In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.

Unite o separate? Venezia e Mestre ci riprovano per la quinta volta

E con questo sono cinque. Per la quinta volta, i residenti di Venezia sono chiamati ad esprimersi sulla divisione dell’attuale Comune in due amministrazioni autonome, una per Venezia e una per Mestre. Si tratta di un referendum solo consultivo ma legittimato dal Consiglio di Stato e, pur se con qualche resistenza, anche dalla Regione Veneto che ha stanziato gli 800 mila euro necessari allo svolgimento della consultazione. Se vincerà il Sì, la città d’acqua e la Terraferma si separeranno, ognuna con un suo sindaco e una sua amministrazione, proprio come chiede la legge di iniziativa popolare numero 8 che sta alla base del referendum. Se vincerà il No, o l’astensione, tutto rimarrà come adesso.
Siamo al quinto referendum sullo stesso tema, scrivevamo in apertura. La tenacia dei separatisti, tra le calli di Venezia e le strade di Mestre, è diventata ormai proverbiale. L’ultima chiamata alle urne, nel 2003, è stata annullata per il non raggiungimento del quorum, appena il 39 per cento. Avrebbero comunque vinto gli unionisti con il 66 per cento dei voti. Le precedenti consultazioni, avvenute nel 1979 (affluenza 80%), nel 1989 (74%) e nel 1994 (68%), hanno ugualmente visto trionfare i No ma con percentuali sempre decrescenti. In ordine: 72%, 58% e 56%.

Gli ultimi sondaggi che sono girati sul web, vedono trionfare il club dell’astensione e degli indecisi ma con una leggera percentuale di Sì tra coloro che hanno manifestato l’intenzione di andare votare. Sono comunque tutte statistiche raccolte prima dei giorni dell’Acqua Granda. Tutto da vedere se e come la drammatica settimana del 12 novembre influirà sul referendum e sull’affluenza. Di sicuro, il tema della separazione non è stato al centro del dibattito politico degli ultimi giorni, tutto centrato su “Mose sì, Mose no” e sui progetti di difesa della città dall’assalto, che minaccia di essere sempre più frequente, delle maree e dei cambiamenti climatici.

Per i separatisti, il primo scoglio da superare sarà quello del quorum. Sotto accusa, il sindaco Luigi Brugnaro che ha espressamente invitato all’astensione e che ha fatto tutto quello che poteva fare, e anche qualcosa di più, per silenziare un referendum che lo priverebbe quantomeno di metà Comune. In caso di vittoria del Sì, il sindaco di Venezia sarebbe obbligato infatti a levare le tende ed a scegliere dove presentare una sua ipotetica candidatura futura. Il suo invito a disertare le urne ha suscitato le ire della senatrice Cinque Stelle Orietta Vanin che ha denunciato tutta una serie di censure operate dall’amministrazione. Ed in effetti, anche a voler prescindere dal fatto che per pescare un tabellone per le affissioni devi girare tutta la città e quando lo trovi è un formato ridotto, ai separatisti sono stati negati, e senza neppure la briga di una giustificazione, anche gli spazi pubblicitari a pagamento dell’azienda municipale dei trasporti. Ancora più grave la rimozione forzata da parte dei vigili urbani degli striscioni separatisti che alcuni privati cittadini avevano appeso alle loro finestre. Tutte operazioni che la Vanin ha giudicato come un attacco ai diritti politici e civili dei cittadini.

Dei 5 Stelle va detto che da un iniziale “votate secondo coscienza” si sono convertiti al separatismo dopo l’entrata a gamba tesa di Grillo che nel Blog delle Stelle ha invitato a votare Sì perché “altrimenti tutto rimane uguale”.

Ancora più acrobatica la posizione della Lega, convinta separatista nei referendum precedenti, oggi astensionista ed allineata alle posizioni del sindaco che sostiene in maggioranza.

Andare a votare per rispetto dell’istituzione referendaria ma votare No è la posizione del Pd, dei Verdi e, in generale, della sinistra, pur con qualche voce discordante. Una su tutti, quella dell’ex candidato sindaco Felice Casson che propende per il Sì. Per il No anche Confindustria, Cna e Cgil. ”Se fosse un referendum per l’autogoverno di Venezia voterei subito Sìto - ha spiegato Tommaso Cacciari - Ma questa consultazione punta solo ad indebolire tanto Mestre quanto la città lagunare che diverrebbe marginale e non avrebbe più voce in capitolo né sui cieli, né sulle acque perché Porto e Aeroporto resterebbero al di fuori della sua competenza”.

«Non chiamatelo maltempo». A Venezia, il Friday for future con gli stivali

La crisi climatica è qui ed ora. Le ragazze ed i ragazzi di Fridays for Future lo scrivono nello striscione che apre il corteo di Venezia. Portano tutti gli stivali ai piedi perché, nell’ex laguna dei Dogi, l’emergenza non è ancora finita. Dal codice rosso di «alta marea eccezionale», le acqua alte sono passate al codice arancio di «sostenuta». Che significa comunque un buon 30% della città a mollo. E vista con gli occhi di chi ha l’acqua alle caviglie, la crisi climatica acquista tutto un altro carattere di emergenzialità. Per tutti, tranne che per l’amministrazione comunale di Venezia e della sua maggioranza negazionista che continua a rifiutarsi di votare una mozione di emergenza climatica, come chiedono i FfF, nonostante nei giorni della acqua granda, nell’atrio di Ca’ Farsetti ci si potesse navigare in gondola.
Proprio per questo suo immobilismo, il Comune è stato il primo bersaglio dei manifestanti che lo hanno simbolicamente chiuso col nastro rosso delle emergenze. «Venezia è il perfetto paradigma della crisi ambientale che stiamo attraversando – ha spiegato Sofia Demasi di FfF -. Una città sorta su un meraviglioso equilibrio tra terra e mare che è stato progressivamente devastato da grandi opere come il Mose. Decretare la morte della laguna, sbarrandone gli accessi al mare per sei mesi all’anno, come farebbe il Mose se riusciranno un giorno a farlo entrare in funzione, non può essere una soluzione accettabile. Non possiamo pensare di sopravvivere noi, mentre crolla l’intero ecosistema. È l’intero pianeta che deve sopravvivere. Ma su questo obiettivo, i nostri politici sono assolutamente inadeguati».

Buoni solo a fare passerelle in piazza San Marco, spiegano dai loro megafoni i FfF, mentre la città è invasa da una acqua granda che non si vedeva da mezzo secolo. Ma «non chiamatelo maltempo», afferma l’hastag scelto dai manifestanti per i social. Non è l’acqua che ha devastato Venezia ma le conseguenze di uno sviluppo devastante che ha mercificato la laguna, asservendola agli interessi delle Grandi Navi e del porto industriale, scavando grandi vie d’acqua incompatibili con la morfologia del fondale.

Ma se Venezia rimane comunque una città sotto i riflettori del mondo, i ragazzi di FfF non hanno dimenticato che i fenomeni meteorologici estremi, che oggi sono straordinari ma che domani saranno ordinari, hanno colpito anche aree che non godono della stessa attenzione mediatica. Cartelle e striscioni in solidarietà con la Liguria, la Toscana, il Trentino, la Sicilia e la Basilicata sono stati appesi in campo San Geremia, davanti ala sede della rai Regionale. «Ma non chiamatelo maltempo – conclude Sofia -. Siamo nel bel mezzo di una crisi climatica e ne usciremo solo cambiando il sistema».

Venezia e New York, destino comune sancito dai Fridays for Future

Appuntamento a Park Avenue. Domani in laguna nuova alta marea: quarto codice rosso negli ultimi 10 giorni

Anche a New York, i Fridays For Future si sono mobilitati per la salvaguardia di Venezia, e si sono dati appuntamento per il loro sit in del venerdì a Park Avenue, davanti al consolato italiano. «Venezia è sommersa – hanno scritto in un tweet – e sta pagando l’inazione del Governo e della Regione del Veneto di fronte ai cambiamenti climatici».

Un destino comune, quello della Città dei Dogi e della Grande Mela. Entrambe le città sono considerate tra le più a rischio per l’innalzamento del livello dei mari. Ma è anche l’ennesima dimostrazione di come Venezia sia sempre al centro dell’attenzione mondiale. «La nostra città ha una innegabile dimensione globale – ha spiegato marco Baravalle del comitato No Grandi Navi -. Non è solo un simbolo, ma anche un chiaro paradigma di un pianeta condotto alla deriva da un sistema produttivo predatorio e mercificatore. Ma proprio per le sue peculiarità, Venezia ha tutte le carte in regola per riscattarsi e dimostrare che acqua, terra ed esseri umani possono coesistere in un unico ambiente come era ai tempi della Serenissima, prima che il capitalismo anteponesse gli interessi industriale a quelli della salvaguardia della città e si cominciasse ad interrare le barene per far spazio alla zona industriale».

Ristabilire questo perduto equilibrio morfologico, piuttosto che continuare in una politica di grandi opere devastanti che non sono la soluzione ma la causa del problema, è quanto chiedono Fridays For Future e il comitato No Navi che questo pomeriggio alle ore 17, in una assemblea cittadina in sala San Leonardo, chiameranno alla mobilitazione per domenica pomeriggio.

Mobilitazione che si svolgerà proprio dopo un’altra grande marea. Domenica mattina, alle 8,45, sono previsti infatti 140 centimetri di acqua alta. Il che comporterà l’allagamento di perlomeno il 60 per cento delle calli e dei campielli. Certo, siamo lontani dal picco di 187 centimetri registrato martedì, ma rimane comunque una “alta eccezionale” col rischio che lo scirocco ci faccia un’altra volta lo scherzo di spingere un altro fronte d’acqua dentro la laguna. In ogni caso, siamo al quarto «codice rosso» nei soli ultimi 10 giorni.

«I miei concittadini sono attoniti e muti – spiega Andreina Zitelli -. Attoniti perché non avevano mai assistito ad una tale frequenza di acque alte. Muti perché hanno capito che la politica non li salverà. Governo, Regione e Comune continuano a parlare del Mose e della necessità di realizzarlo al più presto. Ma nessuno sa, se e quando sarà pronto. I test sono ancora tutti da fare e hanno già detto che in situazioni critiche come quelle di martedì, nessuno potrebbe prevedere l’effetto delle onde sulle paratoie, col rischio di cedimento e di far spazzare la città da uno tsunami. Tutta l’operazione è in mano a enti che perseguono interessi privati come il Porto. Nessuno affronta il problema vero: cosa fare per difendere sin da ora e con un progetto che guardi al futuro climatico che ci attende, la laguna dalle alte maree. L’unica soluzione è quella di alzare i fondali e riportarli come erano una volta per rimediare agli errori passati. Bisogna fare entrare meno acqua e meno velocemente».

Sospendere i finanziamenti milionari al Mose per dirottarli verso opere atte a ripristinare la morfologia lagunare e salvaguardare il costruito, è quanto chiederanno i manifestanti che domenica daranno vita ad un corteo con partenza da campo Santa Margherita alle 14. La manifestazione si farà anche in caso di acqua alta, assicurano. Perché, come cantano i No Tav per la Val di Susa, “La laguna paura non ne ha”.

In piazza dopo la mareggiata per dire no al Mose

Dopo i giorni dell’emergenza, arrivano i giorni della mobilitazione. «Non ci siamo tirati indietro quando c’è stato da rimboccarsi le maniche per aiutare le persone che avevano le case e i negozi allagati, non ci tiriamo indietro adesso che vogliamo, e dobbiamo, far sentire la voce di Venezia a quanti pretendono di decidere il suo futuro senza tener conto dei nuovi scenari climatici». Anna De Faveri, giovanissima studentessa di Fridays For Future, è una delle tante ragazze e dei tanti ragazzi che i giornali locali hanno battezzato «angeli della laguna» per l’impegno profuso tra calli e campielli dopo la mareggiata di martedì 12. Anna e altri studenti di FfF, assieme a rappresentanti del comitato ambientalista No Grandi Navi, hanno annunciato una grande manifestazione per domenica prossima e sono stati i protagonisti di una affollata conferenza stampa nel cuore di Venezia, in una Scoletta dei Cale- gheri con il pavimento ancora bagnato dell’alta marea.
«Non chiamiamola ‘acqua alta’ - ha sottolineato Tommaso Cacciari del laboratorio Morion - Quella che ha colpito Venezia è stata una cosa ben diversa dalle solite alte maree. È stata un’onda anomala causata dalla sovrapposizione di un fenomeno meteorologico estremo dovuto ai cambiamenti climatici e dalla devastazione di una laguna trasformata in merce da un modello di sviluppo sconsiderato».

È cambiato il clima, è cambiata la laguna, è cambiata la marea. Sono rimasti uguali solo i politici che continuano a invocare il Mose, l’opera costata 5 miliardi e mezzo di cui uno e mezzo speso in corruzione, come unica panacea salvifica. «Il Mose non è la soluzione ma parte del problema - spiega Armando Danella del comitato No Navi - Si è verificato proprio quello da cui gli ambientalisti avevano messo in guardia. Oggi tutte le criticità dell’opera sono evidenti. Proprio quelle criticità per le quali il Comune, gli ecologisti, la scienza avevano cercato di bloccare l’opera. Quello che non sono riusciti a fare loro, lo hanno fatto i cambiamenti climatici che implicano una frequenza sempre maggiore di fenomeni estremi che mettono in luce l’inadeguatezza del sistema di paratie mobili».

Lo striscione che aprirà il corteo di domenica chiederà, proprio in nome dell’emergenza che sta vivendo Venezia, di sospendere i finanziamenti al Mose e dirottare questo denaro su opere atte a contenere le prossime mareggiate, ristabilendo l’equilibrio idrogeologico della laguna, innalzando la pavimentazione delle isole, pulendo i canali interni alla città e abbassando la profondità delle bocche di porto e dei canali navigabili. Progetti poco costosi e di facile realizzazione. Progetti già sperimentati con successo e che possono aiutare la città ad affrontare le prossime mareggiate. 11 corteo partirà da Campo Santa Margherita alle 14. La mobilitazione sarà preceduta, sabato in sala San Leonardo, da una assemblea pubblica.

La manifestazione era stata prevista per il primo dicembre ma è stata anticipata di una settimana perché questa domenica i residenti del Comune sono chiamati alle urne per esprimerei sull’ennesimo referendum per la separazione di Venezia e Mestre. Ma c’è anche un’altro motivo per cui la manifestazione è stata anticipata al 24. Martedì 26, infatti, si riunirà il cosiddetto Gomitatone, il comitato interministeriale che ha il compito di decidere sulla salvaguardia di Venezia. Una forte mobilitazione della città due giorni prima dell’incontro potrebbe rivelarsi decisiva per le sorti di Venezia.

E mentre preparano la manifestazione, le ragazze e i ragazzi di FfF non trascurano di intervenire attivamente per aiutare i residenti alluvionati. «Alla faccia di tutti quei politici che dicono che siamo capaci solo di marinare la scuola». Ruggero Tallon si toglie il proverbiale sassolino dalla scarpa: «In questo momento stiamo lavorando per Pellestrina. Venerdì dovremmo riuscire a portare loro un prima barca carica di elettrodomestici. Nell’isola c’è gente disperata che ha davvero perso tutto. E nessuno di loro si illude che arriveranno aiuti come per Venezia».

La Serenissima conta i danni. Emergenza fuori dall’acqua

Dopo il picco alta marea di domenica la Laguna prova a rialzarsi. Ma è caos negli ospedali

La paura è oramai alle spalle. La seconda mareggiata prevista per domenica a mezzogiorno si è fermata di qualche centi- metro sotto il metro e sessanta annunciato. I veneziani l’hanno attesa con gli stivali ai piedi. I piani terra di case e negozi difesi da pompe e paratie d’acciaio, o da improvvisate tavole di compensato sigillate agli stipiti degli usci con speciali schiume impermeabili. Qualche spiritoso ci ha scritto sopra in pennarello: «E1 Mose dei poareti». Il Mose dei poveri. Ma i disastri che doveva fare, l’acqua granda li ha già fatti lunedì e la città, stavolta, se l’è cavata con la consueta montagna di disagi. L’atmosfera che si respira tra i residenti è quella di chi vuole tornare alla normalità il più presto possibile. Le librerie hanno sistemato dei tavolini pieni di libri danneggiati nei campielli con il cartello: «prendi ciò che vuoi, paga ciò che vuoi». Gli studenti sono tornati a scuola, i servizi di linea regolari, a parte alcuni approdi ancora sottosopra, uffici e negozi aperti, banchi dei supermercati pieni di merci. Solo il tradizionale «Buongiorno» di chi si incrociava tra le calle è sostituito da un solidale: «Danni?»
Solo la sanità È ancora lontana dal recuperare. I reparti ospedalieri dei piani terra sono ancora sottosopra. Gli appuntamenti sono saltati quasi dappertutto e vanno ad incastrarsi nelle già lunghe file d’attesa. Davanti agli ambulatori dei medici di base - quasi tutti al piano terra - ci sono lunghe fila di pazienti, anziani soprattutto, che chiedono impegnative, ricette e il vaccino anti influenzale. «L’acqua ha fatto saltare il computer e anche l’archivio cartaceo è stato rovinato. Gli studi li stiamo pulendo adesso - spiega la segretaria di un ambulatorio -. Mi tocca dire a tutti di tornare domani che vediamo che possiamo fare».

Sul capitolo “Danni” la situazione comincia ad essere più chiara. La soprintendente veneta, Emanuela Carpani, ha dichiarato: «Su un totale di 120 chiese, ne sono state sommerse una settantina. Solo per i primi interventi di reai pero serviranno tra i 60 e i 70 mila euro per ognuna. I danni più grandi si sono verificati nelle isole Torcello e Murano. Ma anche Chioggia e tutto il litorale è stato colpito pesantemente».

La flotta del servizio pubblico lagunare di navigazione ha perso irrimediabilmente 5 vaporetti che sono stati affondati dalla mareggiata. Poi ci sono gli approdi da ripristinare. Il direttore Giovanni Seno ha parlato di un conto tra i 15 ed i 20 milioni di euro. Già con questa voce, se ne va già il primo finanziamento stanziato dal Governo che ammontava proprio a 20 milioni di euro.

SE A VENEZIA LA VITTIMA dell'acqua granda è stato più che altro il patrimonio artistico, a Porto Santa Margherita, Eraclea, Bibione, Lignano e Caorle, lo è stato l’ambiente. La spiaggia di Caorle, in particolare, non esiste più. La sabbia è stata ingoiata dal mare.

Con il bollettino delle maree che prevede qualche giorno di stabilità, Venezia sta lentamente cercando di ritrovare una sua normalità. Tanto i cittadini quanto la politica, catalizzati sul dibattito Mose si o Mose no, preferiscono ignorare che, tra cambiamenti climatici e continui scavi in laguna, l'emergenza di questi giorni rischia di perdere il suo carattere di eccezionalità e di ripresentarsi presto.

Statistiche alla mano, negli ultimi dieci anni, la fr equenza delle alta maree f* andata via via aumentando, e il trend lascia supporre che l’acqua gratula tornerà più presto di quel chi spera. In assenza di una severa polìtica di ripristino degli antichi equilibri idrogeologici e, più in generale, di contenimento del cambiamenti climatici, Governo, Regione e Comune continuano a battere sul tasto dell'emergenza. Va tutta in questa direzione, la nomina del sindaco Luigi Bru- gnaro, caldeggiata dal presidente della Regione Luca Zaia, a commissario per l'emergenza. Dopo essersi fatto immortalare come un novello San Cristoforo intento a soccorrere, con gli stivali al piedi, un cameraman infortunato, il sindaco ha esortato i veneziani a «fotografare e documentare i danni e gli interventi» riferendosi ai famosi 5 mila euro per 1 privati e 20 mila per le imprese promessi dal Governo a titolo di rimborso. «Sotto una certa cifre basterà la firma di un perito, Sopra, ci sarà un procedura di verifica. Ma nei prossimi giorni, ci doteremo di una cabina di regia per gestire la faccenda».

SOSTEGNO ALLA CABINA di regia del sindaco, arriva anche dal Pd locale. Pesanti critiche al neo commissario arrivano invece dagli ambientalisti. «Brugnaro ha sempre sostenuto il Mose, causa prima del dissesto lagunare - ha dichiarato Marco Baravalle dei No Navi -, E' favorevole allo scavo dei canali per far passare le Grandi Navi, Per sua stessa ammissione di problemi tecnici non ne capisce niente. Insomma è la persona meno adatta per salvare Venezia dall'acqua alta».

Venezia in allerta per il picco di acqua alta

La città prova a rialzarsi dopo l’alta marea dei giorni scorsi, ma per mezzogiorno di oggi è prevista una nuova ondata di piena. Sospesi i mutui per un anno. Il comune invita i cittadini a documentare i danni subiti.


Cinque giorni dopo l’acqua granda, Venezia è ancora qua, «picada a un ciodo», appesa ad un chiodo, ma viva. Le scuole ancora chiuse e gli studenti in giro con scope e ramazze ad aiutare chi ne ha bisogno. Ad affiancarli, un nutrito numero di pensionati, già idraulici ed elettricisti, che hanno ripreso in mano i ferri del mestiere, e si sono messi a disposizione di quanti ne hanno bisogno. I negozi stanno lentamente tornado alla normalità, anche perché le maree di ieri e dell’altro ieri si sono rivelate meno pesanti del previsto. Il botto però, è atteso per oggi alle 12,30 in punto. Le previsioni del Centro Maree, che non è che ci abbia azzeccato molto in questi giorni di emergenza, parlano di 160 cm. sul livello del mare. Un numero che fa paura, e non soltanto perché significa che la città sarà sommersa per un buon 80 per cento, quanto perché era questa la marea prevista per la notte della mareggiata e che, grazie alla spinta di un «muro» di scirocco, è arrivata a ben 187 centimetri, sfiorando il record di quel terribile 4 novembre del 1966.

Chi ha qualche anno sul groppone, se lo ricorda bene quel novembre. Stefano Fiorin è un pescatore molto noto a Venezia, perché sul suo cofano va a pesca sia di branzini che di sacchetti delle immondizie. Quando ne vede uno, se lo tira in barca per consegnarlo ai punti di raccolta differenziata della Veritas, l’azienda che gestisce il ciclo dei rifiuti. La laguna è casa sua. E chi non terrebbe pulita casa sua? «Mai visto tanti sacchetti a spasso per i canali come in questi giorni – racconta -. La grande differenza tra l’acqua alta del ’66 e questa è la plastica. Cinquant’anni fa non ce n’era. Perlomeno non come ai nostri giorni. Oggi la laguna ne è invasa. Io ho raccolto quello che ho potuto ma ho dovuto portarmi tutto a casa perché la Veritas non ha ancora ripristinato la raccolta differenziata. Dicono che non ce la fanno ancora».

Va meglio per il trasporto pubblico. Fatte salve un paio di linee dirette al Lido ed una mezza dozzina di approdi ancora sottosopra per la mareggiata, il servizio è tornato in funzione. I disagi sono comunque ancora notevoli in quanto, pur con acque alte di minore intensità, come si registrano in questi giorni, battelli e vaporetti sono costretti a fermarsi perché non riescono a passare sotto i ponti.

Sul fronte romano, il Consiglio dei ministri ha approvato la richiesta di Comune e Regione ed ha dichiarato lo stato di emergenza sia per la città di Venezia che per tutte le altre aree del Veneto colpite dall’alluvione. Il governo ha ufficialmente stanziato il primo finanziamento, ammontante a 20 milioni di euro. Fondi che saranno destinati ai privati con un massimale di 5 mila euro, e alle imprese, massimo 20 mila euro, che abbiano subito danni. L’amministrazione comunale veneziana ha deciso di posticipare la scadenza della tassa sui rifiuti (Tari) e di farla slittare di un mese, dal 16 novembre al 16 dicembre, sia per le aziende che per i residenti. Il Comune ha invitato i cittadini a documentare i danni subiti ed a presentare domanda di rimborso. Anche l’Abi, l’associazione Bancaria italiana si è mobilitata ed ha invitato le banche a venire incontro a quanti sono stati danneggiati dalla marea. Bnl e Unicredit hanno sospeso il pagamento dei mutui concedendo una moratoria di un anno. Questi istituti hanno anche varato un prestito speciale di solidarietà a condizioni agevolate per sostenere la ripresa dell’economia.

Il sindaco Luigi Brugnaro parla genericamente di «un miliardo di danni». Una cifra come un’altra, perché la conta dei danni non soltanto non è ancora iniziata ma non si sa ancora quando potrà concludersi, considerato che l’emergenza è ancora in atto. Senza contare che ci sono perdite che nessuna banca potrà ripagare. Ad esempio ai danni che l’acqua salata ha causato ai delicati mosaici della basilica di San Marco ed alla sua cripta. Oppure agli spartiti vergati a mano da Antonio Vivaldi, Benedetto Marcello e altri grandi della storia delle musica che si trovavano nella biblioteca del conservatorio Benedetto Marcello e che sono stati irrimediabilmente distrutti dall’acqua salata.

Non tutto a questo mondo si misura con i «schei».

«Il Mose non serve, occorre ridurre la profondità dei canali»

Intervista ad Andreina Zitelli, docente allo Iuav. «La mareggiata ha dimostrato che la laguna non è fatta per le profondità necessarie per le Grandi navi. Occorre ripristinare l’equilibrio morfologico dell’ambiente»

E intanto che aspettiamo il Mose, che facciamo? Se lo è chiesto Andreina Zitelli, già docente di analisi e valutazione ambientale allo Iuav, nonché una delle maggior conoscitrici del Mose, considerando che faceva parte della commissione Via che ha valutato, e bocciato, il progetto. Già. Sono in pochi a ricordarselo, ma l’unica valutazione di impatto ambientale che ha ottenuto il Mose è stata negativa. C’è voluta tutta la spinta dell’allora governo Berlusconi per imporlo a Venezia, sull’onda di quella Legge Obiettivo che ha sdoganato la politica delle Grandi Opere come la Tav.
«Ci dicono che il Mose sarà completato nei prossimi due anni», spiega Zitelli. «Anche ammesso che sia vero, cosa dovremmo fare noi veneziani in questi due anni in cui, con l’avanzare dei cambiamenti climatici, gli eventi meteorologici estremi saranno sempre più frequenti? Dovremmo affidarci alla Madonna della Salute come all’epoca della grande pestilenza? Bisogna prendere atto che la città sta vivendo un momento di radicali mutamenti. Che ci piaccia o no, tutta la sua economia sarà sconvolta. Non è possibile pensare di tenere aperto un esercizio che viene invaso da maree di così grande portata. Anche se il Mose fosse entrato in funzione, nella notte di lunedì, avrebbe abbassato il livello dell’acqua di appena 20 centimetri al massimo, perché le paratoie non sono state pensate per acque alte di questa intensità. Le calli sarebbero stata ugualmente invase. Ma non possiamo rassegnarci ad abbandonare la nostra città. Soluzioni ce ne sono e vanno messe in atto. E la prima, la più urgente, è quella di alzare il livello del canale della bocca di porto per limitare il flusso della marea. Un po’ come si è fatto durante la guerra, quando per difendere la laguna sono state affondate delle navi tra le dighe. Ed infatti in quel periodo non ci sono state acqua alte».

Che ne dice di affondare una Grande Nave sopra il Mose?

(ride) No, perché una Grande Nave è alta sessanta metri e chiuderebbe completamente la laguna. Ma a parte gli scherzi, ci sono speciali strutture autoaffondanti testate in molte situazioni analoghe che costano poco e che sono di immediata installazione. Per far passare le navi, il canale è stato scavato da 7 a meno 12 metri. E’ stato un errore. Adesso è necessario ridurre la sua profondità.

Ma così le Grandi Navi non potranno entrare più in laguna

Cosa le ho appena spiegato? Volenti o non volenti, l’economia della città sarà stravolta. Se non lo faremo noi, lo farà l’aumento delle maree e dei fenomeni meteorologici estremi. Noi possiamo solo decidere come governare questi mutamenti. La mareggiata ha dimostrato che la laguna non è fatta per le profondità necessarie alle Grandi Navi. Al contrario, bisogna ripristinare l’equilibrio morfologico dell’ambiente lagunare e mettere in atto tutte quelle misure, a breve e lungo termine, atte a contenere le maree che saranno sempre più alte e più frequenti. Le soluzioni sono tante. Dall’innalzamento delle isole, come è stato fatto per Poveglia, sino alla ridistribuzione nelle barene dei fanghi della cassa di colmata A. In conclusione, la laguna deve tornare ad essere ancora più laguna. Nemmeno un granello deve essere ancora scavato.

Che ne pensa allora della nomina a commissario per l’emergenza del sindaco Luigi Brugnaro, che propone di scavare il Vittorio Emanuele per portare le Grandi navi Marghera?

Ricordiamoci chi è Brugnaro. Il personaggio che ha messo la coppa vinta dalla sua squadra di basket nel suo scranno in aula di consiglio mentre si votava per costruire il nuovo palazzetto dello sport nei suoi terreni. E’ il sindaco che ha consentito lo sviluppo incondizionato dei B&B. E’ l’uomo che ha dato l’autorizzazione alla realizzazione di un fronte di hotel low cost a Mestre, che non ha mai fatto nulla contro, anzi ha favorito, l’invasione del turismo giornaliero. E’ il sindaco che non ha mai fatto niente per contrastare il moto ondoso e che, al contrario, concede tutto alle grandi lance di trasporto dei turisti. Ritengo scandaloso che sia stato nominato commissario all’emergenza per l’acqua alta proprio la persona che vorrebbe devastare ancora la laguna per portare le Grandi Navi a Marghera, scavando altri canali e costruendo, tra l’altro, altre banchine d’ormeggio su terreni inquinati di proprietà privata.

E della neo commissaria Elisabetta Spitz che ne pensa?

Nulla da eccepire sulle sue qualità morali. Ma ricordiamoci che è stata consulente del Consorzio Venezia Nuova (Il concessionario unico del Mose, ndr) ai tempi del presidente Giovanni Mazzacurati. Non credo neppure che la Spitz abbia grandi competenze in elettromeccanica. A questo punto dei lavori, sarebbe stato preferibile un tecnico. I famosi test sulla tenuta delle paratie sono condotti sotto una omertà assoluta. Si sa solo che ci sono dei problemi e che, per ora, non funziona nulla. Ci dicono solo che l’opera è completa al 92 per cento. Ma che vuol dire se non si riuscirà a realizzare quell’8 per cento che manca?

Il soccorso degli «angeli» alla città in ginocchio

Com'è triste Venezia. «Sono a San Trovaso. Ci sono delle signore anziane che ci hanno chiesto aiuto. I negozi vicini sono chiusi. Dove posso andare a fare la spesa per loro?»

«Gli angeli della laguna», li hanno chiamati i giornali locali. Sono stati questi angeli i primi a scendere per le calli ed i campi, e a mettersi a disposizione di tutti coloro – e sono tanti in questi giorni a Venezia – che ne avessero bisogno. Sono per lo più giovani o giovanissimi. Studenti medi o universitari. Molti sono residenti. Altri vengono dalla terraferma: Mestre, Marghera o anche da città vicine come Padova e Vicenza. Sono le ragazze e i ragazzi di Fridays for Future: la migliore risposta a quel trauma collettivo che ha colpito la città lagunare che ha improvvisamente scoperto di essere fragile di fronte alla sua stessa laguna, ferita da scavi, cemento e grandi opere, abbandonata e tradita da tutti quei politici che in questi giorni drammatici la usano come palcoscenico per i loro selfie elettorali.
IN QUESTO SCONFORTANTE panorama, tra sirene che risuonano nelle calli e previsioni di marea che si accavallano una sull’altra, sotto il peso di una emergenza di cui ancora non si vede la fine, i veneziani hanno scoperto di possedere un tesoro inestimabile: una generazione di giovani che ha dimostrato sul campo una capacità straordinaria di solidarizzare e di organizzarsi. All’appello che Fridays for Future ha lanciato già nella notte della mareggiata, hanno risposto sino ad ora più di 600 giovani. Il Laboratorio Morion, storico centro sociale di Venezia, ha fatto da cuore e da punto di riferimento alla mobilitazione. Anche quando il suo pavimento è stato coperto da mezzo metro d’acqua. Le pagine Facebook, i canali Instagram e le chat sono gli strumenti con i quali i giovani si sono organizzati. In particolare, il gruppo WhatsUp «FfF Un aiuto per Venezia» è stato, ed è tutt’ora, il cardine degli interventi. «C’è qualche brava anima pia che vada a dare una mano alla galleria Ferruzzi a Dorsoduro? Ieri sono andata ad aiutare con alcuni amici ma oggi sono bloccata qui. Il proprietario è un signore gentilissimo che ha davvero bisogno di aiuto». «Chi può venga a raggiungerci alla scuola per l’infanzia Santa Dorotea, vicino al Ghetto. Bisogna tirar su tutto e recuperare i banchi».

Leggendo i tantissimi messaggi, ne esce un quadro dei danni più preciso di quanto venga comunicato dalla protezione civile. E c’è da piangere. «Oh, ragazzi. Al conservatorio Benedetto Marcello è andato sott’acqua l’archivio. C’erano spartiti originali vergati di pugno da grandi compositori. Noi tiriamo su tutto ma ci vorrà l’intervento di un restauratore in gamba!».

LA LIBRERIA «ACQUA ALTA» era segnalata nelle guide più intelligenti come uno dei luoghi magici della Venezia nascosta. Un labirinto indescrivibile di libri, molti dei quali unici o rari, di disegni, fumetti, giochi e lavori in cartapesta, che sembrava una di quelle porte fatata scritte da Hugo Pratt attraverso le quali si entra in un’altra favola. «Qui è andato tutto a remengo (in dialetto significa “alla malora”. ndr). Ci chiedono di venire con dei sacchi portare via tutti i libri che possiamo.

E il massimo aiuto che possiamo dare in queste condizioni». «Con i sacchi? Ma i libri sono bagnati?». «Di asciutto qui non c’è niente! Il proprietario fa un discorso del tipo salviamo il salvabile».

Molti supermercati in città sono chiusi. Altri hanno gli scaffali mezzi vuoti. Quasi tutti hanno i i banchi frigo chiusi. E la roba sta andando a male. «Sono a San Trovaso. Ci sono delle signore anziane che ci hanno chiesto aiuto. I negozi vicini sono chiusi. Dove posso andare a fare la spesa per loro?». «Mandami una lista di cosa vogliono che glielo porto io. Sono a Sant’Alvise e qui vicino c’è un supermercato aperto. Dì loro però che non c’è tanta roba».

«UN NEGOZIO CHE VENDE per lo più prodotti senza glutine, a tre minuti dalla Fondamente Nuove ha perso tutto e ha messo questo cartello (In allegato c’è una foto con un foglio scritto a matita “Prendi ciò che vuoi, lascia quello che vuoi”.ndr) Anche se poco, per loro è un grande aiuto. E poi non vogliono buttare la merce. Ci sono pizze, pizzette, panzarotti e piatti pronti. Tutta roba buona anche se senza frigo tra un po’ andrà a male». «Fai il pieno di panzarotti e portali al Morion che siamo affamati. Tutti i negozi della calle sono chiusi».

«OCCHIO CHE STASERA è prevista un’altra botta!». «La aspetteremo ai nostri posti e domani torniamo a pulire». «Noi andiamo a Rialto ad appendere uno striscione. Poi raggiungiamo il gruppo della Strada Nova. Va ben l’emergenza, ma sentire tutti ‘sti politici che continuano a farsi i selfie in piazza e continuano a parlare di Mose non se ne può più».

ECCOLI QUA GLI ANGELI della laguna. Domani, quando l’emergenza sarà passato e scenderanno in piazza per difendere la città la sua laguna dalle grandi navi, dallo spopolamento e dalla turistificazione, torneranno ad essere chiamati: «le zecche dei centri sociali».

Serenissima stremata di nuovo sott’acqua. E la tregua è lontana

Com'è triste Venezia. Ieri puntuale è arrivata la «granda» annunciata. Oggi ne è prevista un’altra. La macabra processione dei politici per un selfie

Non è ancora finita. Anche ieri l’acqua è tornata crescere ma si è fermata «solo» a 154 cm sul livello del mare. Lo scirocco ha battuto ancora la laguna ma con minor violenza dei giorni precedenti e le previsioni originarie sono state superate soltanto di 14 cm. Che, per come gira di questi tempi, è come dire «quasi niente». Ma oggi si ricomincia a ballare. Il picco sarà a mezzogiorno: previsti 120 cm. Staremo a vedere.
L’UNICA COSA CERTA È che non è ancora finita. E non si sa neppure quando finirà. Anzi, non si sa ancora se finirà o se l’acqua granda che in questi giorni invade calli e campi è destinata a tornare presto, sull’onda dei cambiamenti climatici, senza incontrare difese da parte di una laguna violentata e scavata sino a farne un braccio di mare aperto per far passare le Grandi Navi o per sistemare nei suoi fondali grandi opere come il Mose, con le sue inutili paratie sommerse già corrose da quello stesso mare da cui dovrebbe difenderci.

E’ UNA CITTÀ FERITA E UMILIATA, la Venezia di questi drammatici giorni. Umiliata e ferita da quegli stessi politici che ci fanno passerella per i tempo di un selfie elettorale e farsi riprendere da Tv e fotografi (ieri dopo Berlusconi è stata la volta di Salvini a infilarsi gli stivaloni), scortati da cordoni di poliziotti, indicano il Mose come un’unica soluzione al problema dimenticandosi che il Mose è il problema, e pongono domande come «Perché l’opera non è stata ultimata?» quando dovrebbero invece dare risposte.

Quello che pensano sta tutto in un volantino anonimo, appiccicato sui muri di mezza città. Sopra la foto del sindaco Luigi Brugnaro e del presidente della Regione Luca Zaia, appare la scritta «Coccodrilli in laguna». Sotto si legge: “Il mare entra ormai direttamente a Venezia perché il millenario equilibrio della laguna è stato sconvolto, prima con l’enorme scavo del canale dei petroli e poi con lo squarcio alle bocche di porto per la posa del Mose. Nonostante questo, Zaia e Brugnaro sostengono l’ipotesi di ulteriori scavi, con l’allargamento del canale Vittorio Emanuele e del canale dei petroli per fare arrivare le grandi navi a Marghera. Eppure questi signori sono continuamente in passerella in Tv a mostrarsi impegnati e preoccupati per le sorti di Venezia».

DOVE SIANO RIUSCITI a trovare una stamperia aperta in città, non me lo immagino proprio. I quadri elettrici sono saltati quasi dappertutto. Negozi e supermercati hanno i banchi frigoriferi chiusi, oltre che gli scafali per lo più vuoti. Il rifornimento di cibo sta diventando un’emergenza soprattutto per gli anziani soli che non possono uscire o allontanarsi troppo in una città invasa dall’acqua. In città è arrivato per il governo anche il ministro dei beni culturali Dario Franceschini: «Ci sono danni enormi e massimo impegno da parte dello Stato”, ha assicurato.

LA SITUAZIONE PIÙ CRITICA la troviamo nelle isole. Quelle dimenticate. Quelle che non sono state oggetto di turistificazione di massa, come la bella Pellestrina. L’isola che è il baluardo di Venezia dagli assalti del mare, con la sua lunga costiera di pesanti «masegni» che fanno diga. Durante la mareggiata che ha coperto completamente l’isola, sono morte due persone: un anziano che tentava di mettere in funzione la pompa e un uomo per cause ancora da accertare.

DA LUNEDÌ I NEGOZI SONO chiusi e la gente campa con quello che aveva in dispensa. Anche i collegamenti con Venezia sono saltati e l’unico sistema per raggiungere la terraferma è passare per Chioggia. Sul profilo Facebook del gruppo dei residenti dell’isola, è apparso, senza parole, il fiocco nero del lutto.

L’ACTV, IL TRASPORTO PUBBLICO di Venezia, ha ripreso a funzionare ma è ancora a mezzo servizio, dopo che l’acqua granda ha affondato o pesantemente danneggiato buona parte della flotta. Le immagini dei vaporetti scaraventati sulle fondamente o incastrati tra le calli, hanno fatto il giro del web. Molte linee sono chiuse, in particolare quelle per le isole, e molti approdi inagibili.

Scuole ancora chiuse senza previsione di apertura. Il che ha comunque consentito a tanti studenti di armarsi di moccio e ramazza, e raccogliere l’appello di Fridays for Future andando ad aiutare chi ha bisogni. Anche questa è una lezione non meno importante di quelle di storia o di matematica.

CON GLI STUDENTI, SONO tanti i veneziani, e tanti anche coloro che, pur non risiedendo in laguna, hanno a cuore la sorte della città più bella del mondo, che si sono rimboccati le maniche per risollevare chi ha bisogno di risollevarsi. I centralini della Caritas, che su invito del patriarca Francesco Moraglia si è messa a disposizione della cittadinanza, sono stati letteralmente ingolfati di offerte di aiuto provenienti da tutte le regioni di Italia. “Servono in particolare elettricisti ed idraulici – spiega la signora Francesca che coordina gli aiuti – ma si sono già offerte parecchie persone. Adesso vediamo di destinarle dove c’è più bisogno”.

LA MENSA POPOLARE della Tana è aperta 24 ore su 24 per offrire un pasto caldo a chi ne ha necessità. Sempre la Caritas, ha messo a disposizione dei posti letto e tre anziane signore con la casa allagata hanno potuto passare al caldo e, soprattutto, all’asciutto, queste tragiche notti di acqua granda.

La «rivolta» del clima in Consiglio regionale

Il consiglio regionale boccia gli emendamenti contro i cambiamenti climatici. Due minuti dopo, l’aula si allaga. Il presidente Luca Zaia e i consiglieri sono costretti ad interrompere la seduta ed a scappare a casa. E’ accaduto a Venezia, nella serata della grande mareggiata. La sede del Consiglio Regionale Veneto si trova a palazzo Ferro Fini, uno splendido edificio che si specchia nel Canal Grande. Ed è proprio dal «canalasso» che l’acqua è improvvisamente entrata nel palazzo, superando le paratie stagne e invadendo l’aula.Non se lo aspettavano i consiglieri che, in fretta e furia, hanno preso armi e bagagli e son battuti in ritirata, lasciando segretari e personale di servizio a mollo. Andrea Zanoni, consigliere del Pd, ha diffuso nei social le immagini dell’alluvione, sottolineando: «Ironia della sorte, l’acqua è arrivata due minuti dopo che la maggioranza Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia aveva bocciato i nostri emendamenti per contrastare i cambiamenti climatici che chiedevano finanziamenti per le fonti rinnovabili e per la sostituzione degli autobus a gasolio». Bocciatura che non stupisce. I consiglieri veneti di maggioranza sono per lo più dei noti negazionisti e i loro profili social sono famosi per le battutacce su Greta e i «gretini», come chiamano i ragazzi di Fridays for Future.
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