In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.

Pericolo Grandi navi, Venezia non vuole trovare la soluzione

Venezia. Torna la possibilità di costruire un banchina a Marghera. Protestano gli ambientalisti: colossi del mare fuori dalla città

Domenica mattina, ore 8,35. La nave da crociera Msc Opera ha appena superato il bacino di San Marco e naviga alla velocità di 5,5 nodi nel mezzo del canale della Giudecca. E’ una delle «Grandi Navi» il cui devastante impatto sul delicato equilibrio lagunare è sempre stato denunciato dagli ambientalisti veneziani: una sorta di villaggio turistico galleggiante lungo 275 metri e con una stazza di 65mila tonnellate che da ferma inquina quanto 15.500 auto.
Tanto è vero che sotto il ponte di Rialto sono state misurate più polveri sottili che ai bordi di una autostrada a tre corsie. Giunta a ridosso alla banchina d’ormeggio a San Basilio, la nave dovrebbe rallentare ma così non accade. Secondo le prima indagini, la colpa sarebbe da imputarsi ad un non meglio definito «black out» del sistema di navigazione. Un evento che le compagnie di crociera avevano sempre giudicato «impossibile alla luce delle moderne tecnologia» ma che ha comunque causato altri abbordi come quello al porto di Genova. Fatto sta che la nave non riesce a fermare il suo abbrivio. Le cime da traino di sicurezza dei due rimorchiatori che la scortavano si spezzano.
L’Msc Opera continua la sua corsa e, seminando panico tra le persone che attendevano l’arrivo della nave, costrette a fuggire disordinatamente, va a schiantarsi tra la banchina del porto e una lunga lancia fluviale ormeggiata. La lancia viene fracassata, ma ha il merito di attenuare l’urto. Qualcuno finisce in acqua, quattro donne finiscono all’ospedale con contusioni e ferite di lieve entità. Il video dell’abbordo girato da un testimone che si trovava nella banchina d’ormeggio, finisce sulla rete e fa rapidamente il giro del mondo.

«UN DISASTRO ANNUNCIATO – ha dichiarato Tommaso Cacciari, portavoce del Comitato No Grandi Navi – che questi grattacieli galleggianti siano incompatibili con la laguna e che non possano navigare in canali che sono stati realizzati per gondole o barche a vela, lo diciamo da sei anni. La politica non ha fatto niente. E oggi abbiamo rischiato il morto. L’incidente ha dimostrato che non soltanto queste grandi navi inquinano l’atmosfera e devastano le fragile struttura palafitticola che sorregge la città, ma sono anche pericolose. È ora di buttarle fuori dalla laguna». Il comitato ha indetto una assemblea cittadina ai Magazzini del Sale, mercoledì alle 17,30, in cui si preparerà la mobilitazione di sabato prossimo alle ore 16 alle Zattere.
Intanto che il mondo si interroga su cosa sarebbe potuto succedere se l’Msc Opera avesse perso il controllo dieci minuti prima e avesse speronato Palazzo Ducale, la politica si è svegliata dal letargo. Soltanto che le «soluzioni» che propone sono, se possibile, peggiori del male. Tanto il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, quanto la Regione e l’Autorità Portuale hanno colto la palla al balzo per rilanciare il progetto, più volte bocciato dalla commissione Via (ma questo a Venezia non vuol dire nulla perché anche il Mose era stato bocciato dalla commissione di impatto ambientale), di dirottare le grandi navi lungo il canale Vittorio Emanuele.
Una strada d’acqua che eviterebbe la «passerella» davanti al salotto buono di Venezia, il bacino di San Marco, dirottando il problema in terraferma, con la realizzazione di una banchina a Marghera. Soluzione per la quale si è espresso anche il vicepremier Matteo Salvini che non ha perso occasione di addossare tutta la colpa del mancato intervento ad un non espressamente citato “ministro dei 5 Stelle” che avrebbe messo il classico bastone sulle ruote al Governo del Cambiamento.

DI CHI SI TRATTA? Il primo indiziato è Danilo Toninelli, che il leader della Lega non ama di sicuro. Ma è più probabile che il «colpevole» sia Sergio Costa, ministro dell’Ambiente. Sono proprio gli studi messi a punto dai tecnici di questo ministero che hanno impedito che cominciassero i lavori per l’ampliamento del Vittorio Emanuele per farci passare le grandi navi. Scavi che comprometterebbero definitivamente quello che rimane del fragile equilibrio morfologico e idrogeologico della laguna, trasformandola in un braccio di mare aperto. Senza contare l’escavazione di milioni di metri cubi di fanghi pesantemente inquinati, considerando che il Vittorio Emanuele corre a ridosso della zona industriale di Porto Marghera.

SONO BEN ALTRE le soluzioni che chiedono gli ambientalisti. Su tutte, quella di tenere le navi ben lontane dalla laguna dirottandole verso altri porti oppure su un avamposto al largo collegato alla città da battelli navetta.

Intanto, per la prima volta dopo centinaia di anni, Venezia ha dovuto rinunciare alla sua festa della Sensa e alla regata nel canal della Giudecca che apriva la stagione del remo. Era la festa dello «sposalizio» col mare che portava alla città spezie, cultura e ricchezze. Ma oggi non c’è davvero niente per cui festeggiare.

Apre Sherwood, il festival a zero emissioni

Sarà un festival “plastic free” quello che si aprirà venerdì 7 giugno nell’oramai storica cornice del parcheggio nord dello stadio Euganeo di Padova. Convinti che “climate justice” non sia solo uno slogan da scandire nelle manifestazioni ma anche un qualcosa che deve entrare nelle vite e nelle scelte di tutti i giorni, le ragazze e i ragazzi dello Sherwood hanno deciso di intraprendere una decisa svolta verde, riducendo il più possibile l’impatto del festival per renderlo ambientalmente sostenibile. L’appuntamento più importante per i movimenti sociali e ambientali del nord Italia, che da vent’anni sposa musica, eventi, informazione e politica, quest’anno cambia decisamente “vestito” e rinuncia alla plastica ed agli inquinanti in nome della sostenibilità ambientale. Una scelta necessaria e indispensabile, perché, come gridano nelle piazze le ragazze e i ragazzi di Fridays For Future, “non abbiamo un pianeta B” ed anche la foresta di Robin Hood fa parte di questo pianeta Terra. “Noi dello Sherwood Festival crediamo che sia possibile produrre un festival Climate Positive – se legge nel sito sherwoodfestival -. Per l’edizione 2019 del Sherwood Festival abbiamo lavorato molto riducendo del 50% i nostri impatti climatici rispetto alle edizioni precedenti. Abbiamo eliminato la plastica dal festival, abbiamo scelto energia rinnovabile per i vostri decibel preferiti e vogliamo creare a Padova una nuova foresta di Sherwood!”


Tante le novità che ci aspettano. Ad eccezione dei tappi delle bottiglie che andranno conferiti negli appositi contenitori di raccolta, bicchieri, posate, piatti, cannucce e le bottiglie saranno tutti compostabili e andranno gettati nei bidoni dell’umido. “La plastica è il rifiuto che pesa di più sulla salute del mondo – si legge nel sito -: un enorme problema che provoca danni irreversibili. Per le sue conseguenze e per le sue dimensioni si può comparare al riscaldamento globale. Questo materiale impiega 450 anni per degradarsi e le microplastiche in cui si trasforma sono la minaccia più grave per la sopravvivenza dell’ecosistema marino.Questi frammenti vengono ingeriti dai pesci e poi da noi quando li mangiamo. Nel Mediterraneo le concentrazioni di microplastiche sono il 7% a livello globale. Negli oceani ogni anno vengono riversate 800 milioni di tonnellate di plastica, l’85% dei rifiuti marini. I dati ci dicono che se continueremo così entro il 2050 nei mari ci sarà più plastica che pesci. Per questi motivi allo Sherwood Festival non troverete plastica monouso”. Anche le cannucce che troverete negli stand, sono prodotte in PLA e compostabili.

Gruppi di volontari, aiuteranno gli ospiti ad effettuare una corretta raccolta differenziata: umido, secco e carta. “Ma ridurre i nostri impatti ambientali non ci basta. Vogliamo restituire alla natura quello che ogni giorno lei ci dona. Vogliamo che ogni anno il Festival possa lasciare la città di Padova meglio di come l’ha trovata. Per questo vogliamo creare a Padova la Foresta di Sherwood. A ottobre 2019 pianteremo i nostri primi 100 alberi accuratamente selezionati per catturare CO2 e inquinanti come PM10. La Foresta di Sherwood crescerà vigorosa a poche centinaia di metri dall’area del Festival”.

Anche la luce che illuminerà le serate del festival sarà pulita, sostenibile, etica e rinnovabile. Sherwood ha scelto un fornitore di energia – ènostra – che garantisce tutto questo. I visitatori potranno diventare soci della cooperativa con uno sconto speciale del 5% sui servizi del primo anno. Qui trovi tutte le informazioni necessarie.

Per quanto riguarda la mobilità, il festival ha attivato unservizio di bus navetta gratuito che dal centro di Padova e dalla stazione dei treni raggiunge il Park Nord. Inoltre, continua la partnership con Busforfun, la start- up veneta che offre servizi di collegamento con i più importanti appuntamenti culturali in Italia e all’estero. Tutte le info su questa pagina.

Anche i cibi e le bevande che stanno servito negli stand – con poche eccezioni tra le quali la Coca Cola, su cui si conta di riuscire a fare a meno il prossimo anno – sono prodotti a chilometri zero, o quasi, e provengono da produttori biologici e certificati, come El Tamiso. Non troverete invece alimentari proveniente da Paesi che violano i diritti umani o da aziende che devastano l’ambiente e sfruttano i lavoratori.

Chi lo sa? Magari, quelli che ancora non ci credono, grazie allo Sherwood festival, scopriranno che si può bere e mangiare – e bene! – ugualmente, rispettando le risorse di quel pianeta che è l’unico che abbiamo.

Fridays for Future occupa il parlamento europeo

Un centinaio di ragazze e ragazzi di Fridays for Future si è sistemata con una ventina di tende, sacchi a pelo, bandiere verdi e striscioni all’interno della sede del parlamento europeo di Bruxelles. E’ la prima volta che questo accade in tutta la storia dell’Unione Europea. Ancora non si riesce a capèire come abbiamo fatto gli attivisti ambientalisti ad entrare un una sede protetta come quella dell’Assemblea. Una iniziativa che cade proprio dopo lo sciopero globale di venerdì 24 maggio che ha visto Fridays for Futur mobilitare milioni di giovani in tutto il mondo.
La delegazione di Fridays for Future che ha messo in atto la sconcertante iniziativa di Bruxelles è composta da ragazze e ragazzi di tutta Europa. Tra di loro, il 14enne italiano David Wicker, valsusino e, ovviamente, fervente attivista No Tav. “La scelta di occuopare la sede della massima istituzione dell’Unione Europea – ha spiegato David – è stata presa allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul fatto che quello di prossima elezione sarà l’ultimo Parlamento che avrà la possibilità di imboccare una strada che può permetterci di tenere il riscaldamento globale al di sotto di un grado e mezzo”.

Una iniziativa simbolica, abbiamo scritto, ma non  soltanto simbolica. In questi giorni, i cittadini europei sono chiamati ad eleggere il nuovo parlamento. La partita che stiamo andando a giocare è essenzialmente quella tra sovranisti e ambientalisti. Tra chi vuole alzare muri e chi vuole abbatterli, tra chi continua a difendere una economia di devastazione e di rapina, e chi ha capito che questo modello di sviluppo non è più sostenibile ed è necessario invertire la rotta perché, come ripetono sempre le ragazze ed i ragazzi di FfF, siamo tutti abitanti di questa terra e “non abbiamo un pianeta B”. Il parlamento europeo che Fridays For Future chiede è un parlamento capace di indirizzare l’Europa verso questa nuova strada. La sola che permetterà all’umanità di sopravvivere in questo nostro pianeta violentato dal capitalismo.

I ciclisti del clima si preparano a saltare ancora in sella. Pronta la carovana Venezia Bruxelles

Neanche il tempo di scendere dalla sella che già comincia una nuova avventura. E la data è già stata segnata sul calendario: partenza sabato 26 ottobre, sempre da Venezia, arrivo a Bruxellesgiovedì 7 novembre. Tredici giorni, mille e trecento chilometri, sei nazioni: Italia, Austria, Svizzera, Germania, Francia e Belgio. Tutto ovviamente a “zero emissioni”. Come dire: in bicicletta. “Un mezzo che abbiamo imparato può essere usato per fare cose che potrebbero sembrare impossibili” ha sottolineato Daniele Pernigotti, portavoce di RideWithUs, in occasione della presentazione del tour ciclistico svoltasi ieri sera al cso Rivolta di Marghera. Cose che potrebbero sembrare impossibili ma cha alla fine, grazie all’impegno e alla buona volontà di tutti, diventano realizzabili. Esattamente come la lotta ai cambiamenti climatici. Una battaglia che può essere vinta solo se tutti… saliamo in bicicletta e prendendo la strada di un consumo più responsabile e sostenibile.


La serata organizzata da RideWithUs è stato anche il momento per festeggiare la carovana di ciclisti che da Venezia è arrivata a Roma per partecipare alla grande manifestazione per la Giustizia Climatica del 23 marzo. Molti di loro sono già pronti a saltare ancora in sella alle loro bici per questa nuova avventura su due ruote. Avventura che, come nelle note di RideWithUs, si svolgerà in contemporanea con la Cop del clima, in programma a Santiago del Cile. Lo scopo dell’iniziativa è appunto quello di portare al nuovo parlamento europeo i patrocini e le lettere dei Comuni che hanno dato il loro patrocinio alla carovana e chiedere un maggior impegno nella lotta ai cambiamenti climatici. Una “bicicletta” questa in cui dobbiamo salire tutti perché, come è stato più volte ripetuto, non abbiamo un pianeta di riserva.

Per iscrivervi o per informazioni più dettagliate sulla carovana collegatevi al sito RideWithUs



Davide Pernigotti presenta RideWithUs Venezia – Bruxelles

Fridays For Future: la squallida operazione di chi gli ha rubato i social

48 mila follower, gli hanno fregato a Fridays For Future. L’intero bacino Facebook. Per non parlare del sito che faceva da punto di riferimento a tutti i ragazzi scesi in piazza in quell’indimenticabile venerdì 15 marzo. E non è tutto. Quello che è peggio è che hanno cercato di far passare una idea di movimento spaccato in due. Cosa che non è affatto, perché tutti i gruppi di tutte le piazze italiane hanno immediatamente risposto alla provocazione ribadendo l’unità del movimento per la giustizia climatica
Certo che per le ragazze ed i ragazzi di Fridays For Future è stato un brutto risveglio, quello della mattina dell’8 marzo, quando tutti gli admin e gli editor delle pagine Facebook si sono accorti di essere stati privati dei loro privilegi di acceso. Stesso discorso per il sito, www.fridaysforfuture.it, i cui amministratori si sono trovati improvvisamente senza la possibilità di postare e di controllare i post. Cosa è successo? “E’ successo che le nostre pagine erano gestite in maniera amichevole, senza troppi controlli – spiega Gianfranco, uno dei responsabili per i contatti con la stampa di FFF -. Bastava chiedere e ti veniva concesso l’editor. Qualche tempo fa una persona di nome Luca Polidori ha chiesto l’accesso e, qualche giorno dopo, l’editor. Ingenuamente qualcuno di noi glielo ha concesso. Lo stesso è avvenuto per il sito. Forse noi siamo troppo in buona fede ma certo ci siamo rimasti male quando questa persona ha cancellato tutte le altre utenze e si autonominato unico gestore dei nostro mezzi di comunicazione”. 
Il colpo di mano non è stato accettato passivamente dal movimento dei venerdì per il clima. Tutte le piazze, nessuna esclusa, ha denunciato la squallida operazione che, alla fin fine, altro non è che un furto bello e buono, sia di utenti che di credibilità. Immediatamente sono stati aperti nuovi sociale un nuovo sito, ed è partita una denuncia alla polizia postale. Ma qualche giornale, come abbiamo detto, ha cercato di far leggere nell’operazione una spaccatura interna di Fridays For The Future che è un modo – così come i vergognosi attacchi a Greta e le fake new sulla sporcizia lasciata dai ragazzi dopo le manifestazioni – per cercare di depotenziare le mobilitazioni. Segno indiscutibile che cominciano a fare paura!
Ma chi è questo Luca Polidori? “Stiamo cercando di capirlo anche noi. Sappiamo che vive a Bruxelles e che avrebbe fondato un sedicente movimento ambientalista. Nessuno di noi lo conosce o lo ha mai visto prima. Ma tra i ‘Mi piace’ che ha rilasciato dalla sua pagina Facebook c’è quella a Matteo Salvini”. 
Attenzione quindi. Il sito www.fridaysforfuture.it e la pagina fb “Fridays For Future Italy”, perlomeno per ora, non sono più i canali ufficiali di Fridays For Future. Le attiviste e gli attivisti invitano a dare il “Like” e a seguire questi nuovi canali social: 
Facebook >>> fb.me/FridaysItalia

Da Venezia a Roma in bicicletta per dire No ai cambiamenti climatici

Ci sono circa 600 chilometro tra Venezia e Roma. Chilometri che si possono percorrere in auto, in treno o in aeroplano con un costo ambientale in termini di emissioni di gas climalteranti più o meno elevato a seconda della scelta. Ma sono 600 chilometri che possono essere percorsi anche a zero emissioni. Come? Con una bicicletta! Certo, una soluzione che non è da tutti e per la quale è necessario, come si dice, “avere le gambe giuste”. Ma i ciclisti di RideWithUs le “gambe giuste” ce le hanno e lo hanno dimostrato in questi ultimi anni raggiungendo, sempre partendo da Venezia, le sedi delle varie Cop, le conferenze per il clima, che si sono svolte a Parigi, Bonn e, ultima impresa, Katowice, in Polonia. Un modo come un’altro per ribadire che si può viaggiare, vivere e pure divertirsi anche lasciando i combustibili fossili là dove devono essere lasciati, se vogliamo contenere il riscaldamento globale nei limiti previsti dall’accordo sul clima: sottoterra. Domenica 17 marzo, i nostri ciclisti si lanceranno in un’altra impresa, sempre in sella alle loro biciclette, che hanno chiamato The Climate Ride: raggiungere Roma per partecipare alla grande manifestazione per la Giustizia Climatica che si svolgerà nella Capitale sabato 23. Sarà un viaggio lungo 6 tappe che toccheranno, in ordine, Ferrara, Ravenna, Pieve Santo Stefano, Perugia, Terni e, infine, Roma. Un viaggio per sensibilizzare l’opinione pubblica ma anche per incontrare le associazioni, i comitati, le cittadine e i cittadini che, nel loro territorio, si battono per la difesa dei beni comuni, dell’ambiente, per l’utilizzo delle rinnovabili e per una economia solidale e sostenibile. In altre parole, per quella che i movimenti che hanno indetto la mobilitazione del 23 marzo, hanno scelto di chiamare Giustizia Climatica.

Sarà un viaggio per fare rete tra movimenti ma sarà soprattutto un viaggio per raccogliere storie. Che è poi la motivazione più forte che spinge i veri viaggiatori ad uscire di casa. Storie di resistenze alla mercificazione del territorio e allo sfruttamento indiscriminato. Storie che, noi che accompagneremo la carovana lungo tutto il suo percorso, racconteremo nel sito EcoMagazine.

E con i movimenti che agiscono nel territorio, i ciclisti di The Climate Ride incontreranno - se accetteranno il confronto! - anche le amministrazioni locali che sono il primo punto di riferimento dei cittadini per una democrazia come la vorremmo, dal basso e partecipata. Ai sindaci dei Comuni, RideWithUs chiederà una lettera di intenti e il patrocinio per un’altra biciciclettata già programmata il prossimo ottobre, quando risaliranno sulle loro due ruote per pedalare da Venezia a Bruxelles, con tappe a Strasburgo e Maastricht, per chiedere al nuovo parlamento europeo di affrontare la questione dei cambiamenti climatici con quella decisione che, sino ad ora, è rimasta tutta nelle dichiarazioni di intenti.

Ma questo è un altro viaggio e un’altra storia. Ora tocca affrontare i 600 chilometri che separano la laguna dalla Capitale. Bisogna oliare bene gli ingranaggi del cambio. Si parte domenica 17 alle 7,45 di mattina. L’appuntamento è davanti al municipio di Marghera dove il presidente della municipalità, lo scrittore Gianfranco Bettin, verrà ad augurarci il buon viaggio.

Venerì 15 marzo: sciopero mondiale per il clima

“Skolstrejk för klimatet”. E’ cominciato tutto con un cartello in lingua svedese dove c’era scritto “sciopero della scuola per il clima” . Lo teneva in mano una ragazzina dalle trecce bionde affetta da sindrome di Asperger: Greta Thunberg. Ogni venerdì mattina, Greta andava a sedersi col suo cartello davanti al Riksdag, il parlamento svedese. All’inizio, non se la filava nessuno ma Greta non ha mai mollato. I suoi interventi alla Cop 24 e al vertice di Davos, l’hanno fatta diventare un fenomeno mediatico mondiale, preso come esempio dagli studenti di tutta la terra. Fridays For Future è diventata una protesta globale che, grazia anche al suo carattere di urgenza – solo 10 anni di tempo per riportarci nei limiti di riscaldamento previsti dagli accordi sul clima – e inevitabilità – l’umanità non ha alternative perché un pianeta di riserva proprio non ce l’abbiamo -, è riuscita a rilanciare una movimentazione come non ne avevamo mai viste al mondo. 

Una movimentazione che è riuscita – e pure questa è una novità – a portare su una sola piattaforma chiamata Giustizia Climatica, rivendicazioni sociali, ambientalismo, azioni contro i cambiamenti climatici, beni comuni, tutela dei diritti umani, pacifismo contro tutte le guerre, transfemminismo, lotta contro lo sfruttamento dei Paesi poveri. Quel cartello con scritto “Skolstrejk för klimatet” apriva le porte ad una strada che porta inevitabilmente alla liberazione dalla schiavitù di un modello di sviluppo economico e di gabbie sociali fondate sul capitalismo.
Una strada che va percorsa con decisione, senza paura di azioni anche drastiche, proprio perché, come ci spiega Greta, quando hai la casa in fiamme non hai altro da fare che prendere l’estintore e lottare per spegnere l’incendio. L’estintore, nel nostro caso, si chiama Fridays For Future, e a tenerlo in mano, puntandolo dalla parte giusta, sono le ragazze ed i ragazzi di tutta la Terra che domani scenderanno in piazza per il primo sciopero climatico globale
Non resta altro da fare che andargli dietro, partecipando e diffondendo la protesta. Qui, trovate la vostra piazza
Questi gli appuntamenti per il nordest, con la relativa pagina Facebook

Angry Animals all’attacco! Occupata e sanzionata la raffineria Eni di PortoMarghera

I fossili vanno lasciati sottoterra. Lo affermano i climatologi, lo hanno tradotto in pratica le attiviste e gli attivisti dei centri sociali del nord est che, questa mattina presto, hanno bloccato la raffineria dell’Eni di Marghera. Tute bianche e maschere da “angry animals” – già utilizzata in altre azioni ambientaliste, un centinaio di ragazze e ragazzi ha pacificamente chiuso i cancelli della raffineria, arrampicandosi sui tetti per “sanzionare” con la vernice i loghi del cane a sei zampe ed appendere striscioni di protesta. Il blocco è durato tutta la mattina, fermando un lungo convoglio di automezzi pesanti che cercava di entrare nel perimetro della raffineria e obbligando anche ad una petroliera di avvicinarsi al molo. 
“Contestare Eni – hanno spiegato gli Angry Animals, gli animali arrabbiati – significa denunciare un sistema di rapina e devastazione dei territori e delle popolazioni. Questo rappresenta una minaccia per la salute delle persone e un attacco diretto alla sopravvivenza di noi tutti. Essere per la giustizia climatica e per la libertà di movimento significa affermare l’incompatibilità di un sistema produttivo che rende i territori inabitabili e e costringe alle migrazioni”.

Il pericolo derivante dall’estrazione dei fossili e c he si traduce, oltre che in un aumento di gas climalteranti anche nella continua produzione di inquinanti sostanze plastiche, è oramai dimostrato dalla scienza. Le varie conferenze sul clima che sono state organizzate oramai in tutti i continenti, hanno più volta stabiliti dei limiti alle estrazioni e all’uso dei fossili. Limiti che, pur se sottoscritti da tutti i Governi mondiali, sono stati regolarmente disattesi. 
“Non tutti hanno ancora recepito il concetto che non ci sono alternative possibili. L’attuale sistema di produzione non è più sostenibile. Non ci sono riconversioni o fantomatici utilizzi ‘verdi’ per i fossili che tengano. La sola cosa che l’umanità può fare, se vuole continuare ad abitare questo pianeta, è lasciare i fossili dove stanno. Sottoterra”. 
L’obiettivo della raffineria Eni, non è stato scelto a caso. La “nostra” multinazionale è protagonista e complice dei più efferati sfruttamenti di giacimenti fossili di tutto il pianeta. Pensiamo solo a Delta del Niger dove lo popolazioni locali hanno più volte denunciato la multinazionale di aver effettuato oltre 10 mila sversamenti abusivi ed inquinanti nelle loro acque. Oppure alla Libia, un Paese portato al tracollo e alla guerra civile proprio dagli interessi delle compagnie petroliere. 
“L’Eni rappresenta un perfetto paradigma dello stato di sfruttamento intensivo cui è sottoposto l’intero pianeta. A farne le spese, per ora , sono soprattutto le aree più povere – o forse dovremmo dire impoverite – in cui la stessa riproduzione biologica della vita è stata compromessa dall’estrazionismo. Ma non dimentichiamoci che lo sfruttamento, per sua stessa natura, non può porre limiti a se stesso. Se tutta la terra è merce, se neppure la minaccia dei cambiamenti climatici ci farà capire che è ora di cambiare il sistema prima che questo cambi il clima, allora non ci sarà nessuna speranza per l’umanità”.

The climate ride. In bicicletta da Venezia a Roma per partecipare alla marcia per il clima del 23 marzo

Tutto è cominciato a Copenaghen nel 2014, in occasione della presentazione del quinto rapporto dell’Ipcc sullo stato della lotta mondiale ai cambiamenti climatici. 
Un variegato gruppo formato da ambientalisti, ciclisti del Pedale Veneziano o di altri sodalizi, cicloviaggiatori e attivisti della Fiab – la federazione italiana degli amici della bicicletta – si sono riuniti sotto la sigla RideWithUs ed hanno organizzato carovane di pedalatori che, da Venezia, hanno attraversato l’Europa per raggiungere le sedi delle annuali conferenze sul clima. Lo scopo era quello di coinvolgere e sensibilizzare più persone possibile sulla necessità di intraprendere una azione rapida e radicale a tutti i livelli per contrastare i cambiamenti climatici.
In sella alle loro biciclette, i ciclisti hanno percorso migliaia di chilometri ad impatto zero, raggiungendo, dopo Copenhagen, anche a Parigi per la Cop21 nel 2015 e Torino nel 2016 per partecipare ad un incontro con Luca Mercalli svolto in contemporanea con la Cop22 che si svolgeva a Marrakech. La successiva tappa di RideWithUs è stata Bonn nel 2017 per la Cop23, quindi, l’anno dopo, Katowice, in Polonia per la Cop24. Un pedalare infinito che ha visto il coinvolgimento, chi per una breve tappa, chi per tratti più lunghi o per tutto il viaggio, di centinaia di ciclisti ambientalisti. Perché chi ama la bicicletta, ama e rispetta anche l’ambiente.
I ciclisti di RideWithUs, assieme ad altri appassionati di bicicletta, torneranno in sella domenica 18 marzo a Venezia per accompagnare The Climate Ride, una carovana su due ruote che raggiungerà Roma per partecipare alla Marcia per il Clima che si svolgerà nella capitale sabato 23. Sei giorni di viaggio da nord a sud lungo la penisola, sulle strade del Veneto, dell’Emilia Romagna, delle Marche, dell’Umbria e del Lazio per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione del cambiamento del clima e per dimostrare che si può viaggiare – e bene! – anche senza bruciare combustibili fossili. Venezia, Ferrara, Cesena, Pieve Santo Stefano, Perugia, Terni e infine Roma. Sei giorni di viaggio che hanno anche l’obiettivo di far rete. Lungo la strada, i ciclisti di The Climate Ride incontreranno movimenti, spazi sociali, associazioni, comitati di cittadini e altre realtà che, pur pensando globalmente, si sono organizzate per difendere beni comuni e territorio da una economia predatoria che ha trasformato l’intero pianeta in merce.
In questa ennesima avventura, i ciclisti di The Climate Ride si sono ritagliati un ruolo da “postini” e hanno preparato una lettera che i primi cittadini, consapevoli del rischio connesso con i cambiamenti climatici, dei paesi e delle città che attraverseranno, potranno firmare. Queste lettere saranno portate, ovviamente sempre in bicicletta, dagli amici di RideWithUs a Bruxelles, e consegnate ai rappresentanti del nuovo parlamento europeo, facendo tappa a Strasburgo e Maastricht, il prossimo 7 novembre, dopo una pedalata che partirà sempre da Venezia il 26 ottobre, per invitare  l’Europa ad assumere un ruolo di leadership internazionale nella lotta ai cambiamenti climatici.
Appuntamento quindi a Marghera, domenica mattina, per salutare la carovana di The Climate Ride che salirà in sella per raggiungere la sua prima tappa: Ferrara. Una ventina di ciclisti ha già dato disponibilità a partecipare a tuto il viaggio e almeno altrettanti saranno coloro che si uniranno per ogni singola tappa. Su EcoMagazine seguiremo tutta l’avventura e racconteremo, paese dopo paese, gli attacchi all’ambiente e le lotte di coloro che lo difendono. 
Se vuoi salire anche tu in sella con The Climate Ride per tutto il viaggio, per una o più tappe, o anche per accompagnarci per un breve tratto di strada, manda una mail a 23mromainbicicletta@gmail.com oppure chiamami al 347 5476813. Puoi anche seguirci o contattarci nella pagina Facebook dell’iniziativa. 

#TheClimateRide        #23mRomaInBicicletta       #SiamoAncoraInTempo

La biodiversità sta scomparendo. Il rapporto della Fao: “A rischio il futuro dei nostri alimenti, della salute e dell’ambiente”

Il rapporto globale sullo stato della biodiversità presentato ieri a Roma dalla Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e il cibo, è categorico: siamo vicini al collasso dell’intero sistema di produzione alimentare. Il modello attuale di agricoltura, industriale ed estensivo, che sta alla base dei nostri sistemi alimentari, la gestione insostenibile delle risorse naturali, la distruzione di habitat e terre destinate alle coltivazione, ha causato danne enormi alla biodiversità del nostro pianeta. Serve una azione immediata che deve diventare la priorità di ogni agenda politica. Abbiamo 10 anni di tempo per invertire rotta verso una economia più sostenibile altrimenti l’intero pianeta andrà verso un collasso totale e irreversibile dell’intero sistema di produzione alimentare  con gravi ripercussioni anche per la nostra salute.
Una volta perduta, avverte il rapporto, la biodiversità alimentare e agricola – vale a dire tutte le specie che supportano i nostri sistemi alimentari – non può essere recuperata.

Il rapporto FAO si basa sulle informazioni fornite specificamente da 91 paesi e sull’analisi degli ultimi dati globali. “La biodiversità è fondamentale per la salvaguardia della sicurezza alimentare globale, é alla base di diete sane e nutrienti e raforza i mezzi di sussistenza rurali e la capacitá di resilienza delle persone e delle comunità,“ ha dichiarato il Direttore Generale della FAO, José Graziano da Silva. “Dobbiamo usare la biodiversità in modo sostenibile, in modo da poter rispondere meglio alle crescenti sfide del cambiamento climatico e produrre cibo senza danneggiare il nostro ambiente.”
Delle circa 6.000 specie di piante coltivate per il cibo, – si legge nella nota Fao di presentazione del rapporto – meno di 200 contribuiscono in modo sostanziale alla produzione alimentare globale e solo nove rappresentano il 66% della produzione totale.
La produzione mondiale di bestiame si basa su circa 40 specie animali, con solo un piccolo gruppo che fornisce la stragrande maggioranza di carne, latte e uova. Delle 7.745 razze di bestiame locali (a livello di paese) segnalate, il 26% è a rischio d‘estinzione.
Quasi un terzo degli stock ittici è sovra-sfruttato, più della metà ha raggiunto il limite sostenibile.
Le informazioni provenienti dai 91 paesi rivelano che le specie di cibo selvatico e molte specie che contribuiscono ai servizi eco-sistemici vitali per l’alimentazione e l’agricoltura, compresi gli impollinatori, gli organismi del suolo e i nemici naturali dei parassiti, stanno rapidamente scomparendo.
Ad esempio, i paesi riportano che il 24% di quasi 4.000 specie di cibo selvatico – principalmente piante, pesci e mammiferi – sta diminuendo. Ma la proporzione di alimenti selvatici in declino è probabilmente ancora più grande perché lo stato di oltre la metà delle specie alimentari selvagge è ancora sconosciuto.
Il maggior numero di specie di cibo selvatico in declino compare in paesi dell’America Latina e dei Caraibi, seguiti da quelli dell’Asia-Pacifico e dell’Africa. Questo potrebbe essere, tuttavia, il risultato del fatto che le specie alimentari selvatiche sono più studiate e riportate in questi paesi che in altri.
Sono anche gravemente minacciate molte specie associate alla biodiversità. Tra queste vi sono uccelli, pipistrelli e insetti che aiutano a controllare i parassiti e le malattie, la biodiversità del suolo e gli impollinatori selvatici – come api, farfalle, oltre ai pipistrelli e agli uccelli.
Foreste, pascoli, mangrovie, praterie di alghe, barriere coralline e zone umide in generale – gli eco-sistemi chiave che forniscono numerosi servizi essenziali per l’alimentazione e l’agricoltura e ospitano innumerevoli specie – sono anch’essi in rapido declino.
I fattori chiavi della perdita di biodiversità citati dalla maggior parte dei paesi sono: cambiamenti nell’uso e nella gestione della terra e dell’acqua, seguiti da inquinamento, sovra-sfruttamento, cambiamenti climatici, crescita della popolazione e urbanizzazione.
“Meno biodiversità significa che piante e animali sono più vulnerabili ai parassiti e alle malattie – ha concluso Graziano da Silva. – Elemento, che insieme alla nostra dipendenza da un numero sempre minore di specie per nutrirci, sta mettendo la nostra già fragile sicurezza alimentare sull’orlo del collasso”.
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