla giustizia sociale, sulla solidarietà, sul rispetto reciproco, sul dialogo, su un'equa distribuzione delle risorse". Ecco perché qui l’aria è più pulita. Ed è un’aria che “contagia”. Quando, la scorsa estate, Emergency ha dichiarato che avrebbe aperto una nuova struttura ospedaliera per assistere i bisognosi in un’altro stato barbaro ed incivile, in cui la sanità non è garantita a tutti (l’Italia), la Lega e la destra urlarono allo scandalo, al pericolo, alla sicurezza, ai clandestini stupratori e agli extracomunitari assassini. Sciorinarono tutto il loro vocabolario di 50 parole per allertare i residenti dai delinquenti (tutti migranti) e dai migranti (tutti delinquenti) che sarebbero stati attirati dall’ambulatorio come mosche dalla merda. I fatti li hanno smentiti. Oggi, a distanza di neppure sei mesi, non soltanto non si è verificato un solo problema ma la struttura si è perfettamente integrata col quartiere ed è coccolata dai residenti che evitano pure di parcheggiarci davanti per lasciare il marciapiede a chi ci lavora (e da queste parti è una vera e propria dichiarazione d’amore). “Chi ci ha attaccato affermando che facciamo le cose solo per i migranti non ci conosce - spiega Rossella Miccio, responsabile nazionale progetti umanitari di Emergency -. Semplicemente noi non facciamo nessuna distinzione tra gli uomini. E poi, se vogliamo dirla tutta, il primo assistito dal personale dell’ambulatorio di Marghera è stato proprio un ‘indigeno’; un veneziano che non aveva i soldi per pagarsi le cure dentali. Ma ci vuol tanto per capire, dico io, che l’assistenza sanitaria, come i diritti, o è per tutti o non è per nessuno? Si fa presto, prima o poi, a passare dalla categoria di chi ha diritto a chi non ne ha”. Oggi l’ambulatorio di Emergency in questa nostra terra barbara ed incivile, conta cinque medici, una trentina di infermieri, una coordinatrice generale, tre mediatori culturali, un odontoiatra. Il responsabile sanitario è il dottor Guido Pullia. Cinque gli ambulatori specialistici: medicina generale, pediatria, odontoiatria, ginecologia e oculistica. “Negli ultimi anni sono stati capovolti concetti che prima erano chiari per tutti e ci è stata tolta una serie di diritti che davamo per acquisiti - continua Rossella Miccio - Intendo, tolti a noi indigeni come ai migranti. Inoltre è stato scientificamente scatenato un clima di paura ed è deprimente vedere come tutto questo è stato accettato senza che la società civile abbia tentato la minima reazione. Molti migranti sono terrorizzati dal rivolgersi alle strutture pubbliche anche se ne hanno diritto. Il nostro ambulatorio, il secondo in Italia dopo quello di Palermo, è diventato un punto di riferimento perché sanno che, legge o non legge, noi non denunciamo e non denunceremmo mai nessuno. Quando possiamo li accompagniamo noi stessi alla struttura pubblica, altrimenti abbiamo le strutture adatta a prestare le cure necessarie”.
Quindi dopo la Sierra Leone, l’Afganistan, l’Iraq e il Sudan, Emergency sbarca in Italia? “Cosa cambia? Tutti stati che negano il diritto alla salute. E uno stato che nega il diritto alla salute e uno Stato che fa la guerra ai suoi cittadini”.
La laguna di d'Alpaos
8/03/2011TerraA chi gli chiede da che parte sta, Luigi D’Alpaos risponde senza esitazione “Da quella della laguna”. Una laguna che non si può salvare, spiega - proprio lui che è uno dei più grandi ingegneri idraulici d’Europa – soltanto applicando tecniche ingegneristiche ma che va sempre inserita in un contesto più ampio di tutela, che tenga conto di tutta la complessa morfologia lagunare. E per ascoltare l’ingegner D’Alpaos, allievo prediletto di Augusto Ghetti, padre nobile della celebrata scuola idraulica del’università di Padova, almeno 300 persone, martedì scorso, hanno affollato palazzo Franchetti, uno dei salotti buoni di Venezia, in occasione della presentazione del suo ultimo libro “Fatti e misfatti di idraulica lagunare”, edizioni Ivsla.
E diciamo subito che i “misfatti” perpetrati nell’ultimo mezzo secolo, sono molti di più dei “fatti”. Il libro di D’Alpaos è un atto d’accusa senza scampo contro la politica del cemento e delle grandi opere che a devastato il delicato ecosistema lagunare. Uno atto di accusa tanto più spietato in quanto scritto col linguaggio tecnico dello scienziato più che con quello romantico dell’ambientalista. “Ci auguriamo che questo libro – ha spiegato Gianfranco Bettin, assessore all’ambiente del Comune di Venezia, prima di passare la parola a D’Alpaos - ci aiuti a tracciare le linee di interventi futuri per salvaguardare la laguna e si comincia a tener conto dell’ambiente lagunare nel suo complesso: Venezia non va salvata dalle sue acque ma va salvata con le sue acque”. La distruttiva apertura del canale lei petroli, i progetti approvati per stralci con la filosofia “prima fai e poi aggiusta”, le barene artificiali “che tutto sono – ha commentato D’Alpaos - ma non barene”, il Mose assolutamente inutile di fronte al previsto innalzamento del livello dell’Adriatico ma cha sta trasformando la laguna in un braccio di mare aperto, la mancata apertura delle valli da pesca. Sono solo gli esempi più eclatanti dei mali che stanno uccidendo quel fragile equilibrio che nel corso dei secoli ha fatto nascere la laguna veneziana. “La laguna ha sempre avuto tre nemici: il mare, la terra e l’uomo – ha concluso Luigi D’Alpaos citando, l’eminente ingegnere idraulico del Cinquecento Cristoforo Sabbadino -: negli ultimi anni il ruolo dell’uomo è stato preponderante. Proprio nel momento in cui i progressi scientifici offrivano la possibilità di intervenire con giudizio, la politica ha scelto di non tener conto del parere degli idraulici e degli scienziati ma di farsi portatrice di interessi particolari. Non discuto che spetti alla politica prendere le decisioni finali, ma la conoscenza del problema e non l’interesse economico privato dovrebbe stare alla base e guidare le sue scelte. Questo non è stato fatto. Oggi, di fronte ad una situazione oramai compromessa per tanti versi, mi auguro che gli interessi particolari vengano abbandonati e si cominci a difendere come un bene comune quello che ancora rimane della laguna dei dogi”.
E diciamo subito che i “misfatti” perpetrati nell’ultimo mezzo secolo, sono molti di più dei “fatti”. Il libro di D’Alpaos è un atto d’accusa senza scampo contro la politica del cemento e delle grandi opere che a devastato il delicato ecosistema lagunare. Uno atto di accusa tanto più spietato in quanto scritto col linguaggio tecnico dello scienziato più che con quello romantico dell’ambientalista. “Ci auguriamo che questo libro – ha spiegato Gianfranco Bettin, assessore all’ambiente del Comune di Venezia, prima di passare la parola a D’Alpaos - ci aiuti a tracciare le linee di interventi futuri per salvaguardare la laguna e si comincia a tener conto dell’ambiente lagunare nel suo complesso: Venezia non va salvata dalle sue acque ma va salvata con le sue acque”. La distruttiva apertura del canale lei petroli, i progetti approvati per stralci con la filosofia “prima fai e poi aggiusta”, le barene artificiali “che tutto sono – ha commentato D’Alpaos - ma non barene”, il Mose assolutamente inutile di fronte al previsto innalzamento del livello dell’Adriatico ma cha sta trasformando la laguna in un braccio di mare aperto, la mancata apertura delle valli da pesca. Sono solo gli esempi più eclatanti dei mali che stanno uccidendo quel fragile equilibrio che nel corso dei secoli ha fatto nascere la laguna veneziana. “La laguna ha sempre avuto tre nemici: il mare, la terra e l’uomo – ha concluso Luigi D’Alpaos citando, l’eminente ingegnere idraulico del Cinquecento Cristoforo Sabbadino -: negli ultimi anni il ruolo dell’uomo è stato preponderante. Proprio nel momento in cui i progressi scientifici offrivano la possibilità di intervenire con giudizio, la politica ha scelto di non tener conto del parere degli idraulici e degli scienziati ma di farsi portatrice di interessi particolari. Non discuto che spetti alla politica prendere le decisioni finali, ma la conoscenza del problema e non l’interesse economico privato dovrebbe stare alla base e guidare le sue scelte. Questo non è stato fatto. Oggi, di fronte ad una situazione oramai compromessa per tanti versi, mi auguro che gli interessi particolari vengano abbandonati e si cominci a difendere come un bene comune quello che ancora rimane della laguna dei dogi”.