In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.

Un Climate Camp per discutere su come difendere la terra. Fridays fo Future e No Navi lanciano al Lido di Venezia il primo campeggio per il clima

Verranno in tanti. Verranno da tutta Europa. Verranno per rispondere all’appello lanciato dalle ragazze e dai ragazzi di Fridays For Future di Venezia e delle attiviste degli attivisti No Grandi Navi, di dare vita ad un grande Climate Camp, un grande incontro dedicato al clima, dove discutere del futuro del nostro pianeta e, soprattutto, delle iniziative e delle lotte per dare un futuro al nostro pianeta. 
L’appuntamento è a settembre, da mercoledì 4 a domenica 8, al Lido di Venezia, in una spiaggia libera che, assicurano, sarà gestita con il minimo impatto ambientale, proprio come lo Sherwood Festival che si sta svolgendo in  questi giorni a Padova. “L’approvvigionamento energetico proviene da fonti rinnovabili con pannelli ad energia solare – spiegano gli organizzatori-. Il cibo degli agricoltori locali e non trattato con agenti inquinanti e tossici”.
Il primo Climate Camp, si svolgerà in contemporanea della Mostra del Cinema che, nelle intenzioni degli organizzatori, dovrebbe fare da cassa di risonanza all’evento, anche in virtù della sensibilità sulle questioni climatiche che tanti celebri artisti internazionali hanno sempre dimostrato. Il momento culminante si svolgerà proprio il giorno della premiazione del festival cinematografico, sabato 7 settembre, con la marcia “We want red carpet” verso il tappeto rosso. “I riflettori mediatici non dovrebbero stare su un evento mondano ma sull’emergenza climatica” hanno dichiarato gli organizzatori.
Non è neppure un caso che il primo Climate Camp organizzato da Fridays for Future si svolga a Venezia, città di incomparabile bellezza ma, proprio per questo, vittima di un delirante degrado ambientale causato da mercificazione del territorio, turistificazione senza controllo, grandi opere inutili e devastanti realizzate in odor di mafia come il Mose. Una città in cui la stessa democrazia è stata tacitata per coprire gli interessi dei grandi speculatori di cui le compagnie crocieristiche sono solo l’esempio più eclatante. Ma Venezia, non dimentichiamocelo, è anche la città che lo scorso sabato 8 giugno ha saputo portare in campo 10 mila persone al grido “Fuori le Grandi navi dalla laguna”.
Ospiti del Camp, incontri, iniziative, dibattiti sono ancora in fase di definizione. Potete seguire la costruzione degli incontri sul sito del Climate Camp, che tra qualche giorno sarà on line, o sulla sua pagina Facebook dove vi invitiamo a mettere un “mi piace”.
E, naturalmente, questo settembre siate tutti invitati in laguna! 

E’ record: in sole 24 ore si sono sciolte due miliardi di tonnellate di ghiaccio. E il caldo deve ancora arrivare!

Una giornata storica, quella di  giovedì 13 giugno 2019. In solo 24 ore, si sono staccati dalla Groenlandia più di due miliardi di tonnellate di ghiaccio. Un record, in questa stagione! Un record che purtroppo rischia di essere superato nei prossimi giorni. Secondo gli scienziati del clima, ci sono ottime possibilità che questa estate assisteremo ad uno scioglimento dei ghiacciai artici senza precedenti.
“Nel giugno del 2012 abbiamo assistito ad un fenomeno analogo – ha riferito alla Cnn Thomas Mote, ricercatore dell’Università della Georgia – E’ normale che in estate i ghiacciai si sciolgano, ma negli ultimi anni stiamo assistendo ad una escalation preoccupante”.
Il periodo di scioglimento dei ghiacciai groenlandesi va da giugno ad agosto con un picco a luglio. Quest’anno la stagione è cominciata prima, ad aprile, con almeno tre settimane di anticipo, ed ha fatto subito registrare picchi precedentemente toccati solo in piena stagione. Il che, con il caldo che deve ancora arrivare, non fa presagire nulla di buono. Ricordiamo che lo scioglimento dei ghiacci artici è la causa principale dell’innalzamento del livello di acqua del mare. Quell’innalzamento che, secondo le previsioni dell’ilcc potrebbe portare alla scomparsa, tanto per dirne una, di città come Ferrara e Venezia. Il trend di scioglimento registrato in questi giorni va proprio in questa direzione.

Non torneranno i prati

Storie e cronache esplosive di Pfas e Spannoveneti

di Alberto Peruffo – Editore Cierre 
Dice Alberto Peruffo, l’autore di “Non  torneranno i prati”, che “uno come me, nato nella terra dei Pfas, della Pedemontana e della base militare Dal Molin, non poteva che diventare un attivista”. Così dice e… sbaglia! Sbaglia per troppa generosità, ma sbaglia. Tutta l’Italia, caro Alberto, è una gigantesca “terra dei fuochi”. Tutta l’Italia è piena di emergenze ambientali, di grandi opere, di attacchi ai beni comuni e al territorio che, alla fin fine, sono attacchi alla stessa democrazia. Già, alla democrazia. Perché nessuno accetterebbe di vedere la sua terra devastata, la sua salute compromessa da una economia di rapina che fagocita ambiente e diritti per trasformarli in enormi profitti riservati a pochi. Nessuno, se non gli fosse fatto credere che la “colpa” è tutta dei migranti, dei rom, dei centri sociali o dei “pidioti”. E che bisogna odiare chi ha tendenza sessuali diverse dalla media o chi scappa dalla guerra per non odiare chi si arricchisce con il cemento, l’evasione delle tasse, i profitti mafiosi, le grandi navi, lo sfruttamento del lavoro, il business malavitoso dei rifiuti e la nostra salute. Alberto è diventato un attivista perché queste cose le ha capite sin dall’inizio. E credetemi se vi assicuro che sarebbe lo stesso Alberto che conosciamo ora se fosse nato in un ipotetico territorio incontaminato (che in Italia non c’è più) dove la gente non ha bisogno di scendere in piazza per difendere la sua terra. 

Il destino casomai, lo ha portato ad occuparsi dei Pfas, gli scarti della lavorazione di sostanze idrorepellenti che per vent’anni, nel silenzio complice della politica e di chi doveva tutelare l’ambiante, la Miteni ha versato nella falde del vicentino, sino a causare il più grande inquinamento delle acque nella storia d’Europa. 
“Non torneranno i prati”, (Cierre edizioni) racconta in bello stile – cosa più unica che rara per un libro che è anche una inchiesta giornalistica, corredata da dati e analisi scientifiche – questa brutta storia di inquinamento che è anche una bella storia di rivolta, di persone, soprattutto di donne, che hanno avuto il coraggio di mobilitarsi e denunciare. Ed è grazie alla loro denuncia, non certo dalla politica, che ora sappiamo cosa è successo e sappiamo cosa bisogna fare. Già. Perché il libro di Alberto ha una chiosa non scritta ma che riecheggia in tutto il libro: “Non torneranno i prati se…” E’ in quel “se” sussurrato delle sue “Storie e cronache esplosive di Pfas e Spannoveneti” – come si legge nel sottotitolo – che sta tutta la forza rivoluzionaria del libro di Alberto Peruffo. I prati possono anche tornare a fiorire se… e quel “se” dipende tutto da noi. L’autore ce lo ricorda in ogni pagina, in ogni riga del suo libro. E per questo, non possiamo che dirgli: grazie, Alberto!

Pfas, tutti sapevano. Nessuno è intervenuto

Un corposo rapporto dei Noe accusa la giunta provinciale di Vicenza della leghista Manuale De Lago di non essere intervenuta per fermare l’avvelenamento delle acque

Lo sapevano. Lo sapevano tutti e non hanno fatto niente. Non hanno fatto niente anche se, per scongiurare il più devastante caso di inquinamento della falda acquifera dell’intera Europa, sarebbe bastato applicare la legge! 350 mila persone - ed è una stima per difetto - avvelenate dai Pfas, gli acidi perfluoro alchilici utilizzati dalla Miteni per produrre rivestimenti impermeabili. 350 mila uomini, donne e bambini avvelenati grazie al silenzio complice delle autorità che avevano il compito di difendere la loro salute. 

Per almeno 13 anni, l’Arpav e la giunta provinciale di Vicenza hanno deliberatamente ignorato tutte le prove della contaminazione. Hanno fatto finta di non vedere per non dover intervenire nonostante fossero evidentissimi i segnali dell’ “incremento nella contaminazione da benzotrifluoruri, sintesi o sottoprodotti derivati dall’attività della Miteni”, come si legge nel documento di monitoraggio ambientale chiamato Giada avviato sin dal 2003 dall’Ufficio ambiente della provincia di Treviso. 

Un  rapporto del Nucleo operativo ecologico (Noe) dei carabinieri di Treviso testimonia come sin dal 2006 i preoccupanti risultati emersi dal progetto Giada fossero stati portati all’attenzione della giunta provinciale di Vicenza, capitanata dalla leghista doc Manuela Del Lago. Lo studio evidenzia senza possibilità di errore come la falda acquifera di Trissino, dove sorgeva la Miteni, avesse subito un drastico inquinamento imputabile “a fattori idrologici o a fatti nuovi verificatesi all’interno dell’area dello stabilimento”. 

Se la Provincia fosse intervenuta immediatamente, ora non saremmo all’emergenza. Ed invece sono stati zitti e hanno scelto di lasciare tutto come stava, permettendo alla Miteni di continuare a produrre Pfas ed al conseguente inquinamento di allargarsi sino a contaminare le falde delle vicine province di Treviso e Padova. 

I No Navi vincono sul campo la battaglia per San Marco. Ora li attende la battaglia politica contro le false “soluzioni”

Ci si aspettava tanta gente. Ne è venuta di più. Novemila, forse diecimila persone hanno accolto l’appello del comitato Noi Grandi Navi per dare vita ad una grande manifestazione alle Zattere, sabato pomeriggio. Una partecipazione senza precedenti, per di più in una “piazza” difficile come quelle di Venezia. Una volta tanto, tutti i giornali, tanto quelli cartacei, quando quelli on line sono d’accordo nel sottolineare  il pieno successo dei manifestanti, rimarcando come la cittadinanza attiva – quella che non si rassegna a vedere la loro città trasformata in una Disneyland per il business turistico – sia tutta contraria alle Grandi Navi. 
La grande partecipazione ha sorpreso tutti. Compresa la Prefettura che di fronte a tutta quella gente ha precipitosamente concesso al corteo di arrivare sino alla Bocca delle Piazza, dopo aver inizialmente vietato il passaggio adducendo pretestuose motivazioni. La piazza dei veneziani è tornata ai veneziani e non solo alle orde di turisti, alle aziende come l’Aperol che la affitta per pubblicità o a quei 4 gatti miao dei “venetisti” che ogni 25 aprile arrivano dalla terraferma per sventolare un Gonfalone che non è loro.  La piazza insomma, è tornata ad essere per i veneziani quel punto di aggregazione, anche politica, che è sempre stata sin dall’epoca dei dogi. 
L’incidente dell’Msc Costa ha certo aiutato a mobilitare le coscienze, ma nessuno può negare che sin da quando questi villaggi turistici galleggianti sono arrivati in laguna – col loro carico di fumo inquinante e di smottamento ondoso – ai veneziani, così come a tutti coloro che hanno a cuore la città, non è mai andato giù vedere l’ambiente lagunare devastato e mercificato per far fare profitti a quelle multinazionali delle crociere che con Venezia non hanno niente a che fare. Venezia è No Grandi Navi. Chi aveva ancora dei dubbi, a proposito, se li è levati dopo la grande manifestazione di ieri. 
In una democrazia compiuta, non ci sarebbero tentennamenti di sorta. Grandi Navi fuori dalla laguna. Punto e basta. Verso Trieste – ammesso che i triestini le vogliano – o verso qualche altro porto. Ma in laguna mai più. Ma l’Italia una democrazia compiuta non lo è. Tutte le Grandi Opere sono state un vero e proprio esproprio di democrazia ai territori per imporre con decreti emergenziali gli interessi speculativi di mafie economiche e politiche. In questi senso, le Grandi Navi sono l’emblema perfetto delle Grandi Opere. Anche le “soluzioni” che certa politica vorrebbe dare al problema, sono – e pure questa è una peculiarità delle Grandi Opere – rimedi peggiori del male. Spostare le navi a Marghera, per esempio, scavando il canale Vittorio Emanuele e allargando il canale dei petroli, col risultato di alterare per sempre l’ecosistema lagunare, portare alla luce tonnellate di fanghi tossici e far arrivare in laguna ancora più navi. Una soluzione su cui si sono gettati in tanti. Comprese le compagnie di crociera, a parole, “disponibilissime” al dialogo. Con la realizzazione di un approdo a porto a Marghera infatti, le loro navi potrebbero scorrazzare più di prima in laguna. E intanto che la politica discute su come bypassare ostacoli come la direttiva Seveso che non consentirebbe la navigazione di navi di quella stazza accanto a petroliere ed a siti industriali a forte rischio, le Grandi Navi continuano a rimanere dove stanno, a San Basilio, a fare l’inchino alla piazza e, loro, ad incamerare profitti miliardari. 
Ed è proprio per questo, per lasciare le cose come stanno, che tanta politica si è scoperta improvvisamente No Navi e favorevole alla non soluzione di Porto Marghera. Parliamo della Regione e soprattutto del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. Uno che farebbe meglio a stare zitto sulla questione, se non altro per una mera questione di conflitto di interesse. La sua società “Porta di Venezia spa” è proprietaria di vaste aree da bonificare in zona Pili di Marghera. Me lo ricordo in campagna elettorale sfilare in canale della Giudecca con un rimorchiatore con la scritta nera su sfondo giallo (come quello della canzone Boccadirosa!) “Sì alle Grandi Navi”. Oggi pure lui, il Gigio da Spinea, vuole le Grandi Navi lontane da San Marco e da quel canale sventolava promesse elettorali! 
Ed è proprio per questo che i manifestanti alternavano al coro “Fuori le navi dalla laguna”, “Fuori Brugnaro dalla laguna”. E per dirla come va detta, non sono del tutto sicuro su chi abbia fatto i peggiori danni a Venezia. 

Nella giornata mondiale dell’Ambiente il Governo non vuole sentire parlare di ambiente. Lega e 5 Stelle bocciano la mozione sull’emergenza sostenuta da Fridays for Future

Al Governo del Cambiamento dell’ambiente non gliene frega niente. Lo sapevamo sin dall’inizio della legislatura. Ce lo ha confermato quel Patto di Governo che i cambiamenti climatici non si sogna neppure di menzionarli. Ma lo sapevamo anche prima. Tanto i 5 Stelle che la Lega - i due partiti populisti per eccellenza, fabbricatori di fake new in perenne e urlata campagna elettorale - non  hanno nulla a che spartire con concetti complicati come quelli relativi alla difesa dell’ambiente. Non hanno né la capacità né tantomeno l’obiettivo di farsi carico di scelte che li porterebbero ad intaccare un sistema economico che, soprattutto in Italia, non ha niente di verde. Scelte peraltro, che risulterebbero anche impopolari ai tanti italiani che non hanno nessuna intenzione di cambiare stile di vita. Anzi, è proprio sulla paura del cambiamento che questi partiti hanno costruito le loro fortune elettorali. La “colpa” è sempre e comunque dei migranti e non del clima. Giusto? Oppure delle zecche dei centri sociali che quando vanno in piazza “obbligano” la polizia a pestare a sangue un giornalista. Perché mai 5 Stelle e Lega dovrebbero mettere tutto in discussione? Solo per evitare quei cambiamenti climatici i cui effetti più drastici li vedremo tra una ventina d’anni, quando si sa che l’orizzonte di politici di mezza tacca come sono quelli che ci governano non va oltre le prossime consultazioni elettorali? 

La bocciatura in Senato della mozione per la dichiarazione dell’emergenza climatica in Italia, come è stato fatto in altri Paesi Europei, è solo una logica ed inevitabile conseguenza di tutto ciò. La Lega e il suo elettorato, ai cambiamenti climatici neppure ci crede. E’ gente che ha paura. E l’ignoranza è un rassicurante rifugio che ha il vantaggio di regalarti granitiche certezze. Fermiamo i barconi e l’invasione… Prima l’Italia… Ruspe… Cosa pretendete? Che comincino a ragionare sul fatto che sarebbe meglio cambiare l’economia e non il clima? 


I 5 Stelle sono ancora peggio. Sono stati allevati in un partito di proprietà di una azienda privata che si tramanda di padre in figlio e che chiamano “movimento”. E’ vero che hanno raccolto voti di alcuni disperatissimi attivisti di movimenti ambientali, ma solo perché quando si è in campagna elettorale promettere non costa niente. Soprattutto se sei uno di quelli o di quelle che hanno la faccia come il culo. Stop ai vaccini che contengono metalli pesanti. Via l’Italia dalla Nato. Sì all’euro, no all’euro. Basta con le scie chimiche e il signoraggio bancario… Ma davvero qualcuno sperava che avrebbero tradotto in pratica politica le loro sparate da maghi di Luna Park?

Il risultato è il Governo che abbiamo. E facciamo attenzione che la bocciatura alla mozione, arrivata per giunta nella Giornata Mondiale dell’Ambiente, avrebbe potuto tranquillamente essere un “sì” senza che questo causasse stravolgimenti all’azione del Governo. Il testo presentato dalla senatrice Loredana De Petris (LeU) e dal suo collega Andrea Ferrazzi (Pd), era poco più di un impegno generico ad intraprendere qualche azione a difesa del clima. Niente di che… al massimo una dichiarazioni di buone intenzioni per “accontentare” i giovani e le giovani di Fridays for Future che si sono mobilitati con tanto impegno nei venerdì per il clima. Non c’era nessuna possibilità - per dirla come va detta - che la mozione potesse costringere il Governo a tagliare un solo euro di quei 19 miliardi di sussidi alle fonti fossili che continuiamo a sborsare alla faccia degli accordi di Parigi. Tanto per citare una voce di bilancio che, se davvero abbiamo cuore l’ambiente, bisognerebbe buttare fuori dalla finanziaria come le grandi navi dalla laguna. 

Perché allora il Senato non l’ha approvata? Perché la Lega non ha voluto perdere l’occasione di usare la bocciatura come una mazzuola per dare ancora in testa ai 5 Stelle. L’ambiente è un hashtag ancora adoperato dai grillini, anche se - tu vai a capire il perché - alle manifestazioni per l’ambiente non si fanno più vedere. I leghisti, dal canto loro, ne preferiscono altri: #sicurezza, #pistolepertutti, #stopinvasione… Allora cosa è successo allora? E’ successo semplicemente che il ministro Matteo Salvini ha voluto ricordare per l’ennesima volta al collega Luigi Di Maio chi comanda e chi detta l’agenda. E nell’agenda del Governo la parola ambiente devono ancora scriverla e mai la scriveranno. Dopo la scoppola elettorale, l’unico obiettivo dei 5 Stelle oramai è salvare la poltrona sino alla fine della legislatura. Tutto qua. Da “uno vale uno” a “mutismo e rassegnazione”, come si diceva una volta alle “burbe” in caserma. 

“Si vede che nessuno di quelli che ha votato contro ha dei figli. Si vede che nessuno del Governo vive in Italia, dove la temperatura media è aumentata non di 1,1 gradi come la media globale ma di 1,58 gradi. Si vede che nessuno di loro pensa di essere ancora vivo nel 2030”. Così hanno amaramente commentato sul loro profilo Instagram le ragazze e i ragazzi di Fridays for Future che non hanno preso bene la bocciatura della “loro” mozione. 


Così come non hanno preso bene l’approvazione del testo alternativa avanzato dei 5 Stelle che l’emergenza climatica non la menziona neppure e parla genericamente di, pensate un po’!, “promuovere campagne di sensibilizzazione e informazione rivolte ai cittadini in sinergia con gli enti locali”. Non hanno preso bene neppure il fatto che Di Maio, tutto contento, abbia fatto passare tutto questo come una sua grande vittoria diplomatica nei confronti di quegli insensibili della Lega. Ma già, cosa dicevamo delle facce dei nostri eletti al Parlamento? 

“Via le Grandi Navi dalla laguna!” La Venezia viva in assemblea al Sale lancia la manifestazione di sabato 8 giugno

L’incidente in banchina dell’Msc Opera ha avuto quanto meno l’effetto di risvegliare le coscienze. Intendiamo, risvegliare le coscienze di chi ce l’ha, una coscienza. Al mutismo delle compagnie ed al “bla bla” della politica che semplicemente non conosce il problema a fondo e farà di tutto per non trovare una soluzione che scontenti le potentissime compagnie di crociera - che si sono vantate di un fatturato in crescita che ha toccato lo scorso anno 14 miliardi di euro - va contrapposto l’indignata reazione della Venezia viva. Quale che non si rassegna a posporre diritti, salute, ambiente e democrazia nel suo territorio alle logiche di fatturato in banca delle multinazionali crocieristiche.

L’assemblea dei No Navi, svoltasi ieri pomeriggio ai Magazzini del Sale è stata premiata da una partecipazione straordinaria - almeno 150 persone - e lascia ben sperare per la riuscita ella manifestazione che è stata lanciata per sabato prossimo, 16 giugno, con ritrovo alle Zattere alle ore 16.

Tanta gente, dicevamo, e un ospite d’eccezione. I lavori sono stati aperti da Laura Zuniga Caceres, una delle figlie dell’attivista honduregna Berta, fondatrice dell’organizzazione Copinh attraverso la quale le popolazioni indigene del paese Centroamerica hanno lottato contro la realizzazione di una diga sul Río Gualcarque progettata dalla multinazionale Desa. Berta è stata assassinata il 2 marzo del 2016. Tra i mandanti, un manager e un responsabile della sicurezza della Desa e due alti militari dell’esercito dell’Honduras.


“Noi combattiamo ogni giorno contro l’estrattivismo, voi a Venezia contro la turistificazione di massa - ha spiegato ‘Laurita’ all’assemblea - ma la lotta è una sola: quella contro la stessa logica predatoria di chi trasforma diritti e ambiente in merce per ricavarne profitto”.

Il dibattito è stato aperto dagli interventi dei portavoce dei Noi Grandi Navi, di Quartieri in Movimento e di Fridays for Future.

Applicare sin da subito il decreto Clini Passera che vieta l’entrata in laguna delle navi con stazza superiore alle 40 mila tonnellate, è la soluzione del problema secondo l’assemblea. Una soluzione già pronta che non ha costi e non prevede scavi o altre Grandi Opere in laguna.

Chi parla di scavare il Vittorio Emanuele non sa quello che dice. Oppure butta acqua sul fuoco per lasciare tutto come sta. Oltre allo scavo del Vittorio Emanuele infatti, sarebbe necessario ampliare il canale dei petroli per consentire alle Grandi Navi di transitare con le petroliere. Una “soluzione” vietata dalla legge speciale per Venezia e dalla normativa Seveso per prevenire gli incidenti industriali. Il tutto, per portare questi condomini galleggianti sempre nella banchina già “incidentata” di San Basilio oppure su un nuovo scalo a Porto Marghera che aggiungerebbe ulteriore inquinamento in un’area già sufficientemente inquinata e ulteriore rischio in una zona già sufficientemente a rischio. “Riuscite ad immaginare una grande nave in avaria in un’area riempita di impianti pericolosi come Porto Marghera?”, si chiede preoccupato il presidente della municipalità, Gianfranco Bettin.

Non sono queste le ”soluzioni” che vogliono i veneziani e tutti coloro che hanno a cuore la laguna. “Le Grandi Navi devono starsene fuori - ha sottolineato Marta di Fridays for Future -. Sono pericolose per la città, per la laguna, per l’Adriatico e pure da tutti gli oceani del mondo. Sono un emblema perfetto di quel profitto predatorio che inquina sia l’ambiente che la stessa democrazia. Le Grandi navi sono incompatibili con la lotta ai cambiamenti climatici”.

L’incidente in banchina dell’Msc Opera, abbiamo scritto in apertura, ha avuto quanto meno l’effetto di risvegliare le coscienze. E non solo degli italiani. Parliamo delle coscienze del mondo (perché Venezia appartiene al mondo). Quel grattacielo galleggiante che ciondolava senza controllo nel canale della Giudecca sfracellando le fragili imbarcazioni che incontrava, è un emblema perfetto della deriva pericolosa di un capitalismo diventato troppo grande e insostenibile per la nostra terra. Questa immagina ha toccato profondamente la nostra anima perché tutti noi, anche chi dice che ai cambiamenti climatici non crede, sappiamo bene che un pianeta B non ce l’abbiamo.

Oggi Venezia e le scelte che faremo per difenderla, sono sotto gli occhi del mondo intero. Una ottima occasione per dare, una vota tanto, il buon esempio e buttare questi mostri devastanti e i loro profitti miliardari fuori della laguna. Fuori dal pianeta.

#FacciamoCausa. I movimenti ambientalisti denunciano lo Stato Italiano per immobilità nell’affrontare i cambiamenti climatici

La prima “causa climatica” arriva nei tribunali italiani. L’iniziativa è stata lanciata oggi, alle ore 12,30, in occasione della giornata mondiale dedicata all’ambiente.
“Chiediamo ai giudici di condannare lo Stato Italiano per la violazione del diritto umano al clima – si legge nel comunicato di presentazione dell’iniziativa -. Il livello della minaccia rappresentata dagli stravolgimenti climatici e la debolezza delle misure messe in atto dagli Stati destano una crescente preoccupazione nell’opinione pubblica, che si organizza attraverso mobilitazioni sempre più intense a livello internazionale. Il movimento per la giustizia climatica rappresenta oggi uno dei fenomeni più rilevanti sulla scena internazionale, denunciando senza sosta l’immobilismo dei poteri pubblici nella protezione dei diritti umani connessi al clima”. A questo link potete trovare il testo integrale del comunicato. “Da questo punto di vista -continua il testo-, l’Italia non fa eccezione. Il nostro Paese ha obiettivi di riduzione delle emissioni scarsamente ambiziosi e non in linea con le raccomandazioni espresse dalla comunità scientifica per centrare l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro la soglia prudenziale dei +1,5 centigradi”.
Non sarà la prima “causa ambientale” al mondo. In ben 25 Paesi, la società civile è riuscita a portare alla sbarra lo Stato. E con lo Stato, le imprese e i progetti con un forte impatto sul clima. Alcuni contenziosi sono ancora in atto. Ma in Olanda, gli ambientalisti hanno visto la causa nei primi due gradi di giudizio e hanno imposto al Governo di rivedere i suoi piani.
L’iniziativa legale, che partirà in autunno col deposito dell’atto di citazione, e la campagna a suo sostegno, chiamata “Giudizio universale” sono state lanciate da una lunga lista di associazioni, movimenti, comitati ambientalisti e siti che si occupano di ecologia di tutta la Penisola, tra i quali EcoMagazine.
Per aderire, contribuire, o per essere inseriti nella mailing list informativa, collegatevi al sito Giudizio Universale. L’hastag ufficiale sarà #FacciamoCausa.
“La campagna è patrimonio di tutte le organizzazioni e i movimenti sociali impegnate in questi mesi contro i cambiamenti climatici – spiegano i portavoce di A Sud-, e vuole essere un ulteriore strumento di pressione per il nostro governo in vista della prossima Conferenza Mondiale sul Clima, in Cile”. 
Contatti.    Mail: stampa@giudiziouniversale.eu    Tel: 348 686 1204

Pericolo Grandi navi, Venezia non vuole trovare la soluzione

Venezia. Torna la possibilità di costruire un banchina a Marghera. Protestano gli ambientalisti: colossi del mare fuori dalla città

Domenica mattina, ore 8,35. La nave da crociera Msc Opera ha appena superato il bacino di San Marco e naviga alla velocità di 5,5 nodi nel mezzo del canale della Giudecca. E’ una delle «Grandi Navi» il cui devastante impatto sul delicato equilibrio lagunare è sempre stato denunciato dagli ambientalisti veneziani: una sorta di villaggio turistico galleggiante lungo 275 metri e con una stazza di 65mila tonnellate che da ferma inquina quanto 15.500 auto.
Tanto è vero che sotto il ponte di Rialto sono state misurate più polveri sottili che ai bordi di una autostrada a tre corsie. Giunta a ridosso alla banchina d’ormeggio a San Basilio, la nave dovrebbe rallentare ma così non accade. Secondo le prima indagini, la colpa sarebbe da imputarsi ad un non meglio definito «black out» del sistema di navigazione. Un evento che le compagnie di crociera avevano sempre giudicato «impossibile alla luce delle moderne tecnologia» ma che ha comunque causato altri abbordi come quello al porto di Genova. Fatto sta che la nave non riesce a fermare il suo abbrivio. Le cime da traino di sicurezza dei due rimorchiatori che la scortavano si spezzano.
L’Msc Opera continua la sua corsa e, seminando panico tra le persone che attendevano l’arrivo della nave, costrette a fuggire disordinatamente, va a schiantarsi tra la banchina del porto e una lunga lancia fluviale ormeggiata. La lancia viene fracassata, ma ha il merito di attenuare l’urto. Qualcuno finisce in acqua, quattro donne finiscono all’ospedale con contusioni e ferite di lieve entità. Il video dell’abbordo girato da un testimone che si trovava nella banchina d’ormeggio, finisce sulla rete e fa rapidamente il giro del mondo.

«UN DISASTRO ANNUNCIATO – ha dichiarato Tommaso Cacciari, portavoce del Comitato No Grandi Navi – che questi grattacieli galleggianti siano incompatibili con la laguna e che non possano navigare in canali che sono stati realizzati per gondole o barche a vela, lo diciamo da sei anni. La politica non ha fatto niente. E oggi abbiamo rischiato il morto. L’incidente ha dimostrato che non soltanto queste grandi navi inquinano l’atmosfera e devastano le fragile struttura palafitticola che sorregge la città, ma sono anche pericolose. È ora di buttarle fuori dalla laguna». Il comitato ha indetto una assemblea cittadina ai Magazzini del Sale, mercoledì alle 17,30, in cui si preparerà la mobilitazione di sabato prossimo alle ore 16 alle Zattere.
Intanto che il mondo si interroga su cosa sarebbe potuto succedere se l’Msc Opera avesse perso il controllo dieci minuti prima e avesse speronato Palazzo Ducale, la politica si è svegliata dal letargo. Soltanto che le «soluzioni» che propone sono, se possibile, peggiori del male. Tanto il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, quanto la Regione e l’Autorità Portuale hanno colto la palla al balzo per rilanciare il progetto, più volte bocciato dalla commissione Via (ma questo a Venezia non vuol dire nulla perché anche il Mose era stato bocciato dalla commissione di impatto ambientale), di dirottare le grandi navi lungo il canale Vittorio Emanuele.
Una strada d’acqua che eviterebbe la «passerella» davanti al salotto buono di Venezia, il bacino di San Marco, dirottando il problema in terraferma, con la realizzazione di una banchina a Marghera. Soluzione per la quale si è espresso anche il vicepremier Matteo Salvini che non ha perso occasione di addossare tutta la colpa del mancato intervento ad un non espressamente citato “ministro dei 5 Stelle” che avrebbe messo il classico bastone sulle ruote al Governo del Cambiamento.

DI CHI SI TRATTA? Il primo indiziato è Danilo Toninelli, che il leader della Lega non ama di sicuro. Ma è più probabile che il «colpevole» sia Sergio Costa, ministro dell’Ambiente. Sono proprio gli studi messi a punto dai tecnici di questo ministero che hanno impedito che cominciassero i lavori per l’ampliamento del Vittorio Emanuele per farci passare le grandi navi. Scavi che comprometterebbero definitivamente quello che rimane del fragile equilibrio morfologico e idrogeologico della laguna, trasformandola in un braccio di mare aperto. Senza contare l’escavazione di milioni di metri cubi di fanghi pesantemente inquinati, considerando che il Vittorio Emanuele corre a ridosso della zona industriale di Porto Marghera.

SONO BEN ALTRE le soluzioni che chiedono gli ambientalisti. Su tutte, quella di tenere le navi ben lontane dalla laguna dirottandole verso altri porti oppure su un avamposto al largo collegato alla città da battelli navetta.

Intanto, per la prima volta dopo centinaia di anni, Venezia ha dovuto rinunciare alla sua festa della Sensa e alla regata nel canal della Giudecca che apriva la stagione del remo. Era la festa dello «sposalizio» col mare che portava alla città spezie, cultura e ricchezze. Ma oggi non c’è davvero niente per cui festeggiare.

Apre Sherwood, il festival a zero emissioni

Sarà un festival “plastic free” quello che si aprirà venerdì 7 giugno nell’oramai storica cornice del parcheggio nord dello stadio Euganeo di Padova. Convinti che “climate justice” non sia solo uno slogan da scandire nelle manifestazioni ma anche un qualcosa che deve entrare nelle vite e nelle scelte di tutti i giorni, le ragazze e i ragazzi dello Sherwood hanno deciso di intraprendere una decisa svolta verde, riducendo il più possibile l’impatto del festival per renderlo ambientalmente sostenibile. L’appuntamento più importante per i movimenti sociali e ambientali del nord Italia, che da vent’anni sposa musica, eventi, informazione e politica, quest’anno cambia decisamente “vestito” e rinuncia alla plastica ed agli inquinanti in nome della sostenibilità ambientale. Una scelta necessaria e indispensabile, perché, come gridano nelle piazze le ragazze e i ragazzi di Fridays For Future, “non abbiamo un pianeta B” ed anche la foresta di Robin Hood fa parte di questo pianeta Terra. “Noi dello Sherwood Festival crediamo che sia possibile produrre un festival Climate Positive – se legge nel sito sherwoodfestival -. Per l’edizione 2019 del Sherwood Festival abbiamo lavorato molto riducendo del 50% i nostri impatti climatici rispetto alle edizioni precedenti. Abbiamo eliminato la plastica dal festival, abbiamo scelto energia rinnovabile per i vostri decibel preferiti e vogliamo creare a Padova una nuova foresta di Sherwood!”


Tante le novità che ci aspettano. Ad eccezione dei tappi delle bottiglie che andranno conferiti negli appositi contenitori di raccolta, bicchieri, posate, piatti, cannucce e le bottiglie saranno tutti compostabili e andranno gettati nei bidoni dell’umido. “La plastica è il rifiuto che pesa di più sulla salute del mondo – si legge nel sito -: un enorme problema che provoca danni irreversibili. Per le sue conseguenze e per le sue dimensioni si può comparare al riscaldamento globale. Questo materiale impiega 450 anni per degradarsi e le microplastiche in cui si trasforma sono la minaccia più grave per la sopravvivenza dell’ecosistema marino.Questi frammenti vengono ingeriti dai pesci e poi da noi quando li mangiamo. Nel Mediterraneo le concentrazioni di microplastiche sono il 7% a livello globale. Negli oceani ogni anno vengono riversate 800 milioni di tonnellate di plastica, l’85% dei rifiuti marini. I dati ci dicono che se continueremo così entro il 2050 nei mari ci sarà più plastica che pesci. Per questi motivi allo Sherwood Festival non troverete plastica monouso”. Anche le cannucce che troverete negli stand, sono prodotte in PLA e compostabili.

Gruppi di volontari, aiuteranno gli ospiti ad effettuare una corretta raccolta differenziata: umido, secco e carta. “Ma ridurre i nostri impatti ambientali non ci basta. Vogliamo restituire alla natura quello che ogni giorno lei ci dona. Vogliamo che ogni anno il Festival possa lasciare la città di Padova meglio di come l’ha trovata. Per questo vogliamo creare a Padova la Foresta di Sherwood. A ottobre 2019 pianteremo i nostri primi 100 alberi accuratamente selezionati per catturare CO2 e inquinanti come PM10. La Foresta di Sherwood crescerà vigorosa a poche centinaia di metri dall’area del Festival”.

Anche la luce che illuminerà le serate del festival sarà pulita, sostenibile, etica e rinnovabile. Sherwood ha scelto un fornitore di energia – ènostra – che garantisce tutto questo. I visitatori potranno diventare soci della cooperativa con uno sconto speciale del 5% sui servizi del primo anno. Qui trovi tutte le informazioni necessarie.

Per quanto riguarda la mobilità, il festival ha attivato unservizio di bus navetta gratuito che dal centro di Padova e dalla stazione dei treni raggiunge il Park Nord. Inoltre, continua la partnership con Busforfun, la start- up veneta che offre servizi di collegamento con i più importanti appuntamenti culturali in Italia e all’estero. Tutte le info su questa pagina.

Anche i cibi e le bevande che stanno servito negli stand – con poche eccezioni tra le quali la Coca Cola, su cui si conta di riuscire a fare a meno il prossimo anno – sono prodotti a chilometri zero, o quasi, e provengono da produttori biologici e certificati, come El Tamiso. Non troverete invece alimentari proveniente da Paesi che violano i diritti umani o da aziende che devastano l’ambiente e sfruttano i lavoratori.

Chi lo sa? Magari, quelli che ancora non ci credono, grazie allo Sherwood festival, scopriranno che si può bere e mangiare – e bene! – ugualmente, rispettando le risorse di quel pianeta che è l’unico che abbiamo.
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