Da Helsinki a Capo Nord

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Diario di viaggio in Finlandia, Norvegia e Lapponia

Di monasteri e di altre sciocchezze

Vietato correre. Vietato fumare. Vietato indossare calzoni o gonne corte. Vietato parlare ad alta voce. E di colpo la Finlandia non appare poi così evoluta rispetto all'Italia. Ma è solo perché siamo capitati in un monastero. L'unico monastero ortodosso del Paese. Siamo a Valamo, una cinquantina di chilometri di foresta da Joensuu. Il monastero sorge sulle rive del solito lago. Una volta stava in una isola ma sono scappati su un "miracoloso" lago ghiacciato quando sono arrivati i russi. Intendo, scappati portandosi dietro tutte le reliquie e gli ori. Ora ci sono quattro monaci in tutto che gestiscono tutto l'ambaradan. Ci facciamo un giro tra chiese povere fuori e dorate dentro, tra icone di Cristi con la faccia cattiva e dipinti di preti che non sanno dove stia di casa neanche l'accenno del sorriso. Ad una quindicina di chilometri più in là, a Lintula, c'è un convento di monache. Un po' meno turistico rispetto al primo ma della stessa pasta. Anche questo è l'unico convento femminile di tutta la Finlandia. Verrebbe da scrivere "pure troppi", ma alla fin fine una ragione ce l'hanno anche loro: ci puoi portare le scolaresche a far vedere cosa sono le religioni.
Più a nord, sulla sponda più settentrionale del lago Kallavesi, troviamo Kuopio, un'altra città di poco meno centomila abitanti. Oramai siamo entrati nella regione dei laghi. Pur se c'è più acqua che terra come neanche la laguna di Venezia, e con l'auto ti pare di navigare tra rive e ponti, le terre selvagge sono rimaste tutte a settentrione. Non avremo più problemi a trovare un distributore di benzina, come ci era accaduto alla frontiera nord!
La principale attrattiva di Kuopio è una collina. Già. Non è che ce ne siano tante, in Finlandia, di colline. Così chi ce l'ha se la tiene stretta, ne va fiero e la valorizza in tutti i modi. Ad esempio, piazzandoci sopra una torretta di 75 metri con caffè e ristorante culla cima. Ci siamo saliti e dobbiamo dire che il panorama che cadeva su infinite foreste ed ingarbugliati ricami lacustri era davvero… Davvero cosa? "Mozzafiato" l'ho già usato parecchie volte, da "togliere il respiro" pure… va bene! Avete capito, come era quel panorama. Andiamo in città. Kuopio è una metropoli moderna e quadrata, sia nell'architettura che nell'urbanistica. Essenziale, potremmo dire. Tanto verde, parchi e un bel lungomare, anzi, lungolago. C'è anche una grande piazza quadrata e pulita con fiori ad ogni lampione davanti al municipio (e non alla chiesa, che qui sono tutte ai margini della città). C'era un clima da fiera del paese con una manifestazione in corso del tipo Sapori dal Mondo. Tantissimi stand culinari con bandiere di tutti i Paesi. Francia e Italia, con pizza, spaghetti e piadine, la facevano da padrone. Dolore e rabbia! Mi è toccato vedere lo stand tedesco che vendeva le "fritole" veneziane come tipico prodotto germanico di Germania! Va ben. C'era anche lo stand "Il meglio dell'Inghilterra". Ed allora vuol proprio dire che c'è spazio per tutti, al mondo.
E' ora di raggiungere il nostro cottage prenotato sulle placide rive di… lo avete intuito? Proprio così! Di un placido laghetto a Leppävirta!

Il bosco dell'intagliatrice

Il lago Pielinen segue la stessa koinè di tutti gli altri laghi finlandesi che abbiamo visto sino ad ora: allungato da nord a sud, rive ricchissime di vegetazione, betulle e muschi in particolare, pieno di isole ed isolette di tutte le dimensioni e dai contorni più arzigogolati, acque calme e di un azzurro gelido. Non basta guardarli dalle sponde, per capire quanto sono grandi. Bisogna vederli in una carta geografica. I contorni della costa sono così frastagliati che non ti permettono da nessun punto di spaziare l'orizzonte acqueo. Qui, sono i laghi e le foreste a spartirsi il territorio da buoni amici, lasciando agli umani solo qualche graffio all'ambiente che loro chiamano strade e qualche costruzione senza illusione di eternità, sparse qua e là, a fargli da tana.
Seguiamo il Pelinen sino al suo punto più a nord per visitare la cittadina di Nurmes che sorge su una penisola collegata da un ponte ad un'isola che a sua volta ritorna terraferma con un altro ponte. Un albergo del posto ha ricostruito un tipico villaggio careliano in legno. Casette basse, tranne la casa comune a due piani, tutte di legno grezzo con finestre fiorite e lavorate che fanno un po' Tirolo.
Quindi continuiamo a sud, sempre seguendo il lago, sino ad arrivare a Paateri - tre case in mezzo alla foresta e, manco a dirlo, sulla sponda del lago. Per un veneziano doc come me, fa un certo che vedere che il canale navigabile che porta al porticciolo è segnato da "bricole".
Qui c'è la casa e l'atelier di Eva Ryynänen, una delle più grandi scultrici di legno del mondo. Sculture belle da vedere e da accarezzare, realizzate in un materiale vivo come solo il legno sa esserlo. Accanto ai due edifici, c'è anche una chiesa, interamente scolpita e progettata dalla Ryynänen. Non che la scultrice fosse particolarmente religiosa. Il fatto è che, in Finlandia, se sei un architetto o un designer e non hai fatto una chiesa non sei nessuno. La piccola cappella è comunque bella da togliere il fiato, specie all'interno dove una enorme vetrata dietro l'altare a corna di renne ti fa sembrare che gli alberi vogliano entrare in chiesa. Così i fedeli possono godersi uno spettacolo che ispira alti sentimenti mentre il prete ciarla.
Lasciato il piccolo paradiso della grande scultrice, attraversiamo il parco nazionale di Koli sino ad arrivare a Joensuu dove facciamo tappa per la notte. E' la prima vera città che vediamo da diversi giorni. Joensuu, capoluogo della Carelia finlandese, ha 73 mila abitanti. Non sta su un lago ma sulla foce del fiume Pielisjoki. Fondata da uno zar e, in seguito, devastata dai russi che la bombardarono 23 volte nel corso della guerra d'Inverno e della guerra di Continuazione. Un tempo era un porto fiorente collegato a San Pietroburgo e riforniva di catrame la Santa Madre Russia. Oggi è una città universitaria, con strade ampie e quadrate, palazzotti alti - che da queste parti significa al massimo tre piani - adibiti a centri commerciali pieni di negozi di vestiti o di design per la casa. Il lungo fiume, cuore della vita cittadina, è confortato da ampi spazi verdi, ben curati e ben attrezzati. Sull'altra riva, collegata da tre ponti stradali e uno pedonabile, la città continua con un mare di case singole che seguono gli standard scandinavi: villette ad un piano di legno colorato attorniate da grandi giardini dove non manca mai un "saltarello" per la gioia dei bambini. E pure dei grandi.

Verso la Carelia

Venti chilometri a sud di Suomussalmi c'è una prateria di rocce spezzate e striate di rosso. Al centro, una sorta di torretta con 105 campane, alcune grandi alcune piccole, che tintinnano dolcemente al vento. Così i finlandesi ricordano i 105 sanguinosi giorni della guerra d'Inverno e tutti coloro che in quelle battaglia sono statti ammazzati. Li ricordano tutti: sia sovietici che partigiani finlandesi. Non ci sono parole di odio. Non ci sono ipocriti riferimenti alla "patria" o alle bandiera. Non ci sono statue inneggianti ad eroici sacrifici. Non si leggono vergognosi eufemismi come "caduti". Sono e restano morti ammazzati da una assurda pazzia come solo la guerra sa essere.
Il "monumento" - e lo scriviamo tra virgolette - è quello di Raatteen Portti. Ed è così che dovrebbero essere tutti i "monumenti" di guerra.
E per noi è venuto il momento di lasciare la Lapponia, le sue renne che pascolano per le strade ed i suoi selvaggi panorami per far rotta verso la Carelia settentrionale. Troviamo, purtroppo, chiusa la chiesa di Paltaniemi con i suoi dipinti talmente terrificanti che il prete li doveva coprire per non terrorizzare i fedeli. Comunque siamo riusciti a buttare un occhio dalle vetrate per scoprire che i dipinti di colori naif non erano poi così terribili!
Passiamo per la vicina Kajaani il cui ponte passa proprio sopra i resti - 4 muri 4 - della famosa fortezza distrutta dai russi, i primi del XVIII secolo, al tempo in cui si accapigliavano con i russi. La città è famosa per aver dato rifugio al poeta Elias Lönnrot (1802-1884), l'autore del Kalevala. O meglio, colui che ha recuperato la tradizione orale finnica trasformandola nel poema epico considerato la base della letteratura finlandese. Elias partiva proprio da Kajaani per girare per la Carelia alla ricerca di racconti e storie da inserire nel suo poema. Con la costa occidentale "svedizzata" (passatemi il termine) e la Lapponia che non aveva nulla a che vedere con la Finlandia, la Carelia, la cui parte orientale oggi è tutta in Russia, veniva considerata all'inizio dell'800 il posto più autentico in cui ricercare le radici della cultura finnica.
Il museo e il centro di ricerca dedicati al Kalevala si trovano però in una cittadina poco distante da Kajaani, Kuhmo. Lo Juminkeko, così si chiama il centro culturale, sta in una struttura molto bella, in legno massiccio, e dal design molto ricercato (non ci aspettavamo altro). La sala espositiva ospita delle collezioni temporanee. In questi giorni le opere esposte sono di una pittrice palestinese che ha disegnato alcune scene del kalevala, disponendo in forma artistica la sua traduzione in caratteri arabi. Davvero molto particolare. Prima di uscire, ci siamo lasciati convincere dalla bibliotecaria ad affrontare un filmato nella nostra lingua sull'opera (secondo me non l'aveva mai proiettato ad italiani e non vedeva l'ora). Venti minuti di terrificante smarronamento in cui ci hanno propinato senza pietà una sorta di Bignami del poema.
Il resto del viaggio è stata una tirata di un paio d'ore d'auto verso il B&B che avevamo prenotato, poco prima di Lieska. Un posto che definire sgarruppato è fargli un favore.

Orfanotrofi per orsi abbandonati e campi di spaventapasseri con la testa di torba

Il viaggio che ci porta a Suomussalmi, piccola cittadina che ci ha regalato una panoramica passeggiata in riva al suo lago, ha un solo, spettacolare protagonista: il cielo. Il grigio piovoso sotto il quale lasciamo il nostro rifugio di sul lago Kemijärvi si apre presto rivelando uno scenario di nuvole che è un campionario completo di un libro di meteorologia. Grosse soffici a bassa quota, lunghe striature di bianco azzurrognolo più in alto, immense masse di un bianco candido e lucente a strati sovrapposti… uno spettacolo da lasciarci senza respiro e che ci fa capire perché la Finlandia venga chiamata "il Paese del grande cielo". Davvero, non sembra più tanto fiabesca l'ipotesi che la regina del gelo abbia costruito il suo castello sopra una di queste nubi, e che da queste altezze si prepari a coprire la terra col suo manto di neve.
La prima tappa è il famoso orfanotrofio degli orsi abbandonati, sotto Kuusamo. Il signor Sulo Karjalainen è un attempato e gioviale signore, lungo e magro, della forestale finlandese cui capitò di salvare due cuccioli d'orso rimasti orfani. Il Governo finanziò per un po' il suo progetto e quando terminarono i fondi, Sulo non vuole abbandonare i suoi due amici, oramai incapaci di tornare allo stato selvaggio e fondò il suo "orfanotrofio". Oltre agli orsi, ci sono anche lupi e linci, e, se è vero che gli scopi del signor Sulo sono quelli della tutela degli animali, è anche vero che la struttura somiglia troppo ad uno zoo per non stimolare anche un po' di tristezza.
Commovente la seconda tappa del viaggio, qualche chilometro più a nord di Suomussalmi: un campo interamente coperto di inquietanti spaventapasseri con la faccia di torba e i capelli di erba secca. Ce ne stanno almeno un migliaio raffiguranti uomini, donne, alcune anche gravide, e bambini. Tutti vestiti con abiti reali, portati dalla gente del luogo. E' l'opera di un artista locale, Rejio Kela, che ha voluto ricordare così le vittime della grande battaglia che si combatté in questi luoghi al tempo dell'invasione sovietica: la guerra d'Inverno. L'installazione doveva essere temporanea ma la gente della vicina città l'ha adottata e ogni anno, nell'anniversario della battaglia, viene a cambiare e a rivestire i manichini con abiti nuovi. Uno scenario davvero surreale che dà la misura dell'assurdità e del dolore che porta la guerra.

Per strade deserte

Chilometri e chilometri senza mai incrociare un'auto e neppure una casa. In compenso, non sono mancate le volpi che dal ciglio della strada ci guardavano incuriosite ed insospettite, e certamente non sono mancate le renne. Singole o a gruppetti di tre o quattro esemplari, se ne andavano tranquille per la carreggiata, limitandosi a tirarsi un po' più in là quando incrociavano un'auto. La Lapponia, con la sua densità abitativa di 0,8 abitanti per chilometro quadrato, è la regione più deserta di un Paese già deserto come la Finlandia. E la Lapponia orientale ancora di più.
Prima di scendere verso sud e salutare il lago Inarijärvi, ne abbiamo seguito le sponde meridionali sino a Nelim, minuscolo paesino a ridosso della frontiera con l'ingombrante vicino russo. Una quarantina di chilometri che ha richiesto quasi due ore di viaggio - e parliamo della sola andata - in quanto le strade sono sterrate. Già. La frontiera, da questo lato d'Europa, è una porta chiusa che nessuno vuole aprire. Prima di tornare sui nostri passi, abbiamo visitato una bella chiesetta ortodossa tutta in legno che profumava di bosco.
Quindi a sud senza esitazione, su una strada che presto perdeva le asperità del nord per riempirsi d'alberi che ti chiudono la visuale come una scatola verde. Come era stato per la costiera, più che viaggiare in auto ti sembra di navigare in un oceano di betulle.
Facciamo qualche sosta per spezzare il viaggio in cittadine che sembrano delle Cortine fuori stagione. Eleganti, con bei negozi e chiese architettonicamente importanti ma abbastanza anonime. Sono luoghi di servizio, dove i lapponi che abitano nelle foreste trovano merci e rifornimenti.
A riempirci la giornata sono ancora i laghi. Enormi, placidamente gonfi d'acqua, ricchissimi di isole di infinite foggia e dimensioni tutte ricoperte di vegetazione e di rocce muschiate.
E proprio sulle sponde di un altro lago, quello di Kemijärvi troviamo asilo per la notte. Un appartamento isolato, con grandi vetrate sulla foresta ed a due passi dal lago che però non si vede. L'arredamento - piuttosto inconsueto in questo Paese - è stile anni '60. La password della wifi è "cortina56". Ci viene il sospetto che sia la casa invernale di una qualche medaglia olimpica finnica che nel '56 si sono svolte proprio a Cortina!

Sulle sponde dell'Inarijärvi

Dopo essere stati nel punto più a nord del mondo, non si può che scendere a sud. Decidiamo di lasciare la Norvegia e i suoi indimenticabili fiordi ricamati dalla mano un po' artistica e un po' pazza dell'ultima era glaciale, per far tornare in Finlandia. Abbiamo scelto il valico di frontiera di Karigasniemi, un poco più a est di quello da cui siamo entrati, perché le nostre prossime tappe correranno lungo il mai tranquillo confine con la Russia, il vicino invadente della Finlandia. Karigasniemi è un nome che ricorre spesso tra chi si avventura sino a Capo Nord e sceglie la strada finnica, perché è la via d'accesso più immediata ai fiordi. Noi la percorriamo in senso inverso, tra muschiose spaccature montuose che celano turbolenti torrenti e che, senza quasi che te ne accorga, si trasformano prima in verdi colline di licheni e arbusti, e poi in ampie pianure dove le betulle, sempre più alte, riprendono il loro ruolo di attrici protagoniste della scena paesaggistica. I laghi si fanno sempre più grandi ed allargano le loro sponde, i fiumi profondi e battaglieri, diventano placidi corsi d'acqua navigabili. Questo è il regno dei salmoni e, come è prevedibile, anche dei pescatori.
Prima di lasciare la Norvegia, passiamo per Kaarasjoki con l'intenzione di ammirare il parlamento sami di Norvegia. Pure se, più che un parlamento decisionale (ammesso che nei parlamenti oramai si decida davvero qualcosa) si tratta di un centro culturale con annessa biblioteca. Là vicino si trova il Sami Park. Parco tematico con un paio di renne dentro un recito e la ricostruzione delle tipiche tende lapponi. Niente di che. Molto meglio il museo Siida che troveremo al termine della giornata a Inari, sulle tranquille sponde del lago omonimo. Tra l'altro, anche in questa città sorge un altro parlamento sami, quello della Finlandia. Altra splendida struttura architettonica rivestita di legno nero e grezzo che ha una funzione solo rappresentativa e culturale. E dobbiamo dire che tornare in Finlandia, è stato un po' come tornare a casa. Ce ne siamo chiesti la ragione senza trovare risposta. Il Paese del Grande Cielo, con i suoi laghi e le sue sterminate foreste, ci dona una sensazione di tranquillità casalinga del tutto sconosciuta ai burrascosi fiordi di Norvegia. E, a ben vedere, siamo rientrati in Europa!

Nordkapp

Ed ero pure pronto a scriverne male! Anzi, avevo una mezza idea - da quello snob che sono - di non andarci neppure. Capo Nord… ci vanno tutti solo per poter dire di esserci stati. Così, come per piantare una bandierina. E poi non è neppure vero che è il punto più a nord del continente europeo. Intanto perché si trova su un'isola, Mageroya, collegata alla terraferma da un lungo tunnel, e quindi non fa parte della parte continentale. Inoltre, anche se volessimo considerare le isole, il titolo spetterebbe ad un promontorio dal nome impronunciabile, Knivskjelodden, che si trova 3 chilometri a ponente di Capo Nord. Il fatto è che per raggiungere questo luogo, bisogna sfangarsela a piedi, che non ci sono strade e neppure spazi per costruire aree di sosta con relative botteghe di souvenir. Onde per cui, Capo Nord ha il titolo di "luogo più settentrionale del mondo" assicurato!
Lo ha detto pure un re, Oscar II di Norvegia, che ha raggiunto il promontorio nel 1873, quando arrivarci era ancora una impresa, per impartirgli la sua benedizione reale. Re Oscar è stato il primo di una serie di teste coronate che hanno compiuto l'impresa. Tra di loro, pure un principe tahilandese, Chualalonkorn, che ci ha ricercato non so quali energie mistiche della terra. Deve averle pure trovate, considerando che c'è una cappella in suo onore nel grande bunker con mostre e spaccio di souvenir che è stato eretto nel promontorio. E va sottolineato - a proposito del bunker - che, con tanta bella architettura che ci hanno in Norvegia, il progettista che ha pensato bene di costruire un capannone esagonale con grande palla di ping pong sul tetto per "onorare" Capo Nord, doveva essere il più scarso della scuola!
Allora perché andare Nordkapp? mi sono chiesto. La risposta è stata: perché oramai sono qui. Poca saggezza, ma tanta fortuna. Già. Perché salire a Capo Nord è stato davvero un bel viaggio. Il paesaggio, intanto. Il cielo d'un azzurro grigiastro che ieri ci ha portato solo pioggia, oggi si è aperto ad un blu turchino ornato di bianche nuvole gonfie che correvano veloci in un cielo ricco di arcobaleni. Il mare, che del cielo è lo specchio incantato, si è risvegliato e rivestito dei suoi colori più belli. La strada che ci ha portato a nord, correva lungo i bordi dei fiordi che ricamavano meraviglie di terra e mare. Branchi di cornutissime renne pascolavano liberamente nella tundra verde coperta di muchi e licheni. Gli alberi a queste latitudini non sono neppure un ricordo. Polle e laghetti lampeggiavano di freddo blu, e dietro ogni curva di strada, si aprivano sorprendenti panorami dal respiro dell'anima.
Quasi temevamo che tutta questa bellezza sarebbe stata umiliata dalla banalità di un sito turistico di basso profilo. Ed invece, alla fine della strada, la bellezza delle scogliere che precipitavano nel mare, mentre, da lontano le navi che doppiavano il capo lo salutavano con lunghi ululati di sirena, come vuole la tradizione marinara, ci ha mondati da ogni timore.
Certo, ci sono "orde" di turisti (che vuol dire da queste parti che non sanno cosa significhi cercare di farsi una passeggiata in piazza San Marco, un paio di centinaia di persone in tutta l'area del promontorio). Molti sono italiani da gita organizzata. E si sa che è meglio evitarli, soprattutto se li trovi all'estero. Tanti i camper del nord Europa. Tante le moto. Ho trovato un pazzoide che è arrivato da Bologna sin qui in soli 4 giorni . Tante pure le biciclette di turisti "alternativi". Per entrare nella parte finale del promontorio si pagano 25 euro di biglietto (ma per la stampa è gratis! Benedetto il mio tesserino). Del bunker poi, abbiamo già detto tutto il male possibile. Tutto questo è vero. Eppure… eppure… Capo Nord è sempre Capo Nord! Una magia di suggestioni alla quale non è possibile resistere.
E ti viene da pensare agli antichi sacerdoti sami che salivano su questa rupe per implorare il grande e gelido dio bianco, agli avventurieri come Giuseppe Acerbi, arrivato sin qui dopo un lungo viaggio in zone ancora inesplorate, ai re e ai principi che hanno seguito le sue orme, ai navigatori che da qui son salpati per cercare ostinatamente il mitico passaggio a nord est, alle navi inglesi che superavano il blocco degli uboat tedeschi per portare rifornimenti all'Armata Rossa che resisteva tra sangue e barricate all'invasione nazista. E penso anche al mio maestro delle elementari che ci raccontava con commozione di come era riuscito ad arrivare sin qui da Venezia a cavallo di una piccola Vespa, assieme ad un suo amico, di come, dopo tanto andare, si siano fermati davanti alla biglietteria perché non avevano più il denaro per pagarsi l'entrata, e di come erano contenti lo stesso. Mi sforzo di immaginarli mentre si abbracciano ridendo e con le lacrime agli occhi davanti a quel cartello con la scritta "Nordkapp parking".

Hammerfest, la città del Reale e Antico Circolo dell'Orso Bianco

Conclusa una "cerca dell'anello" che neanche Tolkien se la sognava e di cui non racconteremo, siamo andati a vedere le incisioni rupestri e il museo della preistoria di Alta. La struttura si trova appena fuori della città, lungo la strada che porta a Tromsø. L'esposizione non presenta nulla di particolarmente rilevante, a mio avviso, ma il percorso esterno che scende sulla riva del fiordo sino alle scogliere con le incisioni rupestri non solo è interessante ma piacevole da seguire, tra riflessi azzurri del mare, e prati di eriche color lavanda che si agitano al vento. La giornata è piovosa ma, perlomeno durante questa passeggiata ci ha dato un po' di tregua.
Quindi, una breve visita ad Alto per ammirare la sua cattedrale detta dell'Aurora Boreale. Audace architettura in cemento e titanio il cui campanile sale come una torretta da fortezza fantasy. Anche Alto, si vanta del titolo di città più a nord del mondo. Non è la sola. Come mai? Sul fatto di chi sta più a Nord c'è poco da discutere. Se la giocano tutta sul titolo di "città". E da quel che ho capito, ne sono nate beghe mica da ridere. Anche Alto, ha voluto una "cattedrale" perché le cattedrali sorgono solo sulle città. Che la popolazione non arrivi alle 20 mila anima, poco importa. Ottenuta - e non senza fatica - la nomina di Cattedrale dell'Aurora Boreale per la sua chiesa dai vertici episcopali e dalla Corona, è riuscita a diventare "città". Ed ha fatto le scarpe a Tromsø (che continua però imperterrita a definire se stessa, la città più a nord del mondo).
Lasciate ai norvegesi le loro beghe, siamo saliti ancora sulla penisola che ha sul suo vertice Capo Nord. Trovato il B&B nell'anonima cittadina di Skaidi, siamo andati ad Hammerfest, altra "città" più settentrionale del mondo, eccetera eccetera. Le case di Hammerfest - poco più di 10 mila abitanti - sorgono su un'isola collegata al continente da un lungo ponte. Di interessante la città ha la sua storia, una battaglia ecologica e una Regia e Antica Società dell'Orso Polare. La storia (in breve perché ve la potete leggere anche su Wikipedia): crocevia di pesca e di caccia a foche e orsi, la città è stata più volte distrutta da, in ordine: inglesi, incendi, tempeste marine, ancora incendi e nazisti in fuga. Eppure oggi è ancora qua e si è costruita un futuro con la pesca, il porto e pure con un assai poco ecologico impianto di liquefazione del gas proveniente dall'immenso pozzo di Snøhvit, nel mare di Barents. Eh sì! Ancora energie fossili. Eppure gli effetti dei cambiamenti climatici si stanno facendo sentire pure qui.
Meglio parlare della Regia e Antica Società dell'Orso Polare. Che poi tanto antico non è, visto che è nata nel 1963, pure se con la benedizione della Corona norvegese. Il circolo è assolutamente esclusivo. Vi possono accedere solo coloro che bussano alla sua porta (leggi: che hanno avuto la pazienza o la pazzia di arrivare sin qui) e pare che abbiano risposto picche pure ad Elvis Presley che ci teneva tanto a diventare un orsacchiotto. Cosa fa la Regia ed Antica eccetera eccetera? Niente se non organizzare una festa a Hammerfest ogni gennaio. Periodo non esattamente adatto alle feste all'aperto a queste latitudini. Diciamo però che se non fa nulla di buono perlomeno non fa niente di male. E poi se ti associ ti danno una spilla, il distintivo e pure l'osso del pene di un tricheco in testa a mo' di battezzo. Volete mettere la soddisfazione?

Lungo il Lyngenfiord

Undici arcate che sembrano blocchi di ghiaccio frantumati. Vista da fuori, la cattedrale dell'Artico fa la sua bella figura imponente, proprio sopra una collina situata ai piedi del lungo ponte che porta a Tromsø. Sembra messa lì per salutare i viaggiatori che lasciano la cittadina. Una specie di biglietto da visita per chi se ne va. La nostra destinazione odierna è Alto. Più precisamente la prima periferia di Alto, dove abbiamo prenotato un B&B. Ma questo che doveva essere solo una tappa di trasferimento si è rivelato un emozionante viaggio sugli stupefacenti sfondi dei fiordi.
Alte montagne come le Lyngsalpene, le Alpi di Norvegia, stracciavano le bianche nubi che osavano sorvolare le loro cime e poi sprofondavano con arditi muri di rocce nel mare di un azzurro turchino che ci regalava magici bagliori di un sole sempre più basso ed eterno. Case rosso cupo di pescatori con le rete sui moli, villette dall'architettura audace con enormi balconi spalancati sull'azzurro del cielo e giardini colorati di fiori. Renne incuranti della presenza umana che attraversavano indisturbate la strada, inconsuete secche coperte di lucenti alghe marroni che contrastavano il celeste del mare. Grandi ghiacciai candidi si adagiavano tra le vette più alte e si stendevano quasi sino alla riva del mare. Torrenti, cascate e laghi dalle gelide acque verde scuro, si incastravano nelle spaccature dei rilievi ondulati coperti di umida erba che scavalcavano le catene montuose. La strada da Tromsø ad Alto che costeggia il Lyngenfiord ci ha ripagato della mezza delusione della costiera senza mare di Finlandia. L'intero percorso ha richiesto tra le cinque e le sei ore di guida, e soltanto perché due pratici traghetti ci hanno consentito di tagliare i fiordi, risparmiando un bel po' di tempo e di fatica.
Alla fine della giornate siano arrivati alla metà. Il B&B dove siamo stati accolti è la casa di una signora danese. Non è la prima volta che troviamo stranieri in queste strutture. Ieri - lo abbiamo scoperto solo prima di andar via - il proprietario era un imam, credo nordafricano, presidente di una associazione culturale islamica. Due giorni fa, è toccato un argentino della Patagonia. All'inizio del viaggio, un curdo di Kobane. La danese comunque, è una bella sorpresa. Ha messo le tendine scure alle finestre! Bene! Potrò dormire senza benda. Se penso a tutte quelle enormi finestre fagocitanti di luce ed a quelle criminali tendine trasparenti…

Tromsø

Siri (suadente voce femminile): Tra 700 metri continua sulla E8
TomTom (altra voce femminile altrettanto suadente): Tra 700 metri gira a destra
Google Maps (ancora una voce femminile, sia pure un poco più metallica): Scusate ragazze, non per polemizzare, ma tra 700 metri bisogna girare sì, ma a sinistra
Siri: Ma l'umano che indicazione ha dato a voi? A ma ha detto che vuole andare a Tromsø!
Google Maps: Tromsø, sì! Pure a me ha detto: 'Ok Google, portami a Tromsø". E Tromsø è a destra!
TomTom: Ma quale destra? Forse avevi inserito qualche preferenza strana, tipo "Evita i pedaggi o le autostrade".
Google Maps: Sì! "Evita le strade con le deviazioni a destra che ho lo sterzo che non funziona da quel lato!" Ma dai! Sono un navigatore serio, io!
TomTom: Proprio tu? Ma se l'altro giorno volevi farlo entrare su una galleria solo che non c'era la galleria?
Google Maps: E che c'entra? Se l'umano non aggiorna l'applicazione, mica è colpa mia! Tu piuttosto che non lo avverti se corre sotto il naso di un autovelox!
TomTom: Quello è un servizio a pagamento! Se come umano ci è toccato un pitocco io che c'entro?
Siri: E' mai possibile che una intelligenza artificiale come me - e una intelligenza artificiale della Apple, eh? Mica cazzi! - debba stare qui a discutere con due navigatori neppure capaci di misurare una riga con un righello! Per non parlare di quando al confine vi siete dimenticate di aggiornare l'ora sul nuovo fuso!
TomTom: Oh! Sentitela Miss Mela tiro da prima della classe! Io perlomeno coi satelliti ci parlo! Tu a che cazzo di satellite ti sei attaccata per trovare una strada che porta a Tromsø continuando sulla E8 che lo sanno anche le biciclette che per quella strada si arriva a Beirut?
Google Maps: Eppure io con i satelliti ci parlo! E volete proprio saperlo cosa mi dicono di voi due? Che non si fiderebbero nemmeno di chiedervi la strada per il cesso di casa!
Siri: Ah sì? Ah sì? E allora sapete cosa vi dico? Trovatevi la strada per quel cesso e ficcatevi un…

Stop. Spente tutte e tre. Questo per dire che un uomo con un orologio sa sempre che ora è ma uno che ne ha tre non è mai sicuro. In Norvegia il navigatore ha dato dei problemi di precisione ma chiedere a Siri, al TomTom Portatile e a Google Maps è servito solo a complicare l'errore.
Tromsø lo raggiungiamo con i cartelli che è meglio!
Scesi dalla montagna dei troll con lo zaino sulle spalle e sotto la pioggia, abbiamo salutato quella specie di B&B modello avventura gestito da quella strana coppia lei norvegese lui argentino. Lasciata l'isola di Senja, ci siamo diretti verso Tromsø, la più grande città del mondo sopra il circolo polare artico. Siamo quasi al 70esimo parallelo.

La strada è molto bella. Corre su un manto d'asfalto che non ha nulla da spartire con quello devastato di Senja, e ci regala spettacolari vedute sul fiordo e sulle isole dell'artico, un mare di un azzurro gelido e scuro che riflette come uno specchio delle favole le tonalità verdi delle montagne e il rosso scuro delle case in legno dei pescatori sulle sue sponde.
Tromsø, 67 mila abitanti, sorge su un'isola e ne occupa tutta la parte orientale. Vi si arriva con un lungo ponte. Per evitare il traffico tra le case, hanno realizzato un grande sistema di tunnel, con tanto di rotonde sotterranee, che portano in vari punti dell'isola. E' una cittadina vivace, grazie anche all'università, e possiede molti centri di ricerca scientifica sull'artico. Qui tutti girano vestiti come da protezione civile. Abbiamo visitato un paio di musei: il Polaria, un acquario con una triste vasca di foche, che non mi ha fatto una grande impressione, e il Polarmuseet. Questo si trova su uno scricchiolante ma pittoresco edificio che un tempo era una dogana ed è dedicato, per lo più al mito di Roald Amudsen che da qui partì per incontrare il suo tragico destino nel tentativo di salvare Umberto Nobile ed i suoi uomini. Prima di ritirarci nel nostro B&B, che perlomeno stavolta non ci ha riservato sorprese "trollesche", facciamo una lunga passeggiata per la strada principale della città e concludiamo con una coloratissima e profumata visita ad un ricchissimo e curassimo orto botanico. Ma quando verrà la neve, cosa faranno di tutte queste piante provenienti da climi così diversi?
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