In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.

A Mestre in piazza per chiedere reddito e salute


Proteste. 
A manifestare circa 250 persone tra i quali molti attivisti di Fridays For Future che nei loro interventi hanno sottolineato come la pandemia sia solo una delle conseguenze dei cambiamenti climatici

C’è anche una piazza che va in un’altra direzione. Una piazza dove non si fanno saluti romani, non si urla “non c’è il coviddì”, e non si sfasciano le lapidi dei partigiani. Una piazza dove la prima regola è indossare la mascherina e rispettare la distanza di sicurezza. Questa piazza si è riunita alle 19 di ieri a Mestre, nel piazzale Donatori di Sangue, per ribadire che dalla pandemia non se ne esce se non si cambia quel sistema che è la causa stessa dell’epidemia. Quel sistema che ha mercificato la terra, inquinato l’aria ed in mari, innescato i cambiamenti climatici e che oggi ci pone davanti al ricatto “reddito o salute”.

La manifestazione regionale è stata preceduta, giovedì 29, in piazza Antenore a Padova, da una iniziativa organizzata dalle maestranze dello spettacolo, uno dei settori più colpiti dalle chiusure del Governo ed esclusi dalle misure di sostegno che Regioni ed enti locali hanno varato per fronteggiare la crisi. La protesta si è conclusa con la simbolica “muratura” del portone della prefettura con decine di quei bauli solitamente usati dai tecnici dello spettacolo per riporre le strumentazioni.

Una manifestazione pacifica e colorata, proprio come questa svoltasi oggi nel cuore di Mestre per chiedere “Reddito, salute e futuro per tutt*”. Una manifestazione quest’ultima, lanciata da giovani e giovanissimi, per lo più studenti e studentesse delle scuole superiori o dell’università, e rimbalzata nei social a livello soprattutto individuale per ribadire che ci sono altre ragioni per scendere in strada, oltre quelle delle categorie economiche o dei negazionismi alle quali i media danno ampio spazio, ignorando la complessità di una protesta che va ben oltre la spaccata alla vetrina di Gucci.

“Reddito e salute per tutti!”, “Nessuna va lasciata indietro” “Vogliamo trasporti, sanità e istruzione pubblici e gratuiti per tutte e tutti”, sono alcuni degli slogan che si sono sentiti nella manifestazione. Slogan ben diversi da quelli che si sentono nelle piazze negazioniste o nelle iniziative gestite da organizzazioni di categoria che si limitano a chiedere sostegno per i propri affilati. “Reddito e salute non sono in contrapposizione ma diritti che devono essere garantiti a tutte e tutti spiega la giovane studentessa Anna, attivista del Loco, il Laboratorio Occupato Contemporaneo di Mestre Nei mesi che ci hanno separato dalla prima ondata, il Governo e gli enti locali non hanno fatto nulla per garantire la salute e per salvaguardare il diritto allistruzione in sicurezza e per tutelare lavoratori e lavoratrici.

Non sono stati potenziati i trasporti pubblici, non sono stati individuati altri spazi per la didattica che oggi ritorna ad esserci riproposta on line. Noi chiediamo un cambio di rotta che non è solo funzionale al contrasto del Covid. Chiediamo lo stop degli affitti e delle utenze. Vogliamo reddito per tutte e tutti e l’imposizione della patrimoniale per i ricchi e soprattutto per coloro che hanno approfittato della pandemia per arricchirsi ancora di più”.

Alla manifestazione hanno partecipato circa 250 persone tra i quali molti attivisti di Fridays For Future che nei loro interventi hanno sottolineato come la pandemia sia solo una delle conseguenze dei cambiamenti climatici e probabilmente neppure la più grave che ci attende e di una crisi

globale che investe l’intera economia di un pianeta ancora fondata sul capitalismo fossile. Una crisi in cui nessuno ha la ricetta risolutiva in mano ma che apre interi orizzonti di lotta da costruire.

Venezia, operazione di polizia contro il centro sociale Rivolta. Gli attivisti: «È una ritorsione»

Movimento. Alle prime luci dell'alba un ingente schieramento di agenti e blindati intorno allo storico spazio sociale di Marghera per un'azione in difesa dell'ambiente


Non hanno dubbio alcuno, le attiviste e gli attivisti del Rivolta. La maxi operazione di polizia svoltasi questa mattina, martedì 20 ottobre, dentro la sede dello storico centro sociale di Marghera, non era una perquisizione ma una vera e propria ritorsione per le iniziative portate a termine dalla neonata rete Rise Up 4 Climate Justice. Come quella avvenuta il 10 settembre scorso, con il blocco dell’ impianto Eco-progetto di Veritas dove Regione e Comune vogliono realizzare un nuovo e contestatissimo inceneritore. Oppure quella del 12 settembre che ha visto i Fridays For Future entrare e appendere striscioni dentro gli spazi della raffineria Eni di Fusina. Iniziative che sono state accolte con la massima durezza non soltanto da parte di Eni e Confindustria ma anche dei sindacati confederati che, in un testo congiunto, hanno invocato «tolleranza zero» verso gli attivisti climatici.

Gli effetti di questa «tolleranza zero» si sono visti ieri mattina alle sette quando un nutrito contingente di 150 tra poliziotti, guardie di finanza e carabinieri in assetto antisommossa, supportati da otto mezzi blindati, ha fatto irruzione nel centro sociale, sfondando le porte di accesso e per tre ore hanno messo a soqquadro tutto l’edificio, impedendo ai numerosi attivisti corsi in difesa del loro spazio di entrare.

Alla fine della perquisizione, le forze dell’ordine hanno sequestrato striscioni, vernici e qualche maschera antigas. Come dire: tutto quello che ti aspetteresti di trovare in un centro sociale che fa attività politica.

Il cso Rivolta, i cui spazi sono di proprietà del Comune di Venezia e regolarmente, è il cuore dei movimenti ambientalisti della città, come i Fridays for Future. «Non ci lasceremo certo intimidire da queste operazioni ha dichiarato Vittoria Scarpa, portavoce del cso È chiaro che i grandi movimenti che da tempo stanno chiedendo a gran voce un cambio radicale dell’attuale modello di sviluppo fanno paura. Il tentativo di criminalizzarci risponde ad un tentativo di ribaltare la realtà, indicando come responsabili della devastazione del territorio proprio quei movimenti ambientalisti che hanno avuto il coraggio di puntare il dito sui veri colpevoli».

L’epidemia che tutti stiamo affrontando è emblematica di questo tentativo di distorcere le colpe. «Sappiamo tutti che la pandemia è una conseguenza delle crisi climatica conclude Vittoria Scarpa eppure qualcuno sta gestendo questa crisi in corso proprio tentando di cancellare quei movimenti che continuano a mettere in luce il nesso tra estrattivismo selvaggio, mutamento degli equilibri ecosistemici e diffusione dei virus». Solidarietà al Rivolta è arrivata da tutti i movimenti ambientalisti del Veneto che hanno organizzato presidi davanti alle sedi Eni.

Fridays for Future vs Eni, gli ambientalisti rispondono alle accuse dei sindacati

Ambiente
. Dopo l'irruzione degli attivisti nella Bioraffineria di Marghera è arrivato il comunicato di condanna di Confindustria Veneto, sottoscritto anche dai confederali. Gli ambientalisti rispondono con una nuova azione «Il vero crimine è il green washing di Eni»


Non si è fatta attendere la risposta degli attivisti di Fridays For Future del Veneto al comunicato firmato congiuntamente da Confindustria e dai sindacati confederali Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil, che hanno bollato come “fatto criminoso” l’occupazione della Bioraffineria Eni di Marghera.

Il fatto era accaduto il 12 settembre scorso, quando un nutrito gruppo di ragazze e ragazzi del Climate Camp che si svolgeva al vicino cso Rivolta, ha simbolicamente invaso l’area dell’impianto industriale appendendo striscioni in cui si denunciava le attività inquinati e climalteranti dell’Eni in Paesi come il Niger, il Mozambico e la stessa Italia. Basti pensare alle 400 tonnellate di petrolio fuoriuscite dal Centro Olio Val D’Agri che hanno contaminato le falde acquifere della Basilicata.
L’iniziativa dei FfF non è stata digerita dal presidente di Confindustria Venezia, Vincenzo Marinese, che ha scritto una dura lettera al prefetto, per chiedere tolleranza zero verso queste azioni. Lettera sottoscritta anche dai sindacati confederali. «Vogliamo difendere tutti insieme il lavoro, la sicurezza dei nostri dipendenti, le imprese e la tradizione manifatturiera di questo territorio. Per questo motivo condanniamo i fatti criminosi avvenuti alla Bioraffineria Eni» dichiara il Presidente di Confindustria Venezia Vincenzo Marinese. «Azioni pretestuose come questa finiscono per nuocere sia al tessuto produttivo che a quello sociale ha dichiarato Marinese- La vera battaglia oggi in corso vede due schieramenti contrapposti: uno pro e l’altro contro il lavoro. Noi, insieme alle organizzazioni sindacali siamo a favore del lavoro».

Chi non ci sta a considerare l’inquinamento come una inevitabile conseguenza del lavoro, sono la ragazze e i ragazzi di FfF che sabato pomeriggio hanno risposto per le rime alla presa di posizione di sindacati e Confindustria rimettendosi la tuta bianca ed occupando l’entrata dell’associazione industriali, al Vega di Marghera, alzando un lungo striscione con la scritta Eni distrugge il pianeta. Stop climate change. Una ottantina i presenti.

«Se il nostro gesto è ‘criminoso’ che dire allora delle azioni di multinazionali come Eni e Shell le cui politiche estrattive sono alla base della crisi ecologica che stiamo vivendo? ha commentato il giovane Sebastiano Bergamaschi A chi ci accusa di aver messo in pericolo i lavoratori, ribadiamo che la nostra azione alla Bioraffineria si è svolta senza arrecare nessun danno agli impianti e senza mettere a rischio la salute delle lavoratrici e dei lavoratori. Lo stesso non si può dire di Eni, che non esita a minare la salute dell’intero pianeta».

Se si entra nell’home page del sito della multinazionale, hanno spiegato i giovani durante la conferenza stampa svoltasi sotto le finestre di Confindustria, l’impressione è quella di una associazione ambientalista come Greenpeace o Legambiente. Non c’è traccia di petrolio ma solo link ad iniziative ecologiche.

«È soltanto un ipocrita tentativo di green washing ha commentato Sofia Demasi. «Le fonti fossili restano il core business dell’azienda: nel 2018 gli investimenti nellʼupstream costituivano il 74% del totale, con un incremento costante della produzione dal 2016 e un ulteriore picco previsto per il 2025. Ma il futuro che vogliamo, l’unico futuro che può avere il pianeta, è un futuro senza fossili. Eni continua a marciare ella direzione opposta. Non è questo il vero crimine?».

A Venezia il ciclone Brugnaro travolge Baretta e resta sindaco


Comunali. Con il 54 % dei consensi l’imprenditore «del fare» guadagna il suo secondo mandato. I 5 stelle sotto il 4% perdono 8 punti. La candidata Visman superata dalla lista civica ecologista

La valanga Zaia trascina con sé anche la slavina Brugnaro. La destra conquista Venezia e lo fa al primo turno, riconfermando il sindaco uscente. La coalizione a supporto di Luigi Brugnaro si è portata a casa quasi il 55 per cento delle preferenze, lasciando il candidato del centro sinistra, Pier Paolo Baretta (sottosegretario Pd all’economia), poco sopra il 29 per cento. Sotto il 4 per cento la candidata sindaca dei 5 Stelle, Sara Visman, superata anche dalla civica ecologista Terra e Acqua di Marco Gasparinetti (4 per cento netto).

Visman si è detta comunque contenta per i risparmi sulla spesa pubblica di cui gli italiani potranno godere grazie alla vittoria sul referendum per il taglio dei parlamentari. Cinque anni fa i grillini avevano portato a casa il 12,8 per cento. Altri tempi, per il partito della Casaleggio & figli che nel resto della Regione hanno fatto ancora peggio, scendendo al 3 per cento e rimanendo fuori dal Consiglio,

Tutta un’altra musica per Brugnaro che, come Luca Zaia, è volato nel conteggio dei voti grazie alla sua lista «fucsia». Una lista che, sempre secondo il sindaco imprenditore di Venezia, non sarebbe né dei destra né di sinistra ma caratterizzata dal «fare».
I fucsia si sono confermati il primo partito in città col 31 per cento dei consensi. Secondo partito in laguna, il Pd con il 19 per cento. In crescita di due punti e mezzo rispetto al 5 anni fa. Costante la Lega al 13 per cento e balzo in avanti per Fratelli d’Italia, dal 2 al 7 per cento. Con un 5 per cento di voti, tornano in consiglio comunale i Verdi dentro la lista Venezia Verde e Progressista che si era schierata a sostegno di Baretta.

Come per le scorse amministrative, i voti all’imprenditore milionario Brugnaro è titolare dell’agenzia di lavoro interinale Umana spa sono venuti soprattutto dalle terraferma. La città d’acqua infatti anche in questa occasione si è schierata per il centro sinistra (52 per cento) confermando che tra il colore fucsia ed il popolo delle calli l’amore non è mai sbocciato.

Popolo delle calli che oramai è ridotto ai minimi termini. L’emorragia dei residenti per far spazio a nuovi alberghi e B&B, durante l’ultima amministrazione 5 mila nuovi abitanti in meno. In compenso, è triplicato il numero di locazioni turistiche, senza contare il nuovo e mastodontico «fronte alberghiero» realizzato con la benedizione di Brugnaro a ridosso della stazione di Mestre.

Favorevole alle grandi navi, al nuovo inceneritore di Fusina imposto da Zaia per bruciare i rifiuti contaminati da Pfas provenienti dal vicentino, il sindaco fucsia è per le «soluzioni facili» e misura il suo operato col solo metro dei «schei». Il suo concetto di democrazia lo ha spiegato lui stesso: «Ho fatto piazza pulita col napalm delle municipalità perché mi avrebbero votato contro».

Vuole una città sicura, spiega. In campagna elettorale si è vantato di essere «quello che ha dato il mitra ai vigili» dimenticandosi di sottolineare che sotto la sua amministrazione Mestre è diventata la capitale veneta dello spaccio e dei morti per droga.

Omofobia no grazie. «Noi non ci stiamo più»


Manifestazione a Padova. Centri sociali e associazioni domani in piazza insieme a Mattias e Marlon, picchiati per un bacio gay

Torneranno là, Mattias e Marlon, colpevoli solo di essersi scambiati un bacio. Torneranno entrambi nello stesso posto in cui hanno subito l’aggressione omofoba. E lo faranno domani sera, con tutte le amiche e gli amici che vorranno dimostrare solidarietà per la violenza subita dai giovani e, soprattutto, per ribadire che episodi come quello accaduto venerdì sera a Padova, non saranno più tollerati.

In tanti hanno già aderito alla mobilitazione lanciata a sostegno dell’appello «Noi non ci stiamo più!», che si svolgerà domani a Padova, nella centralissima piazza delle Erbe, a partire dalle 18,30. Tra i firmatari troviamo Non una di meno, l’Arcigay, i centri sociali del nord est, coalizione civica per Padova (la formazione che ha sostenuto Arturo Lorenzoni, il candidato anti Zaia, sconfitto nelle elezioni di ieri), Europa Verde, Potere al Popolo, vari collettivi universitari di Padova e Venezia e tante associazioni per i diritti umani.
Tra gli onorevoli che si sono esposti per primi a solidarizzare con i due ragazzi, ricordiamo Alessandro Zan, padovano doc e primo firmatario della proposta di legge contro l’omofobia attualmente in discussione in Parlamento. «Da padovano sono profondamente scosso, perché Padova è una città che, in particolare negli ultimi anni, ha fatto dei diritti e dell’inclusione una bandiera ha dichiarato il deputato -. Questo ennesimo attacco, nel cuore di una città all’avanguardia sul rispetto dei diritti, dimostra come la legge contro l’omotransfobia e la misoginia non sia davvero più rinviabile: per questo in ottobre l’approveremo alla Camera, e poi passerà al Senato, dove verrà approvata definitivamente in tempi rapidi».

Proprio la volontà di rispondere a chi continua a dire che nel nostro Paese non esiste un problema di razzismo, è stata la molla che ha spinto Mattias Zouta, 26 anni, di professione pizzaiolo, e Marlon Landolfo, 21 anni, studente universitario, a denunciare l’accaduto ai carabinieri ed a lanciare l’appello alla mobilitazione. «Abbiamo deciso di denunciare l’episodio alle forze dell’ordine e di raccontare a tutti quello che è avvenuto perché siamo stanchi di dover subire violenze omofobe. Vogliamo fare in modo che queste manifestazioni di odio e discriminazione non ci siano più», spiega Marlon in un video postato su Facebook.

Mattias racconta così l’episodio accaduto a lui e al suo compagno, colpevoli solo di essersi scambiati un bacio: «Stavamo passeggiando mano a mano sul Liston, all’altezza del Comune, quando siamo stati avvicinati da quattro ragazzi e due ragazze che hanno cominciato a seguirci insultandoci. Quando gli abbiamo risposto di andarsene e di lasciarci in pace, siamo stati aggrediti fisicamente. Ci hanno gettato a terra e dato pugni in faccia. A Marlon hanno pestato la caviglia e gli sono saltati addosso pestandolo al grido di ‘frocio di merda’. Un nostro amico intervenuto a difenderci ha ricevuto una bicchierata in testa».

Il ragazzo è stato portato in ospedale dove ha ricevuto 5 punti di sutura. Gli inquirenti stanno indagando per identificare gli aggressori tramite le immagini delle telecamere presenti sulla piazza. «Pensiamo anche a quanto accaduto a Willy, ucciso dalla mascolinità tossica e dai comportamenti menefreghisti della collettività e alla diversità ha aggiunto Mattias -. Di episodi di questo genere ne abbiamo visti fin troppi ed è giunto il momento di dire basta». Piena solidarietà ai due giovani, è stata espressa anche dal sindaco di Padova, Sergio Giordani. «Nella speranza che vengano al più presto individuati i responsabili va ribadito che Padova è una città libera che non tollera prevaricazioni. Va confermato l’impegno a ogni livello per combattere ogni discriminazione e forma di violenza anche con adeguati strumenti normativi».

La necessità di una legge contro l’omofobia è stata ribadita anche nell’appello lanciato dai due giovani in cui si sottolinea come ci si trovi oggi ad affrontare un problema che per anni è stato nascosto come polvere sotto il tappeto sino a sviluppare un sistema che educa all’intolleranza ed abitua all’indifferenza. «Un tumore sociale nutrito da chi, ogni giorno, si schiera contro la visibilità e i diritti delle persone non eterosessuali. Ma da oggi, noi non ci stiamo più».

Ciclone Zaia, il governatore stravince. E affossa Salvini


Veneto
. Il governatore uscente prende tre voti su quattro e la sua lista triplica le preferenze della Lega. Oggi spoglio delle comunali di Venezia

Zaia come l’acqua alta. L’onda leghista ha sommerso il Veneto. Un successo superiore alle previsioni, quello registrato in queste amministrative per il governatore in carica. Un successo avallato soprattutto dalla pratica del voto disgiunto. In poche parole, moltissimi elettori avrebbero indicato Luca Zaia come presidente, pur assegnando il loro voto a partiti inseriti in altre coalizioni. «Se l’andamento continua così ha spiegato Paolo Feltrin, responsabile dell’Osservatorio elettorale del Consiglio regionale avremo un numero di voti al solo presidente nettamente superiore ai voti dati alla coalizione». Il che, secondo il tecnico, spiega anche il rallentamento dello spoglio delle schede e nel conteggio dei voti.
I GIOCHI COMUNQUE appaiono chiari. Le ultime proiezioni della Rai, effettuate da Consorzio Opinio, Luca Zaia è dato al 74,2 per cento mentre Arturo Lorenzoni, candidato del centrosinistra, si ferma al 16 per cento. Come dire che sette veneti su dieci hanno votato Zaia presidente. Distanti gli altri candidati. Paolo Girotto di Potere al Popolo è all’1,2 e il pentastellato Enrico Cappelletti non supera il 4 per cento. Una debacle senza scusanti, questa dei Cinque Stelle che nelle precedenti regionali del 2015 erano al 12 per cento e che sembrano arrivati alla fine della pista. Sotto l’uno per cento le altre civiche in lizza, ben lontane dal superare lo sbarramento del 3 necessario per entrare in Consiglio. La valanga Zaia, forte di quasi 25 punti percentuali in più rispetto al 2015, era largamente prevista dagli osservatori. Ci si attendeva di più dal candidato Lorenzoni, la cui campagna elettorale è stata penalizzata dall’essere risultato positivo al Covid a due settimane dal voto.

SCONTATA LA VITTORIA del governatore in carica, favorita anche dalla sua massiccia presenza nei media per l’emergenza Coronavirus, ma va sottolineato come la sua personale vittoria non farà certo piacere a Matteo Salvini. La lista del governatore infatti è data sopra il 47 per cento, come dire che avrebbe vinto anche da solo, mentre la Lega di Salvini non raggiunge il 15. In un comunicato stampa diffuso della segreteria della Lega si afferma che «non ci sono problemi di dualismo» e si plaude la vittoria di Zaia ma, dopo questi risultati, la battaglia per la leadership all’interno del Carroccio rimarrà più che mai aperta. Lo si è visto anche durante la campagna elettorale, quando sostenitori degli opposti schieramenti leghisti sono venuti alle mani, durante la distribuzione dei volantini.

PER QUANTO RIGUARDA il centrosinistra, il Pd risulta il partito più votato con il 17,3 per cento. Un punto in più rispetto al 2015. La lista personale di Lorenzoni ha ottenuto soltanto l’1,6 per cento, sempre secondo le citate proiezioni. Nel flop complessivo del centrosinistra, va sottolineato il successo dei Verdi. Europa Verde si porta a casa un 2,4 per cento che gli frutterà, presumibilmente, il primo consigliere regionale. Ultima nota sulla partecipazione. L’affluenza nel Veneto è stata tra le più alte d’Italia: oltre il 60 per cento, addirittura superiore di 5 punti quella delle precedenti consultazioni. La paura della pandemia non ha scoraggiato gli elettori veneti.

INCASSATA la sconfitta elettorale, al centrosinistra non rimane che attendere i risultati delle Comunali. Una partita importante si giocherà in laguna dove è in palio la poltrona di sindaco di Venezia. Il primo cittadino uscente, il fucsia Luigi Brugnaro, se la gioca con lo sfidante di sinistra, Pier Paolo Baretta. L’obiettivo del centro sinistra è quello di raggiungere il ballottaggio per tentare di aggregare in seconda battuta tutte le altre coalizioni anti Brugnaro che si sono presentate con propri candidati. Se i voti assegnati al consiglio regionale rispecchieranno quelli dati al Comune (lo spoglio inizierà solo domani mattina), Brugnaro dovrebbe farcela ad essere rieletto al primo turno. Ma sarà comunque una sfida all’ultimo consenso, anche in virtù della pratica del voto disgiunto e Brugnaro, in laguna, non è amato quanto Zaia.

INTANTO A TREVISO, feudo dell’elettorato di Luca Zaia, i sostenitori del governatore hanno alzato un grande palco per festeggiare il loro «doge». Chiamavano così anche Giancarlo Galan. Non è finita bene.

La pandemia non ferma il Climate Camp a Venezia


L’azione più spettacolare messa a segno dagli attivisti climatici del Camp è stata quella di giovedì 10 con l’occupazione e il blocco delle attività di EcoProgetto di Fusina


La pandemia non ha fermato il Climate Camp. Si è concluso ieri il campeggio climatico organizzato dai movimenti sociali di Venezia e salito agli onori di cronaca, lo scorso anno, per l’occupazione del Red Carpet della Mostra del Cinema. E si è concluso col botto. Nel pomeriggio, le attiviste e gli attivisti climatici hanno occupato sino a sera la raffineria Eni di Marghera. “È il momento di fermare chi sfrutta e devasta il pianeta hanno scritto su una nota per la stampa Eni è tra le massime aziende italiane responsabili dellestrazione dei carburanti fossili e delle emissioni clima alteranti. La nostra è una azione diretta contro chi provoca il cambiamento climatico”.

Proprio la pandemia, scrivevamo, non solo non ha fermato il Camp ma è stato il punto di partenza per rileggere la crisi, climatica ma anche sociale, che l’intero pianeta sta attraversando. “Il coronavirus è responsabile della prima crisi economica direttamente causata da un fattore ambientale ha spiegato Antonio Pio Lancellotti, direttore del sito Global Project —. Questa seconda edizione del Camp l’abbiamo organizzata proprio a partire da questa riflessione”.
Niente tende sotto le stelle dell’isola del Lido, quest’anno. Soluzione che avrebbero reso impossibile rispettare le norme anti covid. Il Climate Camp si è spostato negli ampi spazi del Cso Rivolta a Marghera, da martedì 8 a sabato 12 settembre, con sedie distanziate almeno un metro e mezzo per assistere ai dibattiti, mascherina obbligatoria e misurazione della temperatura corporea a tutti i partecipanti. Confermata invece la linea “impatto zero” per un Camp totalmente vegano, con riciclo spinto dei rifiuti, alimentazione energetica di esclusiva provenienza dall’impianto fotovoltaico del centro sociale, il più potente di tutta la provincia, e con uso limitato di plastiche. I cambiamenti climatici, qui, nessuno se li è dimenticati.

“Proprio la pandemia ci ha fatto comprendere che non c’è più tempo per le mediazioni continua Lancellotti Con le riforme graduali non andiamo da nessuna parte. Abbiamo già visto in che direzione si sta muovendo la governance per rispondere alla crisi causata dal Covid: green capitalism, ripartenza di tutte le grandi opere e promesse disattese di giustizia sociale. Se vogliamo combattere la crisi economica che incombe e cogliere l’occasione per disegnare una società diversa abbiamo bisogno di nuove forme di welfare dal basso, di transazione ecologica per uscire da una economia ancora basata sui fossili, di diritto alla salute e di reddito garantito”.

Proprio il reddito garantito è stato alla base delle richieste dei lavoratori dello spettacolo, che non è solo luci e musica ma, dietro le quinte, è composto anche da migliaia di lavoratori a tempo determinato costumisti, scaricatori, elettricisti, tecnici, a tanto altro ancora che sono stati i primi a subire le conseguenze economiche del lockdown. Mercoledì 9, questi lavoratori invisibili si sono ritagliati uno spazio sotti i riflettori della Mostra del Cinema, con un partecipato presidio al Lido.

Come per il primo Camp, anche l’edizione di quest’anno ha spaziato tra dibattiti ed azioni, tra riflessioni ed attivismo. Dallo sbarco a palazzo Balbi sul Canal Grande con l’occupazione della sede della Giunta Regionale di cui abbiamo scritto nel Manifesto di sabato 5 settembre sino al sopracitato presidio al Lido. L’azione più spettacolare messa a segno dagli attivisti climatici del Camp è stata quella di giovedì 10 con l’occupazione e il blocco delle attività di EcoProgetto di Fusina. Un progettoquesto, fortemente voluto dal Governatore del veneto Luca Zaia, e che, a dispetto del suffisso “eco”, con l’ecologia non ha nulla a che spartire perché consiste nella riapertura dell’impianto di incenerimento con due nuove linee destinate a bruciare rifiuti speciali ed inquinanti, compresi le contaminazioni da Pfas. Un progetto fortemente contestato dagli ambientalisti veneziani perché ripercorre la collaudata politica regionale di fare di Marghera la pattumiera del veneto.

“Se questo è il futuro che stanno preparando per risollevare il Paese dalla pandemia, noi rispondiamo che non è il nostro futuro ma la riproposizione di quello stesso passato che ha scatenato la pandemia spiega una attivista Gli inceneritori non risolvono il problema dei rifiuti ma rispondono ad interessi economici forti a discapito della salute dei cittadini. Sono il terminale di filiere consumiste ed energivore nemiche del clima, un perno di quel sistema capitalista che è la vera pandemia che l’umanità deve combattere”.

«Zaia smantella la sanità pubblica». Blitz degli attivisti climatici in Regione

Per tutta la mattinata, gli attivisti climatici hanno mantenuto l’occupazione del piano terra di palazzo Balbi

Un vero e proprio abbordaggio al cuore del potere leghista del Veneto: palazzo Balbi. Una trentina di attiviste e di attivisti del Climate Camp ha preso d’assalto su piccole imbarcazioni la sede della Giunta regionale del Veneto. I giovani, in tuta bianca e tutti rigorosamente con la mascherina sul viso, sono riusciti ad entrare dalla porta che si affaccia sul Canal Grande e che, al contrario dell’ingresso principale, non è sorvegliata dalla polizia.

Per tutta la mattinata, gli attivisti climatici hanno mantenuto l’occupazione del piano terra del palazzo, appendendo striscioni che denunciavano la gestione regionale del sistema sanitario. «La pandemia della Lega uccide la sanità», hanno scritto su quello più grande.

«Misure come il lockdown sono diventate la foglia di fico per nascondere lo smantellamento della sanità publica a favore di quella privata ha spiegato un portavoce degli attivisti -. Il presidente Zaia punta a riformare il sistema sanitario veneto, che si basa sulla sanità territoriale, per imporre il modello lombardo incentrato sul privato, tagliando i servizi di base per dirottare i fondi alle grandi aziende ospedaliere. Un sistema di cui, proprio lo scoppio della pandemia, ha evidenziato la pericolosità e che è costato la vita a migliaia di persone». 
Se il sistema sanitario del Veneto ha tenuto, hanno spiegato i giovani, non è per merito di Zaia ma nonostante Zaia. Il contenimento della diffusione del coronavirus nel Veneto va tutto a merito di virologi e di medici come il microbiologo Andrea Crisanti, che hanno avuto il coraggio di disobbedire agli ordini provenienti da Palazzo Balbi, optando per una strategia di gestione diffusa dei tamponi che si è rivelata vincente. Medici che, proprio come è accaduto al professor Crisanti, superata la fase emergenziale, sono stati immediatamente silurati dal governatore. «Quante vite si sarebbero potute salvare se la Lega, che da decenni ha in mano l’assessorato regionale alla Sanità, non avesse ridotto del 39% i posti letti in terapia intensiva che nel 2002 erano 1176 e nel 2019, all’arrivo della pandemia, solo 717?», una delle domande poste dagli attivisti.

Lo stesso si può dire per i 3629 posti letto che sono stati tagliati nei vari reparti ospedalieri, ridotti complessivamente di oltre il 20%. Al contrario, in questo stesso periodo, i posti nelle cliniche private del Veneto sono aumentati del 16%. Concludono gli attivisti: «Siamo convinti che il solo ricorso a misure come il distanziamento sociale non siano risposte sufficienti alla pandemia. Come attivisti climatici chiediamo che vengano superate le logiche neoliberiste che hanno portato alla mercificazione di diritti universali come quello alla salute. Che poi sono le stesse logiche che hanno generato i cambiamenti climatici e contribuito alla diffusione di pandemie come il Covid».

Mascherine, distanziamenti e pieno rispetto delle norme anti Covid saranno anche alla base del secondo Climate Camp che si svolgerà anche quest’anno a Venezia, dall’8 al 12 settembre. Niente campeggio all’isola del Lido, ma una serie di incontri negli ampi spazi del centro sociale Rivolta a Marghera. Come già per la prima edizione, parteciperanno delegazioni dei principali movimenti climatici e ambientalisti da tutta Europa. Saranno incontri ad impatto zero: cucina rigorosamente vegana, energia elettrica proveniente da impianti solari, raccolta differenziata e, naturalmente, niente plastica,

Gli allevamenti intensivi sono una piaga. Per gli animali e anche per noi!


Ci risiamo. Ancora un pericoloso focolaio di Covid. Ancora un focolaio che ha trovato casa in un allevamento intensivo. E’ notizia di oggi che sono stati rilevati ben 182 casi di positività al Coronavirus tra i circa 700 lavoratori dello stabilimento Aia di Vazzola, in provincia di Treviso. Ancora una volta, macelli e allevamenti intensivi si sono rivelati – oltre che luoghi in cui agli animali vengono inflitte inutili crudeltà – anche filiere di contagio, pericolose per la specie umana.
Ricordiamo che una delle più accreditate ipotesi scientifiche sul Covid è che questo sia stato diffuso a partire dal mercato di Wuhan, dove gli animali, cani compresi, vengono tenuti in condizioni vergognose e macellati al momento per il compratore.
Come verdi, ambientalisti e animalisti, crediamo che queste filiere alimentari vengano immediatamente chiuse, se non per evitare inutili sofferenze agli animali, perlomeno per evitare gli elevati rischi di contagio tra i dipendenti. Non ultimo, il pericolosissimo salto del virus tra animale e uomo, come accaduto a Wuhan e in altre occasioni. E’ arrivato il momento di dirigere le nostre abitudini alimentari verso una direzione più sana e meno impattante. Gli allevamenti intesivi infatti, sono una delle prime cause dei cambiamenti climatici che stanno portando al collasso il pianeta Terra, oltre che costituire una vera e propria bomba ad orologeria perennemente innescata per la creazione e la diffusione di nuovi virus.
Un rischio che, anche alla luce di quanto stiamo vivendo in questi giorni, non vogliamo e non possiamo più permetterci.

A Venezia tornano le navi-crociere, ma in Laguna scatta la protesta

È un vero proprio “no pasaran” quello lanciato dal comitato No Grandi Navi di Venezia contro l’ipotesi del Governo di riaprire la laguna al traffico crocieristico. “Non abbiamo mai accettato prima la presenza di questi megamostri che hanno devastato il fragile ecosistema lagunare spiega Tommaso Cacciari portavoce del comitato -, la accettiamo ancora meno in questo momento di grave crisi sanitaria in cui le navi si sono rivelate bombe ad orologeria del contagio. Ci siamo già dimenticati di quando questi lazzaretti galleggianti navigavano di porto in porto alla disperata ricerca di un approdo che gli veniva costantemente negato?”.

Il decreto del Governo (Dpcm) volto a disciplinare la proroga dello stato di emergenza sanitaria sino al 15 ottobre prevede infatti la riapertura di spazi considerati vitali per l’economia come discoteche, fiere e crocieristica. Il Dpcm doveva essere varato in questi giorni, ma il Governo si è preso una settimana di tempo per valutare l’andamento della curva dei contagi che ha registrato in Italia come in Europa un preoccupante incremento. Ma tutto lascia presagire che il nuovo Dpcm sarà approvato entro il 9 agosto, dando il via libera alle sopracitate attività.

Lo ha auspicato lo stesso ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli (5stelle): “Credo che le crociere possono ripartire e dare un segnale per tutta l’economia ha dichiarato il ministro -. Attualmente ci sono quattro navi pronte a ripartire seguendo il protocollo di sicurezza”. Chi non ha dubbio alcuno che le Grandi Navi avranno presto il via libera, è il comitato No Navi. D’altra parte, basta cliccare sui siti delle grandi compagnie come la Costa o la Msc Cruises per constatare che sono già in vendita biglietti per le crociere in partenza da Venezia sin da sabato 15 agosto.

“Queste compagnie multimiliardarie hanno i tentacoli ben estesi dentro le cosiddette stanze del potere continua Cacciari e, pur di non perdere gli introiti della stagione, sono pronti ad andare in deroga ai più elementari protocolli di sicurezza. Come si fa a far mantenere le distanze a 4500 passeggeri più l’equipaggio che si muovono in corridoi larghi poco più di un metro? Per non parlare degli sbarchi nei porti. Dovrebbero fare il tampone e tutti ogni volta che scendono o risalgono nella nave”.

La ventilata decisione del Governo di riportare le grandi navi in laguna, senza curarsi degli incidenti che avevano caratterizzato la scorsa stagione e del rischio di ripresa della pandemia, mette in difficoltà tutto il centro sinistra veneziano che si sta avviando ad una difficile competizione elettorale per le amministrative. Se l’attuale sindaco fucsia, Luigi Brugnaro, che sul Covid la pensa come Bolsonaro e Trump, si è detto “felicissimo” per la riapertura della stagione crocieristica, non è così per il suo rivale Pier Paolo Baretta, parlamentare del Pd e sottosegretario al ministero dell’Economia, che si è espresso in molte occasioni contro la presenza della grandi navi in laguna e che è sostenuto da una coalizione che comprende anche verdi e ambientalisti.

L’imbarazzo si allarga anche ai 5Stelle locali che, se stanno ancora litigando sul candidato da opporre a Brugnaro, sono comunque tutti d’accordo che le grandi navi se ne devono stare lontane da piazza San Marco, contraddicendo la posizione del loro stesso ministro.
Chi non chiede voti ma offre mobilitazione è il comitato No Navi. “Non possiamo e non vogliamo tornare come eravamo prima. annuncia in una conferenza stampa svoltasi ieri mattina una ragazza

col volto coperto da una passamontagna colorato -. Pretendiamo una progettualità diversa ed una economia equa e compatibile con lambiente. Ma se si ostinano a non ascoltarci promettiamo un ferragosto rovente. Impediremo alla Costa Deliziosa di attraccare a Venezia sbarrandole l’ingresso in laguna con le nostre barche ed i nostri corpi. Arriveremo anche a compiere azioni di sabotaggio contro la nave. Stavolta non passeranno”

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