In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.

Voci dal Sale. Democrazia e giustizia climatica per dare un futuro alle terra

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Tante voci, tante narrazioni, tanti vicende di lotta e resistenza, quelle che sono riecheggiate ieri pomeriggio negli antichi magazzini del Sale della Serenissima, nella prima delle due giornate dedicate alla Giustizia Climatica, organizzata dal comitato Contro le Grandi Navi di Venezia. Tante voci ma una sola storia comune. Quella di chi difende la democrazia dal capitale, l'ambiente dalla mercificazione, i diritti dal sopruso. In altre parole, di chi difende la vita dalla morte, di chi apre strade perché l'umanità abbia un futuro in questo pianeta e chi le chiude.
Già, perché i cambiamenti climatici sono una realtà che nessuno oramai si ostina a negare. Neppure quei pochi potenti che, niente affatto disinteressatamente, affermano di non crederci. La "benzina" degli uragani che hanno investito i Caraibi e il sud degli Stati Uniti non è altro che l'aumento di vapore acqueo nell'atmosfera dovuta alla presenza sempre più massiccia di sostanze climalteranti.
Quelle sostanze di cui, per il 3% almeno, sono responsabili le Grandi Navi. Una percentuale addirittura rimasta fuori dagli accordi di Parigi perché queste navi solcano mari internazionali. Mari di nessuno, mari da inquinare a piacimento, mari dove non vi sono leggi, secondo la logica del capitale. Mari che sono un patrimonio comune, secondo gli ambientalisti, da difendere e conservare perché le generazioni abbiamo un futuro.

Ed è qui che si gioca la partita che ha in palio il futuro dell'umanità, sotto attacco da una economia che dopo aver divorato in pochi decenni quasi tutte le energie fossili che si erano formate in ere geologiche, pretende di infilare nel tritacarne del consumismo ambiente, diritti e dignità. Proprio in questa ottica - vita contro la morte - gli amici napoletani che si battono contro le discariche nella loro terra, hanno coniato l'efficace termine di Stop Biocidio. Basta uccidere la vita. Perché, in Campania, di discarica si muore. Interi territori sono stati occupati e colonizzati dalle mafie dello smaltimento dei rifiuti tossici. Zone senza legge, dove lo Stato è assente. Dove malavita organizzata, capitalismo e politica corrotta hanno stretto un patto sulla pelle dei cittadini che ricorda per molti versi la situazione in cui sono precipitati tanti Paesi sudamericani. E capita che chi non ce la fa più, fugga all'estero. Proprio come quelle famiglie che, più per disperazione che per umorismo partenopeo, hanno chiesto asilo politico alla Svizzera. Anche l'Italia ha i suoi migranti climatici!

L'uso indiscriminato e senza legge del suolo per il deposito di sostanze tossiche nel napoletano, ha un equivalente nel Veneto. Quando prende voce in assemblea, tocca al collettivo resistenze ambientali raccontare dell'inquinamento da Pfas che ha avvelenato le falde acquifere di un bacino di utenti di circa 800 mila persone. Senza nessun controllo da parte di chi doveva controllare, nonostante le denunce degli ambientalisti e della gente che si ammalava e moriva, l'azienda Miteni di Trissino, specializzata nell'impermeabilizzazione di tessuti, ha avvelenato oltre 200 chilometri quadrati appartenenti a ben 4 province venete; Vicenza in particolare, ma anche Verona, Padova e Rovigo.

Ma sono anche racconti di resistenza, quelli che si sentono nel Sale. Resistenza da parte di politici onesti come i sindaci della Valsusa che raccontano lo scempio che la Tav sta facendo delle loro valli e della loro impotenza a porvi freno, pur essendo i rappresentanti, democraticamente eletti, dei loro concittadini. Resistenza e disobbedienza civile degli oltre 40 mila (quarantamila, avete letto bene!) bretoni che si sono messi di traverso per bloccare la realizzazione di un aeroporto inutile e devastante come quello di Notre Dame des Landes. Nonostante il Governo avesse deciso che non sarebbero stati realizzati più aeroporti in Francia, in quanto il territorio del paese era sufficientemente coperto dalla rete aerea, le multinazionali edili hanno fatto pressione sino a che quello stesso Governo dovette decidere che "prima però bisogna fare l'ultimo". Prevedendo una reazione dei cittadini, la polizia ha organizzato una grande operazione antisommossa e l'ha chiamata "operazione Cesare". Brutto nome nella terra di Asterix! Infatti, la contromobilitazione popolare, dedicata infatti, al noto gallo bevitore di pozione magica, ha portato in campo per ben tre volte 40 mila cittadini che hanno impedito la realizzazione dei cantieri. Anche senza bevanda magica!

Tante voci, dicevamo in apertura, ma una unica storia, se, invece del dito che indica, si guarda la luna. Per questo l'assemblea svoltasi ieri al sale è stata importante. Per avere un obiettivo comune, è indispensabile avere anche un linguaggio comune. "Ho sentito tanti racconti oggi - ha sintetizzato in chiusura dell'assemblea Tommaso Cacciari -. Racconti che parlavano delle lotte che si stanno portando avanti in Germania, e mi sembrava che stessero parlando di Venezia, delle battaglie nel Salento, e mi sembrava che stessero parlando di Venezia. E ancora Lisbona, Barcellona, Napoli, la Valsusa, le Marche… e mi sembrava che stessero parlando di Venezia. Perché la battaglia è solo una e racchiude in sé tutte le nostre battaglie per la difesa della democrazia dal basso, dei diritti dei migranti, della tutela della salute e del territorio: quella per la giustizia climatica, quella contro il neo liberismo, per una società più giusta e aperta. La battaglia per dare un futuro all'umanità".

E alla fine… festa in fondamenta con un banchetto degno di quelli di Asterix! Proprio come si faceva una volta a Venezia, quando non c’erano le Grandi Navi e la laguna apparteneva ai veneziani e non alle Compagnie di Crociera!

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Pfas: il pericolo è reale. Lo ammette anche la Regione Veneto. Con almeno 4 anni di ritardo!

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Ci sono voluti quattro di proteste e di denuncia degli ambientalisti. Ci sono voluti decine e decine di studi scientifici che dimostravano l'alto rischio per i residenti dovuto alla presenza dei Pfas nell'acqua potabile, prima di far muovere la Regione Veneto, più attenta a promuovere un insulso referendum consultivo a suon di milioni di euro (14 per l'esattezza) che alla salute dei cittadini. Per tacer della tutela dell'ambiente.
Da decenni, tonnellate di sostanze perfluoro-alchiliche, i cosiddetti Pfas, utilizzate per produrre tessuti impermeabili, sono stati versati nelle falde della nostra Regione da aziende come la Miteni di Trissino, nel vicentino, contaminando un area che si estende per circa 200 chilometri quadrati e tocca 4 province venete; Vicenza in particolare, ma anche Verona, Padova e Rovigo. Un bacino di circa 800 mila residenti vittime della contaminazione!
"Che i Pfas fossero pericolosi per la salute lo si sapeva da tempo - ha commentato la portavoce nazionale dei Verdi, Luana Zanella -. Anche in nome di un elementare principio di precauzione, l'amministrazione regionale avrebbe dovuto agire per tempo. Invece, in nome della logica del profitto che caratterizza la giunta di centrodestra che governa il Veneto, l'avvelenamento è stato coperto. Solo ora che se ne vedono i risultati sulla salute delle persone e che una ricerca ha stabilito l'alta percentuale di veleni presenti nel sangue dei giovani che hanno bevuto acqua contaminata, il governatore Luca Zaia interviene. E come è che interviene? Prendendosela con Roma! Tutto fumo negli occhi per coprire l'incapacità di gestire qualsiasi problema ambientale".


Sulla pericolo dei veleni rilevati nel sangue dei giovani in Veneto è intervenuto anche il coordinatore dei Verdi Angelo Bonelli. Purtroppo è solo la punta di un iceberg di un problema drammaticamente diffuso in tutto il Paese che e' stato finora sottovalutato dal ministero della Salute e da quello dell'Ambiente - ha sottolineato l'ambientalista in una intervista all'Ansa. - Sono milioni in tutto il Paese le persone che vivono in aree da bonificare, il cui sangue è stato contaminato da inquinanti che causano malattie e problemi seri alla salute, tra i quali il cadmio, l'arsenico, il piombo, Ddt e Pcb, il Tbbp-A e il Pbde, i perfluoroctani (Pfc) e, ultimi arrivati, il Pfas e il Pfoa. Da Priolo a Porto Torres in Sardegna, dalla Valle del Sacco nel Lazio fino a Taranto con l'Ilva passando per la Laguna di Grado e Marano in Friuli Venezia Giulia, arrivando ai casi attuali in Veneto i danni ambientali e alla salute dei cittadini sono enormi e da sempre sottovalutati".
Una situazione drammatica purtroppo dimostrata da molte indagini scientifiche. Alcune di queste hanno rilevato fino a 73 sostanze chimiche artificialiche dovrebbero stare da tutt'altra parte che nel sangue umano.
"Le persone analizzate da una indagine condotta dalla Detox-Svelenati, avevano età comprese tra dodici e 92 anni e appartenevano a tre generazioni diverse: nonne, mamme e figli. Ciascun componente familiare è risultato contaminato da un insieme di almeno 18 sostanze pericolose".
Due sono le cose da fare, secondo i Verdi: controllare più severamente le aree industriali a rischio e promuovere una serie di monitoraggi epidemiologici per avere una chiaro quadro della situazione.
"Ma se non si avvia un grande piano di bonifica delle aree inquinate - conclude il leader dei verdi - e di conversione ecologica delle industrie inquinanti si rischia di dover fare i conti con un problema che coinvolgerà sempre più persone".

A Venezia le “Giornate europee dei movimenti per la difesa dei territori”

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Sabato 23 e domenica 24 settembre si terranno due giornate per dire No al passaggio di quei villaggi turistici galleggianti che altro non sono le Grandi Navi da crociera low cost. Ma non solo: saranno due giornate dedicate alla difesa dei territori, alla giustizia ambientale e alla democrazia.
Le Grandi Navi inquinano Venezia tanto da farla diventare la terza città città più inquinata d’Italia per polveri sottili, e devastano i fondali della laguna espellendo ad ogni passaggio tonnellate di sedimenti vitali. “Venezia è uno strano luogo dove ambiente e città sono la stessa cosa e non è possibile difendere né l’uno né l’altra senza fare i conti con il grande tema della democrazia – spiega Marco Baravalle, portavoce del comitato No Grandi Navi -. In questa città, dove le strade sono fatte d’acqua, battersi per la salvaguardia dell’ecosistema lagunare significa automaticamente battersi per il diritto alla città, per la difesa del suo spazio pubblico, per evitare la distruzione di uno stile di vita unico che è prezioso patrimonio comune”.

Una battaglia emblematica, quella che gli ambientalisti portano avanti a Venezia, una città che per mille anni ha saputo mantenere quel fragile equilibro tra terra e mare che dà vita alla laguna.
Per questo all’appello lanciato dal comitato No Grandi Navi hanno aderito in tanti e da tutta Europa. All’assemblea che si svolgerà sabato pomeriggio ai Magazzini del Sale, parteciperanno delegazioni del movimento tedesco contro Stuttgard 21, di Ciutat per a qui l’habita Palma delle isole Baleari, di portoghesi di Academia Cidadã e del Comitè francese contre la construction de l’aereporte de Notre Dame des Landes. Non potevano mancare i No Tav della Val di Susa, i No Muos siciliani, i No Tap del salento ed i napoletani di Stop Biocidio. L’elenco completo ed in continuo aggiornamento delle adesioni si può leggere in questa pagina.
La sera, dopo l’assemblea, cena e festa in fondamenta con grandi tavolate davanti al canale della Giudecca. Come si faceva una volta, quando a Venezia ogni tre case non c’era un B&B o un albergo.
Punto focale della due giorni, sarà domenica pomeriggio, col concerto dei 99 Posse, Cisco e altri che si esibiranno sul pontile galleggiante, e con la manifestazione “par tera e par mar”, a piedi o in barca, lungo le Zattere. Lungo quelle stesse rive i cui “masegni” crollano e smottano a causa dello spostamento d’acqua causato dal via vai di questi condomini galleggianti.

Anche la terraferma dice No alla Grandi Navi in laguna

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"Difendere la laguna di Venezia che è anche la nostra laguna, certamente. Ma ci sono anche altri importanti motivi per cui, noi che viviamo in Terraferma, parteciperemo attivamente alle due giornate di mobilitazioni contro le Grandi Navi". Michele Valentini, portavoce del cso Rivolta, apre così l'assemblea di preparazione alle iniziative di sabato 23 e domenica 24. L'incontro si è svolto ieri sera nella sala del Laurentianum di Mestre gremita di cittadini. Il risultato del referendum autogestito di giugno, che ha visto centinaia di residenti di Mestre e Marghera recarsi alle urne per ribattere che le Grandi Navi devono restarsene fuori dalla laguna e che non devono essere effettuati altri scavi, spiega Valentini, "dimostra la grande voglia che hanno i cittadini di riprendersi in mano la città e di tornare ad immaginare un futuro per il loro territorio. Marghera è stata assassinata da un sistema economico fallimentare che ha portato devastazione e malattie. Domenica andremo a Venezia per dire a gran voce che a porto Marghera. vogliamo le bonifiche e non un'altra mega opera come un nuovo porto inquinante".
"Cinque anni e mezzo dopo il decreto Clini che, perlomeno per qualche mese, ha fermato il passaggio delle Grandi Navi - ha spiegato Stefano Micheletti, portavoce di Ambiente Venezia - ci è toccato sentire di tutto. Prima lo scavo del Concordia subito bocciato dalla Via, poi il Tresse, assolutamente inadatto per la commistione tra traffico commerciale e turistico. Poi è arrivato il Vittorio Emanuele, e poi il porto a San Leonardo. Tutte sparate senza una progetto sotto, neppure di massima. La verità è che prendono in giro la cittadinanza. Annunciano riunioni del Comitato che puntualmente vengono rinviate. Tutto per lasciare le cose come stanno. E intanto l'Unesco minaccia di depennare Venezia dalla lista dei luoghi patrimonio dell'umanità e afferma chiaro e tondo che le Grandi Navi non sono compatibili con la salvaguardia di Venezia. Governo, Regione e Comune non lo degnano neppure di una risposte, continuano a proporre 'soluzioni' già bocciate. Ed intanto le Compagnie entrano nella Vtp spa, alla faccia dell'evidente conflitto di interessi. A noi non interessa una 'soluzione' che risparmi il passaggio delle navi davanti al bacino di San Marco. Noi vogliamo le Grandi Navi fuori dalla laguna semplicemente perché, con la tutela della laguna, queste sono incompatibili".

Tommaso Cacciari, portavoce del laboratorio Morion, ricorda i tanti incidenti, da Genova al Giglio, che hanno funestato queste enormi carriole dei mari. "Eppure non è neppure questo l'aspetto peggiore. Il vero problema, a nostro avviso, è l'erosione della laguna. Un problema già messo in evidenza dopo l'acqua granda del '66 e che è peggiorati nel corso degli anni". Cacciari ricorda le immagini che l'astronauta Samantha Cristoforetti ha scattato dallo spazio e che mostrano due enormi "baffi" di sedimenti in uscita dalle bocche lagunari. "La laguna perde sei milioni di metri cubi all'anno o di sedimenti. La Serenissima lo sapeva e sapeva come porre rimedio con interventi come la deviazione dei fiumi quando questi rischiavano di interrare la laguna. Lavoravano per mantenere un difficile equilibrio tra terra e mare. Oggi questo equilibrio è stato spezzato e abbiamo con condannato la laguna diventare un braccio di mare". "Una grande nave sposta mediamente 135 mila metri cubi di acqua per il principio di Archimede. Quando quest'acqua batte sulle fondamenta, le tira giù. Ma questo sarebbe anche il male minore, perché una fondamenta può essere ricostruita. Quando arriva nelle barene invece è peggio, perché innesca un effetto tsunami. Ogni volta che uno di questi mostri passa per la laguna, se ne porta via un pezzo. Il che comporta meno resistenza durante i passaggi di marea, il che significa altra laguna che si disperde in mare, in un circolo vizioso. L'equilibrio è spezzato e la laguna è oggi solcata da vero e propri fiumi, come sa chi va in barca". "Chi amministra - conclude Cacciari - non ha imparato niente, oppure, semplicemente, non gli interessa imparare. Non p un caso che il Mose sia nato dalla sola corruzione per la sola corruzione. Continuano a proporre altri scavi. Scavi senza progetto che hanno il solo scopo di mantenere le cose come stanno".
Chiusura per Marco Baravalle, portavoce del Sale, che ha presentato l'assemblea di sabato che vedrà protagoniste più di una quarantina tra associazioni e movimenti provenienti da tutta Europa. "L'obiettivo non è quello di costruire una ennesima rete di resistenze ambientali ma di aprire una spazio pubblico di livello europeo per parlare di giustizia ambientale. Un tema che contiene in sé tutte le tematiche per le quali ci siamo battuti in questi anni. A partire dalla quotidianità di una città simbolo come Venezia, vogliamo aiutare i comitati ad uscire dalla sindrome Nimby e trovare un linguaggio comune. Lo scrittore Amitav Ghosh, che ci ha scritto per manifestare solidarietà alla nostra iniziativa, afferma che l'uomo oggi è diventato un agente geologico e non se ne rende conto. Oramai siamo entrati in una era che alcuni scienziati hanno battezzato Antropocene. Dobbiamo agire e pensare con questa consapevolezza che, sia pure lentamente, si sta facendo largo tra la gente. Ce ne rendiamo conto proprio con la nostra battaglia contro le Grandi Navi. Quotidianamente ci arrivano richieste di interviste, articoli, interventi, filmati da tutto il mondo. A parte la stampa italiana, tutti i media hanno capito che Venezia è una città simbolo. Una città che ha una dimensione globale proprio in virtù delle sue particolarità locali. Una città che alcuni, come le compagnie di crociera o il sindaco, vorrebbero ridurre ad un distretto del turismo 'mordi e fuggi'. A questa idea perdente, noi opponiamo una idea di città radicalmente diversa. Il favore con cui tutti seguono la nostra battaglia è una dimostrazione che il futuro sta dalla nostra parte".

Venezia è la nostra anima

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Venezia è un bancomat. La città che aveva saputo parlare all'umanità di equilibrio tra terra e mare, è stata trasformata nel bancomat di un conto corrente a perdere. Un conto dove le multinazionali del turismo prelevano quel che c'è da prelevare, senza mai pagare dazio investendo qualche soldo in attivo. Una Venezia tutta da mungere. Fin che dura.
La sentenza del processo dello scandalo Mose, letta giovedì 14 dalla Corte d'Assise, pur dimezzando le pene chieste dal pubblico ministero, ha comunque condannato l'ex ministro Altiero Matteoli a 4 anni di reclusione e al pagamento di 9 milioni e mezzo di euro, ed è la conferma che gli ambientalisti veneziani non si erano sbagliati: la Grande Opera che ha portato disequilibrio in un equilibrio millenario, trasformando la laguna dei dogi in una braccio di mare morto, è figlia della corruzione e soltanto per la corruzione è stata progettata.
A ben vedere, è proprio qui, nella laguna dei dogi, con questo sistema di paratie mobili chiamato Mose e che si sono arrugginite prima ancora di entrare in funzione, che è stato sperimentato, a partire dagli anni ’80, il sistema delle Grandi Opere. Un sistema scientificamente progettato per trasformare l'ambiente in merce, demolire le autonomi locali, svilire la democrazia e dirottare vagonate di finanziamenti pubblici alla corruzione del sistema politico e ad aziende in odor di mafia.
Già. Perché se riesci a devastare una città sotto gli occhi del mondo come Venezia, allora puoi fare tutto da qualsiasi parte d’Italia!


Proprio qui, dove tutto è cominciato, sabato 23 e domenica 24 settembre si sono dati appuntamenti i movimenti di tutta Europa accogliendo l’appello dei No Grandi Navi veneziani a partecipare ad una “due giorni per la difesa dei territori, la giustizia ambientale e la democrazia”.
Tante le associazioni, tanti gli spazi sociali, tanti i movimenti ambientalisti che confluiranno in laguna per partecipare all’assemblea generale ai magazzini del Sale e alla successiva festa all’aperto tra calli e campielli, con grandi tavolate comuni sistemate lungo la fondamenta. Proprio come si faceva una volta, prima che quasi metà della case di Venezia diventassero hotel di catene internazionali o B&B di proprietà di milanesi o di altri residenti in Terraferma che hanno fiutato il business del turismo.

Ci saranno
No Tav dalla Valdisusa, No Muos siciliani, Stop Biocidio campani e No Tap dal salento. Inoltre, parteciperanno i tedeschi del movimento contro Stuttgard 21, Ciutat per a qui l’habita Palma delle isole Baleari, i portoghesi di Academia Cidadã e il Comitè francese contre la construction de l’aereporte de Notre Dame des Landes e tanti altri ancora. A questo link potete leggere la lista in continuo aggiornamento delle adesioni.

Il giorno dopo, domenica, l’appuntamento sarà alle Zattere, di primo pomeriggio, per riprendersi la città “par tera e par mar”, e riempire la fondamenta di gente e il canale di barche. Ci sarà anche uno zatterone gigante per gli interventi degli ospiti e per le esibizioni di gruppi musicali come i 99 Posse, Cisco dei Modena City Ramblers e altri ancora.

“Sarà una grande festa per tutti i veneziani e per coloro che hanno cuore Venezia - commenta Tommaso Cacciari, portavoce del Laboratorio Morion e del comitato No Grandi Navi -. In questi cinque anni e mezzo di lotta per allontanare questi condomini galleggianti che inquinano come un cementificio anche quando sono ormeggiati, sono saltate fuori le soluzioni più assurde e ridicole. C’è chi voleva scavare il canal Contorta per far passare le navi lontano da San Marco, chi le Tresse, chi voleva fare un altro porto a San Leonardo o a Marghera, e anche chi ha proposto di scavare, testualmente!, una ‘autostrada per grandi navi dietro la Giudecca’ con tanto di autogrill in mezzo! Manca solo la proposta di sostituire il ponte della Libertà con un ponte levatoio per portare le Grandi Navi a Murano e abbiamo completato la lista delle fesserie. La verità è che non sanno dove sbattere la testa e prendono tempo perché da un lato non osano opporsi alle multinazionali crocieristiche ma dall’altro non possono ignorare che tutte queste ‘soluzioni’ sarebbero il colpo finale per quel fragile equilibrio idrogeologico che ancora mantiene in vita quello che rimane della nostra laguna”.

Non solo una battaglia per l’ambiente, questa dei No Grandi Navi, anche se ognuno di questi mostri del mare inquina come quindicimila auto e, questo agosto, sono il ponte di Rialto si respirava Pm10 come in un tunnel autostradale. E non è neppure solo una battaglia per Venezia, anche se è a Venezia che si gioca la partita.

“In questa città, dove le strade sono fatte d’acqua, battersi per la salvaguardia dell’ecosistema lagunare significa automaticamente battersi per il diritto alla città, per la difesa del suo spazio pubblico, per evitare la distruzione di uno stile di vita unico che è prezioso patrimonio comune” si legge nell’appello dei No Navi. “In questo strano luogo, ambiente e città sono la stessa cosa e non è possibile difenderli senza fare i conti con il grande tema della democrazia. Oggi noi abbiamo contro il sindaco, l’autorità portuale, il governo e naturalmente le multinazionali delle crociere. Tutti sordi al grido della città e delle decine di migliaia di persone che in tutto il mondo si indignano”.
Già. Perché le condizioni in cui versa l’antica Serenissima sono più conosciute all’estero che in Italia. Avete letto qualche giornale statunitense, inglese o tedesco, questa estate? Oppure vi è capitato di vedere qualche trasmissione mandata in onda dalle televisioni inglesi, svizzere o francesi? Non certo nei media italiani, ma in quelli esteri, sono usciti negli ultimi mesi dettagliati reportage che denunciavano le condizioni in cui è precipitata l'ex Serenissima. Solo a titolo d'esempio, ricordo il "Vai a Venezia? Non dimenticarti la maschera a gas" ("Heading to Venice? Don’t forget your pollution mask") del Guardian. Oppure "Venezia invasa dai turisti. A rischio di diventare vla Disneyland del mare" (Venice, Invaded by Tourists, Risks Becoming ‘Disneyland on the Sea’) del The New York Times.

Un coro di voci indignate cui il sindaco Gigio Brugnaro - vi sarà, ahimè, capitato di assistere a qualche sua performance contro gli islamici o la “teoria del gender”, in qualche canale Tv, e vi sarete fatti una idea del personaggio - ha risposto che lui vuole fare Venezia “bella come Dubai” e che, per il resto, è tutta una cospirazione dei giornalisti del New York Time. Come se al New York Time, col presidente che si trovano in casa, non avessero altro da fare che cospirare contro Venezia!
Ma anche l’attuale giunta non è altro che una perfetta rappresentazione del degrado in cui è precipitata la città, fragile vittima di un capitalismo predatorio che mercifica arte, ambiente, storia, tradizioni, e la stessa vita.
Per questo, sabato e domenica, i veneziani riempiranno canali e fondamente, e si riapproprieranno della loro città,
par tera e par mar. Perché “el con no se vende”. Non si vende l’anima. E Venezia è la nostra anima.

Due giorni di festa per ribadire che la tutela della laguna e dei suoi abitanti è più importante dei ricavi delle multinazionali crocieristiche

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"Grandi Navi e Mose non sono altro che due facce della stessa medaglia". L'ambientalista Cristiano Gasparetto apre l'incontro di presentazione della Due Giorni contro le Grandi Opere, in programma sabato 23 e domenica 24 settembre, prendendo spunto dalla sentenza del processo per lo scandalo del Mose. "Dopo la condanna al ministro Altiero Matteoli, ci chiediamo perché si è arrivati ad un sistema di corruzione così diffuso. La risposta è semplice: perché senza un diffuso sistema di corruzione il Mose non sarebbe mai stato approvato. Le Grandi Navi, e tutte le Grandi Opere in generale, funzionano con lo stesso principio. Senza la corrutela, non avrebbero ragione di esistere".
Gasparetto ricorda che una nave all'ormeggio produce inquinamento pari di un cementificio e le conclusioni di Paolo Costa, al tempo provveditore al porto sono state: "non è il porto ad essere nella posizione sbagliata ma le abitazioni". Come dire: prima vengono i "schei" e dopo la salute e il benessere dei cittadini.


Sotto una pioggia battente, nella sede dei No Navi, ai piedi del ponte sul Ghetto Novo, si è svolta questa mattina alle 11 l'incontro con la stampa per presentare le giornate europee dei movimenti per la difesa dei territori, la giustizia ambientale e la democrazia.
Tommaso Cacciari, portavoce del Laboratorio Morion, ha fatto il punto delle adesioni all'iniziativa. A Venezia confluiranno nutrite rappresentanze dei No Tav dalla Valdisusa, No Muos siciliani, Stop Biocidio campani e No Tap dal salento. Inoltre, parteciperanno i tedeschi del movimento contro Stuttgard 21, Ciutat per a qui l’habita Palma delle isole Baleari, i portoghesi di Academia Cidadã e il Comitè francese contre la construction de l’aereporte de Notre Dame des Landes. A questo link potete leggere la lista in continuo aggiornamento delle adesioni.
Punto focale del programma sarà la manifestazione alle Zattere, domenica 24 pomeriggio, dove sul palco galleggiante si esibiranno musicisti come i 99 Posse, Cisco dei Modena City Ramblers e altri.

"Abbiamo presentato da tempo la richiesta di uno spazio acque all'autorità portuale, proprio come abbiamo fatto in altre occasioni, - spiega Cacciari - e devono ancora risponderci. Ma in ogni caso, la festa si farà. Sarà una festa per terra e per mare con tantissime barche in canale. Sarà una festa per tutti i veneziani e per chi ha a cuore Venezia. Ai signori politici che dopo 5 anni e mezzo devono ancora prendere una decisione, chiediamo solo che la smettano di prenderci in giro".

In questi anni di lotta per la tutela della laguna, sono saltate fuori come conigli dai cappelli dei più improbabili prestigiatori, pretestuose "soluzioni" come lo scavo del Contorta, il porto a San Leonardo, il canale Tresse, il Vittorio Emanuele e persino scavare un nuovo canale dietro la Giudecca.
"Manca solo che qualcuno proponga di sostituire il, ponte della Libertà con uno levatoio per dirottare le navi a Murano e siamo a posto con la lista delle idiozie - conclude Cacciari -. La realtà è che non sanno dove sbattere la testa e prendono tempo perché altro non sanno fare. Puntualmente, ogni tre mesi, salta fuori qualcuno con una soluzione nuova. L'ultima è quella di spostare il porto a Marghera. Dico solo: fateci vedere i progetti e ve li smontiamo scientificamente come abbiamo fatto per il Contorta. Perché qualsiasi soluzione che non preveda l'allontanamento delle Grandi navi dalla laguna non può essere compatibile con la sua tutela".

Il Mose è nato dalla corruzione. Ecco cosa ci dice la sentenza della Corte d’Appello

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Alla fine dei conti, dei cosiddetti “imputati eccellenti”, a pagare è rimasto solo lui, l’ex ministro Altero Matteoli. La Corte d’Assise di Venezia lo ha ritenuto colpevole di corruzione per lo scandalo delle bonifiche di Porto Marghera e lo ha condannato a 4 anni di reclusione e al pagamento di 9 milioni e mezzo di euro, oltre all’interdizione dai pubblici uffici. Stessa pena, 4 anni e 9 milioni e mezzo di multa, anche all’imprenditore Erasmo Cinque della Socostramo. Due anni per corruzione  l’altro imprenditore Nicola Falconi, mentre un anno e dieci mesi con sospensione della pena sono stati inflitti l’avvocato Corrado Crialese per millantato credito.
Assolti tutti gli altri. L’ex presidente del Magistrato alle Acque Maria
Giovanna Piva per prescrizione, che non vuol dire che non prendeva soldi dal Consorzio, come era stata accusata, ma che è trascorso il tempo utile per incriminarla. Assolti per non aver commesso il fatto l’ex deputata socialista e poi berlusconiana Lia Sartori, e l’architetto Danilo Turcato, quello che curava i restauri della villa di Giancarlo Galan. Assolto per prescrizione pure l’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni dall’accusa di finanziamento illecito in campagna elettorale. Orsoni,  che tra tutti gli imputati, era quello meno coinvolto nello scandalo, non si è fatto vedere in aula. La vera colpa dell’ex sindaco è quella di aver consegnato Venezia ad uno come il Gigio Brugnaro. Ma su questa “imputazione”, non ci sono Corti d’Assise che tengano.

Resta comunque una sentenza che farà discutere, questa emessa questo pomeriggio dalla Corte d’Assise di Venezia che, in  pratica, dimezza le richieste penali dei pubblici ministeri e assolve metà degli imputati. Difficile un ricorso in appello perché molti dei reati contestati stanno per cadere anch’essi in prescrizione.
Si chiude quindi il sipario, con pochi perdenti e nessun vincitore, sulla grande inchiesta sullo scandalo Mose cominciata, non senza un tocco di spettacolarità, in una calda mattina del giugno 2014 con 35 arresti tra cui, ricordiamolo, l’ex presidente del Veneto Giancarlo Galan, l’ex assessore regionale Renato Chisso e l’ex magistrato alle acque Patrizio Cuccioletta che al processo hanno preferito la via del patteggiamento.
Si è chiuso un sipario, dicevamo, ma la tragedia chiamata Mose è ben distante dal concludersi. Oggi che le “mele marce” sono state allontanate, i tempi di chiusura dell’Opera si allungano di mese in mese come ai bei tempi dei corrotti. La parlatorie arrugginiscono e fanno acqua da tutte le parti. E “la più grande opera di ingegneria italiana” come l’ha definita il pm Carlo Nordio, si sta rivelando per quel che è: una costosissima baraccata mangia soldi e devasta ambiente.
Anche i costi, al di là delle puntuali dichiarazione del Consorzio, lievitano di mese in mese più o meno come lievitavano una volta, con la differenza che le imprese coinvolte negli scandali di ieri, oggi piangono il morto, licenziano i lavoratori e ricattano la politica con l’arma dell’occupazione.
C’è da scommettere quindi, che questa di oggi passerà alla cronaca come la “prima” sentenza sul Mose. Altri sipari si alzeranno su altri scandali. Perché il vero scandalo sta tutto nell’opera.
Oggi gli ambientalisti, presenti ieri in aula con una nutrita delegazione, hanno comunque vinto una prima battaglia perché il tribunale ha sentenziato esattamente quello che loro sostenevano da tempo: dietro al Mose c’è corruzione. E non bisogna fare lo sbaglio di stare a sindacare sulle prescrizioni, su chi se l’è cavata per il rotto della cuffia, sulle assoluzioni più o meno piene, o sugli anni di galera inflitti o non inflitti. Il punto focale è che il Mose che ha trasformato la nostra laguna in un braccio di mare aperto, è figlio della corruzione. Questa, da oggi in poi, deve essere una certezza per tutti. Ed a questo punto bisogna tornare a chiedersi se l’opera serve anche a qualcosa, oltre che a far cassa per la corruzione. E magari domandarsi anche se è sicura e se porta più vantaggi che svantaggi per la città. Qualche dubbio a proposito, lo hanno solevato eminenti ingegneri idraulici!
“La sentenza dimostra l’alto grado di corruttela che stava dietro al Mose – ha concluso
Cristiano Gasparetto di italia Nostra -. Oggi non siamo più solo noi ambientalisti a denunciare questo malaffare perché anche la magistratura ha dimostrato la sua esistenza. La questione a questo punto è: se è stata necessaria tutta questa corruzione è perché il Mose, senza di essa, non sarebbe stato approvato, Solo la corruzione infatti ha potuto portare alla realizzazione di questa opera inutile, costosissima e devastante. Chiediamo quindi che vengano identificati i responsabili dell’approvazione di questa opera mangiasoldi e che venga finalmente effettuato uno studio per conto terzi, senza corruzione dietro, sulla reale efficacia del progetto”.
Siamo ancora ai primi atti della tragedia, quindi. Il sipario è ben lontano dall’essere calato.

Regione Veneto: per i parchi solo le briciole, per il referendum 14 milioni

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La Regione Veneto non si smentisce a anche quest’anno ha eroso la quota annuale disposta a favore dei 5 parchi regionali. Una ulteriore dimostrazione di quanto poco o niente pesi nella sua agenda politica capitoli come la tutela dell’ambiente e del territorio.
Con la delibera di Giunta numero 1398, datata 29 agosto 2017 (sempre in agosto, escono le delibere peggiori della nostra Regione!), il Governatore Luca Zaia ha stabilito un contributo complessivo per tutti e cinque i nostri parchi di 3 milioni e 792 mila euro. Il fondo sarà così suddiviso: Colli Euganei 1,49 milioni di euro; Regole D’Ampezzo 514.195; Lessinia 612.028; Sile 418.257; Delta del Po 756.883.
Tutto qua? No. Bisogna aggiungere i contributi dedicati alla realizzazione dei Piani Ambientali, naturalmente. Altra non-priorità della Giunta Regionale che assegna, a tutti e cinque i parchi assieme, la bellezza di 430 mila euro!
Una somma così esigua che non ha paragone in nessun’altra Regione italiana e che, come commenta Ilario Simonaggio, responsabile dell’area Ambiente della Cgil, merita una sola risposta “Vergognatevi!”
Tanto per fare un paragone, per il “referendum” regionale sulla cosiddetta “autonomia” – che non ha nessun valore istituzionale e sul quale potremmo discutere a lungo se definirlo appena appena “consultivo” – la Regione non ha esitato a investire oltre 14 milioni di euro!
Vergognatevi, appunto!

A Venezia contro i mostri del mare

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Provate a immaginare quanto veleno possa uscire dai tubi di scappamento di 14 mila automobili. Ce la fate? Ecco, vi state avvicinando a capire come possa ridurre il canale della Giudecca, uno di quelli che sfociano a San Marco, una Grande Nave. Soltanto una. Sono molti anni che un grande e tenace movimento si oppone all’ osceno via vai dei mostruosi grattacieli galleggianti, veri e propri villaggi turistici che si muovono concentrando in sé, o nella loro colossale simbologia figlia dell’economia fossile, l’insaziabile sete di profitti, l’umiliazione dell’idea del viaggio, l’arroganza delle multinazionali del mare e la corruzione politica. Il 23 e 24 settembre, in modo tanto particolare quanto affascinante, l’acqua di Venezia si propone allora come “territorio” da difendere, insieme all’ambiente e alla democrazia. E’ questa l’idea di fondo che il Comitato No Grandi Navi propone a chi, per esempio in Italia e in Europa, si batte per affermare che le calli veneziane, così come gli ulivi del Salento o le montagne della Val di Susa, sono un bene comune da sottrarre al saccheggio e alla devastazione. Un’occasione da non perdere per un primo week-end autunnale in cui, c’è da giurarci, Venezia non sarà affatto triste!


E’ una battaglia per l’ambiente, prima di tutto, ma non è solo questo. E’, anche e soprattutto, una battaglia per la democrazia.
La questione delle Grandi Navi, “simboli galleggianti dell’arroganza delle multinazionali e della corruzione di una classe politica piegata alla difesa dei profitti privati a scapito del bene comune”, sta tutta in questa domanda: chi decide sul territorio?
La stessa domanda che si pongono i valsusini che lottano contro la Tav o i No Tap che si battono contro la devastazione degli antichi ulivi nel Salento, tanto per citare due esempi delle tante battaglie per la democrazia ambientale che comitati, associazioni e movimenti dal basso portano avanti senza tregua, senza curarsi di arresti, cariche e intimidazioni, sfidando una politica di palazzo che oramai con la politica, intesa come “cosa di tutti”, non ha più nulla da spartire.
Chi decide sul territorio, quindi? Chi amministra deve tutelare i beni comuni e gli interessi delle generazioni presenti e future o quelli di una economia da rapina che ha trasformato questi stessi territori in merce? Domande queste, che si sono posti anche i veneziani che chiedono l’allontanamento delle Grandi Navi dalla laguna e che non si danneggi ulteriormente l’ambiente con altri scavi per far passare questi villaggi turistici galleggianti da qualche altra parte. Ipotesi questa, già bocciate dalla Via ma che vengono puntualmente riproposte dal ministro di turno che si trova a passare per Venezia.
“Venezia è, da oltre mille anni, città simbolo dell’equilibrio tra uomo e natura, la sua magia origina e vive nella e della straordinaria compenetrazione di artificio e natura, pietra e acqua, città e Laguna”. “E’ una città unica, certo, ma è al contempo un simbolo globale. Vorremmo che la nostra città divenisse per due giorni la cassa di risonanza di tutte quelle lotte che oggi, in Italia e in Europa, sono condotte per la difesa dei territori, per la giustizia ambientale e per la democrazia decisionale”.
Il virgolettato è tratto dall’appello ai movimenti europei per la difesa dei territori, la giustizia ambientale e la democrazia che il comitato No Grandi Navi ha lanciato proponendo una “due giorni” internazionale per parlare di democrazia dal basso e di ambiente, sabato 23 e domenica 24 settembre. E, naturalmente, sfilare in barca e per terra, contro le Grandi Navi.
Le adesioni non si sono fatte attendere. Dalla Valsusa al Salento, da Stop Biocidio di Napoli al No Muos di Sicilia sino alle Terre In Moto delle Marche. Moltissime e in continuo aggiornamento anche i movimenti europei che si battono contro le Grandi Opere: i francesi del Comitè contre la construction de l’aereporte de Notre Dame des Landes, i tedeschi dell’associazione Geheimagentur e del Movement against Stuttgart 21, i catalani dell’assemblea Ciutat per a qui l’habita, i portoghesi dell’Academia Cidadã, gli internazionali del quarto Forum Against Unnecessary Imposed Mega Project. Ciascuno parteciperà con una loro delegazione alla “due giorni” di Venezia. Il primo dei quali, sabato, sarà dedicato ad un incontro di presentazione delle varie realtà presenti e all’approfondimento dei temi ambientali che si svolgerà negli antichi Magazzini del Sale, alle Zattere, che si aprono sul canale della Giudecca, teatro del contestato passaggio di quesi condomini galleggianti. Il secondo giorno, domenica, in marittima, ci sarà la manifestazione in barca e per terra contro le Grandi Navi con un concerto che avrà come protagonisti, tra gli altri, i 99 Posse e Cisco dei Modena City Ramblers.
Per la lista completa delle adesioni e anche per aderire (come abbiamo fatto anche noi di Comune, ndr), ma anche per leggere il programma della Due giorni e per altre informazioni, collegatevi al sito del comitato contro le Grandi Navi.
“Non c’è dubbio che quella di domenica sarà una grande e coloratissima manifestazione con tantissima gente in barca e nella riva – commenta
Marta Canino, portavoce del comitato -. Lo possiamo già affermare perché attendiamo tantissime persone da tutta Europa. Associazioni e comitati stanno organizzando pullman, oltre che dal Veneto, dal Friuli e dall’Emilia Romagna anche dalla Valsusa e dal sud Italia. Senza contare la partecipazione dei veneziani che patiscono sulla loro salute l’inquinamento generato da questi mostri del mare, che temono per l’incolumità della loro città e delle loro case sfiorate da queste tonnellate di acciaio più alte del campanile di San Marco, che non possono stendere la biancheria fuori della finestra che la tirano dentro sporca di fuliggine”. Già, perché le Grandi Navi, partorite da una economia fossile basata sullo spreco, non possono spegnere i loro motori nemmeno quando sono ormeggiate e continuano ad inquinare come una autostrada a tre corsie e a fare di Venezia, il luogo per antonomasia senza auto, la terza città più inquinata d’Italia.
“Per questo, noi attiviste del comitato, non abbiamo dubbi che domenica il popolo delle calli sarà in riva con noi – conclude Marta Canino -. La gente ce lo dimostra tutti i giorni avvicinandoci ai banchetti che stiamo organizzando nei campi e nelle calli per esprimerci solidarietà e vicinanza. E ce lo ha dimostrato anche nel referendum autogestito che abbiamo organizzato domenica 18 giugno, raccogliendo oltre 18 mila votanti in poche ore con una percentuale di favorevoli all’allontanamento delle Grandi Navi pari all’98,7 per cento. Di fronte ad una politica che non sa decidere e che è prona agli interessi di una economia armata che porta profitti per pochi e povertà per tanti, i veneziani hanno avuto il coraggio di alzare la testa e di ribadire che la laguna è un bene comune e non una proprietà privata della compagnie di crociera“.

La mal'aria di Venezia: le Grandi Navi

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A leggere le percentuali dei principali inquinanti, dalle microparticelle all’ozono, dal Pm10 al monossido di carbonio, dall’ozono al biossido di azoto, vien da credere di trovarsi nel bel mezzo di una autostrada a tre corsie. Ed invece siamo sotto il ponte di Rialto.
Avete letto bene. Sotto il ponte di Rialto, nel cuore della città che, unica al mondo, ha la fortuna di non essere ammorbata dal traffico automobilistico: Venezia.
Già, Venezia, la quarta città più inquinata d’Italia secondo una recente stima dell’Oms. La stessa stima che ha classificato l’aria che respiriamo nel nostro Paese come la peggiore dell’Europa occidentale.
E dopo il ponte di Rialto, che ha il “merito” di fare da effetto tunnel e trattenere gli inquinanti come fanno, per l’appunto, i tunnel autostradali, un alto punto critico della città lagunare è piazza San Marco.
Questo estate, nei momenti di maggior siccità, sotto le finestre dove si affacciava il Doge si sono registrati più sforamento dei limiti di sicurezza di Pm10 che a Milano. Altre città del Veneto, per molto meno, hanno bloccato e limitato la circolazione delle auto. Ma a Venezia, il traffico, che lo blocchi a fare?
Vien da chiedersi, allora, quale sia la causa di tutta questa mal’aria che tocca respirare ai lagunari. Una parte di responsabilità, senza dubbio alcuno, ce l’hanno i vaporetti del trasporto pubblico. Mezzi per lo più fatiscenti e inquinanti. Altra parte di responsabilità va tutta ai tanti, troppi barchini a motore che scorrazzano in laguna senza che l’amministrazione si sogni di porre un benché minimo freno al moto ondoso. Altro tema scottante in laguna, perché lo spostamento d’acqua che creano devasta barene e rive.


UNA CAUSA CHIARA: LE GRANDI NAVI
Ma il 40 per cento delle emissioni inquinanti che ammorbano la laguna ha una sola causa: le grandi navi. Sul ponte di una nave da crociera, ha dimostrato una ricerca condotta dall’associazione tedesca Naturschutzbund Deutschland, sono presenti concentrazioni di microparticelle fino a 200 volte superiori ai livelli di fondo naturali. Come dire che gli eleganti ponti dove i crocieristi si sdraiano in panciolle a prendere il sole, in assenza di benefici venti marini, sono più inquinati delle peggiori strade di Bombay. E poi uno dice: “Vado in crociera a respirare un po di aria buona!”
La verità è che questi condomini galleggianti che a Palermo si portano via tutta l’acqua della città come fosse roba loro, quando transitano nel cuore stesso di Venezia per raggiungere il mare aperto, scaricano i loro più pestilenziali effluvi creando una cappa di inquinamento che a Pechino se la sognano.
“Noi che abitiamo vicino al porto – mi ha spiegato una signora che ha casa a Santa Marta – non possiamo neppure mettere la biancheria ad asciugare fuori del balcone che la ritiriamo più sporca e puzzolente di prima. Le grandi navi tengono sempre il motore acceso anche quando sono ferme. Dai loro camini, i fumi neri non smettono mai di uscire. Mai”.
Le grandi navi utilizzano i combustibili più sporchi ed inquinanti presenti nel mercato e non possono permettersi di spegnere i motori neppure quando sono all’ancora per mantenere in funzione l’impianto elettrico e il ricambio dell’aria nei locali interni.
Figlie di una economia di solo profitto basata sui fossili, sul gigantismo e sul consumo acritico, questi villaggi turistici galleggianti per vacanze low cost, regalano profitti milionari alle compagnie di Crociera e possono permettersi un esercito di avvocati per impugnare e invalidare anche ordinanze ministeriali, come quella dei ministri Clini e Passera che nel 2012 ne aveva vietato l’ingresso in laguna.

IL (SOLITO) RICATTO OCCUPAZIONALE
Come sempre accade quando si parla di inquinamento sotto le lente dell’economia e ci si dimentica che gli effetti del riscaldamenti globale riguardano tutti e su tutta la Terra, le compagnie di Crociera hanno agitato il ricatto dell’occupazione. Venezia campa di turismo, hanno scritto nelle pagine pubblicitarie che hanno comperato sui giornali locali. Senza turismo Venezia muore. Non hanno scritto che se c’è una cosa che non mancherà mai a Venezia, grandi navi o no, sono proprio i turisti. Inoltre, i fruitori delle offerte low cost proposte dalle grandi navi non portano una lira in città. Per loro Venezia è solo il palcoscenico della partenza di una crociera che costerà al mondo una emissione di inquinanti atmosferici pari a 5 milioni di automobili. Se va bene, prenderanno un caffè in città. A bordo hanno già il “tutto pagato” e una offerta di souvenir “Made in Murano” che le fornaci dell’isola del vetro se la sognano.

Di fonte ad una lotta così impari, si sono rivelati del tutto inutili i tanti appelli lanciati dall’Unesco e di tante associazioni internazionali. Inutili anche i disastri, come quello al porto di Genova, causati da questi bulldozer del mare. Inutili, come sempre quando si parla di economia e di profitto, anche i richiami alla ragionevolezza per tutelare un bene prezioso per tutta l’umanità come l’antica città dei Dogi.
Le grandi navi, scortate da potenti rimorchiatori, continuano a transitare impunite in quello specchio d’acqua che il Palladio ha immaginato come una estensione liquida della piazza, dove si specchia il palazzo Ducale, allargando ad arte la prospettiva architettonica con la creazione di due tra le sue chiese più belle nelle vicine isole dei San Giorgio e della Giudecca.
E proprio questo canale detto della Giudecca è diventato la personalissima autostrada a tre corsie che inquina Venezia e avvelena i veneziani e, perlomeno per la durata delle loro permanenza, anche turisti e viaggiatori.

IL RICERCATORE:”MAI RILEVATO UN INQUINAMENTO SIMILE NEI PORTI”
“Ho effettuato valutazioni dell’aria in tanti porti e tante città ma un inquinamento simile non l’ho mai rilevato” ha dichiarato il dottor Axel Friedrich, esperto di inquinamento atmosferico, già capo divisione del settore Ambiente e trasporti della Germania e fondatori dell’Icct, il consiglio internazionale per i trasporti puliti. “In Italia, si continua a permettere alle navi di bruciare carburante di pessima qualità e di non adoperare i filtri antiparticolato con conseguenze tragiche per la salute di migliaia e migliaia di cittadini, per non parlare degli effetti nefasti sul clima, sulla città e anche sui monumenti”.
E, aggiungiamo noi, pure sulla laguna. Anche se non inquinassero, anche se dai loro camini che svettano più alti del campanile di San Marco, fuoriuscisse aria balsamica, basterebbe il continuo via via di questi mastodontici scatoloni galleggianti e il conseguente spostamento violento di grandi masse d’acqua, provocano la distruzione delle fondamenta stesse della città che, non dimentichiamolo, è stata costruita su palafitte di legno, piantate ad arte nei fondali per rafforzare le “barene”. D’altronde, basta fare una passeggiata lungo riva degli Schiavoni, la fondamenta della Giudecca o le Zattere per farsi una idea dello stato un cui versano le pietre di riva.

QUALCUNO A VENEZIA SI RIBELLA, TRA IL SILENZIO DI TV E GIORNALI
Eppure qualcosa di positivo, le Grandi Navi, lo hanno regalato alla città. Il loro rumoroso transito su un paesaggio delicato come l’ecosistema lagunare costellato di palazzi e chiese settecentesche, è talmente impattante che i veneziani hanno trovato la forza di ribellarsi.
Non c’è quindi da stupirsi se al referendum autogestito organizzato il 18 giugno scorso dal comitato No Grandi Navi, più di 18 mila veneziani si sono messi in fila ai banchetti elettorali per ribadire la loro contrarietà al passaggio di questi mostri del mare. Per l’esattezza 18 mila 105 voti su una popolazione che oramai si aggira sui 56 mila abitanti, vittima come è di un feroce spopolamento. Altra tragedia che sta massacrando una città che non sta vivendo, come afferma qualche osservatore poco attento, ma morendo di turismo. Più di 18 mila veneziani che, per il 98,7%, hanno scelto l’opzione: “Fuori le Grandi Navi dalla laguna e basta scavare altri canali”. Voti veri e tirati su in una sola domenica. Non una semplice raccolta di firme. I tabulati finali con tanto di nome cognome, carta di identità e indirizzo mail (per chi ce l’aveva) sono stati messi a disposizione di tutti.
Per amor di verità va detto che le urne sono state aperte anche a chi, pur non residente, lavora a Venezia o ha a cuore la città dei Dogi. Francesi, inglesi e tedeschi con i quali abbiamo raccolto alcune interviste durante la consultazione ci hanno dato l’impressione di conoscere il problema della salvaguardai di Venezia più a fondo di tanti italiani e residenti:”Molti giornali francesi parlano di Venezia e dello stato in cui si trova – mi ha spiegato una signora parigina in un italiano con tanto di congiuntivi esatti – Anche France 24 e France Télévisions hanno mandato in onda dei servizi sul problema delle Grandi Navi. Credevo che la questione fosse nota anche da voi ed invece scopro che tutto è tenuto sotto silenzio. Ma è una vergogna che una città come Venezia sia piegata agli interessi economici di compagnie di crociera che con la città non hanno nulla a che fare”.
In effetti, servizi sul degrado in cui una Venezia sempre meno Serenissima è stata fatta precipitare, sono stati pubblicati un po’ dappertutto, questa estate. Ma praticamente solo dalla stampa straniera.
Un articolo del New York Times, che ha paragonato Venezia ad una “Disneyland on the Sea”, è riuscito a scuotere anche il sindaco di Venezia, Brugnaro Luigi (lui si firma prima col cognome che col nome, ndr). Se avete sentito e compreso le sue affermazioni in dialetto trevigiano al meeting di Rimini su come si accoppano le persone che gridano “Allà al Bar” in piazza San Marco, forse vi sarete fatti un’idea del personaggio.
“Il degrado di Venezia? – ha dichiarato il primo cittadino – Tutta una congiura di quelli del Niù Iork Taim”.

Insomma: al New York Times avrebbero interessi ad ordire trame contro Venezia. Ma alla fin fine, anche Mr Dubai – lo chiamano così in città da quando ha affermato vuole “fare Venezia bella come Dubai” – è una perfetta espressione del degrado in cui una città sempre meno Serenissima è stata fatta precipitare, cui abbiamo già accennato.
A questo punto, appare evidente perché i veneziani, gli ultimi rimasti, abbiano preso così a cuore la battaglia contro questi moderni mostri marini e sabato 23 e domenica 24 settembre rilanceranno la mobilitazione con una “due giorni” europea che vedrà la partecipazione di tutti i movimenti ambientalisti italiani e d’oltralpe che si battono per la tutela del mare.
Ma non è soltanto una lotta contro l’inquinamento, non è solo la volontà di difendere la laguna, o, meglio, di quello che ne rimane. Quella che si combatte sullo sfondo del canale/autostrada della Giudecca è, per molti, una battaglia per la democrazia. Una battaglia tra chi afferma il diritto dei cittadini decidere sul futuro della loro città e chi, da uffici con sedi a Milano o in Svizzera, ritiene che al profitto di pochi possa essere sacrificato non solo il benessere di tutti ma anche un bene prezioso, unico ed irripetibile come Venezia e la sua laguna.

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