In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.
Porto Tolle: condannati gli ex amministratori di Enel per disastro colposo
1/04/2014EcoMagazine
Una sentenza controcorrente per un Paese come il nostro dove i reati ambientali non trovano mai troppo seguito nelle aule di giustizia, in particolare quando sui banchi degli imputati siedono potenti manager pubblici. Questa volta invece, grazie alla perseveranza di associazioni come Legambiente, Green Peace, Italia Nostra e Wwf che si sono costituite parte civile, è arrivata una condanna dura che sposa in pieno le tesi degli ambientalisti.
Esterrefatti per una sentenza che incrina la loro “teutonica fiducia sulla Giustizia” si sono detti i due ex amministratori delegati di Enel che annunciano ricorsi e controricorsi. “La centrale Enel di Porto Tolle ha sempre rispettato gli standard in vigore anche all’epoca dei fatti ha sostenuto l’avvocato difensore di Scaroni, Alberto Moro Visconti, - I reati contestati non sussistono, peraltro sono così risalenti nel tempo che, se ci fossero stati, oggi avrebbero dovuto essere dichiarati prescritti”. Traduzione: quel giorno non c’ero e se c’ero dormivo.
Tutto da vedere se la condanna peserà sulla riconferma di Paolo Scaroni al vertice di Eni. Il premier Matteo Renzi non si è ancora pronunciato a riguardo pur se ha sostenuto la necessità di rispettare le sentenze della magistratura.
Comunque vada per la carriera manageriale di Scaroni, questa rimane una sentenza storica che per la prima volta stabilisce un nesso tra le emissioni di una centrale e l'aumento di patologie nella popolazione locale.
Una sentenza che seppellisce definitivamente i progetti di Enel di riconvertire a carbone, la fonte energetica più inquinante per l’ambiente e dannosa per la salute, la centrale di Porto Tolle.
Una riconversione che, si legge in una nota diffusa dalle associazioni ambientaliste, “non risponde ad alcuna necessità energetica del Paese, non ha fondamento in termini di strategia industriale e consegnerebbe il Polesine a un modello di sviluppo già dimostratosi perdente e dannoso”. Un progetto che, qualche settimana fa, era stato bocciato pure dalla commissione Via del ministero per l’Ambiente.
Ancora una volta, agli ambientalisti resta la magra soddisfazione di poter dire, trent’anni dopo, “visto che avevamo ragione noi?” e l'ancor più magra considerazione che c'è voluta la magistratura per dimostrarlo.
La Francia vieta il mais Ogm. L’Italia no e va verso la deregulation
24/03/2014EcoMagazine
Intanto, nell’anticipo di primavera che stiamo vivendo, il tempo della semina si sta avvicinando. L’imprenditore (non ci sembra giusto definirlo “agricoltore”) friulano Giorgio Fidenato che lo scorso anno in barba alla normativa ha coltivato il mais modificato Mon 810, si appresta a far il bis e non solo. Il suo ricorso al Tar del Lazio che sarà discusso il prossimo 10 aprile, ha buone possibilità di fare piazza pulita del pasticciato decreto ministeriale che lo scorso anno riuscì a bloccare, sia pure all’ultimo momento, la semina del mais Ogm in Italia dopo che la Commissione Europea gli aveva spalancato le porte.
Cosa succederà se il Tar del Lazio, che in questo caso è competente per tutto il Paese, concederà la sospensiva del divieto? Secondo la normativa, spetta alle Regioni stabilire i criteri di coesistenza tra una cultura geneticamente modificata e una tradizionale. Tali criteri, se pensati per difendere le normali coltivazioni dalla contaminazione, potrebbero essere talmente vincolanti da proibire, di fatto, la semina Ogm. Ebbene, allo stato attuale solo la Regione Friuli Venezia Giulia si è dotata di una tale normativa. Col risultato paradossale che, se il Tar accogliesse il ricorso del Fidenato, costui potrebbe seminare mais Ogm in tutte le Regioni tranne che nella sua! C’è da dire comunque che l’imprenditore ha già fatto sapere che Tar o non Tar, Regione o non Regione, lui il suo Mon 810 continuerà ugualmente a coltivarselo. Anche continuando a pagare tutte le multe che gli venissero appioppate.
Ma, Friuli a parte, tutte le altre Regioni d’Italia - che non hanno avuto il loro Giorgio Fidenato - sono ancora all’anno zero! In poche parole, si rischia a primavera di assistere ad una deregulation totale dove tutti seminano quello che vogliono e dove vogliono, anche a due passi dei campi coltivati a biologico e che, di conseguenza, perderanno così il diritto alla certificazione.
Un terremoto mica da poco per l’agricoltura italiana!
Certo, come scrivevamo in apertura, è tutta questione di volontà politica. L’Italia potrebbe copiare paro paro la Francia dove, in attesa che la legge contro la coltivazione degli Ogm compia il suo iter parlamentare, il Ministero ha impugnato la sopra citata “clausola di salvaguardia” adducendo i tanti studi scientifici che testimoniano il pesante impatto ambientale che il Mon 810 ha sull’ambiente e sulla salute dei consumatori. In questo senso, si è espresso anche il parlamento italiano lo scorso anno votando una dichiarazioni di intenti. Adesso spetta, o forse dovremmo scrivere “spetterebbe”, al nuovo Governo recepirla. Sempre che ci sia la sopracitata volontà politica di farlo. Perché il tempo della semina è sempre più vicino.
Tutto da rifare. Il Tar riapre il bacino di San Marco alle Grandi Navi
18/03/2014EcoMagazine, Global Project
In poche parole, il tribunale amministrativo ha riaperto il palcoscenico del bacino di San Marco alla Grandi Navi sul quale il Governo, grazia anche alla grande mobilitazione popolare dei veneziani, aveva chiuso il sipario. Come se non bastasse il Tar, ha sospeso anche la riduzione del 12,5% del traffico crocieristico davanti alla Piazza.
C’è da dire che ben difficilmente la sospensiva - valida, ricordiamolo, solo in attesa dell’udienza di merito che è prevista per metà giugno - avrà ricadute immediate. Intanto perché il limite delle 96 mila tonnellate sarebbe decorso dal 2015, poi perché la riduzione del traffico è già stata cautelativamente programmata nell’offerta turistica e le compagnie di navigazione non riusciranno ad inserire di punto in bianco altre crociere, perlomeno nel calendario di primavera. Non a caso, i giornali di queste ultime settimane sono zeppe di articoli in cui i padroni delle società che gestiscono le Grandi Navi piangono il morto e la miseria incombente.
Resta comunque la preoccupazione di una sentenza che sposa in pieno la causa delle compagnie di navigazione sostenendo che le limitazioni al traffico "devono essere subordinate alla disponibilità di praticabili vie di navigazione alternative a quelle vietate". Come dire: cari signori, prima di vietare qualcosa, preparate le alternativa. Poco importa che la laguna non ce la faccia più a sostenere l’insostenibile.
Ancora una volta, insomma, l’economia vince sull’ambiente. Esattamente quel principio che ha causato la cosiddetta “crisi economica” e che i No Grandi Navi hanno provato a ribaltare buttandosi in acqua.
La sentenza del Tar ha ottenuto l’ovvio plauso dell’autorità portuale che ne sta facendo un cavallo di troia per spingere sul suo vero obbiettivo: lo scavo del canal Contorta. “La decisione del Tar - si legge in un suo comunicato - non può, né deve, assolutamente distrarci, o peggio fermarci, dal voler trovare e realizzare entro il 2016 la via d’acqua alternativa per raggiungere la Marittima e ovviare al passaggio davanti San Marco. Il Governo, anche su suggerimento del Senato, si è dato 120 giorni di tempo per valutare il Contorta Sant'Angelo o la sua alternativa. Se la decisione verrà presa entro questi termini, e non abbiamo motivo di dubitarne, la sentenza odierna verrà nei fatti positivamente superata dalla soluzione che metterà insieme la salvaguardia di San Marco e quella dell'eccellenza crocieristica veneziana”. Per Paolo Costa, presidente dell’autorità portuale, questa è la sola strada per salvare capra e cavoli, ovvero evitare di devastare la “zona nobile” di Venezia, il bacino di San Marco, e salvaguardare (più che l’occupazione) gli interessi economici delle grandi compagnie. Peccato che a pagare sia la capra che i cavoli sarebbe la nostra povera laguna che verrebbe devastata dall’ennesima Grande Opera. E sempre ammesso che si possa ancora parlare di “laguna” a proposito di una zona che tra Mose, barene di cemento ed escavazioni varie oramai è diventata un braccio di mare aperto.
Alla soddisfazione di Costa, si somma quella della Confindustria, contentissima che l’economia, o meglio una “certa economia”, sia ancora la prima preoccupazione di giudici osservanti e Governi obbedienti. "La decisione del Tar di accogliere la richiesta di sospensiva alle limitazioni -ha dichiarato Matteo Zoppas, il presidente - è un primo segnale positivo del fatto che i fattori economici e occupazionali siano diventati parte integrante di ogni valutazione”.
Meno soddisfatto della sentenza, il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, che ha diffuso il seguente comunicato. “Sapevamo che l’ordinanza della Capitaneria di Porto fosse illegittima, tanto è vero che anche il Comune di Venezia ha proposto un ricorso avverso lo stesso atto, e ci aspettavamo quindi un pronunciamento di questo genere. Siamo fiduciosi che la volontà del Governo sarà rispettata, e con questa il suo impegno affinché le navi non compatibili siano allontanate dal Bacino di San Marco. Auspico che questo impegno e questa volontà - che sono anche quelle della Città e del mondo intero che ci guarda - siano ribaditi ponendo rimedio, ove necessario, ai vizi rilevati dal giudice amministrativo, al fine di raggiungere l’obiettivo ampiamente condiviso anche a livello internazionale. È ferma intenzione del Comune di Venezia tutelare la Città e la sua Laguna con determinazione. Non siamo disponibili a delegare a nessuno la difesa degli interessi primari dei cittadini. Così come riteniamo che gli organi dello Stato non possano delegare ai propri concessionari l’attuazione di politiche condivise a livello di governo nazionale, e debbano adempiere puntualmente alla volontà espressa all’unanimità dal Senato della Repubblica". Niente paura, vi faccio subito la traduzione: “Che la famosa ordinanza fosse fatta da cani (e vien da chiedersi se apposta o no) lo sapevo pure che che non per niente sono avvocato. Quale sia la volontà del Governo a proposito di questa faccenda non sono riuscito a intuirlo neppure alla lontana però sappiamo tutti che Venezia è sotto gli occhi del mondo e di figure barbine sulla sua salvaguardia ne abbiamo già fatte pure troppe. Onde per cui, prima di combinare altri pasticci per favorire le grandi compagnie, sarebbe opportuno che chi comanda ascoltasse pure me e il Comune di Venezia che è l’organo più vicino ai cittadini. Che poi, anche al di là della mia personale opinione sulla questione, sono i soli davvero interessati al futuro di Venezia e che, se non lo avete ancora capito, non vogliono vedersi devastare quel che resta della loro città che quei grattacieli galleggianti”.
Non ha bisogno di traduzioni ma anzi si piglia il primo premio per il comunicato più chiaro e conciso dell’anno, il “cinguettio” su twitter del comitato No Grandi Navi: “Tutti pronti alla mobilitazione?”
E va bene. Vado in soffitta a tirar giù le pinne!
Attivista arrestato e pestato
12/03/2014Il Manifesto
Quindi Zeno è stato portato in Questura, trattenuto per più di sette ore, dalle 14 a oltre le 19, in una cella di sicurezza senza che nessuno lo informasse dei reati per i quali era stato fermato e che gli fosse permesso parlare con un avvocato. “E, cosa ancora più grave - commenta la d’Agostino -, senza assistenza alcuna nonostante gli fosse stata rotta una costola. Tanto è vero che in ospedale gli è stata fatta una ecografia alla addominale per paura di versamenti e lesioni interne”.
Verso sera, il giovane è stato rilasciato e, da solo, si è recato barcollante per le percosse in pronto soccorso dove gli sono state riscontrate la frattura dell’undicesima costola sinistra, trauma distorsivo, rachide cervicale e contusioni multiple.
Non possono non tornare alla mente i casi Cucchi, Aldrovandi, Uva, Bianzino e gli altri episodi in cui gente in divisa sfoga una immotivata violenza contro i fermati per poi abbandonarli alla loro sorte.
“Da sottolineare, oltre alla mancata assistenza che avrebbe potuto tradursi in un’altra tragedia - ha commentato Aurora d’Agostino - che il famoso gestaccio punibile col reato di oltraggio alla forza pubblica che avrebbe causato l’aggressione dei celerini non è stato neppure messo a verbale!” Zeno è stato denunciato per minaccia, lesioni, resistenza a Pubblico Ufficiale e rifiuto di fornire le proprie generalità. Dopo la conferenza stampa, svoltasi proprio davanti alla Questura, gli amici di Zeno e i suoi compagni degli spazi sociali padovani hanno organizzato una partecipata, oltre duecento persone, e pacifica manifestazione di protesta lungo le strade della città. Del caso si sono interessati anche i deputati Giulio Marcon, Alessandro Zan e Giorgio Airaudo che ha inoltrato una interrogazione parlamentare al ministro degli Interni per far luce sulla vicenda.
Di forconi, di insulti e di altre Commedie. Lo sfogo di un povero spalatore
11/03/2014In Comune
Fatto sta che tocca spalare. E tocca proprio a me che ho il... piacere? privilegio? onere? di essere l’amministratore della sua pagina. Per farvela breve, son tre giorni che banno, elimino, chiudo, taglio e nascondo i post insultanti di tutti gli sbalconati fascistoidi che abbiano mai avuto la cattiva idea di entrare su Facebook. E non è ancora finita.
Per dirla col Dante - ebbene sì, per ripulirmi l’anima ho ripreso in mano la Commedia - del commento di Caccia sotto riportato si potrebbe scrivere “nulla già mai sì giustamente morse; e così nulla fu di tanta ingiura”. Parafrasi: Beppe ha colpito nel segno e ha fatto incazzare tanta gente.
Ma siccome se guardi nell’abisso, anche l’abisso guarda in te (questo è quel tal Friedrich), vi assicuro che è un lavoro stomachevole. Perché per farlo devi accettare una situazione di incomunicabilità senza speranza. Non c’è dialogo che tenga di fronte a commenti totalmente sgrammaticati, avulsi dalla realtà, in qualche caso anche malati, che cercano solo l’insulto nell’effimera illusione di poter arrecare dolore all’avversario. In tutta franchezza, mi spiace per loro e mi spiace per me perché non ho potuto rispondere “Tu la pensi così? Io invece... Ragioniamo!”
Certo. Le argomentazioni non hanno mai convinto nessuno. E quelle solide ancora meno (Voltaire, se non erro). E questo è uno dei motivi per il quale faccio solo il giornalista e me ne sto ben distante dalla politica parlata, con tutto il rispetto e l’ammirazione per chi la fa. Ma il dialogo rimane comunque una cosa della quale non possiamo fare a meno, altrimenti siamo carne da psichiatra. Ma che dialogo è mai possibile sotto una tale valanga di merda? Sarò anche una Biancaneve ma, ve lo dico con sincerità, ci son rimasto male. Mi son dovuto abbruttire a scaricare giù per il cesso i peggiori mostri partoriti dal sonno della ragione (Goya, stavolta) ma per farlo mi è toccato prima guardarli sul muso feroce.
Ed è proprio qui che entrate in gioco voi. “E che caspita c’entriamo noi?” domanderete. C’entrate. C’entrate perché vi ci faccio “c’entrare” io, vi rispondo. Per esorcizzare il male, non ho trovato di meglio che condividerlo. Eccovi dunque, per la gioia dei vostri occhi, un breve sunto dei candidi fiori di prato che sono spuntati sotto il citato post di Beppe. Ve li riporto col copia e incolla. Onde per cui non imputate a me le storpiature grammaticali e le bestemmie sintattiche. (Neanche il correttore automatico di Word sanno tenere inserito...) Per quella pietà che tu per tema senti (sempre Dante), ho evitato di riportare i nomi propri.
Non fate i vigliacchi e leggete sino alla fine, eh? Seguitemi. Or discendiam qua giù nel cieco mondo (ancora lui).
“Schifoooooo , delinquenti rossi protetti da orsoni vi spzzeremo via da venezia dei doge. vergognaaaaaaa Caccia frocio e amico dei froci hai mai lavorato in vita tua?”; “Camilla, pagherai! Pagherai per il male che hai fatto ai nostri bambini! Pagherai per le tue menzogne! Per i tuoi numerosi misfatti! Pagherai per il seme della bugia che spargi su orecchie innocenti! Pagherai per la tua alleanza con il DEMONIO! Pagherai per il dolore che spargi sulle nostre famiglie!”; “Un di, presto ,la Fiamma Tricolore dell’Italia Divina si alzerà sul Morion, covo di bastardi e drogati, per purificare con il fuoco la nostra Patria violentata e uccisa” (Neanche D’Annunzio); “MERDAAAAAAAA !!!!!! SCHIFOSIIIIIII!!!! CON LE SPRAGHEEEEE VIGLIAAAACCCHHHIIII CANCELLATE MA TANTO ABBIAMO COPIATO E FACCIAMO GIRARE DAPERTUTTO!!!! AH AH AH AH AH” (la risata satanica continua per altre quindici righe); “Bastardi viglaicchi vili ci avete dato in 50 contro uno ma la prossima volta veniamo con i carri armati”; “Altro che in 50!!!! erano più di 500 contro uno, li ho contati contati io!” (Ah beh... se li hai contati tu...); “ci sono i video dei vigili del fuoco che li hanno fatti aposta per testimoniare la vile agressione dei porci dei centri sociali capitanati da caccia che è anche un consigliere della regione e che chi lo ha votato si dovrebbe tagliarli le mani cosi non vota piu”; “giusto. e’ cosi’ che fanno in arabia dai mussulmani che sono tutti amici loro”; “Quelli sono violenti e sono loro i veri fascisti che non hanno mai lavorato in vita loro e che non sanno il dolore degli imprenditori che si suicidano per le tasse. Non gliene frega niente di chi lavora”; “No ** sbagli. Quei cani del Morion non sono degni di essere chiamati fascisti” (Qui segue una interessante diatriba che vi risparmio su chi possa e chi non possa fregiarsi dell’ambito titolo); “basta basta basta con i centri sociali! Ecco di cosa sono capaci! aggredire una pacifica manifestazione autorizzata che voleva solo difendere i nostri bambini dai recchioni di merda. Tutti amici di Caccia e di quella schifosa della Seibezi. A casa vi mandiamo alle prossime elezioni. Basta con l’obbligo di avere dei gay al comune!!!! E vorrebbero anche far obbligatori a scuola dei libri che indottrinano i bambini a fare come loro? Schifosi!”; “Quelli del Morion sono tutti dei sorci che bisogna annegare nel canale della giudecca” (Ma poi le Grandi Navi ce la fanno a passare?); “A Venezia non si può più andare in giro che quei porci dei centri sociali, e ce ne sono otto in città!, ti buttano in acqua, ti stuprano e ti aggrediscono” (non necessariamente in questo ordine, spero); “Ma chi è che ha votato Orsoni che ci ha riempito la città di questi violenti? che poi dove abitano vorrei sapere”; “Io voglio chiamarmi mamma e papà e non genitori 1, 2 o anche 3! Adesso nelle scuole vogliono obbligare i bambini a studiare da gay. E poi la città è piena di froci e travestiti che rompono i cosidetti” (Ah, ma quello è il Carnevale); “Si vergogni ad usare il termine fascista! Rispetti le opinioni altrui e prenda qualche libro di storia e lo impari, esimio consigliere Caccia, visto che è pagato dagli italiani”; “Caccia ma dove abita?” (questo l’ho bannato ma forse ho fatto male. Magari voleva solo mandargli dei fiori) “E Giuseppina Gherzi che i partigiani hanno stuprato e ucciso? Dove la mettiamo?? merdeeeee rosseeee!!!!”; “Basta con i comunisti!!!”; “Se la polizia vorrebbe basterebbe che andasse a fare una retata al Morion per trovarlo pieno di droga e chiuderlo per sempre” (Se la polizia “vorrebbe”, potrebbe fare lo stesso a qualche festino con deputati e senatori e ne troverebbe certo di più, di droga); “Io sono una mamma, ha capito signor Caccia? E non una genitore 2!!!”; “Ragazzi ma perché stiamo qui a discutere? Mettiamoci in diecimila e andiamo al Morion a sfasciare tutto. Ripeto, perché stiamo qui a discutere?” (E’ quello che mi chiedo pure io)
E mi fermo qua. Ebbene? Vi ho dato una idea dello schifo che mi è toccato buttare giù per il cesso? Siate buoni e mandatemi una mail di solidarietà!
Caricati i lavoratori dell'Artoni
26/02/2014Il Manifesto
La lotta dei lavoratori della Artoni si inserisce in un momento delicato per tutto il comparto del trasporto. Dopo quattro scioperi nazionali e un lungo percorso di lotta, i sindacati di base sono riusciti ad ottenere importanti concessioni da parte di aziende come la Tnt e la Dhl tra cui: l’integrazione al cento per cento per malattia e infortunio, l’erogazione degli istituti contrattuali a prescindere dalle ore lavorate, garanzie sul rispetto degli orari, inserimento di un ticket di ristorazione giornaliero. “In poche parole siamo riusciti a far equiparare i cosiddetti ‘soci lavoratori’ ai normali lavoratori, ponendo fine ad una ingiustificata differenziazione, funzionale solo alle aziende che potevano fare il bello e il cattivo tempo - ha commentato Boetto -. La Artoni però non ha voluto sentir ragioni. Ma se crede che la questione possa essere risolta con una carica della polizia si sbaglia di grosso”. In questo situazione, assume ancora più importanza la manifestazione in programma proprio a Padova sabato 1 marzo che ha tra i promotori l’Adl Cobas e che ha l’obbiettivo di rilanciare dal basso una campagna per la conquista dei diritti. Non solo quindi i lavoratori della logistica, quindi. In piazza scenderanno tutte le realtà sfruttate: dai rifugiati abbandonati dalle istituzioni, agli sfrattati che chiedono una casa, sino
Il Veneto si mobilita con i No Tav. Aperto il casello dell’autostrada di Venezia e occupata la sala del convegno sulle Orte Mestre del ministro Lupi
23/02/2014Il Manifesto
L’iniziativa più spettacolare e innovativa svolta nell’ambito della “due giorni” di lotta promossa dall'assemblea dei comitati e delle associazioni ambientaliste del Veneto “30N” è stata comunque quella svoltasi al casello autostradale. Circa 150 attivisti hanno occupato tre caselli per circa un paio di ore, oscurando le fotocellule, per consentire agli automobilisti di transitare gratuitamente. “L’autostrada l’abbiamo già pagata con le nostre tasse - ha spiegato Mattia Donadel del comitato Opzione Zero -. La Concessioni Autostrade Venete dopo aver devastato mezza Regione con passanti e tangenziali con la scusa di voler risolvere il problema del traffico ha scoperto che sono inutili perché gli automobilisti per evitare di pagare pesantissimi pedaggi che non hanno uguali in Europa, preferiscono percorrere le vecchie strade. Allora ha deciso di triplicare il pedaggio, dimenticandosi che questa strada che oggi noi abbiamo liberato è stata realizzata fatta con finanziamenti pubblici”.
L’iniziativa si è svolta senza creare nessun intralcio al traffico, anzi! Moltissimi gli automobilisti che chiedeva ai ragazzi di “venire qui anche domani” e poi, transitando senza pagare, gratificavano di un eloquente “gesto dell’ombrello” gli uffici della concessionaria.
Non meno importante l’azione svoltasi questa mattina ad Adria, nel cuore del Polesine, un folto gruppo di attivisti hanno occupato pacificamente ma con determinazione, sino ad impedirne lo svolgimento, la sala dell’hotel Amolara dove era in programma un convegno sulla Orte Mestre cui avrebbero dovuto partecipare anche il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, e l’assessore regionale alla Mobilità, Renato Chisso.
“La sirena delle Grandi Opere finanziate non incanta più nessuno - ha spiegato Tommaso Cacciari del laboratorio Morion di Venezia -. Oramai è chiaro a tutti che il Mose, il Passante, la Mestre Orte, la Tav non servono ad altro che a mercificare e devastare l’ambiente per far convergere denaro pubblico sulle tasche dei privati. Denaro che potrebbe essere usato per creare veri posti di lavoro, per mettere in sicurezza il territorio e garantire servizi pubblici efficienti. Perché l’unica vera Grande Opera che vogliamo è casa e reddito per tutti”.
Grandi Opere, Grandi Truffe. Attivisti in azione al casello: L’unica Grande Opera che vogliamo è casa e reddito per tutti
22/02/2014EcoMagazine
Il braccio ad ombrello, insomma, non sarà elegante ma certo comprensibile. Come comprensibili e sono state le tante richieste di “venite anche domani, per favore?” Ma l’azione degli ambientalisti aveva solo lo scopo di far riflettere gli automobilisti e la cittadinanza per far capire che non è con le Grandi Opere che si risolvono i problemi ma, al contrario, queste sono solo strumenti per devastare e mercificare il territorio convergendo denaro pubblico nelle tasche di pochi privati.
Concetto questo ribadito anche nelle tre interviste realizzate durante l’iniziativa di ieri al casello di Mestre che vi proponiamo qui sotto.
Grandi Navi. Le Compagnie preparano la controffensiva di primavera. Chi ha a cuore Venezia ne discuta oggi per non farsi trovare impreparato domani
18/02/2014EcoMagazine
Tre consiglieri comunali, Beppe Caccia, Camilla Seibezzi e Sebastiano Bonzio, hanno appena denunciato in un incontro con la stampa, vedi il mio l’articolo su Eco Magazine, che l’assessore Ugo Bergamo ha stipulato un accordo con l’autorità portuale ben diverso da quello che era stato proposto dal consiglio e che riapre alle Grandi navi la possibilità di rioccupare la Marittima. E’ vero che in Senato, grazie ad una mozione presentata da Felice Casson, il Governo si è impegnato ad evitare la temuta scorciatoia della legge Obiettivo che avrebbe bypassato tutte le valutazioni ambientali e ha promesso di discutere sulle possibili alternative senza forzature. Ma è anche vero che, come temevamo, le compagnie di navigazione non hanno nessuna intenzione di giocarsela lealmente e stanno già battendo i media e le televisioni come cassa di risonanza per denunciare le presunte ricadute occupazionali che si riverserebbero sul porto con le porte della laguna chiuse.
Inutile nascondercelo. Siamo di fronte al grande rischio che una vittoria possa trasformarsi in una sconfitta. Tra qualche mese tutto potrebbe tornare come prima. Anzi peggio. Tutto come prima ma con una “grande opera” in più a devastare la nostra povera laguna: lo scavo del canal Contorta. Canale che permetterebbe alle Grandi Navi, gettate fuori dalla porta di rientrare dalla finestra. Col risultato che a Venezia rimarrebbe lo stesso inquinamento di prima con, in più, un’altra cementificazione di cui non se ne sentiva di sicuro la mancanza.
Ora, è chiaro come il sole che, a Venezia, lo scavo del Contorta non lo vuole nessuno. Non lo vogliono gli ambientalisti, non lo vogliono i veneziani. Non lo vuole l’amministrazione comunale. Il sindaco Giorgio Orsoni è stato chiaro in proposito. Non lo vogliono i deputati che hanno aderito alla sopracitata mozione lanciata dal senatore Felice Casson. Non lo vogliono nemmeno i portuali pro Grandi Navi che hanno osservato, non senza qualche ragione, che se gli ambientalisti non avessero sollevato tanto casino Venezia non rischierebbe di ritrovarsi tra qualche mese col problema di prima e con un scavo in più.
Ma allora chi è che vuole scavare il Contorta? Lo vuole, è presto detto, il partito delle Grandi Opere. Quel grande e trasversale partito senza tessere che continua a macinare ambiente (e diritti) per ricavare reddito per pochi, in nome di una economia che ha causato la crisi e della crisi ha fatto una giustificazione per qualsiasi scempio.
Perché, proprio sull’onda delle crisi, ci scommettiamo?, marcerà assieme ai primi tepori della primavera e al conseguente riaprirsi della stagione delle crociere, la controffensiva della compagnie di Crociere. Denunceranno la perdita di clienti, invocheranno la necessità di ridurre stipendi e personale, pregheranno il Governo di sostenere l’occupazione con misure straordinarie, piangeranno sulle famiglie ridotte in miseria, ragioneranno sul senso di colpire, in piena crisi, uno dei pochi settori in crescita, prometteranno di sistemare filtri sui loro puzzolenti camini per ridurre gli inquinanti, giureranno sulla sicurezza dei loro sistemi di navigazione.
E noi allora cosa risponderemo? Noi che ci siamo buttati in acqua, che ci siamo presi le multe, che abbiamo manifestato in tutti i modi possibili, che abbiamo organizzato assemblee, che ci siamo documentati e che abbiamo scritto decine di articoli. Noi che sappiamo che la crisi, la povertà, le devastazioni ambientali, l’inquinamento, non sono imputabile alle nostre idee ma proprio di chi ragiona come ragionano loro, sui binari di una economia di rapina. Noi, cosa risponderemo allora?
In rete sta maturando un grande dibattito a proposito. Le risposte che sono state date sono tante. C’è chi propone Marghera come terminal (ma le Grandi Navi continuerebbero a passare per la laguna, attraverso il canale dei Petroli, ed inoltre c’è il problema delle petroliere in transito), chi preferisce un porto off shore al di là delle dighe del Mose (roba da farsi togliere il saluto dagli amici ambientalisti del Cavallino). C’è chi sostiene che le Grandi Navi debbono traslocare a Trieste (ma questo comporterebbe sul serio un problema occupazionale per tanti lavoratori del porto ed inoltre nessuno ha chiesto l’opinione dei triestini) oppure chi pensa che la costruzione delle Grandi Navi, figlie di un concetto “sviluppista” dell’economia, non dovrebbe neppure essere autorizzata (ma neanche la guerra in Siria o lo Stato di Israele, se è per questo). Poi ci sono quelli che affermano che non spetta a noi trovare le soluzioni. Tutto ci va bene, purché le Grandi navi se ne stiano al largo dalla laguna (ma quante battaglie abbiamo perso per essere saliti solo sulle barricate del No a tutti i costi?)
Ed intanto che l’arcipelago, variegato e qualche volta anche astioso, degli ambientalisti discute a che santo votarsi, quelli del partito delle Grandi Opere non se ne stanno con le mani in mano. Pianificano in stanza chiuse e in uffici paralleli a quelli istituzionali. Poi brigano per velocizzare le pratiche, per bypassare i (pochi) vincoli di tutela ambientale che abbiamo. Loro non si fanno tutte le nostre paturnie. Non ragionano come noi e se ne fregano delle conseguenze a lungo termine. Hanno uno scopo solo: scavare subito, cementare, “mettere in moto l’economia”, devastare, fare reddito veloce col collaudato sistema che le spese ce le mette lo Stato e i guadagni se li pigliano loro.
Che fare, quindi? La proposta che lancio è di usare Eco Magazine come una piattaforma di confronto per schiarirci le idee. Ho pensato ad una griglia di domande da porre ad esperti, politici, intellettuali, ambientalisti... a quanti abbiano qualcosa di intelligente da dire in merito al problema. Un modo come un altro per ragionarci su e contribuire ad un dibattito serio.
Cominceremo a breve a pubblicare le prime interviste. C’è spazio per tutti (è il bello del web giornalismo!) e anche per i commenti che abiliteremo in calce all’articolo.
Perché, se non ci schiariamo le idee tra di noi adesso e ci diamo una bella svegliata, a Primavera ci sveglieranno loro. E non sarà un risveglio piacevole.
Pendolari vs Regione. Quando prendere il treno diventa una battaglia
15/02/2014EcoMagazine
Inutile entrare nel dettaglio di queste faccende che l’assessore regionale alla Mobilità, Renato Chisso, ha definito la “rivoluzione dei trasporti del Veneto”, perché chiunque abbia tentato la sorte di prendere un treno sa di cosa stiamo parlando.
Vediamo piuttosto di buttarla sul positivo. Perché di positivo c’è che i tanti comitati di pendolari sparpagliati in tutta la Regione si sono finalmente trovati insieme per mettere a punto una piattaforma di richieste comune. “Cerchiamo di uscire dalla logica del proprio giardino - ha spiegato in apertura Gigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto - per capire che il problema non sta nel ottenere un treno in più sulla propria linea ma di ripensare in termini di servizio tutta la mobilità pubblica”. L’associazione del cigno verde si è fatta promotrice di questa iniziativa che potremmo scherzosamente chiamare “Pendolari di tutto il Veneto, unitevi”. Andrea Ragona, responsabile per il trasporto pubblico, spiega come l’incontro di questa mattina sia nato dopo un anno di lavoro con i tanti comitati regionali stufi di venire singolarmente “presi in giro dalla Regione Veneto”.
Il problema, spiega il portavoce di Legambiente, si è creato con l’istituzione dell’orario cadenzato che Chisso, come abbiamo scritto in apertura, ha definito la “rivoluzione del trasporto regionale”. Ricordiamo che per “orario cadenzato” si intende un orario in cui (come avviene per i vaporetti e i bus) le partenze avvengono sempre a minuti fissi di ogni ora. Il problema sta nel fatto che mentre di vaporetti ce n’è uno ogni dieci minuti, di treni uno ogni due ore se butta bene. In poche parole, con la scusa della “rivoluzione”, sono state fatte scomparire linee intere di treni per pendolari.
“Non si può fare la rivoluzione dei trasporti senza investire soldi - ha commentato Ragona -. La Regione Veneto cui spetta la gestione del nostro sistema di trasporto è quella che ci investe meno: lo 0,3 per cento del proprio bilancio contro l‘1,2 della Lombardia o il 2 per cento della provincia autonoma di Bolzano. Chiaro che senza investimenti il settore è penalizzato e a pagarne le spese sono gli utenti più frequenti: i pendolari”. Col risultato, come ha spiegato al microfono un incazzatissimo pendolare, che “per andare a lavorare siamo costretti a prendere l’auto”.
In conclusione dell’incontro, è stata predisposta una piattaforma comune in cui si chiede alla nostra “rivoluzionaria” Giunta regionale di facilitare l’intermodalità, aumentare il numeri di treni pendolari e, soprattutto, di investire più risorse sui trasporti pubblici, magari dirottandoci qualcuno di quei miliardi che così generosamente spende e spande per le autostrade e le Grandi Opere.
Per ultimo, segnaliamo la pagina di Facebook dedicata ai disastri di Trenitalia, “Pendolaria Veneto”. Per gente che ama il genere horror.