"Iatta iatta"

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Per farti perdonare

Fine del ragionamento, chiedo scusa se è durato troppo ma comunque in agosto non legge quasi nessuno. Rimane da segnalare un fenomeno che, considerate le premesse, potrebbe apparire piuttosto paradossale: quest'anno sto cantando molto. Moltissimo. Probabilmente non ho mai cantato tanto nella mia vita come in questo 2011/12. E ho anche ascoltato tantissima musica, con attenzione e partecipazione, al punto di impararla - non mi succedeva da anni - a memoria. Il fatto si spiega con la nascita di una Creatura, più o meno un anno fa: non più un bambino interiore, ma, lo si è capito abbastanza presto, ugualmente affamato di musica. No, non esattamente di musica: purtroppo Rossini lo lascia freddo. Di canzoni. Con le strofe e i ritornelli al loro posto. Meglio se cantate da voci bianche. In mancanza di meglio, anche dal falsetto di papà. Un falsetto che si è rifatto sentire, molto roco, per la prima volta nel secolo.

Non mi piace parlare di genetica, io mi rifiuto di credere alla genetica anche quando è evidente, perché la genetica non ha nessun bisogno di me per funzionare. (Lavoro nella scuola pubblica, sono un avversario della genetica: cerco di insegnare a leggere a quelli a cui non viene naturale, lotto per la redistribuzione democratica dei talenti, perdo regolarmente ma è il mio mestiere). Certo è bello quel momento in cui ti accorgi che una piccola Creatura che nulla sa fare al mondo a parte piangere, cessa all'istante se ascolta una melodia. Meraviglioso è poi il giorno in cui ti accorgi che cessa soltanto con una melodia; le altre non le vuole; insomma ha già un gusto musicale; già molto meno meraviglioso è il mese successivo, in cui ti tocca cantare 15 volte al giorno la stessa melodia; molto duro a passare quell'anno in cui il bambino non più interiore ha deciso che in macchina ci può anche stare, purché si ascolti un disco solo, solo quello, a rotazione, per sempre.

Così l'anno che termina con questa mia geremiade sulla musica-che-èmmorta è l'anno in cui io ho ascoltato, davvero (prima con imbarazzo, poi con fastidio, poi con odio, poi con rassegnata partecipazione) il Meglio dello Zecchino d'Oro, un disco che racchiude le migliori prestazioni ottenute da un serraglio di bambini sottoposti a un training che oggi si configurerebbe come reato, e dei più odiosi; nonché la viva e pulsante testimonianza di un periodo storico in cui anche per suonare mazurke infantili era richiesta una solida formazione musicale. Più volte, conducendo la mia famiglia in autostrada, verso vacanze o in fuga da terremoti, mi sono ritrovato a studiare lo sfolgorante attacco di tromba del Topo Zorro, l'incedere tanghero del Caffè della Peppina, gli sleghi furtivi del basso che cavalca ne Il Lungo il Corto e il Pacioccone. Fino al flamenco beffardo di colui che ho elevato a mio eroe e punto di riferimento esistenziale, il Torero Camomillo, matador senza paura e senza vergogna che se il toro si avvicina "lui schiaccia un pisolino e non ci pensa più". Così come io vorrei, di fronte al palesarsi di ogni minaccia e scossa tellurica, intrepido addormentarmi.

Non è che mi sia arreso facilmente. Si scontrano, in quell'abitacolo, due bambini con ossessioni simili e in conflitto. Quello che ha ancora per poco il controllo dell'autoradio ci ha provato, a tagliare lo Zecchino con qualche altro materiale più prezioso: in fondo Astrud Gilberto è una bambina anche lui. Un'Agua de Beber tra Non lo faccio più e Volevo un Gatto Nero passa quasi inosservata. Anche la Ruggiero è ammissibile, purché sia la Gatta di Paoli. E il Quartetto Cetra, se si sbriga a vocalizzare. Ma se il preludio strumentale passa i dieci secondi, implacabile si leva dal loggione un urlo di intensità crescente, Iatta Iatta, vagamente traducibile in "Un'altra, un'altra canzone [desidero ascoltare in luogo di codesta]".

Ho setacciato i vecchi cd, gli archivi accumulati in dieci anni senza sapere per chi, e ora forse è chiaro il perché. Ho trovato i Gufi e i canti delle Mondine. La giovane Mina per qualche minuto è tollerata. La Vanoni con Ma mi resiste per due strofe. Ho ritrovato la Fiera dell'Est, e già che c'ero la Pulce d'acqua, che l'ombra mi rubò
e tu ora sei malato
e la mosca d'autunno che hai schiacciato
non ti perdonerà.
Sull'acqua del ruscello forse tu
troppo ti sei chinato:
tu chiami la tua ombra, ma 
lei non ritornerà.
Così in definitiva credo che la musica per me sia finita perché non ce ne sta più: il mio unico archivio è il cervello, dove 33 giri, Cd e anche mp3 non suonano molto diversi, mi dispiace, ma è così. Non dovrei lamentarmi, ho avuto a disposizione tantissimo tempo per immagazzinare, ora si tratta di restituire. Forse sono in ritardo, il mio falsetto non è più quello di una volta, ma finché tiene. Mi sono chinato forse troppo, a cercare ombre che non mi sarebbero comunque servite: adesso è il tempo di cantare. Se mi sentite in giro, non ridete più di tanto: alla fine è il mio destino, probabilmente sono nato per questo. È la pulce d'acqua che l'ombra ti rubò: e tu ora sei malato; e la serpe verde che hai schiacciato non ti...

"Iatta, iatta"
E allora devi a lungo cantare per farti perdonare; e la pulce d'acqua, che lo sa l'ombra ti renderà.

"Iatta, iatta"
"Va bene, adesso parte il Pulcino Ballerino".

(Grazie e alla prossima).
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