Non ti do del coglione; ti propongo un referendum

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Beppe Grillo non vuole uscire dall'euro. Perlomeno, se volesse uscirne lo dichiarerebbe pubblicamente - non gli sono mancate le occasioni - e non l'ha mai fatto. Però Beppe Grillo vuole vincere le prossime elezioni; per vincere gli servono anche i voti degli euroscettici; e quindi ha approfittato di questo terzo v-day per ricordarci che vuole il referendum sull'euro. Purtroppo si tratta di una boiata pazzesca, che offende chi la propone (per finta) e chi finge di crederci o ci crede davvero. Vediamo il perché.

Non è tanto la cattiva fede di chi propone qualcosa di palesemente incostituzionale: per fare un referendum sull'Euro bisogna prima modificare la Costituzione, e Grillo lo sa benissimo (non è più un novellino). Ma andiamo oltre, come dice lui. Capita a tutti in campagna elettorale di promettere la luna, lui promette un referendum sulla luna, è già più fattibile, no? In realtà no; se uscire dall'euro non è necessariamente una cattiva idea, farci un referendum è l'idea peggiore che possa venire in mente a un politico, anche populista.

Proviamo a immaginarci la situazione: in Italia, da domani, si passa alle lire. In attesa del meraviglioso impulso all'economia, le fughe dei grossi capitali le diamo per scontate: ma guardiamo i nostri poveri stipendi, che da domani in poi saranno pagati in lire. In giro però ci sono ancora molti euro, che all'estero continueranno ad avere corso. Ci si aspetta che queste lire perdano abbastanza velocemente valore rispetto all'euro; ci si aspetta anche che certe spese (benzina, riscaldamento...) comincino a salire vertiginosamente. Calato in una situazione del genere, credo che anche l'elettore del M5S reagirebbe come reagirei io: ci precipiteremmo al primo sportello bancario e cercheremmo di farci dare più euro possibile, da ficcare nei nostri materassi o da qualche altra parte. Probabilmente qualcuno sarà stato più lesto di noi e ci avrà lasciato le briciole: tanto peggio. Nei prossimi mesi il mio salario perderà potere d'acquisto, ma gli euro che sarò riuscito a procacciarmi prima dell'esaurimento dei bancomat varranno sempre di più: saranno un bene rifugio. Anche se ufficialmente verranno vietati, è facile immaginare che i bottegai li apprezzeranno: come apprezzano i dollari i negozianti di tutto il terzo mondo. Io stesso cercherò di farmi pagare qualche lavoretto in euro, tengo famiglia. (Continua sull'Unita.it, H1t#207)

 Parte dei miei risparmi in valuta forte, del resto, li dovrò spendere per rendere la mia casa più sicura, con inferriate e magari munendomi di qualche arma da fuoco a scopo dissuasivo, visto l’importanza strategica che avrà da qui in poi il mio materasso. Insomma se vogliamo immaginarci un’Italia post-euro, dobbiamo guardare a certi turbolenti Paesi eternamente in via di sviluppo, ai margini del benessere. Forse è il nostro destino in ogni caso, ma perché accelerarlo?
Uscire dall’euro, ammesso sia possibile, è tecnicamente molto complicato. Gli economisti ne discutono; addirittura l’anno scorso è stato l’argomento del prestigioso premio Wolfson. I candidati al premio dovevano trovare il modo migliore di gestire la transizione economica di uno o più membri dell’Unione dall’euro a una valuta nazionale. Lo studio che si aggiudicò il premio di 250.000 sterline prevedeva che la decisione fosse presa a porte chiuse dai funzionari del Paese uscente: gli altri Paesi, e le organizzazioni monetarie internazionali, dovrebbero essere informati con tre soli giorni d’anticipo. A quel punto non ho capito bene come si potrebbe tenere mantenere l’informazione riservata anche solo per altre 24 ore; in ogni caso si dovrebbe arrivare a un annuncio ufficiale al venerdì, onde evitare l’assalto agli sportelli che creerebbe ovviamente il panico.  Questa a quanto pare è la proposta più realistica di “transizione” dall’euro che un economista si è azzardato a proporre: si basa sulla segretezza assoluta e sulla necessità di tenere chiuse le banche per due o più giorni. Grillo invece propone il referendum. Non è neanche sicuro che l’euro sia così male, però vuole che ne discutiamo per mesi: che litighiamo, che ci spaventiamo, che ci incazziamo, e che in mezzo a tutto questo magari cominciamo a tirar fuori dalle banche i nostri euro, e a nasconderli da qualche parte nel caso in cui il referendum si facesse davvero. Il referendum poi non si farà mai – bisogna modificare la Costituzione, hai voglia! Servono due terzi del parlamento, certo Beppe, hai un buon venti per cento, se lo triplichi ci sei quasi. Però nel frattempo è importante che ne discutiamo, che ci incazziamo, che ci spaventiamo. Così ci sentiamo vivi, come si deve sentire lui quando ne spara una di quelle grosse. http://leonardo.blogspot.com
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