Superman e il mercurio nelle vene

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C'è una regola che mi sono dato anni fa e mi ci sono trovato bene: prenditela solo con chi è più grande di te. Siccome sono rimasto molto piccolo, questo non mi impedisce di prendermela con chiunque. Non mi consente però di farmi gioco di questa signora, e del movimento da burletta che rappresenta, una specie di sfogatoio per tensioni che nemmeno i più organizzati movimenti paranazionalisti, postfascisti e populisti riescono più a controllare. Certo mi è capitato di infierire su chi faceva discorsi molto simili, ai tempi in cui votavano tutti Grillo e Grillo aveva improvvisato un movimento che lambiva il 30% dell'elettorato: mi è capitato perché in quel caso ci vedevo un raggiro, una circonvenzione di incapace, un venditore di filtri magici che mandava i suoi commessi in parlamento.

Questa signora mi sembra molto più una vittima che complice: se non ho molte speranze di farle cambiare idea, non traggo nessuna soddisfazione dall'osservarla peggio informata di me. In lei vedo una signora angosciata; vorrei rassicurarla sul fatto che le sue angosce sono completamente campate in aria, ma c'è questo piccolo problema che sono angosciato anch'io.

Vorrei poterle dire che il 5G non fa più male del 4G che stanno usando i suoi amici per riprendere il suo comizio, anzi consentirebbe al pubblico da casa uno streaming più efficace, di qualità quasi televisiva; dopodiché tra i suoi sproloqui e i discorsi dei parlamentari non sarà più possibile notare la differenza (che tende in effetti a sbiadire). Vorrei poterle dire che Bill Gates non ha nessuna intenzione di renderci più robotici di quanto non abbia già fatto col suo strumento più diabolico, che è poi quello davanti al quale sto da dieci ore e non ho ancora finito la mia giornata. Vorrei poterle dire che non deve preoccuparsi di queste sciocchezze, bensì... di problemi ancora più grandi e plausibili, guerre, pestilenze, diluvi. E mi domando se tutto lo scemenzaio a base di 5G e mercurio nelle vene non sia un nemico di cartapesta che alcuni consapevolmente si costruiscono, per distrarsi dai problemi veri – non faccio anch'io la stessa cosa quando ancora me la prendo con un Renzi o con quel che resta del giornalismo italiano? Con tutti i veri problemi che ci sarebbero, già.

Quel che mi muove del discorso della signora, è che partendo da premesse di cartapesta la conclusione è assolutamente condivisibile: ci vuole più istruzione. Per carità lo hanno detto in tanti, che bisogna ripartire dalle scuole – e quasi tutti avevano la ricetta sbagliata, e quando hanno potuto dare un contributo hanno spesso arrecato più danni che utile. Questo non toglie che è proprio così: ci vuole più istruzione. Lascio qui un rimpianto per quel modello di partito come intellettuale collettivo, che nel secolo scorso si sarebbe preso carico delle angosce della signora, avrebbe saputo interpretarle, distillarne l'essenza e studiare una risposta che sapesse di speranza, offrendole nel frattempo strumenti per esprimere il suo disagio, esperti con cui parlare (anche di 5G e vaccini), compagni e compagne in cui riconoscere la stessa condizione.

Quel partito non esiste più per motivi storici, necessari; e anche quando esisteva era un meccanismo tutto fuorché perfetto, che mi avrebbe ispirato ansia e diffidenza. Allo stesso tempo non riesco ad arrendermi all'idea che tutto quello che si possa offrire a questa signora è una pedana da debuttante allo sbaraglio, un siparietto sui social per prendersi gioco di lei, e pensare che questi votano, ah ah. Sissignore, questi votano, tanto quanto quelli che hanno creduto in Berlusconi liberale o in Renzi rottamatore: la sfida della Repubblica era appunto renderli tutti elettori informati e responsabili. Lei almeno di questo confusamente si rende conto: chi la spernacchia su facebook, non più.



Di sproloqui come questo in rete ce n'è miliardi: il motivo per cui mi sono soffermato davanti a questo è un imbarazzante senso di simpatia. La signora potrebbe avere la mia età: i suoi incubi sono sinistramente simili a quelli della mia infanzia. Altri passeranno e ridono, ma io non posso ridere degli incubi dei bambini anche e soprattutto quando il bambino sono io. C'è tutto il repertorio di ansie dei nati negli anni Settanta: i vaccini di massa, negli anni in cui si facevano a scuola e si cauterizzavano col fuoco; un genuino orrore per il robot, visto non come un semplice automa semovente, ma come destino dell'uomo in una dittatura totalitaria, ed è un'ossessione da Guerra Fredda che sta ai miei coetanei come quella per gli zombie sta a chi è nato appena qualche anno dopo, inculcata da tonnellate di fantascienza distopica che alla fine non faceva che volgarizzare le premesse orwelliane: lo Stato totalitario ci succhierà l'individualità dalle vene, ci renderà automi privi di volontà propria. Stiamo ancora combattendo quel fantasma – forse è destino di tutti i bambini quando crescono – e tanto peggio se un simile Stato qui da noi non si vede: l'invisibilità essendo condizione necessaria ai fantasmi per esistere. Sarà una loggia segreta, sarà Bill Gates, sarà una rete mondiale.

Sarà il supercomputer di Superman III, che trasforma una normalissima zia in un automa con gli occhi color mercurio, in quella sequenza che ha infestato i sogni di tutti i miei coetanei – ecco, quando ho sentito la signora sono dovuto andare su Youtube, non tanto per rivederla nella sua interezza ora che finalmente ho abbastanza coraggio: ma per dare un'occhiata ai commenti e scoprire che è proprio così, la gente continua a passare e a raccontare quanto si è spaventata, anni di incubi. E io vorrei dire a tutti: era solo un film, una gag sconclusionata in un film per ragazzi. Non è vero niente, non esistono i computer supercattivi, non è di loro che non ci dobbiamo preoccupare. Vorrei essere sempre questa persona che sfiora appena la testa a tutti questi ragazzini e dice basta, tutto quello che ti fa piangere nel letto da anni è una cazzata, ora che te l'ho detto non piangerai più, non avrai più paura. Questo mi basterebbe fare nella vita, e non ci sto riuscendo, e mi dispiace. Per la signora, per tutti, per me.


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