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Al mondo ci sono persone che per queste stronzate muoiono


Pensavo di non avere più niente da aggiungere, poi mi è venuta in mente una cosa:

che tra qualche mese, quando si placherà anche l'ondata di assalti alle ambasciate (come si placano bene o male tutte le ondate, i roghi d'auto in Francia e i sassi in autostrada), qualcuno farà i conti delle vittime e scoprirà che al novanta, forse al novantanove per cento sono musulmani. Islamici. Forse integralisti. Forse solo incazzati. Comunque morti, il che per me chiude il problema.

Noi occidentali abbiamo la tendenza a vederci come parte lesa, in questa storia (e non solo in questa storia). Ma se fossimo davvero così occidentali, se volessimo occidentalmente giudicare la questione in termini di torti fatti e subiti, ci accorgeremmo in un istante che non è così. Certo, abbiamo anche noi avuto delle perdite. Tutte quelle ambasciate, quei consolati, immobili di pregio, spesso in lotti centrali – lo dico senza ironia, è un danno economico grave. Senza parlare di ciò che per molti è ancor più importante, vale a dire l'affronto alla nostra fondamentale libertà di raffigurare nelle vignette tutte le facce che vogliamo, anche quelle dei profeti altrui.

Dall'altra parte, però, sono morti decine (centinaia?) di persone. Islamiche. Ma adesso che sono morte, sono solo persone. Certo, so benissimo che il determinismo è molto più complesso. Non è che un libico muoia perché Calderoli indossa una maglietta – no, per l'amor di Dio. Perché il libico muoia sono necessarie tante variabili indipendenti da Calderoli. Un popolo povero in un Paese ricco. Un'ex colonia, una dittatura militare che si destreggia alla benemeglio coi grandi della terra senza neanche affettare un po' di democrazia (per i precedenti terroristici è bastata pagare la supermulta). Insomma, miseria, isolamento, risveglio del fondamentalismo islamico, ecc. ecc. Questi sono i veri problemi, altro che Calderoli.

E tuttavia, per quanto indipendente, la variabile Calderoli c'è. E funziona. Calderoli indossa, e un libico muore. D'accordo, non è colpa sua: ma un libico è morto. D'accordo, ha il diritto d'indossare tutte le magliette che vuole, ma un altro libico è morto (e certo, hanno anche bruciato l'ambasciata, è seccante).
Un giornale pubblica vignette: ne ha la facoltà, ma moriranno delle persone. È un ricatto umanitario? È un ricatto umanitario. Io, se fossi il direttore responsabile (nel vero senso della parola: direttore responsabile), cercherei di non scatenare la mia variabile indipendente, e poi alle variabili degli altri ci penseranno gli altri. Non posso convertire l'Islam alla tolleranza in 24 ore (o in 4 anni di guerra al terrore). Del resto, non riesco neanche a cambiare la testa a chi vota Calderoli. Ma se posso fare qualcosa per evitare che muoiano persone, io lo faccio. Mi gioco la mia libertà d'espressione? Forse sì. Però ho fatto quel che potevo per evitare che morissero persone.

Citano tutti Voltaire, ultimamente. Simpatico, ma non è il mio francese preferito. Da ragazzino ne lessi un altro che mi colpì molto, per una frase che suonava più o meno così: può darsi che nell'assurdo in cui viviamo, l'uomo non possa fare altro che cercare di ridurre aritmeticamente il dolore del mondo. Non vi sto a dire chi è, perché è probabilissimo che abbia sbagliato autore e citazione, e poi tutto sommato non importa. Quel che importa è che io ci credo. Per cui ritiro tutti i pipponi sulla cultura del rispetto che vi ho propinato fino a oggi. Il mio è semplicemente un problema di coscienza. Non sopporterei che persone morissero anche per causa mia. Anche se sono fanatici, fondamentalisti, brutti, sporchi e cattivi, e bruciano le ambasciate. Tutto questo ha un'importanza molto relativa per me perché, l'istante dopo essere morti, sono soltanto uomini.
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