In questa pagina ho riportato gli ultimi articoli che ho scritto per il quotidiano ambientalista Terra, il settimanale Carta, Manifesto, per siti come Global Project, FrontiereNews o siti di associazioni come In Comune con Bettin e altro ancora.

La mappa mondiale delle lotte ambientali

Si chiama Environmental Justice Atlas traducibile come “atlante della giustizia ambientale” e la potete consultare a questo link. Vi sono raccolte tutte le grandi battaglia in difesa dell’ambiente e dei beni comuni che gli attivisti di tutto il mondo stanno portando avanti: dai popoli originari del sud America in lotta per la conservazione della biodiversità, alle denunce degli ambientalisti canadesi e statunitensi sui disastri dell’estrazione petrolifera negli oceani e sugli versamenti dei grandi oleodotti. La mappa è consultabile nel suo insieme ma anche scorporando le singole tematiche: dal nucleare alla difesa dell’acqua pubblica, dalla cementificazione alle miniere, senza dimenticare un’altro tipo di devastazione come la “turistificazione”, ovvero l’impatto del turismo di massa. Anche questa è una lotta per la difesa dell’ambiente. Il bollino viola che contraddistingue questa battaglia per la democrazia ambientale lo troviamo, come c’era da aspettarsi, sopra la nostra Venezia, accanto a quello grigio che indica la presenza di una Grande Opera devastanti: il Mose, per l’appunto. 
E non sono certo i “bollini” che mancano nella nostra penisola. Nell’Environmental Justice Atlas, un sito aperto ai contributi di tutti i movimenti dal basso, sono segnalate tutte le lotte ambientaliste del nostro Paese: dalla Tav al Tap, dalle trivelle ai veleni dell’Ilva. Cliccando su ogni bollino si apre una scheda con utili informazioni sul conflitto in corso. La mappa permette inoltre di avere una panoramica delle questioni ambientali di cui i media dedicano poco o nessuno spazio, come quelli in atto nel continente africano. 
Un capitolo a parte meritano i luoghi segnalati dal bollino nero che indicano i conflitti per la giustizia climatica. E’ la mappa di Blockadia. Termine coniato da Naomi Klein per indicare la resistenza contro il potere fossile. “Non si tratta di un luogo preciso sulla mappa – scrive l’autrice di “No Logo”-, ma piuttosto di una rovente zona di conflitto transnazionale che sta spuntando con crescente frequenza e intensità ovunque ci siano progetti estrattivi che tentano di scavare e trivellare, che si tratti di miniere a cielo aperto, di fratturazione idraulica o di oleodotti per il petrolio delle sabbie bituminose”. 
Uno spazio in continua espansione, questo di Blockadia, come si evince proprio dal nostro atlante per la giustizia ambientale. Negli ultimi 10 anni, si è registrato un continuo aumento, sia come frequenta che come intensità, dei movimenti di resistenza a questi crimini contro la terra che, ricordiamolo, sono i primi responsabili dei cambiamenti climatici. Dagli ogoni del Delta del Niger in azione contro la Shell, sino agli yasuni in Ecuador contro l’estrattrivismo o alle iniziative di disobbedienza civile di massa di Ende Gelände in Renania. Tutto questo è Blockadia. Fermare l’estrattivismo per far vivere la terra. 
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