In Italia si chiacchiera, in Irlanda ci si sposa

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La repubblica d'Irlanda ha legalizzato le “attività omosessuali” nel 1993: prima costituivano reato. Nel 2010 è stata varata una legge che introduceva le unioni civili anche tra coniugi dello stesso sesso; nel ‘15 queste unioni sono state quasi equiparate al matrimonio; da oggi i gay irlandesi possono sposarsi. È stata un’evoluzione rapida, ma graduale. Questa gradualità è un aspetto importante: la legge del ‘10 magari era insoddisfacente, ma ha consentito a tante coppie di uscire allo scoperto e mostrare la propria normalità. I cittadini, cattolici e no, hanno potuto osservare le coppie gay, si sono resi conto che non costituivano nessuna minaccia sociale, e in capo a cinque anni le hanno accettate e istituzionalizzate.

In Italia che abbiamo fatto per tutto questo tempo? Ne abbiamo discusso. Neanche molto in verità, visto che favorevoli e contrari alle unioni gay sembrano refrattari a qualsiasi compromesso. Eppure tre anni prima degli irlandesi, nel 2007, si discuteva alla Camera dei DiCo: una proposta che non piacque nemmeno a diversi esponenti gay: troppo tiepido, bisognava ottenere di più. Magari tutto. O niente. Non si ottenne niente. Sono passati 8 anni e le coppie gay, in Italia, continuano a non godere di nessun riconoscimento. Ora, con calma, arriverà in parlamento il ddl Cirinnà: e chi non voleva farsi riconoscere qualche diritto da Rosy Bindi, cercherà di ottenerli da Giovanardi. Spero che malgrado tutto ci riesca: è già molto tardi.
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