L'alluvione è colpa mia

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Il dispositivo morale. 

In passato, quando un'epidemia o un vulcano o un diluvio devastava una città, le reazioni erano più o meno simili anche a latitudini molto diverse. Se virus, bacilli, batteri, non erano a portata dei nostri organi sensoriali, la nostra capacità di istituire cause ed effetti era invece pressoché la stessa che abbiamo adesso; quindi girava a vuoto. Religioni e magie ci provvedevano tutta una serie di entità da incolpare: Apollo arciere, Baal, Jahvé; purtroppo, non essendo che proiezioni degli uomini che le inventavano, la responsabilità ricadeva comunque su di noi. Apollo ci punisce perché Agamennone l'ha fatta grossa, Jahvé è da un bel po' che ci biasimava la nostra dura cervice: insomma era comunque sempre colpa nostra. Di chi altri poteva essere? Esistevamo solo noi. Prima che riuscissimo a montare lenti su lenti e a vedere virus e bacilli, l'unico mondo invisibile a esistere seriamente era la nostra coscienza.

La nostra sete di bene e di male è tanto antica quanto la nostra fame di cause ed effetti. Il successo del profeta o del predicatore dipendeva proprio dalla sua capacità di fornire spiegazioni pronte e comprensibili: se il vulcano dopo migliaia d'anni esplode, se la montagna frana, se il colera ci decima, è perché andiamo all'osteria alla domenica. E siccome è proprio al profeta che si rimprovererà una catastrofe non prevista, egli non può cautelarsi che prevedendone a getto continuo: meglio inventarne due o tre di troppo che lasciarsi trovare impreparato da una carestia o da un'alluvione. Tanto più che la gente si comporta male un po' sempre e dappertutto - e lo sa, questo è il bello, la gente ha sempre qualcosa da biasimarsi - tu battili; magari non sai il perché, loro sì. Il dispositivo morale ha funzionato per secoli, anche dopo l'invenzione del microscopio: non previene i disastri e nemmeno li allontana, ma soddisfa un'esigenza primaria di spiegazioni - oltre a farci rigar dritto, un effetto collaterale tutt'altro che trascurabile. Quando poi l'accumulo di colpe diventa insostenibile, si svasa su qualche agnello sacrificale: la strega, l'untore, l'ebreo, eccetera.

Ancora oggi, che i microscopi funzionano e ci mostrano più cose di quanto ci saremmo sognati di vedere, non riusciamo ad accontentarci. Spesso addirittura le scienze ci illudono, dandoci la falsa sensazione di poterci fornire dei rimedi pronti all'uso, quando al massimo ci forniscono una serie di ipotesi sulle cause. Questo ci fa molto arrabbiare. Ce la prendiamo con i sismologi che non sanno prevedere i terremoti - inaudito - o i modelli matematici che non riescono a spiegarci dove come e quando un torrente romperà. La scienza non ci soddisfa e così torniamo alla morale, la cara vecchia morale. Se i fiumi sono in piena è per i nostri peccati. Siamo stati miopi, o presbiti, o francamente ciechi. Abbiamo dimenticato la saggezza dei padri che in certi posti proprio non edificavano. Abbiamo lasciato vincere l'Inerzia e la sua cagnolina da compagnia, la Burocrazia. La colpa si sta per accumulare e il capro espiatorio è lì già pronto a riceverla: stavolta, indovinate, tocca al Politico. Persino Beppe Grillo, l'ultimo salito sulla barca; uno a cui non si possono certo rimproverare passate gestioni: tecnicamente sta ancora dalla parte dei predicatori - ma il confine è molto labile, e Casaleggio dovrebbe saperlo, se davvero ha studiato il precedente di Savonarola.

Se il dispositivo morale funziona, è anche perché per quanto rozzo non può girare a vuoto senza sollevare ogni tanto qualche elemento oggettivo: non c'è dubbio che la politica abbia responsabilità pesanti, quando si parla di gestione delle acque e dei territori. E però si vede bene quanto sia un prodotto delle scienze più imperfette, le umane; non ci fornisce ipotesi o leggi, ma sempre e soltanto colpevoli. Ci dà l'identikit degli untori, non le istruzioni su come organizzare un cordone sanitario. Accusa i politici, ma di cosa? Di non fare onestamente il proprio mestiere? Ma in democrazia, lo si è visto, non è la prevenzione che vince le elezioni. Viceversa, quando il fango arriva, qualcuno può persino volgere la cosa a suo favore facendosi fotografare con la pala in mano e ottenendo quegli aiuti e quella solidarietà che solo dopo il fango si sblocca; prima no.

Il dispositivo morale ha un orizzonte cortissimo: il colpevole dev'essere sempre qualcuno da rintracciare in mattinata. Il riscaldamento globale è un fenomeno al di là della sua portata. Esso dipende da una complessa serie di fattori - quasi tutti in verità ascrivibili al comportamento collettivo degli esseri umani, e quindi in teoria il dispositivo morale dovrebbe scattare - ma dividere la colpa per miliardi di individui è come farla sparire. Molto meglio inventarsi una loggia di uomini cattivi che fanno piovere con le scie chimiche. All'inizio sembrava demenziale, ma a quanto pare sta funzionando.

Nel frattempo magari sta davvero succedendo qualcosa, ma è difficile capire cosa. Con tanti profeti di sciagure su tutti gli schermi, il giorno che arriva un diluvio ci coglierà sicuramente impreparati, mentre litighiamo su una legge di stabilità o sui tassi d'interesse. Probabilmente quel giorno andremo in giro a caccia di burocrati cattivi, piuttosto che dare una mano a imbastire un'arca. Il fatto di essere programmati per comportarci così non mi consola molto. Confesso che a volte mi fa sentire un po' in colpa - lo so, non dovrei, è un'illusione, la solita da millenni: ma immaginarsi al centro dell'universo, con le proprie ridicole catene di cause ed effetti, coi nostri piccoli e inestirpabili peccati da rimproverarci - è quasi sempre meglio che immaginarlo vuoto.
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