Iraq: l'anafabetismo è donna

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Ebil, Iraq - Prima dell’invasione delle truppe Usa, nell’aprile del 2003, l’Iraq era la nazione più avanzata del mondo islamico dal punto di vista dell’alfabetizzazione.
Nell’82, quando ancora il nome del dittatore Saddam Hussein compariva nella lista Stelle e Strisce dei “buoni” e combatteva il “cattivo” di turno, l'ayatollah Khomeyni, irriducibile nemico degli Stati Uniti, il Paese mediorientale si era aggiudicato il premio Unesco per l’istruzione.
Il tasso di analfabetismo delle donne era sceso dal 91 per cento nel 1957 al 12 per cento e le studentesse universitarie erano passate dal 16,6 per cento del totale della popolazione femminile di pari età nel 1977 al 35,7. Un dato di poco inferiore alla media europea.
“L’occupazione americana ha distrutto 40 anni di conquiste di diritti civili per le donne in Iraq. Oggi più del 50 per cento delle donne sono analfabete e disoccupate per l’oscurantismo medievale di questo governo corrotto filo iraniano che gli Stati Uniti ci hanno imposto solo perché gli sciiti li hanno aiutati ad impossessarsi del Paese” denuncia Souad Al Azzawi, 62 anni. Souad ai tempi di Saddam ricopriva un ruolo oggi inconcepibile per una donna: vice-rettore della Mamoun University e docente d'ingegneria ambientale presso l'Università di Baghdad. Nel 2003 la docente è stata insignita del premio internazionale Nuclear Free Future Award.
“A partire dagli anni Settanta - continua Souad -, le leggi promulgate dal partito baathista sull’istruzione obbligatoria avevano portato la condizione della donna ad uno dei livelli più alti del medio oriente. Nel 1980 le donne rappresentavano il 46 per cento degli insegnanti iracheni, il 29 per cento dei medici, il 70 per cento dei farmacisti. Nel 1991, quando io stessa sono rientrata in Iraq dal Colorado per divenire direttrice dei Programmi di dottorato della Facoltà di Ingegneria ambientale dell’Università di Baghdad, le docenti donne nelle facoltà e nei centri di ricerca
erano più del 30 per cento del totale. L’emancipazione era stata resa possibile anche dalle garanzie costituzionali di pari opportunità, con un sistema di istruzione misto per maschi e femmine, che ha rafforzato nelle donne l’autonomia e la sicurezza in se stesse. Nel 1990 le donne rappresentavano il 67 per cento del corpo docente iracheno fra elementari, superiori e università”.
L’arretramento della condizione delle donne in Iraq è cominciato con la prima guerra del Golfo del 1991 durante la quale i bombardamenti anglo-americani hanno devastato le infrastrutture civili irachene, non ultime quelle educative, ed è proseguito dopo il conflitto con 12 anni di durissimo embargo economico. Il colpo di grazia è arrivato nel 2003 con l’arrivo degli americani che, come leggiamo nel rapporto Unesco del 2010 sulla condizione dell’istruzione in Iraq, hanno trasformato le università e ben 738 scuole superiori in caserme per il loro esercito. Inoltre, smantellando le forze di sicurezza irachene, il Paese è piombato nel caos e l’istruzione da diritto di tutti è diventata un lusso per pochi. Il tasso di abbandono scolastico dei bambini attorno ai sette anni oscilla tra il 55 per cento tra i maschi e il 45 per cento tra le femmine. “La sharia, la legge islamica, non c’entra niente - assicura Souad -. E’ stata la guerra e l’invasione americana a riportare l’orologio della storia indietro di mezzo secolo. Sotto l’occupazione straniera le donne sono state costrette a lasciare la scuola e il lavoro a causa della povertà, dell’insicurezza, della detenzione ingiusta e illegale dei capifamiglia. Il sistema sanitario è stato gravemente danneggiato. È per questo che oggi ci ritroviamo con cinque milioni di orfani, più di due milioni di vedove, quattro milioni di profughi all’estero in gran parte diplomati e laureati e, di riscontro, un tasso di analfabetismo femminile interno che è uno dei più alti al mondo. Ci sono aree dell’Iraq dove il 70 per cento delle donne risulta analfabeta”.
Oggi frequentare una scuola viene considerata una attività a forte rischio. Secondo l’ultimo rapporto Unesco pubblicato lo scorso anno, dal 2003 al 2008 sono stati denunciati ben 31.598 assalti militari contro le istituzioni scolastiche. Le più colpite da questa situazione sono soprattutto le donne. La politica dell’attuale governo iracheno nei loro confronti è dettata dall’ala più intransigente dell’integralismo islamico. Addirittura è stato reintrodotto il muta’a, il matrimonio a tempo, con il quale, in cambio di una “dote”, la famiglia può cedere una ragazza ad un uomo per una sola notte come per un paio d’ore. In poche parole, una forma ipocrita di prostituzione. “I politici attuali pensano che le donne dovrebbero stare chiuse in casa come schiave adoranti dei mariti: vengono dissuase dallo studio e dal lavoro dal clima di oscurantismo medioevale, di intimidazione e di usanze tribali nel quale è stato gettato il Paese - conclude amaramente Souad -. Le ragazze non possono andare all’università se non coperte dalla testa ai piedi e accompagnate da padri o fratelli per evitare di essere rapite, torturate o violentate”.
Le donne irachene, prima della guerra, godevano dei più alti livelli di libertà del mondo arabo. L’invasione ha causato oltre 750 mila vedove di guerra che hanno scarsi se on addirittura nessun mezzo per sopravvivere. La nuova Costituzione irachena, benedetta dagli Usa nell’indifferenza di una Europa pronta ad indignarsi solo quando sono i talebani a promulgare quelle stesse leggi, dà sempre e comunque precedenza alla legge islamica su quella civile. E così il traffico di donne schiave a scopo sessuale è aumentato esponenzialmente, così come i “delitti d’onore”. Nella sola città curda di Erbil, quest'anno sono già state uccise ben 25 donne. Nessuno dei loro assassini ne ha mai risposto in un tribunale.
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