Italo rulez

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Quest'anno alla maturità è uscito James Dean. Sono usciti i Nirvana (chiedi chi erano i Nirvana) È uscito Alberoni, con il suo controverso Innamoramento e Amore, tre centimetri sopra Moccia. Sono usciti Dante Alighieri, Giacomo Leopardi e i paninari (ma li hanno visti allontanarsi in direzioni diverse). È uscito Jim Morrison, perlomeno c'era una sua foto tra le tracce. È uscito il '68, esce sempre, per favore non fatelo rientrare mai più. È uscita la Beat Generation, ma anche Catullo non scherzava, coi suoi pedicabo et irrumabo. E se per questo anche Cardarelli, se ne dicono certe su Cardarelli, sapeste. Sono uscite le nuove tecnologie, e la Repubblica italiana. È uscito Hobsbawm, per prender 7 credo basti scriverlo correttamente (Hobsbawm). È uscita la Vespa, e il muro di Berlino, che per i ragazzi del '90 è storia ancestrale. Sono usciti i Beatles, io alla maturità avrei potuto buttar giù dieci cartelle sui Beatles, invece ne stesi sei su Gozzano, ah, ma volendo è uscito anche Gozzano. Sono usciti i rave party, magari qualcuno in questa classe è stato concepito in un rave party in onore della caduta del muro (alla faccia di Alberoni). È uscito facebook, capite, facebook. Insomma, è uscito tutto. Ma io non ci trovo niente di male. Anzi sono contento.

Sono contento, perché il 18% dei maturandi non ha scelto di fare il tema sul Punk (è uscito anche il punk). Né su Elvis (pure lui), né sui Beatles, né sul Muro, né sull'Innamoramento e sull'Amore ai tempi di Msn. No, il 18% dei maturandi ha scelto un tema di letteratura su La coscienza di Zeno di Italo Svevo. E la cosa mi fa venir voglia di scendere in piazza e fare un carosello, forza Italo. Potrei andare con le bandiere e le trombette davanti a casa di Citati, che qualche tempo fa riteneva Zeno “incomprensibile” per un quindicenne. Proprio così. Uno dei libri più letti e più amati del Novecento italiano: incomprensibile.

Ora mi sono accorto di non averlo in casa. Invecchiando, infighettandomi, devo avere avuto pudore del vecchio Newton Compton verde pisello (col prezzo vergognoso, “2900 lire!” sbalzato in similoro). Invece ho ancora in quinto volume del Guglielmino/Grossier che usavamo al liceo. Se adesso lo apro, se vado a cercare il finale della Coscienza, ci trovo scritto sopra, a penna, Sacrosanto. È stato Gigi. Fino a qualche anno prima aveva usato i miei libri per disegnarci i cazzi e forza Juve. Poi un mattino prese una penna e scrisse sopra il finale della coscienza di Svevo (Ci sarà un'esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie) “SACROSANTO”.

Sacrosanto è Svevo, altro che incomprensibile. Assai più praticabile, già oggi, di Kurt Cobain, Elvis Presley, Jim Morrison. Quelli si allontanano a vista d'occhio, e Svevo rimane lì, col suo italiano incespicante che sentiamo subito nostro: il grande romanziere più sgrammaticato del Novecento (a parte Palazzeschi, certo). Il fumo è quasi scelta obbligata nelle antologie di terza media. Ed è giusto così: una pagina così divertente e micidiale sulle dipendenze non si trova facilmente. Le paginette memoriali degli sfattoni degli anni Ottanta sgualciscono, e Zeno resta lì, nostro contemporaneo.

Svevo è stato il primo scrittore in Italia ad accorgersi della psicanalisi: che era la novità del momento, come oggi facebook. Ma non gli sarebbe bastato trasformare i concetti freudiani in gustosa letteratura (traumi, negazioni, pulsioni, lapsus, sublimazioni: c'è tutto in tempo reale). No, Svevo voleva anche prendersene gioco. Subito, senza neanche dare agli operatori del settore il tempo di prendersi sul serio. Il primo analista della letteratura italiana, il dottor S., fa il suo debutto nelle prime righe e si svela immediatamente come un rancoroso incapace. Un professionista che pubblica le memorie del suo cliente “per vendetta, e spero che gli dispiaccia”!

In parte grazie alle sue frequentazioni, Svevo è l'unico italiano a comparire nell'album di famiglia dei Grandi Autori del Novecento: Joyce, Beckett, Proust, Musil, Kafka... anche se in un'istantanea del genere risulterebbe sfocato in seconda fila, semicoperto dalla spalla di qualche Immortale, mentre si guarda intorno scettico: che ci faccio qui? Io sono del ramo assicurazioni. Eppure con gli anni qualche sospetto viene: e se fosse il più grande? Alla fine è la memoria che decide, con criteri tutti suoi: 2000 pagine di Uomo senza qualità (decadenze, incesti) sbiadiscono nel nulla, e Zeno Cosini resta il nitido seduttore della sorella della sorella della ragazza che gli piaceva. Si spegne lentamente il Doktor Faustus con le sue raffinate dodecafonie, e ti restano in mente le sviolinate di Guido e le canzonette di Carla. Persino a Joyce non pensi più per mesi interi; ma c'è sempre una data sul calendario, un formicolìo al petto, un funerale in ritardo, un affare stranamente riuscito, che ti rimandano a Zeno. Che libro. Sperimentale e borghesissimo, profondo in punta di piedi, comico e apocalittico, tanto che a volte uno si meraviglia: possibile che sia stato scritto proprio in italiano? Roba nostra, siamo sicuri? E com'è che non se ne fa più?
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