Sulla costa meridionale

La gentilezza e la disponibilità nei confronti del prossimo che abbiamo sempre ravvisato in tutta le gente di Creta, si riflette anche nel comportamento degli automobilisti. Anche al volante, i cretesi sono dei veri galantuomini: non strombazzano, ti lasciano la precedenza senza ansie, ti consentono di sbagliare senza incazzarsi, si mettono tranquillamente al passo dietro al pedone che percorre una stradina stretta, come ce ne sono tante su quest'isola. Sono, tutto sommato, disciplinati ma più per una questione di intrinseca cortesia che di obbedienza alle regole del traffico. Infatti, li trovi parcheggiati in terza fila o sulle strisce pedonali o dietro una curva come se fosse la cosa più naturale del mondo. Così, non appena capisci che neppure tu devi incazzarti se ti trovi la macchina ferma in mezzo alla strada dove devi transitare, il risultato è che guidare a Creta è piacevole.

Le strade poi, se non sono perfette nella carreggiata che fa acqua da tutte le parti (letteralmente: bastano due gocce e diventano dei fiumi), sono senza dubbio spettacolari. Anche oggi, i panorami che abbiamo attraversato sono tra i più magnifici che abbiamo mai visto. Lasciata Sitia, ci siamo diretti ancora ad est, seguendo la costiera, sino al monastero di Moni Toploù. Due monaci, un guardiano che ci ha accolti calorosamente e con una gran voglia di chiacchierare, e un bel mucchio di pecore che saltava avanti e indietro per la strada. Il monastero, famoso per l'icona di Ioannis Kornaros, detta "Tu sei grande, o Signore", è noto anche per essersi schierato con la resistenza cretese, contro i nazisti. Spettacolari le tante piante grasse, alcune altre più di 5 metri, che ornano i giardini ed i cortili dei monaci. 


Da Moni Toploù abbiamo raggiunto la spiaggia di Vai, sulla costa orientale dell'isola. Un bel tratto di mare dalle varie sfumature di azzurro, dal cobalto al blu, completamente deserto in questa stagione, immerso nella più grande foresta di palme d'Europa che pare sia stata generata dai noccioli di dattero sputati dai pirati che vi sbarcavano. 

Da Vai, ancora a sud. Questo tratto di mare non è seguito da una strada costiera per via delle montagne particolarmente aspre. Ci sono comunque delle carreggiate che portano ai villaggi che sorgono sul mare. Visitiamo Zàkros, poche casupole su una spiaggia in fondo ad una valle chiamata "dei morti", per le tante necropoli paleolitiche che vi sono state scoperte. La strada che ci porta in basso segue delle grandi "esse", tra vallate brulle tagliate da profonde fenditure nel terreno. La vista è comunque magnifica. 

Così come è magnifica la tortuosa strada, pressoché deserta se non per un paio di pick up di pastori con tanto di cani a bordo, che ci porta a svalicare nella costa meridionale di Candia. E' questa la zona meno abitata di tutta l'isola e si capisce perché, considerata l'asprezza del territorio. 

Quando riprendiamo la costiera meridionale abbiamo l'impressione di aver lasciato le terre selvagge per la civiltà. Attraversiamo paesi a vocazione turistica, spiagge, litorali alberati e, se pur sempre fuori stagione, ci sono anche negozi e ristoranti aperti. 

E' il primo pomeriggio che facciamo tappa a Ierapetra, che è la principale cittadina della costa sud di Candia. Niente di che... Ierapetra non conta neppure 12 mila abitanti ma ha comunque un paio di strade perdonabili dedicate allo shopping, l'immancabile fortezza veneziana immancabilmente chiusa per restauri, una moschea, uno splendido quartiere antico che sembra un quartiere di Venezia con una pavimentazione di marmo lucente e piante da fiore su ogni porta, e un bellissimo litorale dove il mare si infrange rumorosamente e le onde si alzano sopra la testa dei passanti schizzandoli di spuma bianca. 

La strada degli arcobaleni matti

A differenza di tutti le altre città costiere di Candia che si richiamano nelle loro attrazioni storiche a Venezia (strada dei veneziani, piazza dei veneziani, fortezza dei veneziani... e vai così in un tripudio di Leoni Alati), ad Agios Nikolaus è l'Italia a tenere banco. Nel settore della moda - marchi italiani e negozi di vestiti con nomi italiani- ma anche nella musica, nella gastronomia - pizza, pasta, risotti... - e della ristorazione in generale, con nomi come "Al dente", "Da nonna" e altre amenità non prive di qualche errore grammaticale ("Bella Mare") che faranno anche sorridere ma che senza dubbio testimoniano l'importanza che il Paese in cui sono nato ha avuto nella cultura del Mediterraneo.

Dico la verità: non me ne so spiegare la ragione. Perché, in Grecia come negli altri Paesi del mondo che ho visitato, noi italiani siamo più gettonati di, che ne so?, francesi, spagnoli o tedeschi? Vien da pensare che il vero volto di un Paese non lo vede chi ci è nato dentro ma chi lo legge da fuori. Certo, quando penso ai due stronzi leghisti teste di cazzo che abbiamo incontrato ieri e Cnosso, mi vien da dire che non ce lo meritiamo.

Lasciamo comunque San Nicola e la sua colonna sonora italiana che spazia da Ramazzotti a Rino Gaetano che suona in ogni bar, e proseguiamo verso est, seguendo la costiera. Facciamo una deviazione verso l'interno per vedere gli affreschi dellla chiesetta di Panagia Kera. Volti di santi e di dei fatti uomini guardano severi i visitatori di oggi. E' come gettare uno sguardo in un'altra epoca e in un'altra storia. Passato, presente e lo stesso futuro si fondono nella sacralità dell'arte di quei visi sbiaditi.

Fuori piove come dio comanda. Raggiungiamo Kritsa, che fuori stagione è un paese morto, ma lo percorriamo in auto senza neppure fermarci davanti alla statua dell'eroina di Candia, la per sempre giovane Krtitsotopoula, accoppatrice di odiati ottomani accoppata dagli odiati ottomani. Quindi riprendiamo la costiera verso Sitia sotto un tempo pazzo. Sole e pioggia si alternano come le note di una canzone il cui ritornello lo scandisce un vento pestifero. Roba da sradicarti la portiera dell'auto se la apri senza fare attenzione. "Zeus ce l'ha con noi", ti viene da pensare, se non fosse che, di tanto in tanto, contro l'azzurro cupo del cielo si apre un arcobaleno a sette colori che scende nell'azzurro cobalto del mare.

Tappa per un pranzo leggero a Mohlos, un incredibile paesino di pescatori che si raggiunge scendendo a mare seguendo una strada che pare un gomitoli. Il paese è semi deserto ma troviamo comunque una taverna assediata da una tribù di gatti marinai, che apparecchia un tavolo apposta per noi.

Arriviamo a Sitia che è primo pomeriggio. La cittadina vive attorno al suo bel lungomare (lungomare detto "dei veneziani", naturalmente) pieno di negozi, alberghi neanche tanto invasivi, e ristoranti. Qualcuno è pure aperto. Sitia è famosa per vantare una media di 300 giorni all'anno di sole. Ed infatti ci arriviamo che pare butti al bello. Ma il tempo, a Candia, è davvero pieno di sorprese come i suoi isolani. Appena raggiungiamo la "Kasarma" - l'antica "case delle armi" veneziana, in cima alla collinetta che domina la città - si rimette a piovere a dirotto. Rientriamo di corsa all'albergo e, appena saliti alla stanza, ci accorgiamo che fuori il sole brilla. Ma non c'è neppure da arrabbiarsi. Qui il tempo è un simpatico matto e ci regala dalla terrazzino della stanza 101 che dà sulla baia azzurra, un arcobaleno da mozzarci il fiato.

Verso oriente

Le previsioni meteorologiche non dicono niente di buono, Ci attende un'altra giornata di pioggia. Decidiamo comunque di tentare di visitare Cnosso. Il sito si trova a meno di 15 minuti d'auto a sud di Eraklion. La guida avverte che il luogo è sempre affollato di turisti ma, vuoi il fuori stagione, vuoi il maltempo, lo troviamo quasi completamente deserto, fatto salvo una mezza dozzina di spagnoli e una coppia di teste di cazzo leghiste, lui italiano lei rumena (troia, perché per i leghisti tutte le rumene sono troie) con la quale per poco non mi azzuffo. Tornando a cose più nobili, l'area è senz'altro spettacolare, pure se mal gestita. I percorsi espositivi sono carenti e le tavole esplicative ancora più povere. Gli affreschi sono copie di quelli esposti al museo di Eraklion. Inoltre, l'interpretazione dell'intero sito non si è ancora affrancata dalla prima lettura data dall'archeologo che ha condotto gli scavi (e comperato dal governo greco l'intera collina), Arthur Evans, legata ad una archeologica più immaginativa che scientifica. Rimane comunque l'emozione, al visitatore, di camminare sulle stesse pietre di una civiltà, oscurata sino alla fine del 1900, che rivaleggiava con quella dei faraoni. 

Finiamo la visita di Cnosso giusto appena che ricomincia a piovere. Ci dirigiamo verso est, seguendo al costa. la strada sino a Malia, la cittadina della "movida" cretese, legata all'attività balneare. La strada è buona ma per nulle spettacolare e corre lontano da mare. Da Malia ci inoltriamo nell'interno, sino all'altopiano di Lasìthi. Le nostre mete sono Kràsi, dal gigantesco platano di 2000 anni e dalla circonferenza di 16 metri, e Kerà dove troviamo chiuso il monastero che racchiude l'icona del "miracolo. L'icona tre volte rapita dagli ottomani e tre volte tornata indietro da sola, nonostante le catene. In India ho visto una moto che faceva lo stesso "miracolo", tornando, pur incatenata, nel luogo in cui aveva accoppato il padrone contro un muro. la moto mi sta più simpatica, se devio dirla tutta. 

Torniamo ancora sulla costa. La nostra penultima meta, prima di pernottare ad Agios Nikòlaos, è Plaka, ridente cittadina di mare nota per sorgere di fronte all'isola di Spinalonga. E' freddo e piove. Plaka è un paese deserto dove solo un gruppo di affabili gattoni ci accoglie. Traghetti per Spinalonga non ce ne sono. L'isola che ospitava la celebre fortezza veneziana, poi diventata un lebbrosario, e che i turisti - leggo sulla guida - visitano solo per uno sceneggiato tv che non conosco, ci guarda indifferente da lontano. 

Seguiamo la costa verso sud, sino alla baia di Mirabello, dove troviamo le bianche casette di San Nicola abbarbicate su una collina che butta a mare da due lati. Il posto è accogliente, come tutti i posti di mare. La particolarità di Agios Nikòlaos è il "lago". Così lo chiamano ma in realtà è un piccolo specchio d'acqua salata chiuso da un ponte su un canale che lo collega al mare. Ma la gente di qui ne va fiera ed è il vero centro della vita cittadina, tutto ornato di luminarie per il periodo natalizio. D'altronde, quanti altri posti al mondo possono dire di trovarsi sotto una montagna, sopra una collina messa a promontorio sul mare e sulle sponde di un lago?

I leoni di Heraklion

E' il primo dell'anno ed anche per le strade di Heraklion lo si respira. La gente gironzola per i vecchi vicoli della città e passeggia attorno alle fontane veneziane godendosi l'ultimo giorno di festa. Vestiti da liston, i cretesi affollano i pochi locali aperti che servono piatti di kebab che non li salta un cavallo, cioccolate speziate e dolci al miele. A Creta l'acqua in bottiglia è pressoché sconosciuta e nei bar servono la cosiddetta "acqua del sindaco", riempiendoti il bicchiere non appena è vuoto. Un'altra usanza - che non fa bene alle diete - è quella di servirti grosse fette di torta alla fine di ogni pranzo o cena, gratuitamente, e come se non bastasse, ti piazzano davanti agli occhi e alla gola una bottiglia di "raki" (grappa). Purtroppo sono chiusi anche i musei e dobbiamo abbandonare l'idea di visitare la mostra sulla storia locale. Andiamo così a fare una lunga passeggiata sino alla "Rocca a mare", la fortezza veneziana che sorveglia l'entrata del porto, per poi continuare sino al faro, tra alte onde che spazzano il cammino, pur se il mare in lontananza è calmo, e corridori salutisti.

La rocca fa la sua imponente figura, pur se chiusa per restauri oramai da molti anni. Sono rimasti un paio di leoni semi scalpellati dagli ottomani che mi danno l'impressione di guardarmi come se mi riconoscessero per quello che sono. "Un veneziano? Finalmente! Ma dove siete andati tutti? Noi siamo rimasti qua... ma son cambiate tante cose. Addirittura il forte è stato trasformato dai barbari ottomani in un carcere per gli oppositori... noi continuiamo a guardare al di là del mare, verso quell'orizzonte azzurro dove sappiamo che sorge Venezia? Ma chi è il Doge ora?"
Ed io abbasso gli occhi che mi vergogno a rispondere...

Scavi sotto la pioggia e vecchi amici che saltano fuori dai libri di storia

Ci svegliamo che piove che dio la manda. Non certo il tempo migliore per visitare i siti archeologici di Festo, Gortina ed Agia Triàda come ci eravamo proposti di fare. Salutiamo comunque la riva del mare per raggiungere Festo. Il primo impatto è piuttosto deludente. Gli scavi interessano un'area molto limitata e i reperti si fermano alle fondamentai di palazzi e magazzini annessi, ma il confronto con altri siti che abbiamo visitato in precedenti viaggi non vale. Festo è molto più antico e rimane comunque uno dei più importanti scavi di epoca minoica. La pioggia che continua a cadere non ci invoglia però a soffermarci più di tanto, nonostante dei simpatici gattoni che accompagnano i visitatori per tutto il tempo. 

Decidiamo di raggiungere senza altre tappe Eraklion per ammirare il museo archeologico. Questo non ci delude, anche se l'enorme ricchezza dei reperti conservati non riflette la validità dell'esposizione. In altre parole, vien da chiedersi cosa avrebbero fatto in Paesi come l'Islanda dove sanno costruire bellissimi musei con niente da mostrare, se avessero a disposizione anche una piccola percentuale di tali ricchezze archeologiche. Le statue, il vasellame e gli altri reperti sono sistemati in maniera ordinata ma non certo accattivante nelle ampie sale, con pochi pannelli di spiegazione e senza nessuna interattività con il visitatore. Nel museo riusciamo comunque a rileggere tutti i nostri testi di storia come se le figure saltassero fuori dai libri e, da semplici illustrazioni, diventassero mosaici, statue, vasi e decorazioni. Tante opere che avevamo visto solo sui libri, diventano reali e le salutiamo come amici che conosciamo da tanto tempo.

Usciti dal museo, ci dobbiamo fare in quattro per raggiungere l'hotel in auto, perdendoci tra sensi unici, strade trafficatissime e strette viuzze che non si capisce se sono solo perdonabili o no. Alla fine, dobbiamo lasciare l'auto in un parcheggio a pagamento che, tra le altre cose, domani rimarrà chiuso per la festa del primo dell'anno. Cosa che ci obbliga a rimanere ad Eraklion anche la notte di domani. 

Pazienza. Ne approfitteremo per visitare il forte veneziano.

Nella valle di Amàri

Cominciamo la giornata con un altra "buca" per il fuori stagione. Il forte veneziano di Réthymno ha la porta sbarrata che neanche fossimo turchi! Peccato perché ci sarebbe piaciuto fare una passeggiata sugli spalti per ammirare l'incantevole panorama sulla baia e anche vedere la celebre moschea, già chiesa veneziana. Non possiamo fare a meno di notare che davanti all'entrata, sopra il portone, c'è una grande nicchia vuota. Un tempo ospitava un Leone Alato che gli ottomani hanno scalpellato via. Risaliamo in automobile diretti verso la costa sud. 

Per svalicare le montagne, attraversiamo la valle di Amàri che custodisce alcuni incantevoli paesini di pastori (tutte le poche auto che incrociamo sono pick up scoperti dietro per portare i cani). Saliamo sopra il campanile di Amàri e passeggiamo nelle viuzze di Monàstiraki. Attraversiamo in auto Vizàri, dove si lavora i legno di ulivo, e Fourfouràs. La vallate è ricoperta da ranuncoli gialli. Ogni tanto un acquazzone lava la strada e lascia grandi piscine che schizzano acqua al nostro passare, ma il sole torna subito a splendere. Tra la costa e la montagna si passa ad una differenze di 4 o 5 gradi. 

Nel pomeriggio arriviamo a Kalamaki dove abbiamo l'alloggio. Due file di ristoranti e alberghi chiusi paralleli alla spiaggia, più che un paese. Al contrario della costa nord, a sud non c'è una costiera vera. Le strade che portano alle spiagge ed ai paesi fronte mare scendono perpendicolari. A pettine, per capirci. Per arrivare a  Kalamaki bisogna passare per Kamilàri che, quanto meno, sembra un paese vero. 

Preso l'alloggio, risaliamo per andare a vedere il monastero di Odigitrias, noto per la torre che segnalava agli abitanti della costa l'arrivo di ottomani, pirati arabi o invasori nazisti. Il monastero è molto pittoresco, tra piante e fioriere ed  un bel museo di artigianato locale. E' oramai sera e lo giriamo senza incontrare un solo monaco. Sentiamo solo le loro voci - due o tre non di più- che cantano nella chiesetta centrale. 

Prima di rincasare, passiamo per Matala, paese noto per Zeus che vi aveva portato la rapita Europa e per gli hippy che negli anni '70 lo avevano colonizzato. Il paese è pressoché tutto buio, fatto salvo un locale con un paio di anziani dentro. Negozi (col simbolo hippy della colomba della pace), ristoranti e alberghi sono tutti chiusi. Anche in questo caso comunque, tutto si riduce ad un paio di strade e ad un campeggio. Sullo sfondo, un faro illumina le grotte che un tempo ospitarono celebri figli dei fiori come Cat Stevens e Joni Mitchell. 

Cuori ribelli

Arriviamo a Réthymno nel primo pomeriggio. Il museo navale di Canea, che contavamo di visitare in mattinata, ci ha dato buca per "fuori stagione". Così abbiamo gironzolato con tutto comodo lungo la costa nord dell'isola, inoltrandoci nelle colline vellutate di uliveti, e facendo sosta qua e là, sino a visitare i piccoli borghi di Arménoi e Vàmos, dove abbiamo pranzato in una taverna con antipasti vari ed un bicchiere di ottimo vino rosso. Ci siamo prima fermati nel sito archeologico di Aptera, passeggiando tra i resti dell'antico teatro e del monastero, sino alla fortezza bizantina, in un palcoscenico delimitato dall'azzurro del mare in basso e il bianco delle montagne innevate in lontananza. 

Réthymno è considerata, ed a ragione, una delle cittadine più belle e vivaci di Candia. Il peso del turismo è evidente anche qui: i 22 chilometri di lungomare che la collegano a Platanes sono una sequenza senza interruzione di alberghi e locali per turisti. Ma la città conserva comunque una sua identità e una vivacità che è poi la vivacità proprio dei suoi abitanti veri. La si respira nei locali affollati da gente del posto, aperti anche in questi fuori stagione. 


In Réthymno, assieme al rumore del mare che carezza la spiaggia, si riascolta il refrain di tutte le cittadine cretesi: ha il suo porto veneziano, il suo lungomare dei veneziani, il suo quartiere veneziano (con tanto di lampioni uguali a quelli sistemati in Riva Schiavoni. Stessa pure la luce con sfumature arancio), la sua dogana veneziana e la sua fortezza veneziana che la domina dall'alto. Come per tutte le altre città cretesi, le guide la descrivono come il "cuore" della resistenza agli ottomani ed ai nazisti durante la seconda guerra mondiale. Che ti vien da pensare quanti "cuori" dovrebbe avere l'isola se non fosse che, come spiegano i libri di storia, sia sotto la dominazione ottomana che sotto l'occupazione nazista, Creta era un focolaio ininterrotto di insurrezioni. Tutta l'isola insomma è un grande cuore ribelle che pulsa ancora adesso nelle scritte "antifa" che ornano i muri e le piazze di tutte le città cretesi.

Paleòhora e il suo gentile monumento

Dovevo venire sino a Creta per vedere gli aranci carichi di frutta sullo sfondo delle vette innevate! E dove non profumano gli aranceti, il terreno sassoso è coperto di grandi uliveti. E' appena passato il tempo della raccolta delle olive e ancora alcuni grossi fusti sono circondati da reti nere per raccattare i saporiti frutti. L'olio su quest'isola è un comandamento divino. E lo si assaggia ad ogni pasto, pranzo, cena e pure colazione. 

In mattinata abbiamo lasciato il mare per i monti. La nostra Suzuki Celerio si è arrampicata per strette e ripide stradine di montagna, sino a svalicare e scendere sulla costa sud dell'isola. Paesaggi di fiaba tra piccoli paesi come Làkki, Taménia, Rodevani e Azogirés dai fiumi abitati dalle nereidi, con una tappa d'obbligo per gettare lo sguardo sulla gola di Samarià che scende in profondità lungo un spaccatura della montagna che pare fatta con la mannaia. Da qui partono delle lunghe escursioni a piedi il cui tracciato è chiuso d'inverno. Non che me ne fosse venuta la tentazione...

L'idea iniziale era di raggiungere la spiaggia di Elafonisi e risalire lungo la costa ovest di Candia, ma ci siamo presi troppo tardi e, in dicembre, butta buio presto. Così, prima di tornare al b&b seguendo una strada meno spettacolare ma più veloce, abbiamo fatto una lunga passeggiata sulla bellissima penisola - città di Paleòhora sino a raggiungere i resti del forte veneziano che la domina dall'alto. La cittadina è davvero gradevole, col suo "liston" elegante che la attraversa, le sue stradine laterali di case fiorite, e le sue strane spiagge, una sabbiosa e ovest e una di ciottoli a est. Siamo fuori stagione e si vede. I locali sono per lo più chiusi. Compreso una pizzeria italiana, tutta dipinta col tricolore, con un grande stemma arcobaleno Lgbt. Mi sarebbe piaciuto chiedere una spiegazione ai suoi proprietari, se fosse stata aperta. La cittadina rimane comunque vivace anche senza turisti e questo, per un veneziano come me, è un segno di speranza!

Le guide non lo menzionano, ma a Paleòhora, su una stradina secondaria che butta sulla spiaggia, abbiamo trovato uno strano monumento. Due semplici sagome di persone, una a cavallo e una a piedi. L'ha donato un artista inglese che lo ha chiamato il "monumento ai viaggiatori" ed è dedicato a tutta la gente che è passata per questo lido ed è stata accolta con un sorriso dagli abitanti di questa strana penisola - città. Come dire che è un po' come se fosse stato dedicato a noi!

L'isola dei gatti felici

Sono tanti e sono dappertutto. Sonnacchiosi, ruffiani e paciocconi. Tutti gli isolani si prendono cura di loro e pongono ciotole di cibo e d'acqua in ogni angolo di strada o dentro ogni giardino. Non sono affatto timorosi, si avvicinano e ti chiedono le coccole, segno che nessuno fa loro del male. Candia è l'isola dei gatti felici. A fargli compagnia ci sono anche dei cani di piccole dimensioni, più rari però. Uno di loro ci ha accompagnato per tutta la nostra visita al monastero di Moni Arkadiou, quello dove centinaia di uomini, donne e bambini si sono fatti esplodere pur di far fuori duemila soldati ottomani che li avevano catturati. Da queste parti è un monumento alla lotta dei popoli per la libertà. Tutta l'isola comunque è un cimitero di massacri compiuti dagli ottomani. 

Usciti da Eraklion, che visiteremo alla fine del viaggio, siamo andati ad ovest. La tappa finale è un b&b - pieno di gatti ovviamente - a Stalos, appena dopo Cania (Hanià). Abbiamo seguito la costa per qualche chilometro ma poi ci siamo addentrati nelle montagne (innevate! Non me lo aspettavo…) per andare a vedere il monastero degli esplosi e le grotte di Melidoni. Altro teatro di massacri ottomani che però abbiamo trovato chiuso perché fuori stagione.  

Bella comunque la passeggiata per il paesino di Margaritas dove ci sono più laboratori di ceramica che case. L'idea iniziale era di far tappa a Réthymno - celebre per il quartiere veneziano, le mura veneziane, il porto veneziano, ecc… ma abbiamo preferito rimandare tutto al nostro ritorno al centro dell'isola per una questione di tempo e siamo andati al b&b gattesco. Le distanze non sono elevate ma le strade sono gomitoli dall'asfalto mitragliato e tocca andare piano. Anche i paesini sono molto densi (questa è una cosa che la differenzia profondamente dalla Sardegna che però le somiglia nel paesaggio e nella quantità di capre che si incrociano per la strada, oltre che per l'amore dei locali per i coltelli e i fucili). Insomma, dobbiamo ancora fare l'occhio alle distanza percorribili in un giorno. Adesso comunque staremo per due notti a Stalos. Preso alloggio, siamo subito partiti per Cania, celebre per - avete indovinato?- il porto veneziano, le mure veneziane, il quartiere veneziano. La città conta un 50 mila abitanti ed è in effetti molto carina, piena di negozi, di cioccolaterie e di gente allegra. Anche il quartiere veneziano ha qualcosa delle calli di casa mia, in più il selciato è pulito e curato dagli abitanti che piazzano piante e fiori dappertutto. Bello quando la gente si prende cura della propria città! I cretesi mi sono sempre più simpatici. 

Arrivo ad Heraklion

Heraklion - Che siamo fuori stagione lo sapevamo già. Che fosse la stagione migliore, per visitare Creta, lo immaginavamo. Che ci abbiamo azzeccato, lo abbiamo intuito in queste poche ore che abbiamo trascorso ad Heraklion. Sbarcati dall'aereo alle 17 precise, dopo uno scalo veloce ad Atene, abbiamo avuto poco tempo per vedere la città. Giusto una passeggiata per sgranchire le gambe e per cercare qualcosa da mangiare in una trattoria. I nostro albergo è a ridosso delle mura veneziane - qui è un continuo rimando alla Serenissima Repubblica marinara. Per raggiungere il centro, la porta veneziana, la fontana Morosini e altre venezianità, basta seguire per 5 minuti il lungomare illuminato giusto da qualche nave alla fonda, perché qui alle 6 è già buio e il mare lo si respira solo. Il centro città è un susseguirsi di "salizade", diremmo a Venezia. Calli larghe piene di negozi e di ristorazioni. Per lo più sono costruite su un selciato chiaro, molto bello e luminoso. La vita è, naturalmente vicino all'acqua. Moltissimi i bar e le pasticcerie, molto eleganti e raffinate, strapiene di cretesi che si godono la temperatura mite. Gli spazi all'aperto sono coperti di tende di nylon e riscaldati dai "funghi". Si sta bene e la gente può anche fumare al tavolo che nessuno ci fa caso, come fosse all'aperto. I cretesi, anche i più giovani, preferiscono cioccolate e pasticcini alle birre. Per il resto, la città ci ha fatto un'ottima impressione. Anche la gente che abbiamo incontrato. Anche i semplici camerieri, sono cortesi senza essere affettati, e ti aiutano nella scelta avvertendoti, per di pù se ordini troppa roba! A questo proposito, un metro di giudizio, a mio avviso, è sempre il rent car. Non efficiente come quelli nordici - passata della carta di credito e tanti saluti, ma cortesi e abbastanza veloci. E' la prima volta che l'impiegata si è presentata con il suo nome e col suo telefono "per ogni necessità". Per strada, la guida è un po' creativa (parcheggiano in doppia fila senza problemi) ma comunque si fermano ai semafori. Ed è più di quello che ho visto in tanti Paesi mediterranei. Ultima nota positiva. La prima scritta che ho visto su un muro è stata "antifa! E così ne ho viste tante altre, in tutti muri del centro. Beh... già questo basta a rendermi simpatici i cretesi!
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