L'esplosione controllata di Grillo

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Ma quindi ci potrebbe essere un'altra maggioranza in parlamento, a centrosinistra, con Sel e coi dissidenti M5s? e lo scopriamo proprio il giorno dopo che Renzi e i suoi ministri di centro hanno giurato? A chi in queste ore si morde le mani pensando a quanto siamo stati vicini a un governo antiberlusconiano, vorrei offrire la parziale consolazione di un ragionamento. Le coincidenze non esistono (quasi mai): difficilmente esiste quella che ha visto nel giro di una settimana Renzi salire a palazzo Chigi e Grillo organizzare l'espulsione di quattro senatori. Niente retroscena, soltanto una manciata di osservazioni alla portata di chiunque:

1. Orellana & co. prima o poi sarebbero stati espulsi. Era prevedibile e previsto da Grillo stesso, addirittura prima delle elezioni dell'anno scorso. "Avremo i nostri Scilipoti", diceva, e calcolava di perderne un 10% per strada. Insomma Grillo sapeva (e Casaleggio sapeva) che prima o poi una crisi del genere ci sarebbe stata. Aveva dunque il vantaggio di poter decidere quando scatenarla.

2. Né Orellana né gli altri tre hanno scritto o detto, in questi giorni, cose particolarmente incriminabili. Gli stessi che giustificano la loro espulsione sostengono che il "fuoco amico" di dichiarazioni contro Grillo o la maggioranza del M5S andava avanti da mesi. E però per mesi non è successo niente. In qualsiasi momento Grillo (o Casaleggio) avrebbe potuto porre il problema sulla piattaforma, isolare qualche dichiarazione più o meno eretica dei quattro dissidenti e organizzare il processo. Per molti mesi Grillo e Casaleggio non l'hanno fatto. Poi una settimana fa Grillo ha fatto il suo numero in streaming con Renzi, e improvvisamente quel che dichiara Orellana diventa insopportabile. Forse Grillo in questo periodo è più nervoso del solito (comprensibile): o forse è semplicemente un pretesto.

3. Il precedente più illustre è quello della sconfessione di Favia e della Salsi. In quel caso Grillo fu ancora più padre-padrone: del resto il simbolo è suo, e decide lui se concederlo o toglierlo. Però è interessante notare la tempistica: Favia soprattutto era già da mesi molto critico nei confronti di Grillo (e di Casaleggio). L'espulsione arrivò tre mesi prima delle elezioni. Anche stavolta. Magari è solo una coincidenza. Senz'altro queste crisi interne sono faticose da gestire, e quindi è meglio evitarle nell'imminenza di una tornata elettorale. Meglio ieri che tra una settimana, insomma. Ma perché non un mese fa, tre mesi, un anno?

Perché un mese fa c'era un governo molto più fragile, con un programma molto meno ambizioso (tirare a campare almeno fino al semestre europeo). Un mese fa, o una settimana fa, una scissione anche piccola all'interno tra i senatori del M5S avrebbe creato una reazione a catena incalcolabile. Una settimana fa, o anche cinque giorni fa, una maggioranza coi transfughi M5S e Sel sarebbe parsa davvero credibile. Oggi no: oggi c'è Renzi con un progetto chiaro e una maggioranza che sembra più stabile. Difficile pensare che mandi all'aria un castello appena messo in piedi per un'avventura incerta in un centrosinistra tutto da inventare. Era un'opzione che Bersani aveva vagliato nell'interminabile marzo dell'anno scorso (il famoso "scouting") e che Grillo ha fatto di tutto per evitare. Ci è riuscito.

Ricapitolando: il caos di questi giorni in seno al M5S non è un incidente. È un'esplosione controllata; Grillo (o Casaleggio) sapevano di doverla provocare prima o poi, per dare più compattezza ai propri gruppi parlamentari e un messaggio forte ad attivisti ed elettori. Hanno aspettato il momento giusto: il primo giorno del governo Renzi.

Conclusioni: magari è ancora un dilettante, e non è in grado di reggere un contraddittorio: ma Grillo è un politico bravo. Ha avuto pazienza (chi se l'aspettava da lui), ha saputo trovare il momento giusto e il pretesto giusto. Bisognerà sempre più tenerlo presente, e separare l'immagine pubblica di pazzo furioso dall'esito concreto delle sue azioni.

(Conclusione ulteriore: l'esito concreto delle sue azioni, fin qui, è la permanenza del centrodestra al governo. È un risultato che difende con le unghie).
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