Civati e la battaglia sbagliata, o forse no

Permalink
Il Fatto
In questi giorni mi è capitato di scoprire che un po' nei banchetti di Possibile ci speravo. Non ho collaborato e nemmeno firmato; sono contrario ai referendum abrogativi, sia per principio che per strategia - e però mi sarebbe piaciuto, a questo punto dell'anno, congratularmi con Civati per il risultato insperato, in un bel post in cui comunque avrei rimarcato e misurato la mia distanza. Invece la raccolta è fallita, e a me stranamente dispiace.

Adesso potrei prendermela con un aspirante leader che sbaglia tattica e tempi, si aliena le simpatie di quelli con cui dovrà giocoforza allearsi, consumando le energie preziose dei suoi attivisti. Ma non ci riesco. Un po' perché ho la sensazione di averne già lette diverse, in giro, di analisi di questo tipo - mescolate a sfottò da ultras, del resto la formazione culturale del commentatore politico medio è quella. E un po' perché davvero, che altro poteva fare Civati, se non provarci? Tutto quello che ha fatto fin qui ha una sua logica, che purtroppo non è la logica che ti fa vincere le elezioni, ma pur sempre logica è. Dopo il disastro elettorale del '13 si è ritrovato all'estremità del PD - sullo squarcio vivo del bastimento che affondava. Aveva un senso improvvisarsi pontiere con i grillini, ed era inevitabile che questo lo rendesse inviso ai sacerdoti dell'ortodossia del M5S. Nel frattempo il relitto trovava un nuovo assetto intorno a Renzi, e il suo ex compagno di strada si ritrovava all'estrema sinistra: una posizione inedita per lui, forse mai cercata, ma mantenuta con una certa dignità. Era inevitabile che Civati cercasse di tenere alta la bandiera del dissenso interno, anche se le primarie andarono abbastanza male; era inevitabile che la fuoriuscita del partito, minacciata innumerevoli volte, diventasse una scelta obbligata.

Una volta precipitato nella scena un po' ridicola dei partitini di sinistra - una scena che varrebbe anche il 10%, se finalmente trovasse un progetto serio - che altro poteva fare se non tentare il colpaccio? Le speranze di raccogliere le firme durante l'estate erano senz'altro troppo ottimistiche (tarate probabilmente sulle città, e non sui piccoli centri di cui è fatta l'Italia): l'idea che poi un exploit del genere avrebbe obbligato il governo ad accorpare referendum ed elezioni amministrative era nel caso migliore una pia illusione (nel peggiore, si è abusato della credulità dei volontari). Però davvero, che altro poteva fare? Almeno ha messo fuori i banchetti. Era forse il periodo peggiore dell'anno; i quesiti potevano essere migliori; e il tanto sbandierato entusiasmo di chi ha aderito meritava di cimentarsi con un obiettivo più realistico.

I referendum abrogativi, mediamente, sono un pacco - è come giocare contro il banco, tu ti danni a raccoglier firme e ad autenticarle, poi ti sbatti a far campagna per il Sì, e anche quando vinci, quasi sempre la maggior parte degli italiani non è venuta a votare e quindi in realtà vince il tuo avversario - quello che per tutto il tempo magari è stato lì seduto a non far niente (al limite a controllare che tv e giornali non parlassero troppo di te). In sostanza ci si spezza la schiena per portare legna al proprio avversario. Non è raro sentir citare le Termopili.

Mi dispiace che gli attivisti di Possibile abbiano buttato via tanto tempo ed energia, ma ricordo che se invece fossero riusciti nel loro intento, avrebbero prevedibilmente regalato a Renzi una splendida opportunità per dichiararsi vincitore di una sfida nemmeno combattuta: come fece Berlusconi all'indomani del referendum sull'art. 18 (2003) o i vescovi dopo quello sulla fecondazione assistita (2005). D'altro canto.

D'altro canto prima o poi si andrà a votare - con l'Italicum, ormai - e se Renzi non passa al primo turno, i tanto bistrattati e litigiosi personaggi a sinistra del PD si troveranno in una situazione curiosa. Renzi avrà bisogno dei loro elettori. In quel momento forse scopriremo che non esiste un algoritmo elettorale in grado di eliminare il trasformismo, e che avere mantenuto una posizione, una presenza coerente, un nocciolino duro di adesioni, può renderti un interlocutore privilegiato. In quel momento forse Civati sarà una figura più nitida di altre, e questi due mesi di banchetti gli saranno serviti a qualcosa. Non proprio a combattere Renzi, no, ma comunque a qualcosa. Gli sfottò con cui lo subissano oggi sono pur sempre un attestato di esistenza. Magari un giorno qualcuno se li dovrà rimangiare, in nome di un fronte comune contro il grillismo o il fascio-salvinismo o chissà cos'altro.

Confido che in quel giorno eventuale, Civati non si dimenticherà dei volontari che mandò a combattere la battaglia sbagliata (non parlo di me, io ero al mare).
Comments (12)