- lo spettacolo nell'era in cui è da idioti pagarlo

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Bisogna essere scemi

Scusate se continuo a parlarne come se me ne intendessi, ma il calcio è davvero una metafa potente. Come a dire che è tutta una finta, non è di calcio che si sta parlando qui.

Uno dei paradossi del calcio contemporaneo, ad esempio, è la selezione naturale degli utenti più scemi. Intendo dire che come molti altri servizi voluttuari, il calcio, nell'era della riproducibilità digitale e gratuita, è destinato a fare affidamento sugli unici che insistono ancora per pagare, vale a dire quelli che non apprezzano una partita di calcio per quello che è, ma ne fanno un feticcio, deformato da una serie di connotazioni extracalcistiche (attaccamento ai colori, campanilismo, cameratismo, non saper come passare la domenica pomeriggio, ricerca di un senso della vita). Ma i feticisti sono, per definizione, irrazionali e irresponsabili. Spero di non offendere nessuno se li definisco, per amor di brevità, scemi. Ebbene, l'industria del calcio oggi distilla i più scemi tra gli utenti, e ne diventa schiavo.

Cerco di spiegarmi meglio. Il grande problema dell'industria dello spettacolo, oggi, è farsi pagare. Questo, a causa delle tecnologie su cui viaggia lo spettacolo, autostrade dell'informazione, via banda larga o satellitare, che sono meravigliosamente efficienti e indispensabili, ma hanno un grosso difetto: sono insofferenti ai pedaggi. Appena individui un tratto dove mettere un pedaggio, tutt'intorno si mettono a fiorire le scorciatoie. Legali o meno. Di solito meno.

Ora, attenzione: fingiamo per amor di teoria che le persone siano catalogabili unicamente per la loro intelligenza: che non vi siano persone più o meno belle, simpatiche, abbronzate, stronze, furbe, ma solo più o meno intelligenti. Detto questo, chi saranno secondo voi i primi a trovare la scorciatoia per pagare meno un servizio (o non pagarlo affatto)? I più intelligenti e informati. È ovvio.
E chi saranno gli ultimi ad accorgersene e a smettere di pagare? I meno intelligenti.
Può darsi che lo facciano perché sensibili a un concetto di legalità, o per tradizione, per senso di responsabilità, attaccamento alla maglia, eccetera eccetera: ma tutte queste cose nel nostro modello non risultano, il nostro è un modello in bianco e nero in cui appare soltanto questo: chi continua a pagare per vedere una partita di calcio è un deficiente.

Naturalmente non è tutto bianco e nero, ci sono miliardi di sfumature: in alto (bianco puro) abbiamo l'ingegnere trafficone che guarda tutto via adsl sul sito pseudoclandestino – oppure ha clonato SKY – seguono sfumature di neve sempre più sporca (chi va al bar, chi ha approfittato della super-mega-offerta del mese), fino al grigio cupo di chi la partita la paga fino all'ultimo centesimo. E poi le varie sfumature di nero di chi la partita la va ancora a vedere allo stadio: tribuna, gradinate, curva. Nel nostro modello costoro sono i più scemi: pagano relativamente di più per usufruire di meno servizi (niente primi piani, replay, commenti) e per correre più rischi (fila al WC, pioggia, tafferugli, precipita dal terzo anello un ciclomotore). Nella realtà naturalmente non è così: non è idiozia quella che li porta allo stadio alla domenica, ma attaccamento ai colori, sano cameratismo, voglia di dare un senso alla vita… ma tutte queste cose nel nostro modello, purtroppo, non si vedono. Nel nostro modello, ripeto, l'utente che paga di più per usufruire di meno servizi è considerato il deficiente.
Si tratta anche dell'unico tipo di utente che porta soldi alla maggior parte delle squadre – i soldi di Sky e company, com'è noto, se li pigliano le grandi, quindi…

Quindi, diabolicamente, le squadre medie e piccole devono investire sugli utenti scemi: ossia quelli che invece di procurarsi un'adsl, una carta clonata, una carta vera, un amico che ce l'ha, un bar… preferiscono venire allo stadio, per tutti quei famosi motivi: attaccamento ai colori, necessità di passare il pomeriggio della festa scandendo cori a rischio di beccarsi ciclomotori e mazzate. Gli ultras, insomma. Gli unici abbastanza idioti da pagare per quel che vedono: le squadre si sono messe nelle loro mani.

Verso la fine, l'Impero Romano si basava su un tacito accordo tra Imperatore e plebe romana. L'Imperatore manteneva la pace tra i confini e continuava a distribuire razioni di grano gratis da tutte le regioni dell'impero: la plebe mangiava a sbafo e non rovesciava l'imperatore. In sostanza, il bacino del mediterraneo era soggetto all'appetito della plebe romana. Il calcio contemporaneo, che smuove miliardi, è nelle mani delle plebi di una ventina di città, che in virtù della loro idiozia (pagano per vedere ciò che è gratis su tutti gli schermi ad alta definizione del mondo!) possono fare e disfare squadre, cacciare presidenti e allenatori, addirittura creare bolle di illegalità garantita. Se io non posso saldare un debito, dopo alcuni mesi verranno a pignorarmi. Ma se sono il presidente della SS Lazio, posso saldare comodamente in una trentina d'anni. Perché? Perché il presidente ha un po' di plebe dalla sua parte, perché se la sua squadra fallisse quel po' di plebe ruggirebbe forte, e fa paura la plebe quando ruggisce.

Il paradosso, purtroppo, funziona per tutta l'industria dello spettacolo. Prendiamo la musica: perché negli ultimi dieci anni le major sembrano avere investito soltanto su sgallettate improponibili? Perché bisogna essere idioti per pagare una canzone, oggi, e gli idioti non sono sensibili a virtuosismi musicali, non hanno un grande orecchio per la melodia, ma sanno riconoscere un culo se gli balla davanti. Del resto è una corsa disperata: ormai anche un deficiente sa scaricare gratis un mp3 o una suoneria. Il settore musicale è più dinamico – il calcio è più lento. Ci sono un sacco di fattori cosiddetti 'culturali' (le tradizioni, l'attaccamento, il campanilismo) che ancora impediscono una manifestazione di idiozia pura. Ma la strada più o meno è tracciata: pian piano ogni riferimento vagamente culturale verrà via, come la farina dal setaccio, e sulle gradinate vedremo soltanto una congerie di scemi paganti. Giudicate voi quanto siamo vicini o lontani da quel giorno.

Spero di non avere offeso nessuno con questo pezzo, non era mia intenzione, mi state tutti simpatici. Ma mi è ancora più simpatica la realtà.
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