- dalla piazza al palazzo

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A scuola si parla di droga

Perlomeno si dovrebbe, ma a volte mancano i supporti. Servirebbero gli esperti, e non so a chi chiedere. Le mie (in)esperienze personali non sono spendibili – né posso incartarmi in qualche terrificante “a un mio amico è successo che…”

Il libro di testo, di solito, non aiuta. Di solito al terzo anno ti piazzano la testimonianza del reduce di San Patrignano, che a 15 anni ha mollato gli studi, a 16 menava le vecchiette per una dose, a 30 è uno stimato padre di famiglia (cosa che, tra parentesi, a me non è capitata: ecco cosa mi mancava, l’eroina). È seccante che i libri scolastici siano rimasti così fermi agli anni Ottanta. Ci sono ancora le stesse cose che leggevo all’età dei miei studenti, c’è “la piazza”. Vi ricordate che suono torbido aveva la parola “piazza” nel 1984? Tavole di Andrea Pazienza, siringhe limoni e cucchiai neri. D’accordo, i ragazzini si possono bere tutto, compreso gli anni Ottanta: se hanno mandato giù Notte prima degli esami, possono digerire anche la leggenda di San Patrignano. Leggeranno e risponderanno alle domande, diligenti: se interrogati, prometteranno con sincerità di non bucarsi mai e poi mai. E magari tra sei mesi assumeranno il primo pasticcone, perché nessuno gli ha spiegato che è droga anche quella lì, che può far male.

Coi ragazzini bisognerebbe parlare delle droghe di oggi – di oggi? da quand’è che si sente dire che l’ecstasy è una “nuova droga”? Ve lo dico io: da vent’anni. Avete capito bene. Prima di perdersi nel revival degli ‘80, sarebbe il caso di accettare che sono passati anche i ‘90, e che tra un po’ arrivano i Dieci. Come mi disse anni qualche anno fa un operatore: una volta i genitori venivano da noi preoccupati: Mio figlio si fa le canne!. Quelli di oggi ci dicono: Mio figlio si fa troppe canne. Apprezzate la differenza. I genitori contemporanei hanno metabolizzato le droghe leggere; sanno che di hascisc non si muore, ma hanno anche il naso per quei piccoli dettagli che ai nostri sarebbero sfuggiti (occhi rossi? Paranoie? Sangue al naso?) La droga non è più una tragedia: è tornata a far parte del paesaggio in cui viviamo, come l’alcolismo, l’anoressia e tanti altri malanni.

Se vi va, in dieci righe possiamo anche tratteggiare la storia della droga nell’occidente postmoderno. Nei ’60, viene introdotta come strumento conoscitivo: occorre aprire le porte della percezione, vedere le cose con occhi nuovi. Nel 1969 questa è già una barzelletta: la stagione degli acidi è finita, arrivano i narcotici. Il mondo è una merda: occorre sballarsi per non sentirne l’odore. Tra ’70 e ’80 la droga è lo strumento di auto-emarginazione sociale che noi trentenni ben ricordiamo: fine delle velleità rivoluzionarie, le piazze diventano “la piazza”. Una generazione sbattuta via. Magari erano tutti cazzoni come i loro fratelli maggiori – non lo sapremo mai.

A fine '80 si spazzano via i rifiuti. Il mercato delle droghe leggere si stabilizza, alzando gli steccati di un micro-habitat alternativo (i centri sociali e poi la cultura hip-hop). Ma quelle sono briciole. Nel mondo vero si riparte da zero, in realtà con qualcosa di molto antico. La cocaina era la droga di Sherlock Holmes – la usava per migliorare le sue prestazioni. Dopo la psicadelia e la narcosi, ecco l’era della Prestazione. Più della cocaina, il vero simbolo di quest’epoca è il doping. Non siamo drogati oggi, siamo dopati: non aspiriamo allo sballo, ma soffriamo di continue ansie da prestazione. Il doping è il contrario dell’eroina: quella ci costringeva a uscire dal sistema sociale, ad abbandonare studi e lavoro. Oggi invece ci si droga per studiare di più, per lavorare meglio. Tutte cose arcisapute, ma io amo fare i riassunti.

Ed eccoci arrivati al servizio delle Iene sulla droga in parlamento: in sé, uno scandalo abbastanza secondario (i parlamentari sono ipocriti, scoop!) Ma naturalmente per me è un segno dei tempi: la droga è entrata nel Palazzo. Oppure: il Palazzo si è preso anche la droga. Per le Iene forse si trattava di demistificare i politici, ma il servizio funziona anche al contrario: istituzionalizza la droga.

Insomma, mettetevi nel ragazzino. Deve decidere se drogarsi o no. Il mattino a scuola il prof gli spiega che la droga fa male (perlomeno, la droga di trent’anni fa). Ma la sera, Italia 1 gli dimostra che oggi un tossicodipendente può benissimo arrivare in parlamento – senza passare da San Patrignano. A chi credere? Io darei più retta alle iene.

Qui non è in questione la censura – che, com’era assolutamente prevedibile, ha prodotto il doppio di polverone (martedì sera in tv, tra Mentana Vespa e Blow su retequattro si rischiava l’overdose passiva). Il ragazzino crescerà. Cercherà di diventare qualcuno. A un certo punto andrà a sbattere contro qualche limite. Scoprirà che non riesce a ballare per sei ore di seguito senza calare. A far notte sui libri senza stimolanti. A correre per novanta minuti senza un aiutino. Del resto lo fanno tutti, no? persino in parlamento. La lettura di San Patrignano non sarà servita a niente. E non è certo colpa delle Iene. In effetti, non so di chi sia la colpa. Non ci vedo bene. Dovrei prendere qualcosa – nessuno mi ha mai spiegato cosa.
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