L'America di Renzi (non esiste)

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Come Veltroni, Renzi sogna l’America (“Il mio sogno è che in Italia si sfidino due partiti sul modello americano, Democratici e Repubblicani”). Mentre abolisce il bicameralismo perfetto, una delle poche caratteristiche che avevamo in comune con gli USA; mentre fa ingoiare al parlamento un premio di maggioranza al 55% che laggiù, ovviamente, non esiste. Quelli d’altro canto sono presidenzialisti seri, non se ne vergognano; inoltre hanno questa idea curiosa del bilanciamento dei poteri, per cui capita spesso (e anche in questo momento) che la maggioranza il presidente non ce l’abbia affatto, e debba coabitare con un congresso che non va d’accordo con lui. C’è che mentre i nostri statisti sognano l’America, gli americani studiavano Montesquieu.

Renzi auspica l’alternanza di due grandi partiti - e nel frattempo abbatte la soglia al 3%, il che gli consentirà di occupare saldamente il centro dell’offerta politica mentre gli avversari si frammentano in liste e listine in lotta tra loro per la visibilità. Renzi sogna l’America, ma è appunto un’America filtrata dal sogno: una libera prateria dove nessuno potrà dire allo sceriffo cosa deve o non deve fare. La sera delle elezioni tutti scoprono il nome del presidente e il dibattito in sostanza finisce lì: il parlamento garantirà diritto di tribuna a bastian contrari impotenti che troveranno nuovi modi di rendersi ridicoli in favore delle telecamere. Renzi vuol fare l’americano, ma risulta, ineluttabilmente, nato in Italy.
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