In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.

No Ogm, assalto al campo Monsanto

Noogm
Per la terza volta consecutiva, gli attivisti No Ogm tornano a Vivaro, Pordenone, per radere al suolo il campo coltivato a Monsanto di proprietà dell’agricoltore Giorgio Fidenato. L’azione contro il mais transegico dura un quarto d’ora. Il nutrito gruppo di tute bianche che si è dato il nome di Organismi Genuinamente Mobilitati ha colpito nella tarda mattinata di ieri. Degli oltre duemila metri quadri di mais transenigo Mon810 non è rimasta in piedi neppure una pianta. Un lavoro certosino che neppure uno sciame di cavallette...
Ricordiamo che le coltivazioni di Giorgio Fidenato rappresentano una sorta di cavallo di Troia della Monsanto in Italia e in Europa, specialmente in un momento come questo in cui la comunità europea ha deciso per il libero arbitrio degli Stati in materia di organismi trangenici, aprendo di fatto le porte al principio di “coesistenza” col conseguente rischio che negli scaffali dei supermercati si possano trovare prodotti biologici al fianco dei prodotti Ogm. Un pericolo subdolo, sostengono gli ambientalisti, perché, per loro stessa natura, le coltivazioni Ogm sono contaminanti e invasive per tutto l’ecosistema di cui si nutrono. Biologico e transgenico non possono di fatto essere considerati coesistenti.



In base al principio di precauzione, lo Stato Italiano ha sino ad oggi vietato l’uso di Ogm nel Paese. Lo stesso Fidenato è stato multato di 40 mila euro per la sua attività ma evidentemente questo non è bastato dal farlo desistere a intraprendere un’altra coltivazione di Mon810. Per la terza volta consecutiva così, gli Organismi Genuinamente Mobilitati hanno deciso di intervenire prima che il mais arrivasse al punto di non ritorno dell’impollinazione. Lo hanno fatto proprio nei giorni in cui gli attivisti che hanno partecipato alla prima spedizione contro i campi di Fidenato sono stati assolti dalle accuse più gravi, fatto salvo quella di “danneggiamento”. E lo hanno fatto proprio nel giorno di san Giovanni che è tradizionalmente una data magica per l’agricoltura. E’ il giorno della raccolta delle noci per il nocino, dei fiori di camomilla più profumati e... anche il giorno della distruzione delle piante Ogm.

E con questa sono tre. Gli Organismi Genuinamente Mobilitati ripuliscono ancora i campi coltivati a Mon810

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Oramai è proprio come andare a trovare un vecchio amico che ci aspetta a braccia spalancate. Ogni volta che il mais comincia il suo processo di impollinazione, gli attivisti autonominatisi Organismi Genuinamente Mobilitati, salgono cantando nelle loro auto armati di falci e falcioni e si recano in quel di Vivaro, ridente località tra il confine veneto e la città di Pordenone. Qui li aspetta un campo verde smeraldo dove cresce rigoglioso, forse troppo rigoglioso - annaffiato da un potente impianto di irrigazione perché queste piante qui consumano tre volte l’acqua di una pianta normale - il Mon810. Quindi i nostri attivisti si infilano la tuta bianca e ci danno di falcetto sino a che non rimane su neppure una piantina rachitica.
La storia si è ripetuta anche oggi, giorno di San Giovanni, giorno “magico” per l’agricoltura. Il giorno dei fiori di camomilla e del nocino. In questo giorno magico, per la terza volta consecutiva, dei grandi campi coltivati a mais transgenico di Giorgio Fidenato, cavallo di troia della Monsanto in Europa, non ne è rimasto abbastanza da sfamare un paio di cavallette. 
Il folto gruppo di attivisti, arrivato a Vivaro verso le 12,30, ci ha dato alla grande che neppure un “machetero” di professione. E’ bastato un quarto d’ora per "ripulire" duemila metri quadri di mais transgenico che, ricordiamolo, è illegale sia in Italia che in Europa. Il Fidenato infatti si è già preso un multone di 40 mila euro ma evidentemente per chi lavora con la Monsanto sono solo bruscolini. Tanto è vero che l'agricoltore/imprenditore ha immediatamente riseminato lo stesso campo con lo stesso mais transgenico che anche questa volta è cresciuto vigoroso, come abbiamo detto, sino all’arrivo degli ambientalisti. Ora non rimane che cantare “Là dove c’era l’erba...” 



“Distruggere le piante, anche piante come queste, non è cosa che ci fa piacere - ha dichiarato un attivista in tuta bianca - Ma abbiamo risposto con una azione di ripulitura ad un atto di violenza contro la biodiversità e la salute che è quello compiuto da Giorgio Fidenato. Lui e altri come lui sono riconducibili a quella cricca di apprendisti stregoni legati all'impianto di potere della Monsanto che cerca di introdurre per vie traverse le coltivazioni Ogm laddove sono vietate dalle normative statali. L'abbiamo visto in diversi Paesi di tutto il mondo, e lo stiamo vedendo anche in Europa ed in particolar modo in Italia, soprattutto in previsione dell'Expo 2015 in cui le grandi multinazionali delle sementi saranno direttamente protagoniste della gestione diretta o indiretta di alcuni padiglioni”. 
Ora che l’Europa ha delegato agli Stati membri le decisioni sull’uso di organismi geneticamente modificati, vi è il rischio - sostengono gli attivisti - che passi una idea di coesistenza tra il biologico e il transgenico. Una idea fallace per sua stessa natura, in quanto le coltivazioni Ogm sono contaminanti e invasive per tutto l’ecosistema di cui si nutrono. 
“E questo - concludono gli attivisti - è uno dei motivi per i quali siamo contrari all’agricoltura transgenica. la nostra Europa è libera dagli Ogm. Keep calm and use Falce”

Il Consiglio Comunale rassegna le dimissioni ma prima vota la mozione in cui chiede lo scioglimento del Consorzio Venezia Nuova

Mafcon
Cala il sipario sulla Giunta Orsoni. Cala il sipario senza l’inchino del primo attore che preferisce rimanersene a casa e spedire lettera ai consiglieri. Lettera che, senza voler essere prosaici, potremmo tradurre con: “andate tutti a quel paese”.
Lunedì 23 giugno, ultimo consiglio a Ca’ Farsetti. Giusto il tempo di approvare un paio di delibere importanti, come il trasferimento del mercato ortofrutticolo e naturalmente il bilancio, e poi comincia l’inevitabile rito delle dimissioni dei consiglieri. Il tutto davanti ad un merdaio di fasci&forconi bercianti. Non più di quattro gatti, per la verità. Niente di paragonabile alla seduta precedente quando uscirono dalle fogne persino i forzanuovisti a sventolare cartelli con scritto “Amici dei violenti e ora anche delinquenti”. Ma lo spettacolo di urla e spintonate in platea non è mancato neppure questa volta. La cosa incredibile è che i più “gettonati” per gli “andate a lavorare” sono stati coloro che del Mose e del sistema Mose sono stati i più grandi contestatori: Beppe Caccia, Gianfranco Bettin, Sebastiano Bonzio! Per non parlare della Camilla Seibezzi, sempre in testa alla hit parade degli strillatori da osteria, come se le sue fiabe gay fossero peggiori delle fiabe che han sempre cercato di contarci sul Mose.
Come ha osservato lo stesso Caccia, lo scandalo Mose ha colpito la Regione, la Corte dei Conti, ministri ed ex ministri del Governo, la Guardia di Finanza, il Magistrato alle Acque, per tacere del Consorzio Venezia Nuova. Il Comune è stato investito di striscio e solo nella persona del sindaco per un finanziamento di poche centinaio di migliaia di euro che Orsoni ha usato proprio per vincere le primarie contro Bettin. Fatto, per carità, gravissimo ed imperdonabile da un punto di vista politico ma che di fronte alla cricca mafiosa che sta dietro al Mose ci sta come uno scasso col cacciavite ad un distributore di bibite contro il cartello del narcotraffico sudamericano.



Eppure chi finisce a cartoni all’aria è proprio il consiglio comunale. Come mai? Una spiegazione c’è. Il sistema che ha creato il Mose può anche condannare qualche pedina ma deve comunque salvare se stesso. E’ un sistema misto politico - affaristico - mafioso che macina diritti, ambiente e democrazia per ricavare capitale e potere per pochi. Il consiglio comunale di Venezia che, come tutti i consigli comunali è l’organo più vicino ai cittadini, è sempre stato un bastone tra le ruote di questo sistema accentratore che rifugge ogni controllo e rendicontazione. Tanto è vero che i soli Massimo Cacciari e Gianfranco Bettin votavano contro la Grande Opera nel Comitatone. Ecco perché Orsoni è rimasto vittima del sensazionalismo giudiziario e il suo (evitabilissimo, a nostro avviso) arresto - l’arresto del sindaco di Venezia! - ha fatto più scalpore delle accusa ben più pesanti a carico di personaggi come Renato Chisso e Giancarlo Galan, a piede libero solo perché onorevole.
Ed ecco perché quei quattro buzzurroni che invocavano forche e pene di morte a destra e a manda in consiglio se la pigliavano con le uniche persone che, potete metterci tutti la mano sul fuoco, dal Consorzio non si sono mai fatte corrompere. Ed ecco perché questi stessi forcaioli a bassa scolarizzazione che nei fumetti vengono regolarmente presi a calci in culo da Tex Willer, applaudivano sino a spellarsi le mani agli interventi dei consiglieri di destra che il Mose - il sistema Mose - lo hanno sempre difeso e voluto.
Cosa questa, chiarissima anche negli interventi dei consiglieri che si sono espressi sulla mozione portata in aula da Caccia, Seibezzi e Bonzio con la quale si chiede al Governo di sciogliere il Consorzio Venezia Nuova e il Magistrato delle Acque per attribuirne i poteri al Comune. Dichiarandosi contrari alla richiesta, i consiglieri di destra ribadivano che, proprio per evitare questi scandali e non intralciare la realizzazione dell’opera, i poteri di questi enti andavano al contrario potenziati.
La cosa ha una sua logica, c’è da osservare. Se berlusconianamente attribuissimo a questi enti anche un controllo sulla magistratura inquirente... beh, potremmo essere certi che certi scandali non vedrebbero più la luce del sole! Il discorso invece è l’esatto contrario. Consorzi dotati di poteri straordinari servono solo a creare scandali straordinari. Enti che operano in deroga alle leggi, finiscono per derogare anche alla legalità. Servizi che gestiscono fondi pubblici senza rendicontazione, finiscono per dirottare questi fondi al privato e a creare un mercato di tangenti e di opere inutili finalizzate alla tangente stessa. La soluzione non sono gli arresti ma la democrazia dal basso, la partecipazione delle cittadinanza attiva alle scelte sul territorio, i controlli incrociati, la tutela e la valorizzazione dell’ambiente attraverso studi scientifici seri ed indipendenti. Tutte cose che col Mose non abbiamo mai visto.
Per questo riteniamo importante che coma ultimo atto il consiglio abbia approvato la mozione per lo scioglimento del Consorzio. Anche se il Governo ben difficilmente accoglierà la richiesta, sarà comunque un buon punto di partenza per il consiglio che verrà. Peccato solo non averla votata qualche anno fa, una mozione così. Ma qualche anno fa non avremmo mai sperato di sentire tanti consiglieri del Pd sparare ad alzo zero sul Mose come in questi ultimi consigli comunali. Va ben. Scriviamo “Meglio tardi che mai” e chiudiamola qua.

La carovana oltre i confini

chiasso
Chiasso - L’appuntamento era a Milano, piaz­zale della sta­zione, alle 15. Tanti gli atti­vi­sti che hanno rac­colto l’appello lan­ciato da Mel­ting Pot per costruire una caro­vana dei diritti capace di pun­tare dritta alla fron­tiera sviz­zera e riven­di­care quella libertà di movi­mento che l’Europa nega, salvo poi lasciare mano libera alle orga­niz­za­zioni cri­mi­nali di gestire il traf­fico di esseri umani.
Per­lo­meno tre­cento per­sone si sono radu­nate nella città del Duomo, molti pro­ve­ni­vano dai cen­tri sociali di Vene­zia e Padova, o dagli spazi auto­ge­stiti dell’Emilia Roma­gna, del Tren­tino e del Friuli Vene­zia Giu­lia. Molti anche i lom­bardi. Folta la rap­pre­sen­tanza dei migranti e dei richie­denti asilo, almeno una tren­tina dei quali pro­ve­ni­vano dalla casa dei diritti Don Gallo di Padova. Una palaz­zina di pro­prietà di una banca, abban­do­nata a se stessa dopo che la che la magi­stra­tura l’ha sot­to­po­sta a seque­stro, che i richie­denti asilo hanno occu­pato e ristrut­tu­rato in col­la­bo­ra­zione con Raz­zi­smo Stop. Un’esperienza di auto­ge­stione che sta trac­ciano la strada ad altre espe­rienze simili nel Nord est. In par­ti­co­lare dopo che il decreto Lupi ha subor­di­nato la con­ces­sione del per­messo di sog­giorno alla residenza.
«Andiamo alla fron­tiera sviz­zera per denun­ciare l’ipocrisia con la quale l’Europa affronta una pro­blema sociale come quello dei pro­fu­ghi – spiega Nicola Gri­gion, por­ta­voce di Mel­ting Pot – Ipo­cri­sia che pro­prio a Milano è sotto gli occhi di tutti. Qui infatti giun­gono i richie­denti asilo dalla Siria, per­sone in fuga da una guerra feroce che invece di tro­vare acco­glienza ven­gono di fatto con­se­gnati ai traf­fi­canti e costrette a pagare dai mille ai due­mila euro per attra­ver­sare il con­fine e con­ti­nuare il viaggio».



A Milano, come con­ferma una ope­ra­trice del Comune, i pro­fu­ghi pro­ve­nienti da Cata­nia ven­gono inviati alle strut­ture di acco­glienza «dimen­ti­cando» di effet­tuare la regi­stra­zione che pure dovrebbe essere obbli­ga­to­ria ai ter­mini di legge. In pra­tica, ven­gono lasciati in una sorta di limbo e per lo Stato ita­liano non esi­stono più. Il che, con­sente loro di pro­se­guire il viag­gio verso il nord Europa, Bel­gio, Olanda e Sve­zia soprat­tutto ma per far que­sto sono costretti ad affi­darsi alla cri­mi­na­lità che orga­nizza il traf­fico. «Ven­gono tutte le sere con un pull­man davanti al cen­tro dove lavoro — spiega la gio­vane — Chi gli con­se­gna i soldi viene fatto salire e tutti fanno finta di niente». Una con­se­guenza degli assurdi accordi di Dublino che obbliga un rifu­giato a non spo­starsi dal Paese in cui ha chie­sto asilo.
Una situa­zione ver­go­gnosa che si sposa con le poli­ti­che migra­to­rie di una Europa che sce­glie di vivere di “emer­genze” anche di fronte ad una guerra che pro­se­gue da anni. «Diritto di asilo euro­peo», «le vostre fron­tiere ci ucci­dono», «per un’Europa senza con­fini», «non ci serve Mare Nostrum ma canali di ingresso rego­lari», urlano migranti e atti­vi­sti prima di salire sul treno diretto a Chiasso, alla fron­tiera con la Sviz­zera. Un con­fine allo stesso tempo interno ed esterno all’Unione europea.
Gli atti­vi­sti hanno un rego­lare biglietto cumu­la­tivo ma un cor­done di poli­zia impe­di­sce loro di salire sul treno. Alla fine si parte con mezz’ora di ritardo: quasi incon­ce­pi­bile per le pro­ver­biali fer­ro­vie sviz­zere. Durante il viag­gio, i migranti sot­to­scri­vono un docu­mento, più che altro sim­bo­lico, con il quale chie­dono asilo alle auto­rità sviz­zere appel­lan­dosi alla con­ven­zione di Gine­vra sui diritti dell’uomo, denun­ciando come in Ita­lia que­sti ven­gano vio­lati. All’arrivo a Chiasso, il treno viene cir­con­dato da un incre­di­bile cor­done di poli­zia che blocca l’apertura delle porte. Anche i gior­na­li­sti elve­tici che atten­de­vano la caro­vana, ven­gono tenuti fuori dalla sta­zione. Mezz’ora di trat­ta­tiva e alla fine la caro­vana rie­sce a met­tere piede sul suolo sviz­zero e a sten­dere gli stri­scioni. Per qual­che ora almeno la fron­tiera è stata violata.

Una lettera indecente. Il presidente del Consorzio scrive a Renzi: “Concludiamo l’opera senza verifiche”

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Beppe Caccia, dalla sua pagina di Facebook (che vi invito caldamente a seguire) l’ha definita “una lettera indecente”. A noialtri, che siamo molto meno signorili del consigliere della lista In Comune, vengono in mente epiteti assai più coloriti. Ma la lettera con la quale il presidente del Consorzio Venezia Nuova, Mauro Fabris, chiede al Governo di non interferire sulla realizzazione dell’opera è, oltre a tutto quello che sottolinea Caccia e che riportiamo sotto, anche e soprattutto un ammissione di colpevolezza.
In sostanza Fabris fa questo ragionamento: le inchieste della magistratura sono una cosa, il Mose un’altra. I politici, dice Fabris, sono corruttibili (soprattutto gli amici suoi, potremmo obiettare noi), lo si sa. Ma se vogliamo che i lavori delle paratoie mobili continuino, il Governo si guardi bene dal commissariare il Consorzio o, peggio ancora, far le pulci agli appalti, addentrarsi nella giungla delle consulenze ed effettuare verifiche scientifiche sull’opera. Come dire: il carrozzone politico affaristico che ci ha regalato il Mose deve essere tutelato a tutti i costi, altrimenti il Mose non si fa. Perseguitiamo pure gli uomini, ma difendiamo il sistema.
Lo stesso ex Magistrato alla Acque, Patrizio Cuccioletta, ha ammesso a i magistrati che, grazie alla capillare corruzione da parte del Consorzio di cui lui è solo una povera vittima, non c'è mai stato alcun serio controllo scientifico sul progetto delle paratie mobili. Questo perché, se ci fosse stato, il progetto non sarebbe stato avviato. Per questo e non per altro, la corruzione era e continua ad essere una “politica” necessaria.



A far scrivere la “lettera indecente” al boss del Consorzio, quindi, è stata la paura che le indagini della magistratura spingano l’opinione pubblica a chiedere una verifica tecnica, autorevole e soprattutto indipendente e non corrotta - come mai è stato fatto - sulla validità del progetto. E magari qualcuno potrebbe anche domandarsi da dove sono venute tutte quelle deroghe alle valutazioni di impatto ambientale, pure previste dalle normative, che hanno fatto volare il mostruoso progettone sulle ali di milionate di euro.
Il punto è che, come per tante altre Grandi Opere, il nemico principale del Mose sono la trasparenza sugli appalti, il rispetto dei vincoli ambientali, l’approccio scientifico sulla validità della realizzazione, la possibilità di scelta di chi vive sul territorio. Che poi sono quattro aspetti di quella cosa che, a parer nostro, altro non è che democrazia partecipata dal basso. Il sistema della concessionaria unica che funge allo stesso tempo da controllore e controllata, è stato studiato apposta per bypassare questi quattro “impicci” sull’onda di vagonate di finanziamenti pubblici.
Per questo Fabris si è appellato a Renzi. Se arriva la democrazia, noi andiamo a casa.
Ultimo aspetto cui accenna anche Caccia, chiedendo una sospensione immediata dei lavori, sono i “pesantissimi dubbi dal punto di vista tecnico-scientifico, dalla questione delle cerniere a quella della risonanza” che gravano sul sistema delle paratie mobili.
Davvero vogliamo affidare la sicurezza di Venezia e quella dei suoi abitanti a un progetto pensato e realizzato solo in funzione di un sistema integrato e capillare di corruzione?
I disastri, ricordiamocelo, non sono mai naturali.


Di seguito, le osservazioni di Beppe Caccia


INDECENTE LA LETTERA DI FABRIS A RENZI:
SCANDALOSO IL TENTATIVO DI SALVARE IL SISTEMA
E DI SOTTRARRE IL MO.S.E. A VERIFICHE RIGOROSE

La lettera del presidente del Consorzio Venezia Nuova Mauro Fabris al presidente del Consiglio Matteo Renzi è una delle cose più indecenti che si siano viste nelle ultime due settimane.

Innanzitutto per la posizione personale del mittente, cui andrebbe suggerito un più sobrio silenzio. Invece di pretendere garanzie dal Governo, Fabris dovrebbe dare un bel po' di spiegazioni sui rapporti intrattenuti negli ultimi vent'anni con la cricca che guidava il Consorzio. Dovrebbe immediatamente, ad esempio, rendere pubblico il contratto di "consulenza strategica" - di cui ha parlato l'ing. Piergiorgio Baita - che Fabris avrebbe ottenuto per sé dallo stesso Consorzio e spiegarci se il contratto era valido e retribuito anche per gli anni, decisivi per l'approvazione del progetto Mo.S.E., in cui si trovava a ricoprire il delicato incarico di sottosegretario ai Lavori Pubblici e svariati ruoli parlamentari e commissariali.

In secondo luogo, per l'arroganza con cui pretenderebbe di salvare, insieme a se stesso, tutto il "sistema", quello della concessione unica dello Stato per le opere di salvaguardia che ha regalato il monopolio su queste al pool di imprese private del Consorzio, in condizioni di totale, criminogena opacità. Chi - in sede di ministero per le Infrastrutture - avrebbe già assicurato a Fabris che il Consorzio non verrà mai commissariato e tantomeno sciolto? Lo stesso ministro Lupi, sulla cui scrivania stanno transitando decisioni cruciali per il futuro della Laguna? E il presidente Renzi non ha nulla da dire al proposito?

Terzo, ma non meno importante, per la volontà di sottrarre i cantieri delle dighe mobili a qualsiasi verifica rigorosa, autorevole e indipendente, sulla sicurezza dell'opera in via di realizzazione, sulla sua efficacia rispetto agli obiettivi dichiarati, sulla congruità dei suoi costi, quelli sostenuti e quelli da sostenere. Il presidente del Magistrato alle Acque Cuccioletta ha ammesso che, grazie alla capillare corruzione da parte del Consorzio, non c'è mai stato alcun serio controllo sul progetto Mo.S.E.: non può pertanto essere conclusa e messa in funzione, come se nulla fosse, un'opera su cui gravano pesantissimi dubbi dal punto di vista tecnico-scientifico, dalla questione delle "cerniere" a quella della "risonanza". Serve invece un'immediata sospensione dei lavori per procedere a tutte le necessarie verifiche.

Beppe Caccia
consigliere Lista "in comune"

Fuori le Navi dalla Laguna. Ce lo chiede pure l’Unesco

NAviUnesco
Non solo Grandi Navi. A preoccupare l’Unesco sono anche quelle più piccole che trasportano merci ad alto pericolo di sversamento come le petroliere. Anche queste dovrebbero rimanere a distanza di sicurezza dal delicato ecosistema della laguna di Venezia. E poi ci sono tutte le infrastrutture di cui non si capisce la necessità come il Mose, ad esempio. Progettone megamiliardario che, come è oramai chiaro a tutti, con la salvaguardia della laguna c’entra come i cavoli a merenda ed altro non è che un sistema malavitoso politico ed affaristico per distribuire tangenti e poltrone.
Nel summit internazionale World Heritage che si sta svolgendo a Doha (Qatar), l’Unesco ha diffuso un elenco preciso di tutte le opere ad altissimo impatto ambientale che rischiano seriamente di alterare per sempre la morfologia della laguna e che potrebbero obbligare l’organizzazione internazionale che ha il compito di tutelare i siti più belli del pianeta a declassare Venezia dal registro mondiale delle aree di interesse artistico e ambientale da difendere.
Come dire: se continuate così, di Venezia non rimarrà nient’altro che cemento, mare aperto e Grandi Opere inutili.
Il documento redatto dall’Unesco potete scaricarlo da questo
link. Se masticate un po’ di inglese vi consigliamo di darci una letta. Trovate il capitolo dedicato a Venezia e alla sua laguna da pagina 32 in poi. Le preoccupazione dell’organizzazione riguarda in particolare il sistema di paratie mobili del Mose e altri “progetti attualmente in fase di sviluppo che includono: una piattaforma in mare aperto a circa 8 miglia al largo del porto di Malamocco, un nuovo terminal Autostrade del Mare di Fusina, un nuovo terminal container sul sito degli ex impianti industriali di Porto Marghera, di una nuova struttura multi-funzionale tra Venezia e la sua stazione marittima, e un porto turistico in San Nicolò”.



Un paragrafo a parte è dedicato alle Grandi Navi. L’Unesco esprime “preoccupazioni circa gli impatti ambientali negativi innescati dalle navi da crociera e petroliere”. Purtroppo, si legge, “l’obiettivo che mira ad escludere tutte le navi incompatibili con la città storica e con la laguna non è stato raggiunto nonostante l’impegno del Consiglio Comunale che ha promosso una serie di studi approfonditi … a causa della decisione del tribunale regionale del Veneto di sospendere la legge che riduceva il numero di navi da crociera”.
L’Unesco mette anche in guardia dalle ipotetiche “soluzioni” al problema delle navi: “Trasformazioni irreversibili potrebbero derivare da proposte di progetti di grandi infrastrutture di navigazione e di costruzione in laguna che hanno il potenziale di compromettere seriamente la Ouv della città”.
Per Ouv si intende “Outstanding Universal Value” che è il “metro” con il quale l’organizzazione mondiale misura il valore artistico, storico e paesaggistico di un sito.
Il documento conclude con una calorosa raccomandazione ad “attuare tutte le misure pertinenti per vietare alle navi più grandi di entrare in laguna e trovare alternativa a basso impatto per permettere ai croceristi di godere e allo stesso tempo comprendere il valore e la fragilità di Venezia”.
In quanto ai problemi legati  “all’eccezionale pressione turistica sulla città e alle numerose attività legate al turismo debbono essere affrontato e risolti solo con meccanismi che non includano trasformazioni irreversibili”. Più chiari di così…
L’ultima preoccupazione dell’Unesco riguarda la miriade di competenze e “responsabilità che gravitano sulla laguna di Venezia, divise tra le autorità nazionali, regionali e locali in cui il Magistrato alle Acque gioca un ruolo decisivo. Si raccomanda quindi al Governo di stabilire un forte coordinamento tra tutte le parti interessate al fine di garantire gli equilibri idrogeologici della Laguna di Venezia e l’intero bacino di drenaggio nonché la tutela di tutti gli attributi che trasmettono l’Ouv del sito”.
Un’ultima nota. L’Unesco segnala anche due fatti positivi che riguardano la nostra laguna. Il primo è la riserva naturale di Valle Averto, la sola area che rispetti la convenzione di Ramsar sulle aree umide. Il parco della laguna Nord non è ancora attivo, purtroppo, ma confidiamo che, già dal prossimo congresso, l’Unesco premierà anche questa soluzione di tutela del nostro patrimonio culturale e paesaggistico insieme.
La seconda bella notizia segnalata dall’Unesco è il Palais Lumière. Quel torrone in puro stile “arabian nights” che un sarto trevisano di nome Piero Cardìn ma che si fa chiamare alla francese, Pier Cardèn, aveva disegnato per “migliorare” lo skyline della nostra laguna. Come dite? Il progetto è stato ritirato? Ma è proprio questa la bella notizia, no? Lo dice anche l’Unesco!

La Giunta Orsoni affonda. Bettin, Caccia e Seibezzi staccano la spina

Orso
E’ durato poco il ritorno di fiamma di Giorgio Orsoni, oramai ex sindaco di Venezia. Dopo aver patteggiato 4 mesi col giudice e aver ottenuto la revoca dei domiciliari, l’ex primo cittadino aveva ripreso possesso del suo studio a Ca’ Farsetti dichiarando di essere pronto a riprendere il suo mandato “nonostante i molti nemici che mi sono fatto nel corso del mio mandato”. E’ toccato alla sua stessa maggioranza spiegargli che proprio non era il caso. “Dopo questa inchiesta, niente sarà come prima - si legge in un comunicato diffuso dall’associazione In Comune a firma di Gianfranco Bettin, assessore all’Ambiente, e dei consiglieri Beppe Caccia e Camilla Seibezzi - L’esperienza della Giunta è oramai conclusa. Al sindaco abbiamo chiesto un ultimo gesto di responsabilità verso la città: presentare lui stesso le dimissioni in modo da consentire che siano votati gli atti di bilancio utili ai cittadini”.
Cosa che Giorgio Orsoni, messo alle strette, ha fatto nel primo pomeriggio di oggi. Secondo la normativa, la Giunta resterà ancora in carica venti giorni pur se limitatamente al disbrigo delle pratiche urgenti. Poi arriverà un commissario prefettizio che porterà la città a nuove elezioni.
Tutto da ricostruire quindi. Con una sola certezza. Dietro a quel mostro chiamato Mose si celava quello che abbiamo sempre saputo: uno scandaloso intreccio di malaffare e di corruzione che, fatti salvi i pochi ambientalisti che, fuori o dentro le istituzioni, lo hanno sempre combattuto, ha attraversato tanto la destra, Lega compresa, quando la sinistra. Non dimentichiamoci che i fondi dati (a quale titolo dobbiamo ancora capirlo) dal Consorzio all’ex sindaco per la sua campagna elettorale erano finalizzati a respingere la candidatura di Gianfranco Bettin alle primarie. Non si dica quindi che i politici sono tutti uguali. Non tocca a noi difendere Orsoni, ma è chiaro come il sole che le sue responsabilità - pure politicamente gravi - non sono neppure paragonabili a quelle di personaggi come Giancarlo Galan o Renato Chisso. E comunque, c’è chi da questa inchiesta, che ci auguriamo riesca ad andare sino in fondo, non sarà nemmeno sfiorato perché il sistema Mose lo ha sempre denunciato e combattuto. Ed è da queste persone che dobbiamo ripartire per costruire una Venezia degna.



L’emergere della palude di corruzione e malaffare che ha devastato l’ambiente condizionando le scelte strategiche ed infrastrutturali sul nostro territorio chiude - o perlomeno ce lo auguriamo - un’epoca. “Per noi, che abbiamo combattuto questo fenomeno - si conclude nel comunicato diffuso da In Comune -, denunciando da sempre il ruolo del Consorzio Venezia Nuova e le pressioni affaristiche che hanno portato all’approvazione dell’inutile e devastante progetto Mose, niente potrà né dovrà essere più come prima. Si deve aprire una stagione di autentico e profondo cambiamento, a partire dal rinnovamento del ceto e delle forze politiche coinvolte nelle inchieste. Questo vale anche per il Comune di Venezia, nonostante sia l’unica istituzione cui non venga contestato nelle inchieste un solo atto politico-amministrativo”.

Niente sconti. Vogliamo smantellare il Consorzio Venezia Nuova

Consorz
Avevamo ragione e lo sapevamo. Adesso anche i magistrati che ci hanno accusato e condannato per quando abbiamo detto e fatto nel denunciare lo scandalo del Mose ci hanno dato ragione. Scandalo che non sta solo nella Grande - e costosissima - Opera in sé, inutile ai fini cui si propone e distruttiva per la laguna, ma sopratutto nel sistema di malaffare trasversale a tutte le amministrazioni, dalla Regione al Comune, ed a tutti i gradi di controllo, dalla Corte dei Conti alla Guardia di Finanza, per tacere delle ditte in odore di mafia e riciclaggio cui venivano puntualmente assegnati gli appalti senza gara.
Alla fin fine, la questione sta tutta qua. Una opera così devastante per un ecosistema dagli equilibri così fragili come la laguna dei dogi non poteva essere realizzata se non in totale deroga a qualsiasi etica e a qualsiasi studio di impatto ambientale. Non poteva compiersi senza corrotti e senza corruttori, senza inquinare tanto la politica e quando gli organismi di controllo. Il denaro che dal pubblico si tramutava in stipendi miliardari, ville e motoscafi per pochi noti e in finanziamenti illeciti ai soliti partiti per le loro campagne elettorali, è il vero scopo del Mose. Fosse costato mille euro, non lo avrebbero realizzato.
Il polverone sollevato dai magistrati con l’inchiesta cominciata dalla Mantovani non ci coglie quindi di sorpresa. La sorpresa casomai, sta tutta nel fatto che ci sia voluto tanto tempo.
C’è comunque un secondo punto che bisogna sottolineare con forza. La magistratura non ci risolverà il problema. Gli arresti, pure se eccellenti, non possono risolvere un problema politico. Non lo possono fare mai. Non solo in questo caso. La bufera di Tangentopoli è servita solo a regalarci un ventennio di berlusconismo. Come dire: la tangente fatta governo.



Col Mose non dobbiamo permettere che la storia si ripeta.
Non sediamoci in attesa del prossimo arresto. Il fiume non porterà il cadavere del nostro nemico perché non abbiamo un nemico umano ma un intero sistema malavitoso e anti democratico che si riproduce come per talea: ad ogni ramo abbattuto ne cresce un altro.
Adesso è il momento per intensificare le lotte, che non riguardano solo Venezia perché il dietro il Consorzio e le sue ditte ci sono tutte le Grandi Opere del Veneto. E’ il momento per chiedere con forza al Governo di sciogliere il Consorzio Venezia Nuova e di fare piazza pulita di una politica di commissariamenti, leggi obiettivo, deroghe ambientali e assegnazioni senza gare d’appalto.
Questo è quanto chiedono alcuni consiglieri comunali di Venezia dopo la... movimentata seduta di lunedì. Il documento che andrà in discussione in uno dei prossimi consigli, ha visto come primi firmatari Beppe Caccia e Camilla Seibezzi, lista In Comune, e Sebastiano Bonzio (Rifondazione). Il testo integrale “Otto punti per smantellare il sistema Mose”lo potete leggere a
questa pagina di Eco Magazine.
Il sintesi, il documento chiede al Governo di costituire una Commissione d'inchiesta parlamentare sulle attività del Consorzio e delle imprese collegate, di riprendere rapidamente l’iter delle proposte di riforma della Legge speciale per Venezia, di superare l'attuale struttura del Magistrato alle Acque trasferendo i suoi poteri al Comune di Venezia, l’organo amministrativo più vicino e più controllabile dai cittadini oltre che, come scrive Beppe Caccia, "unica istituzione a essersi sempre opposta al Mose e i cui atti politico-amministrativi sono risultati estranei a comportamenti illeciti". Richiesta fondamentale del documento è un intervento immediato per il superamento del regime di 'concessione unica' per le opere finalizzate alla salvaguardia di Venezia e della Laguna “attraverso la revisione della Convenzione del 1991 tra MAV e Consorzio Venezia Nuova e di tutti gli atti aggiuntivi". Caccia, Seibezzi e Bonzio e i consiglieri che ne hanno appoggiato la richiesta, chiedono quindi "lo scioglimento del Consorzio Venezia Nuova e l'affidamento della supervisione e del controllo sui cantieri attualmente aperti per gli interventi di salvaguardia ad un'Authority indipendente" e una verifica tecnico-scientifica e contabile, affidata a un organismo indipendente e qualificato dell’intero progetto delle dighe mobili.
Quella stessa verifica che, se fosse stata concessa, in tempi non sospetti, avrebbe allontanato dalla laguna quella mostruosità chiamata Mose e tutta la sporcizia politica e affaristica che ha portato con sé.

Cinque ora d’assedio alla Marittima. I No Grandi Navi bloccano gli imbarchi

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Tutti giù per terra e le Grandi Navi non partono più! Per quasi sei ore, oltre duemila attivisti No Grandi Navi hanno letteralmente assediato la marittima di Venezia impedendo l’accesso ai turisti. “Una città che non rispettate è una città che non vi vuole” spiegavano dal furgoncino d’appoggio i ragazzi del Laboratorio Morion ai crocieristi che certo non si aspettavano un tale comitato di... malvenuto. La manifestazione, colorata e fantasiosa, si è svolta senza nessun problema o incidente di sorta. Dall’una alle 6, nonostante le prescrizioni della questura avessero imposto di smobilitare alle 5, gli attivisti hanno tenuto il campo con musiche, striscioni colorati e voli di aquiloni. Anche il People Mover si è fermato per una mezz’ora per uno sciopero spontaneo dei manovratori a sostegno della causa No Grandi Navi.
Da sottolineare la colonna sonora che spaziava da “Mare profumo di mare”, a “Onda su onda” sino a “Un’estate al mare”. Buona anche la partecipazione. Duemila persone in rappresentanza di tanti comitati veneti come la Rete Polesana, Opzione Zero, Lasciateci Respirare oltre, ovviamente agli spazi sociali del Veneto, Rivolta e Morion, padroni di casa, in primis. All’iniziativa ha aderito anche una nutrita rappresentanza di indipendentisti veneti.




Di seguito, alcuni commenti raccolti durante la manifestazione.

Carlo Costantini frolla rete Altro Veneto
http://youtu.be/qN1R3j9MQY4

Franco Rocchetta indipendentisti veneti
http://youtu.be/sSnrpOAYieo

Claudio Milan comitati Polesine
http://youtu.be/UewTj77CiQM

Beatrice Andreose comitato Lasciatevi Respirare Monselice
http://youtu.be/-MAldiZtypk

Mose e Grandi Navi, Venezia si ribella alla devastazione ambientale dell’affarismo

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Sabato a Venezia non sarà solo la giornata contro le Grandi Navi. Sarà anche la giornata in cui una città che ha visto finire in manette il suo primo cittadino con l’accusa di un finanziamento illecito proveniente dal Consorzio Venezia Nuova scenderà in piazza per rivendicare la sua dignità. La battaglia contro le grandi e devastanti navi che ad ogni passaggio maciullano la laguna e scardinano le fondamenta ancora poggiate sulle palafitte piantate dai dogi, inquinando come il passaggio di 24 mila auto, è la stessa identica battaglia che i veneziani hanno combattuto - e perso - contro il Mose. E’ la stessa battaglia perché lo stesso è il nemico: quel sistema politico e affaristico, trasversale a tutti i partiti, che fa capo alla concessionaria unica delle cosiddette opere di “salvaguardia”. Il Consorzio Venezia Nuova, voluto da Romano Prodi e tenuto a battesimo da Silvio Berlusconi. Le stesse aziende che stanno costruendo quella devastazione ambientale che altro non è il sistema a paratie mobili Mose e che hanno avuto i vertici inquisiti e imprigionati per reati di stampo mafioso, sono le stesse che si propongono oggi per realizzare il costosissimo scavo del canal Contorta come “alternativa” al passaggio delle Grandi navi davanti a piazza San Marco. Progetto già bocciato dalla commissione Via ma le cui conclusioni sono state tenute segrete per molti mesi.
Un film già visto ai tempi della battaglia contro il Mose. pareri segreti su progetti segreti. Sei miliardi di euro di denaro pubblico spesi senza trasparenza alcune e senza controllo alcuno a vantaggio di un gruppo di ditte privilegiate scelte dal Consorzio senza bisogno di gare d’appalto. Denaro speso non solo per trasformare quella che era l’antica laguna di Venezia in un braccio di mare aperto, come testimoniano le sempre più frequenti “acque alte”, ma che ha drogato la politica, corrompendo a tutti i livelli, dal Comune alla Regione, dal Magistrato alle Acque alla Guardia di Finanza, dai vertici aziendali alla Corte dei Conti. Enti che avrebbero dovuto essere garanti di democrazia sono stati trasformati in logge massoniche dove tutto era finalizzato al proseguimento di una Grande Opera sulla cui utilità ai fini della salvaguardia nessuno che abbia la coscienza pulita e qualche nozione di idraulica può seriamente credere.



“La lotta per denunciare quell’intreccio malavitoso che solo oggi la magistratura ha accertato ci è costata cara - ha commentato Tommaso Cacciari del Laboratorio Morion di Venezia -. Solo l’occupazione dell’ufficio di quel magistrato delle acque, Maria Giovanna Piva, che ora è agli arresti ci è valsa una condanna a otto anni. Ma se è con soddisfazione che apprendiamo che finalmente sta venendo a galla la verità, vogliamo mettere in guardia tutti che la questione non può essere sbrigativamente liquidata con l’arresto di qualche corrotto cui addossare tutte le colpe. E’ il sistema della concessionaria unica che va cambiato. Da anni diciamo che nel Veneto la mafia si chiama Consorzio Venezia Nuova, da anni diciamo che questi signori ora finito agli arresti hanno scippato la città di fiumi di denaro che dovevano servire alla tutela dell’ambiente, della città ed a realizzare case per i residenti costretti all’esilio in terraferma. Soldi che sono finiti non solo a pagare stipendi milionari a gente come Chisso, Galan e ai loro accoliti, ma anche a devastare la laguna”.
Un film, dicevamo, già visto col Mose e che nessuno in città vuole rivedere come “soluzione” al problema delle Grandi Navi.
E così, in una città ancora sotto shock per la retata in stile “Gli anni ruggenti di Al Capone”, il comitato No Grandi Navi ha lanciato l’ultimo appello alla mobilitazione. La prossima settimana si riunirà il Comitatone ministeriale (arrestati a parte) che avrà il compito di decidere sulla questione. Siamo quindi all’ultima chiamata. E’ indispensabile che la città dia un segnale forte, spiegano gli ambientalisti. L’appuntamento è per sabato alle 13 a piazzale Roma. Sarà una manifestazione pacifica e colorata. Al di là delle preoccupazione del sindaco Giorgio Orsoni che proprio il giorno prima di essere arrestato ha dichiarato che “non saranno tollerate illegalità”. Al di là di quanto si augurano le compagnie di crociera che anche oggi hanno comperato intere pagine di giornali locali per scrivere “Ci risiamo. No alla violenza” sopra alla foto di una recente manifestazione in cui gli attivisti cercavano riparo dalle manganellate della polizia dietro a delle paperelle di gomma.
Vien da chiedersi da dove venga la vera violenza. Quella di chi difende la sua città o di chi pretende di devastare impunemente l’ambiente forte del denaro proveniente dalla corruzione?
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