In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.
Una mattinata di ordinaria mobilitazione. Consegnato il dossier a Renzi, occupato il Magistrato alle Acque, smantellato l'ufficio
8/07/2014EcoMagazine
Uno spiegamento impressionante di forze che strideva con la storia della Serenissima. Lo stesso palazzo ducale infatti, non è stato concepito come un fortino e il doge non ha mai avuto una milizia a sua difesa proprio perché spettava ai veneziani decidere se abbattere o difendere la governanza a seconda del suo comportamento.
Oggi invece a difendere Matteo Renzi venuto ad inaugurare la Digital Venice Week (“settimana digitale veneziana”, una mostra sulle innovazioni informatiche scritta in inglese perché si crede che faccia più figo) c’era lo schieramento delle grandi occasioni.
I manifestanti sono riusciti comunque ad ottenere di far passare una delegazione per incontrare lo staff del presidente del Consiglio e consegnare le richieste tra le quali, ricordiamo, lo scioglimento del Consorzio Venezia Nuova. Consorzio che, come ci spiega Beppe Caccia, è stato la “madre di tutto il malaffare veneto”.
“Se Renzi vuole davvero trovare una via di uscita alla palude di corruzione in cui è sprofondata Venezia - ha commentato Caccia - deve ascoltare chi da oltre vent’anni denuncia questo sistema che mescola malaffare e malgoverno. Inutile cercare di scaricare tutte le colpe su Baita e Mazzacurati! Erano tutte le imprese che facevano capo al Consorzio a decidere chi spingere politicamente e chi corrompere per far proseguire un’opera come il Mose che non poteva essere realizzata se non bypassando tutte le procedure di tutela ambientale e di gestione trasparente dei fondi”.
Per conoscere nel dettaglio le richieste dei comitati, dallo smantellamento del Consorzio sino ad una moratoria su tutte le Grandi Opere, collegatevi a questo link di EcoMagazine.
La mattinata di mobilitazione si è conclusa con una spettacolare azione nel “cuore” del malaffare. Gli attivisti hanno occupato la sede del Magistrato alle Acque, ai piedi del ponte di Rialto, e gli hanno letteralmente smontato l’ufficio. Pezzo per pezzo.
Una azione simbolica, come ci spiega Tommaso Cacciari del laboratorio Morion: “Abbiamo chiesto a Renzi che il Magistrato alle Acque che si è rivelato uno dei cardini della corruzione (nell’elenco degli ultimi presidenti, difficile trovarne uno che non abbia mai avuto le manette ai polsi.ndr) e che fa capo direttamente al Ministero, venga sciolto per riversare le sue competenze all’interno del Comune di Venezia che è un ente più vicino ai cittadini”. E così, per portarsi avanti col lavoro, gli hanno smontato l’ufficio che neanche all'Ikea trovi pezzi più piccoli dei mobili!
Proprio come ai bei tempi della battaglia contro il Mose, scrivevamo in apertura. Ricordiamo una analoga occupazione avvenuta qualche anno fa, quando responsabile dell’ufficio era - sempre per la serie “manette ai polsi” - tale Maria Giovanna Piva. Alcuni dei ragazzi che avevano compiuto l’azione di protesta si sono visti appioppare dai 4 agli 8 mesi di reclusione. La loro colpa era solo quella di aver denunciato quanto gli stessi magistrati inquirenti oggi denunciano e di aver ribadito ciò che oggi tutti ribadiscono: il Mose è un’opera funzionale solo alle tangenti. Ad altro non serve.
Ma questa mattina, ritornando in quell’ufficio vuoto, nessuno provava soddisfazione per gli “arresti eccellenti” che, ad opera avanzata, ci hanno dato ragione. Solo tanta, tanta rabbia.
Comitati in campo per la moratoria alle Grandi Opere. “Le inchieste non bastano. Bisogna cambiare il sistema”
3/07/2014EcoMagazine
Ecco quanto hanno ribadito i rappresentanti dei tanti comitati veneti riuniti in una rete contro le Grandi Opere che si sono dati appuntamento in campo San Tomà, a due passi da palazzo Balbi, sede della Giunta Regionale del Veneto. Tante bandiere, tanti striscioni colorati per ricordare le tante devastazioni sulle quali sia il Governo che la Regione insistono nel perpetuare, nonostante gli arresti e le inchieste. Il tutto nel sacro nome di uno “sviluppo predatorio” che oramai detta legge sia da destra che da sinistra.
“Le Grandi Opere sono state il pozzo senza fondo di una corruzione così ramificata e organizzata che possiamo definire mafiosa. Assieme a grandi gruppi imprenditoriali, vede coinvolti politici e uomini delle istituzioni - si legge nei volantini distribuiti durante l’iniziativa -. I comitati che in tutti questi anni hanno provato a richiedere trasparenza e legalità hanno sempre trovato il rifiuto a ogni tipo di partecipazione e perfino l’impedimento ad accedere agli atti pubblici dei vari progetti”.
Le inchieste della magistratura, le promesse del Governo Renzi non hanno cambiato questo stato di cose. Oggi più di prima le Grandi Opere come il Mose, la Tav, la Nogara Mare, lo scavo del Contorta, sono operazioni secretate e, in qualche caso addirittura, militarizzate come se fossero un obiettivo sensibile per la difesa del Paese.
Il sistema cha ha creato le Grandi Opere si difende tagliando qualche ramo ma salvaguardando il fusto e le radici del malaffare.
Per questo, i comitati hanno chiesto una moratoria per tutte le Grandi Opere e l’abbandono dei tre strumenti base che sono stati usati per finanziarle e gestirle: la legge Obiettivo, il project financing e il commissario straordinario.
E questo è quando i comitati chiederanno a Renzi, atteso proprio a Venezia martedì 8 luglio. #civediamol8
No Ogm, assalto al campo Monsanto
25/06/2014Il Manifesto
Ricordiamo che le coltivazioni di Giorgio Fidenato rappresentano una sorta di cavallo di Troia della Monsanto in Italia e in Europa, specialmente in un momento come questo in cui la comunità europea ha deciso per il libero arbitrio degli Stati in materia di organismi trangenici, aprendo di fatto le porte al principio di “coesistenza” col conseguente rischio che negli scaffali dei supermercati si possano trovare prodotti biologici al fianco dei prodotti Ogm. Un pericolo subdolo, sostengono gli ambientalisti, perché, per loro stessa natura, le coltivazioni Ogm sono contaminanti e invasive per tutto l’ecosistema di cui si nutrono. Biologico e transgenico non possono di fatto essere considerati coesistenti.
In base al principio di precauzione, lo Stato Italiano ha sino ad oggi vietato l’uso di Ogm nel Paese. Lo stesso Fidenato è stato multato di 40 mila euro per la sua attività ma evidentemente questo non è bastato dal farlo desistere a intraprendere un’altra coltivazione di Mon810. Per la terza volta consecutiva così, gli Organismi Genuinamente Mobilitati hanno deciso di intervenire prima che il mais arrivasse al punto di non ritorno dell’impollinazione. Lo hanno fatto proprio nei giorni in cui gli attivisti che hanno partecipato alla prima spedizione contro i campi di Fidenato sono stati assolti dalle accuse più gravi, fatto salvo quella di “danneggiamento”. E lo hanno fatto proprio nel giorno di san Giovanni che è tradizionalmente una data magica per l’agricoltura. E’ il giorno della raccolta delle noci per il nocino, dei fiori di camomilla più profumati e... anche il giorno della distruzione delle piante Ogm.
E con questa sono tre. Gli Organismi Genuinamente Mobilitati ripuliscono ancora i campi coltivati a Mon810
24/06/2014EcoMagazine
La storia si è ripetuta anche oggi, giorno di San Giovanni, giorno “magico” per l’agricoltura. Il giorno dei fiori di camomilla e del nocino. In questo giorno magico, per la terza volta consecutiva, dei grandi campi coltivati a mais transgenico di Giorgio Fidenato, cavallo di troia della Monsanto in Europa, non ne è rimasto abbastanza da sfamare un paio di cavallette.
Il folto gruppo di attivisti, arrivato a Vivaro verso le 12,30, ci ha dato alla grande che neppure un “machetero” di professione. E’ bastato un quarto d’ora per "ripulire" duemila metri quadri di mais transgenico che, ricordiamolo, è illegale sia in Italia che in Europa. Il Fidenato infatti si è già preso un multone di 40 mila euro ma evidentemente per chi lavora con la Monsanto sono solo bruscolini. Tanto è vero che l'agricoltore/imprenditore ha immediatamente riseminato lo stesso campo con lo stesso mais transgenico che anche questa volta è cresciuto vigoroso, come abbiamo detto, sino all’arrivo degli ambientalisti. Ora non rimane che cantare “Là dove c’era l’erba...”
“Distruggere le piante, anche piante come queste, non è cosa che ci fa piacere - ha dichiarato un attivista in tuta bianca - Ma abbiamo risposto con una azione di ripulitura ad un atto di violenza contro la biodiversità e la salute che è quello compiuto da Giorgio Fidenato. Lui e altri come lui sono riconducibili a quella cricca di apprendisti stregoni legati all'impianto di potere della Monsanto che cerca di introdurre per vie traverse le coltivazioni Ogm laddove sono vietate dalle normative statali. L'abbiamo visto in diversi Paesi di tutto il mondo, e lo stiamo vedendo anche in Europa ed in particolar modo in Italia, soprattutto in previsione dell'Expo 2015 in cui le grandi multinazionali delle sementi saranno direttamente protagoniste della gestione diretta o indiretta di alcuni padiglioni”.
Ora che l’Europa ha delegato agli Stati membri le decisioni sull’uso di organismi geneticamente modificati, vi è il rischio - sostengono gli attivisti - che passi una idea di coesistenza tra il biologico e il transgenico. Una idea fallace per sua stessa natura, in quanto le coltivazioni Ogm sono contaminanti e invasive per tutto l’ecosistema di cui si nutrono.
“E questo - concludono gli attivisti - è uno dei motivi per i quali siamo contrari all’agricoltura transgenica. la nostra Europa è libera dagli Ogm. Keep calm and use Falce”
Il Consiglio Comunale rassegna le dimissioni ma prima vota la mozione in cui chiede lo scioglimento del Consorzio Venezia Nuova
23/06/2014EcoMagazine, Global Project
Lunedì 23 giugno, ultimo consiglio a Ca’ Farsetti. Giusto il tempo di approvare un paio di delibere importanti, come il trasferimento del mercato ortofrutticolo e naturalmente il bilancio, e poi comincia l’inevitabile rito delle dimissioni dei consiglieri. Il tutto davanti ad un merdaio di fasci&forconi bercianti. Non più di quattro gatti, per la verità. Niente di paragonabile alla seduta precedente quando uscirono dalle fogne persino i forzanuovisti a sventolare cartelli con scritto “Amici dei violenti e ora anche delinquenti”. Ma lo spettacolo di urla e spintonate in platea non è mancato neppure questa volta. La cosa incredibile è che i più “gettonati” per gli “andate a lavorare” sono stati coloro che del Mose e del sistema Mose sono stati i più grandi contestatori: Beppe Caccia, Gianfranco Bettin, Sebastiano Bonzio! Per non parlare della Camilla Seibezzi, sempre in testa alla hit parade degli strillatori da osteria, come se le sue fiabe gay fossero peggiori delle fiabe che han sempre cercato di contarci sul Mose.
Come ha osservato lo stesso Caccia, lo scandalo Mose ha colpito la Regione, la Corte dei Conti, ministri ed ex ministri del Governo, la Guardia di Finanza, il Magistrato alle Acque, per tacere del Consorzio Venezia Nuova. Il Comune è stato investito di striscio e solo nella persona del sindaco per un finanziamento di poche centinaio di migliaia di euro che Orsoni ha usato proprio per vincere le primarie contro Bettin. Fatto, per carità, gravissimo ed imperdonabile da un punto di vista politico ma che di fronte alla cricca mafiosa che sta dietro al Mose ci sta come uno scasso col cacciavite ad un distributore di bibite contro il cartello del narcotraffico sudamericano.
Eppure chi finisce a cartoni all’aria è proprio il consiglio comunale. Come mai? Una spiegazione c’è. Il sistema che ha creato il Mose può anche condannare qualche pedina ma deve comunque salvare se stesso. E’ un sistema misto politico - affaristico - mafioso che macina diritti, ambiente e democrazia per ricavare capitale e potere per pochi. Il consiglio comunale di Venezia che, come tutti i consigli comunali è l’organo più vicino ai cittadini, è sempre stato un bastone tra le ruote di questo sistema accentratore che rifugge ogni controllo e rendicontazione. Tanto è vero che i soli Massimo Cacciari e Gianfranco Bettin votavano contro la Grande Opera nel Comitatone. Ecco perché Orsoni è rimasto vittima del sensazionalismo giudiziario e il suo (evitabilissimo, a nostro avviso) arresto - l’arresto del sindaco di Venezia! - ha fatto più scalpore delle accusa ben più pesanti a carico di personaggi come Renato Chisso e Giancarlo Galan, a piede libero solo perché onorevole.
Ed ecco perché quei quattro buzzurroni che invocavano forche e pene di morte a destra e a manda in consiglio se la pigliavano con le uniche persone che, potete metterci tutti la mano sul fuoco, dal Consorzio non si sono mai fatte corrompere. Ed ecco perché questi stessi forcaioli a bassa scolarizzazione che nei fumetti vengono regolarmente presi a calci in culo da Tex Willer, applaudivano sino a spellarsi le mani agli interventi dei consiglieri di destra che il Mose - il sistema Mose - lo hanno sempre difeso e voluto.
Cosa questa, chiarissima anche negli interventi dei consiglieri che si sono espressi sulla mozione portata in aula da Caccia, Seibezzi e Bonzio con la quale si chiede al Governo di sciogliere il Consorzio Venezia Nuova e il Magistrato delle Acque per attribuirne i poteri al Comune. Dichiarandosi contrari alla richiesta, i consiglieri di destra ribadivano che, proprio per evitare questi scandali e non intralciare la realizzazione dell’opera, i poteri di questi enti andavano al contrario potenziati.
La cosa ha una sua logica, c’è da osservare. Se berlusconianamente attribuissimo a questi enti anche un controllo sulla magistratura inquirente... beh, potremmo essere certi che certi scandali non vedrebbero più la luce del sole! Il discorso invece è l’esatto contrario. Consorzi dotati di poteri straordinari servono solo a creare scandali straordinari. Enti che operano in deroga alle leggi, finiscono per derogare anche alla legalità. Servizi che gestiscono fondi pubblici senza rendicontazione, finiscono per dirottare questi fondi al privato e a creare un mercato di tangenti e di opere inutili finalizzate alla tangente stessa. La soluzione non sono gli arresti ma la democrazia dal basso, la partecipazione delle cittadinanza attiva alle scelte sul territorio, i controlli incrociati, la tutela e la valorizzazione dell’ambiente attraverso studi scientifici seri ed indipendenti. Tutte cose che col Mose non abbiamo mai visto.
Per questo riteniamo importante che coma ultimo atto il consiglio abbia approvato la mozione per lo scioglimento del Consorzio. Anche se il Governo ben difficilmente accoglierà la richiesta, sarà comunque un buon punto di partenza per il consiglio che verrà. Peccato solo non averla votata qualche anno fa, una mozione così. Ma qualche anno fa non avremmo mai sperato di sentire tanti consiglieri del Pd sparare ad alzo zero sul Mose come in questi ultimi consigli comunali. Va ben. Scriviamo “Meglio tardi che mai” e chiudiamola qua.
La carovana oltre i confini
22/06/2014Il Manifesto
Perlomeno trecento persone si sono radunate nella città del Duomo, molti provenivano dai centri sociali di Venezia e Padova, o dagli spazi autogestiti dell’Emilia Romagna, del Trentino e del Friuli Venezia Giulia. Molti anche i lombardi. Folta la rappresentanza dei migranti e dei richiedenti asilo, almeno una trentina dei quali provenivano dalla casa dei diritti Don Gallo di Padova. Una palazzina di proprietà di una banca, abbandonata a se stessa dopo che la che la magistratura l’ha sottoposta a sequestro, che i richiedenti asilo hanno occupato e ristrutturato in collaborazione con Razzismo Stop. Un’esperienza di autogestione che sta tracciano la strada ad altre esperienze simili nel Nord est. In particolare dopo che il decreto Lupi ha subordinato la concessione del permesso di soggiorno alla residenza.
«Andiamo alla frontiera svizzera per denunciare l’ipocrisia con la quale l’Europa affronta una problema sociale come quello dei profughi – spiega Nicola Grigion, portavoce di Melting Pot – Ipocrisia che proprio a Milano è sotto gli occhi di tutti. Qui infatti giungono i richiedenti asilo dalla Siria, persone in fuga da una guerra feroce che invece di trovare accoglienza vengono di fatto consegnati ai trafficanti e costrette a pagare dai mille ai duemila euro per attraversare il confine e continuare il viaggio».
A Milano, come conferma una operatrice del Comune, i profughi provenienti da Catania vengono inviati alle strutture di accoglienza «dimenticando» di effettuare la registrazione che pure dovrebbe essere obbligatoria ai termini di legge. In pratica, vengono lasciati in una sorta di limbo e per lo Stato italiano non esistono più. Il che, consente loro di proseguire il viaggio verso il nord Europa, Belgio, Olanda e Svezia soprattutto ma per far questo sono costretti ad affidarsi alla criminalità che organizza il traffico. «Vengono tutte le sere con un pullman davanti al centro dove lavoro — spiega la giovane — Chi gli consegna i soldi viene fatto salire e tutti fanno finta di niente». Una conseguenza degli assurdi accordi di Dublino che obbliga un rifugiato a non spostarsi dal Paese in cui ha chiesto asilo.
Una situazione vergognosa che si sposa con le politiche migratorie di una Europa che sceglie di vivere di “emergenze” anche di fronte ad una guerra che prosegue da anni. «Diritto di asilo europeo», «le vostre frontiere ci uccidono», «per un’Europa senza confini», «non ci serve Mare Nostrum ma canali di ingresso regolari», urlano migranti e attivisti prima di salire sul treno diretto a Chiasso, alla frontiera con la Svizzera. Un confine allo stesso tempo interno ed esterno all’Unione europea.
Gli attivisti hanno un regolare biglietto cumulativo ma un cordone di polizia impedisce loro di salire sul treno. Alla fine si parte con mezz’ora di ritardo: quasi inconcepibile per le proverbiali ferrovie svizzere. Durante il viaggio, i migranti sottoscrivono un documento, più che altro simbolico, con il quale chiedono asilo alle autorità svizzere appellandosi alla convenzione di Ginevra sui diritti dell’uomo, denunciando come in Italia questi vengano violati. All’arrivo a Chiasso, il treno viene circondato da un incredibile cordone di polizia che blocca l’apertura delle porte. Anche i giornalisti elvetici che attendevano la carovana, vengono tenuti fuori dalla stazione. Mezz’ora di trattativa e alla fine la carovana riesce a mettere piede sul suolo svizzero e a stendere gli striscioni. Per qualche ora almeno la frontiera è stata violata.
Una lettera indecente. Il presidente del Consorzio scrive a Renzi: “Concludiamo l’opera senza verifiche”
20/06/2014EcoMagazine, Global Project
In sostanza Fabris fa questo ragionamento: le inchieste della magistratura sono una cosa, il Mose un’altra. I politici, dice Fabris, sono corruttibili (soprattutto gli amici suoi, potremmo obiettare noi), lo si sa. Ma se vogliamo che i lavori delle paratoie mobili continuino, il Governo si guardi bene dal commissariare il Consorzio o, peggio ancora, far le pulci agli appalti, addentrarsi nella giungla delle consulenze ed effettuare verifiche scientifiche sull’opera. Come dire: il carrozzone politico affaristico che ci ha regalato il Mose deve essere tutelato a tutti i costi, altrimenti il Mose non si fa. Perseguitiamo pure gli uomini, ma difendiamo il sistema.
Lo stesso ex Magistrato alla Acque, Patrizio Cuccioletta, ha ammesso a i magistrati che, grazie alla capillare corruzione da parte del Consorzio di cui lui è solo una povera vittima, non c'è mai stato alcun serio controllo scientifico sul progetto delle paratie mobili. Questo perché, se ci fosse stato, il progetto non sarebbe stato avviato. Per questo e non per altro, la corruzione era e continua ad essere una “politica” necessaria.
A far scrivere la “lettera indecente” al boss del Consorzio, quindi, è stata la paura che le indagini della magistratura spingano l’opinione pubblica a chiedere una verifica tecnica, autorevole e soprattutto indipendente e non corrotta - come mai è stato fatto - sulla validità del progetto. E magari qualcuno potrebbe anche domandarsi da dove sono venute tutte quelle deroghe alle valutazioni di impatto ambientale, pure previste dalle normative, che hanno fatto volare il mostruoso progettone sulle ali di milionate di euro.
Il punto è che, come per tante altre Grandi Opere, il nemico principale del Mose sono la trasparenza sugli appalti, il rispetto dei vincoli ambientali, l’approccio scientifico sulla validità della realizzazione, la possibilità di scelta di chi vive sul territorio. Che poi sono quattro aspetti di quella cosa che, a parer nostro, altro non è che democrazia partecipata dal basso. Il sistema della concessionaria unica che funge allo stesso tempo da controllore e controllata, è stato studiato apposta per bypassare questi quattro “impicci” sull’onda di vagonate di finanziamenti pubblici.
Per questo Fabris si è appellato a Renzi. Se arriva la democrazia, noi andiamo a casa.
Ultimo aspetto cui accenna anche Caccia, chiedendo una sospensione immediata dei lavori, sono i “pesantissimi dubbi dal punto di vista tecnico-scientifico, dalla questione delle cerniere a quella della risonanza” che gravano sul sistema delle paratie mobili.
Davvero vogliamo affidare la sicurezza di Venezia e quella dei suoi abitanti a un progetto pensato e realizzato solo in funzione di un sistema integrato e capillare di corruzione?
I disastri, ricordiamocelo, non sono mai naturali.
Di seguito, le osservazioni di Beppe Caccia
INDECENTE LA LETTERA DI FABRIS A RENZI:
SCANDALOSO IL TENTATIVO DI SALVARE IL SISTEMA
E DI SOTTRARRE IL MO.S.E. A VERIFICHE RIGOROSE
La lettera del presidente del Consorzio Venezia Nuova Mauro Fabris al presidente del Consiglio Matteo Renzi è una delle cose più indecenti che si siano viste nelle ultime due settimane.
Innanzitutto per la posizione personale del mittente, cui andrebbe suggerito un più sobrio silenzio. Invece di pretendere garanzie dal Governo, Fabris dovrebbe dare un bel po' di spiegazioni sui rapporti intrattenuti negli ultimi vent'anni con la cricca che guidava il Consorzio. Dovrebbe immediatamente, ad esempio, rendere pubblico il contratto di "consulenza strategica" - di cui ha parlato l'ing. Piergiorgio Baita - che Fabris avrebbe ottenuto per sé dallo stesso Consorzio e spiegarci se il contratto era valido e retribuito anche per gli anni, decisivi per l'approvazione del progetto Mo.S.E., in cui si trovava a ricoprire il delicato incarico di sottosegretario ai Lavori Pubblici e svariati ruoli parlamentari e commissariali.
In secondo luogo, per l'arroganza con cui pretenderebbe di salvare, insieme a se stesso, tutto il "sistema", quello della concessione unica dello Stato per le opere di salvaguardia che ha regalato il monopolio su queste al pool di imprese private del Consorzio, in condizioni di totale, criminogena opacità. Chi - in sede di ministero per le Infrastrutture - avrebbe già assicurato a Fabris che il Consorzio non verrà mai commissariato e tantomeno sciolto? Lo stesso ministro Lupi, sulla cui scrivania stanno transitando decisioni cruciali per il futuro della Laguna? E il presidente Renzi non ha nulla da dire al proposito?
Terzo, ma non meno importante, per la volontà di sottrarre i cantieri delle dighe mobili a qualsiasi verifica rigorosa, autorevole e indipendente, sulla sicurezza dell'opera in via di realizzazione, sulla sua efficacia rispetto agli obiettivi dichiarati, sulla congruità dei suoi costi, quelli sostenuti e quelli da sostenere. Il presidente del Magistrato alle Acque Cuccioletta ha ammesso che, grazie alla capillare corruzione da parte del Consorzio, non c'è mai stato alcun serio controllo sul progetto Mo.S.E.: non può pertanto essere conclusa e messa in funzione, come se nulla fosse, un'opera su cui gravano pesantissimi dubbi dal punto di vista tecnico-scientifico, dalla questione delle "cerniere" a quella della "risonanza". Serve invece un'immediata sospensione dei lavori per procedere a tutte le necessarie verifiche.
Beppe Caccia
consigliere Lista "in comune"
Fuori le Navi dalla Laguna. Ce lo chiede pure l’Unesco
18/06/2014EcoMagazine
Nel summit internazionale World Heritage che si sta svolgendo a Doha (Qatar), l’Unesco ha diffuso un elenco preciso di tutte le opere ad altissimo impatto ambientale che rischiano seriamente di alterare per sempre la morfologia della laguna e che potrebbero obbligare l’organizzazione internazionale che ha il compito di tutelare i siti più belli del pianeta a declassare Venezia dal registro mondiale delle aree di interesse artistico e ambientale da difendere.
Come dire: se continuate così, di Venezia non rimarrà nient’altro che cemento, mare aperto e Grandi Opere inutili.
Il documento redatto dall’Unesco potete scaricarlo da questo link. Se masticate un po’ di inglese vi consigliamo di darci una letta. Trovate il capitolo dedicato a Venezia e alla sua laguna da pagina 32 in poi. Le preoccupazione dell’organizzazione riguarda in particolare il sistema di paratie mobili del Mose e altri “progetti attualmente in fase di sviluppo che includono: una piattaforma in mare aperto a circa 8 miglia al largo del porto di Malamocco, un nuovo terminal Autostrade del Mare di Fusina, un nuovo terminal container sul sito degli ex impianti industriali di Porto Marghera, di una nuova struttura multi-funzionale tra Venezia e la sua stazione marittima, e un porto turistico in San Nicolò”.
Un paragrafo a parte è dedicato alle Grandi Navi. L’Unesco esprime “preoccupazioni circa gli impatti ambientali negativi innescati dalle navi da crociera e petroliere”. Purtroppo, si legge, “l’obiettivo che mira ad escludere tutte le navi incompatibili con la città storica e con la laguna non è stato raggiunto nonostante l’impegno del Consiglio Comunale che ha promosso una serie di studi approfonditi … a causa della decisione del tribunale regionale del Veneto di sospendere la legge che riduceva il numero di navi da crociera”.
L’Unesco mette anche in guardia dalle ipotetiche “soluzioni” al problema delle navi: “Trasformazioni irreversibili potrebbero derivare da proposte di progetti di grandi infrastrutture di navigazione e di costruzione in laguna che hanno il potenziale di compromettere seriamente la Ouv della città”.
Per Ouv si intende “Outstanding Universal Value” che è il “metro” con il quale l’organizzazione mondiale misura il valore artistico, storico e paesaggistico di un sito.
Il documento conclude con una calorosa raccomandazione ad “attuare tutte le misure pertinenti per vietare alle navi più grandi di entrare in laguna e trovare alternativa a basso impatto per permettere ai croceristi di godere e allo stesso tempo comprendere il valore e la fragilità di Venezia”.
In quanto ai problemi legati “all’eccezionale pressione turistica sulla città e alle numerose attività legate al turismo debbono essere affrontato e risolti solo con meccanismi che non includano trasformazioni irreversibili”. Più chiari di così…
L’ultima preoccupazione dell’Unesco riguarda la miriade di competenze e “responsabilità che gravitano sulla laguna di Venezia, divise tra le autorità nazionali, regionali e locali in cui il Magistrato alle Acque gioca un ruolo decisivo. Si raccomanda quindi al Governo di stabilire un forte coordinamento tra tutte le parti interessate al fine di garantire gli equilibri idrogeologici della Laguna di Venezia e l’intero bacino di drenaggio nonché la tutela di tutti gli attributi che trasmettono l’Ouv del sito”.
Un’ultima nota. L’Unesco segnala anche due fatti positivi che riguardano la nostra laguna. Il primo è la riserva naturale di Valle Averto, la sola area che rispetti la convenzione di Ramsar sulle aree umide. Il parco della laguna Nord non è ancora attivo, purtroppo, ma confidiamo che, già dal prossimo congresso, l’Unesco premierà anche questa soluzione di tutela del nostro patrimonio culturale e paesaggistico insieme.
La seconda bella notizia segnalata dall’Unesco è il Palais Lumière. Quel torrone in puro stile “arabian nights” che un sarto trevisano di nome Piero Cardìn ma che si fa chiamare alla francese, Pier Cardèn, aveva disegnato per “migliorare” lo skyline della nostra laguna. Come dite? Il progetto è stato ritirato? Ma è proprio questa la bella notizia, no? Lo dice anche l’Unesco!
La Giunta Orsoni affonda. Bettin, Caccia e Seibezzi staccano la spina
13/06/2014EcoVenezia
Cosa che Giorgio Orsoni, messo alle strette, ha fatto nel primo pomeriggio di oggi. Secondo la normativa, la Giunta resterà ancora in carica venti giorni pur se limitatamente al disbrigo delle pratiche urgenti. Poi arriverà un commissario prefettizio che porterà la città a nuove elezioni.
Tutto da ricostruire quindi. Con una sola certezza. Dietro a quel mostro chiamato Mose si celava quello che abbiamo sempre saputo: uno scandaloso intreccio di malaffare e di corruzione che, fatti salvi i pochi ambientalisti che, fuori o dentro le istituzioni, lo hanno sempre combattuto, ha attraversato tanto la destra, Lega compresa, quando la sinistra. Non dimentichiamoci che i fondi dati (a quale titolo dobbiamo ancora capirlo) dal Consorzio all’ex sindaco per la sua campagna elettorale erano finalizzati a respingere la candidatura di Gianfranco Bettin alle primarie. Non si dica quindi che i politici sono tutti uguali. Non tocca a noi difendere Orsoni, ma è chiaro come il sole che le sue responsabilità - pure politicamente gravi - non sono neppure paragonabili a quelle di personaggi come Giancarlo Galan o Renato Chisso. E comunque, c’è chi da questa inchiesta, che ci auguriamo riesca ad andare sino in fondo, non sarà nemmeno sfiorato perché il sistema Mose lo ha sempre denunciato e combattuto. Ed è da queste persone che dobbiamo ripartire per costruire una Venezia degna.
L’emergere della palude di corruzione e malaffare che ha devastato l’ambiente condizionando le scelte strategiche ed infrastrutturali sul nostro territorio chiude - o perlomeno ce lo auguriamo - un’epoca. “Per noi, che abbiamo combattuto questo fenomeno - si conclude nel comunicato diffuso da In Comune -, denunciando da sempre il ruolo del Consorzio Venezia Nuova e le pressioni affaristiche che hanno portato all’approvazione dell’inutile e devastante progetto Mose, niente potrà né dovrà essere più come prima. Si deve aprire una stagione di autentico e profondo cambiamento, a partire dal rinnovamento del ceto e delle forze politiche coinvolte nelle inchieste. Questo vale anche per il Comune di Venezia, nonostante sia l’unica istituzione cui non venga contestato nelle inchieste un solo atto politico-amministrativo”.
Niente sconti. Vogliamo smantellare il Consorzio Venezia Nuova
10/06/2014EcoMagazine
Alla fin fine, la questione sta tutta qua. Una opera così devastante per un ecosistema dagli equilibri così fragili come la laguna dei dogi non poteva essere realizzata se non in totale deroga a qualsiasi etica e a qualsiasi studio di impatto ambientale. Non poteva compiersi senza corrotti e senza corruttori, senza inquinare tanto la politica e quando gli organismi di controllo. Il denaro che dal pubblico si tramutava in stipendi miliardari, ville e motoscafi per pochi noti e in finanziamenti illeciti ai soliti partiti per le loro campagne elettorali, è il vero scopo del Mose. Fosse costato mille euro, non lo avrebbero realizzato.
Il polverone sollevato dai magistrati con l’inchiesta cominciata dalla Mantovani non ci coglie quindi di sorpresa. La sorpresa casomai, sta tutta nel fatto che ci sia voluto tanto tempo.
C’è comunque un secondo punto che bisogna sottolineare con forza. La magistratura non ci risolverà il problema. Gli arresti, pure se eccellenti, non possono risolvere un problema politico. Non lo possono fare mai. Non solo in questo caso. La bufera di Tangentopoli è servita solo a regalarci un ventennio di berlusconismo. Come dire: la tangente fatta governo.
Col Mose non dobbiamo permettere che la storia si ripeta.
Non sediamoci in attesa del prossimo arresto. Il fiume non porterà il cadavere del nostro nemico perché non abbiamo un nemico umano ma un intero sistema malavitoso e anti democratico che si riproduce come per talea: ad ogni ramo abbattuto ne cresce un altro.
Adesso è il momento per intensificare le lotte, che non riguardano solo Venezia perché il dietro il Consorzio e le sue ditte ci sono tutte le Grandi Opere del Veneto. E’ il momento per chiedere con forza al Governo di sciogliere il Consorzio Venezia Nuova e di fare piazza pulita di una politica di commissariamenti, leggi obiettivo, deroghe ambientali e assegnazioni senza gare d’appalto.
Questo è quanto chiedono alcuni consiglieri comunali di Venezia dopo la... movimentata seduta di lunedì. Il documento che andrà in discussione in uno dei prossimi consigli, ha visto come primi firmatari Beppe Caccia e Camilla Seibezzi, lista In Comune, e Sebastiano Bonzio (Rifondazione). Il testo integrale “Otto punti per smantellare il sistema Mose”lo potete leggere a questa pagina di Eco Magazine.
Il sintesi, il documento chiede al Governo di costituire una Commissione d'inchiesta parlamentare sulle attività del Consorzio e delle imprese collegate, di riprendere rapidamente l’iter delle proposte di riforma della Legge speciale per Venezia, di superare l'attuale struttura del Magistrato alle Acque trasferendo i suoi poteri al Comune di Venezia, l’organo amministrativo più vicino e più controllabile dai cittadini oltre che, come scrive Beppe Caccia, "unica istituzione a essersi sempre opposta al Mose e i cui atti politico-amministrativi sono risultati estranei a comportamenti illeciti". Richiesta fondamentale del documento è un intervento immediato per il superamento del regime di 'concessione unica' per le opere finalizzate alla salvaguardia di Venezia e della Laguna “attraverso la revisione della Convenzione del 1991 tra MAV e Consorzio Venezia Nuova e di tutti gli atti aggiuntivi". Caccia, Seibezzi e Bonzio e i consiglieri che ne hanno appoggiato la richiesta, chiedono quindi "lo scioglimento del Consorzio Venezia Nuova e l'affidamento della supervisione e del controllo sui cantieri attualmente aperti per gli interventi di salvaguardia ad un'Authority indipendente" e una verifica tecnico-scientifica e contabile, affidata a un organismo indipendente e qualificato dell’intero progetto delle dighe mobili.
Quella stessa verifica che, se fosse stata concessa, in tempi non sospetti, avrebbe allontanato dalla laguna quella mostruosità chiamata Mose e tutta la sporcizia politica e affaristica che ha portato con sé.