Al sonido de una voz


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Perché ci ostiniamo a tornare in Chiapas
Sono quasi due decenni che camminiamo a fianco delle popolazioni indigene che il 1 gennaio 1994 si sono sollevate in armi per rivendicare giustizia e diritti dopo secoli di soprusi e discriminazioni. Dopo essere stati posti ai margini della storia, sfruttati da governi e imprese straniere per la ricchezza dei loro territori, privati della possibilità di scegliere o anche solo di intervenire nelle decisioni che li riguardavano, hanno ripreso in mano con forza e consapevolezza il proprio destino e hanno iniziato un percorso che li ha portati, e li sta ancora portando, verso la costruzione di un mondo migliore.
Grazie ai nostri viaggi in Chiapas nelle comunità zapatiste abbiamo potuto vedere con i nostri occhi la costruzione di quella autonomia diventata possibile. Gli incontri svolti con le Giunte del Buon Governo ci hanno permesso di costruire insieme alle comunità ribelli progettualità comuni, dal basso, che hanno non solo permesso il miglioramento di alcuni aspetti legati alla vita nella Selva, ma che ci hanno dato l’opportunità di mettere in comune le nostre esperienze, apprendendo l’uno dall’altro conoscenze nuove che sono diventate poi strumenti di lotta che ognuno ha riportato nei propri territori con un rinnovato senso di essere comunità.
Al di là dell’aspetto progettuale, ogni singolo viaggio verrà ricordato anche per i momenti di quotidianità condivisi con gli zapatisti conosciuti negli anni. I racconti di chi ha partecipato alla rivoluzione, di chi ha contribuito alla costruzione dei Caracoles e delle Giunte, ma anche la condivisione di un pasto dopo una lunga giornata di lavoro, le risate e i giochi con i bambini, gli incontri casuali nelle passeggiate fatte nei vari villaggi visitati hanno arricchito le nostre esperienze in Chiapas facendoci conoscere un modello alternativo e funzionante per vivere insieme.
Grazie alla recente carovana abbiamo portato avanti quei percorsi iniziati anni fa da alcuni nostri compagni dando così un nuovo contributo alla costruzione della nostra storia. I più giovani di noi hanno vissuto le prime fasi della costruzione dell’autonomia nella Selva Lacandona attraverso le testimonianze dei primi compagni che anni fa si sono recati in Chiapas. Grazie alle loro parole, accompagnate spesso da quelle con cui il Subcomandante Marcos ha arricchito i comunicati dell’Ezln, ci siamo costruiti un immaginario fatto di libertà, coraggio e volontà di costruire un mondo che come dicono gli zapatisti stessi “contenga molti mondi”.
Le nuove generazioni di militanti stanno inoltre conoscendo una nuova fase dello zapatismo che si è data nel momento in cui l’Ezln ha deciso di appoggiare la decisione del Consiglio Nazionale Indigeno di candidare una donna, María de Jesús Patricio Martínez, alle elezioni presidenziali del 2018. La scelta è stata a lungo discussa all’interno delle singole comunità indigene del paese. È stata anche duramente criticata sia da alcuni zapatisti sia da molti esterni al movimento che ne hanno visto un tradimento degli ideali rivoluzionari da sempre sostenuti. A queste vanno ad aggiungersi le accuse di non essere intervenuti, o di averlo fatto con troppo ritardo, in alcuni momenti chiave della storia recente del Messico – ad esempio, la sparizione dei 43 studenti di Ayotzinapa – e in generale di essersi isolati sulle montagne del sud-est messicano. Nonostante ciò gli zapatisti hanno dimostrato di essere un movimento vivo, capace ancora di crescere e rinnovarsi e soprattutto capace di leggere e interpretare i cambiamenti in corso trovando una forma, la loro forma, per intervenire. Si sono dimostrati in grado di comprendere le necessità della loro gente - la creazione di un Consiglio Indigeno di Governo che possa dare voce a chi fino adesso non ce l’ha avuta –, ma lo ha fatto senza limitarsi a questo, ma dando vita ad un percorso inclusivo e partecipato che parlasse a tutto il Messico, che coinvolgesse tutte le lotte che stanno attraversando il paese, smuovendo le coscienze di coloro che sentono la necessità di gridare insieme e ancora una volta “Ya basta!”. Grazie a questo viaggio abbiamo potuto conoscere e vedere come questa intuizione abbia creato un progetto comune sostenuto da un’eterogeneità di movimenti e persone pronto ad andare oltre la scadenza elettorale.
Per questo sarà altrettanto importante essere ancora presenti quando, a luglio, si svolgeranno le elezioni. La questione della vittoria o meno di Marichuy passa in secondo piano se valutiamo da una prospettiva più ampia la scelta zapatista. Del resto, il risultato è già deciso a tavolino dai partiti che si spartiscono il potere e che stanno ostacolando il suo percorso, ma sarà interessante vedere a che punto è arrivato il cammino del Cni e di coloro che lo hanno intrapreso durante questo ultimo anno. Tra questi ritroveremo quasi sicuramente le lotte dei migranti centroamericani e degli attivisti che abbiamo intrecciato nel nostro percorso. Li accompagneranno le madri e i famigliari che cercano i loro cari scomparsi in Messico, così come gli studenti e i giornalisti che cercano di raccontare la verità al caro prezzo della propria vita.
Ritornare in Messico per portare, ancora una volta, il nostro sostegno e le nostre esperienze ci permetterà di continuare a sostenere un modello di solidarietà transnazionale non basata sull’assistenzialismo, ma sulla ricerca di un modo per mettere in comune i vari linguaggi e strumenti di cui ognuno di noi si è dotato per la costruzione di un nostro domani.
“Ci siamo messi in cammino al suono di una voce”. Così ci siamo raccontati per tanti anni a coloro che ci hanno chiesto chi eravamo e così continuiamo a rispondere a chi ora ci chiede cosa siamo. Perché non abbiamo mai smesso di caminar preguntando, sempre con la stessa voglia e la stessa curiosità di conoscere e capire il mondo, senza smettere di credere che ci siamo schierati dalla parte giusta, in basso e a sinistra.
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